3 Ott 2017

Il mito della crescita sta finendo?

Scritto da: Roberto Vietti

Il mito della crescita sta finendo? L'abbiamo chiesto a Francesco Gesualdi, autore del libro “La società del benessere comune”, cercando di approfondire e sviscerare le interessanti tematiche che la lettura del libro ha portato con sé.

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Certe cose non accadono per caso. Qualche mese fa ero al Salone Internazionale del Libro per presentare Italia Che Cambia e il portale regionale piemontese presso lo stand del gruppo editoriale Macro e, alla fine della giornata, mi venne regalato il libro “La società del benessere comune” di Francesco Gesualdi e Gianluca Ferrara.

 

In un periodo delicato e burrascoso della mia vita iniziai a leggerlo. Lo ammetto: ero molto scettico. Pensavo fosse uno dei tanti libri in voga di questi tempi, sul cambiamento personale e sociale. Ed invece mi sono dovuto ricredere. Tanto da volere contattare l’autore e fare quattro chiacchiere con lui.

Francesco Gesualdi (Foto di Erica Canepa)

Francesco Gesualdi (Foto di Erica Canepa)


Sin dal primo istante Francesco Gesualdi si è mostrato disponibile e con la sua voce delicata ha affrontato con entusiasmo l’intervista.

 

Tuttavia, parto subito con una provocazione. Gli dico infatti che da (ex) economista la lettura della sua opera mi ha interessato, affascinato, emozionato… ma anche innervosito. Infastidito perché, in primis, questa pubblicazione dovrebbe essere il primo testo che ogni studente appena entrato nella facoltà di Economia dovrebbe leggere. Ed invece non è così… Gli ho chiesto, quindi, se tutto ciò non desse fastidio anche a lui.

 

“Più che darmi fastidio, mi preoccupa. Mi rendo conto che i tempi stanno cambiando, e noi non abbiamo un’idea, un progetto di riserva”. Arriveremo al momento in cui dovremo, per forza di cose, cambiare il nostro modello e “non ci si arriverà attrezzati, non avendo sviluppato un pensiero”. C’è la necessità di fare un percorso di riflessione ed evoluzione morale, per cambiare in meglio. L’assenza di questo spazio di discussione è ciò che preoccupa Francesco. “La società del benessere Comune”, scritto con Gianluca Ferrara, affronta proprio questa necessità.

 

Il libro è suddiviso in due parti. La prima parte si occupa di smontare – con dovizia di numeri e dati oggettivi – quello che è il cosiddetto sistema dominante. Nella seconda invece, viene tracciata quella che gli stessi autori definiscono la nuova rotta.

Foto tratta dal sito di Macrolibrarsi

Foto tratta dal sito di Macrolibrarsi


Inizialmente viene sezionato l’attuale sistema sociale ed economico. I dati sono chiari: siamo un treno che sta per sbattere contro un muro, eppure continuiamo ad andare nella stessa direzione, anzi cerchiamo di aumentarne ancora la velocità. Chiedo così a Francesco se secondo lui è possibile arrestare questa folle corsa.

 

“La possibilità c’è senz’altro”. Il problema è che tale opportunità arriva nel momento in cui si comincia ad acquisire consapevolezza. “Non sono molto ottimista”, ammette. “Però c’è sempre un margine di imprevedibilità, quindi non si sa mai come può girare la storia”.

 

Nel libro, infatti, viene rimarcato il concetto che la vera sfida da vincere non è tanto quella economica, ma culturale. A che punto è questa battaglia? “Gli economisti sono la categoria più sciagurata”. Hanno studiato all’università quel sistema, sono pieni zeppi di quel tipo di mentalità e non riescono neanche a intravedere nuove logiche. Invece la gente comune ha, magari, il limite di porsi troppe domande però conserva tanto buon senso “e questo aiuta tanto a trovare la nuova rotta”. Si tratta di stabilire la nuova economia: per chi la vogliamo organizzare, tenendo conto di quali limiti ci pone il pianeta.

 

“Sono proprio gli economisti che sono – continua così Francesco – accaniti con la crescita, con i costi e i ricavi, ma la gente comune fa ragionamenti anche su cosa voglia dire stare bene”. Facendo riferimento al buonsenso popolare “credo di essere abbastanza ottimista rispetto alla possibilità che si possa convergere verso una nuova rotta”. Discorso diverso è quello sul mondo accademico. “ A riguardo sono più pessimista: sono convinti che quella sia la scienza, che non esista altra economia” all’infuori di quella impartita tipicamente nelle Università.

 

Ripenso ai miei trascorsi alla Scuola di Management di Torino. Nei cinque anni di studio passati, non c’è stato un corso in cui si è accennato al mondo della decrescita, al mondo della transizione. Proprio zero. Sono dovuto andare da solo a scoprire questi mondi. Pensare che ogni giorno dagli atenei di tutta Italia continuino ad uscire migliaia di studenti con un’unica forma mentis è alienante.

Il mito della crescita sta finendo?

Il mito della crescita sta finendo?


Francesco mi dice – evviva! – che con i docenti più aperti organizzano molte attività insieme. I docenti più aperti si rendono conto che “le cose stanno cambiando e c’è bisogno anche di cominciare a lanciare messaggi nuovi”.

 

Tuttavia, mi dice che tra i contatti che ha avuto con gli atenei non ha avuto la sensazione di un luogo in cui si cerca di studiare la realtà e si cerca di interpretarla. “Al contrario – aggiunge – la facoltà di Economia è un luogo dove si cerca di inculcare dei dogmi”, in un mondo che ci costruiamo a nostro uso e consumo.

 

A questo punto tutto torna. Abbiamo creato dei modelli astratti che non necessariamente rispecchiano la realtà del momento. “Altri che la laurea in tasca non ce l’hanno, semplicemente osservano la realtà, la storia, per quella che è”.

 

Una delle tante leve sulle quali probabilmente è necessario fare delle riflessioni e intervenire è il mondo della comunicazione, che spesso è mediato da interessi e poteri forti che riescono in qualche modo a manovrarla. Perché, lontano dai riflettori, tante sono le realtà che si stanno muovendo verso un altro mondo, più sostenibile e solidale. Pensiamo ad esempio alle banche del tempo, a Sardex, ai distretti di economia solidale ben descritti anche nel suo libro. Dunque, la realtà è più avanti di quello che ci dicono i giornali oppure no?

 

“Credo che ci siano tante iniziative interessanti”, anche se non ancora in grado di “rivoluzionare il sistema. La storia non è mai tutta nera o tutta bianca, ci sono sempre dei chiariscuri, dei grigi”. Ci sono dei segnali in tal senso. “Tutti i governi hanno accettato che bisogna andare in questa direzione e tutti, eccetto Trump, si stanno anche organizzando”.

 

(Continua…)

 

 

 

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