Un murales lungo 664 chilometri: è il Tunnel del Mediterraneo per i migranti
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E’ il mio terzo giorno di viaggio nella piccola isola al centro del Mediterraneo. Dopo due dì meravigliosamente trascorsi nella parte più selvaggia e meno conosciuta di Malta, decido di visitare la capitale La Valletta.
Appena arrivato in città, tuttavia, sento subito la mancanza di quei paesaggi incredibili e unici che hanno contraddistinto la prima parte del mio viaggio. Non demordo, e cerco di scoprire quel che la parte più turistica ha da offrirmi.
Dopo ore di cammino, giungo difronte ad un murales nel quartiere di Sliema che mi colpisce. Inizio ad osservarlo attentamente. Un uomo in ciabatte e pantaloncini rossi sembra voler entrare all’interno del muro. Dove vorrà andare? Rimango per molto tempo ad osservarlo, cercando di trovar risposta al quesito.
Dopo varie ricerche scopro che il murales è stato realizzato dall’artista MTO, e che a Sapri, in provincia di Salerno, si trova la seconda parte della stessa opera. In questa composizione si osserva lo stesso uomo di prima che, con fatica, esce dal buco in cui si trovava. Ecco svelato dove si stava muovendo: è un migrante in viaggio verso le coste italiane, in ricerca di pace e serenità.
“Malta prende i morti e spedisce i vivi in Italia”, così descrive MTO la sua opera “Il Tunnel del Mediterraneo” dai suoi profili social. Si riferisce alle difficili relazioni tra Malta e Italia sulla questione relativa al soccorso dei migranti. In particolare l’artista francese allude al fatto che il porto della Valletta si rifiutò di accogliere un gommone in avaria con più di cento migranti a bordo mentre il governo italiano, allora presieduto da Letta, diede il consenso per lo sbarco a Siracusa.
Ancora una volta trovo conferma che la libertà di un artista porta con sé una grande responsabilità e che, come dice Michelangelo Pistoletto, “l’arte dovrebbe connettersi con tutti gli ambiti della vita sociale e diventare motore della trasformazione. MTO lo ha fatto: con il suo murales è riuscito a farci riflettere ancora una volta sulle enormi difficoltà di chi deve lasciare la propria terra, le proprie radici, per viaggiare in cerca di fortuna in terra straniera e a quanto la politica dovrebbe essere uno strumento in grado di facilitare tale percorso, e non ostacolarlo.
Tanti anni fa eravamo noi italiani a cercare fortuna in America. Non era forse la stessa situazione? L’unica differenza è uno zero. Il nostro viaggio era lungo 6640 km, anziché 664 Km.
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