5 Dic 2017

Dalla Siria a Zenobia, la storia della famiglia Makawi e del primo ristorante siriano a Torino

Scritto da: Daniela Bartolini

Zenobia, il primo ristorante siriano a Torino, la storia della famiglia Makawi e della loro nuova vita in Italia, grazie ai corridoi umanitari.

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Torino - Trae origine dalla leggendaria regina di Palmira, Zenobia, il nome del primo ristorante siriano, anzi siriano-libanese che ha aperto a Torino a luglio di questo anno.
Dietro Zenobia c’è la storia di una famiglia, in parte raccontata dal documentario “Portami via” della giornalista Marta Cosentino e prodotto da InvisibileFilm.

Jamal Makawi, 54 anni, è arrivato in Italia insieme a sua moglie Wejdan, ai i loro quattro figli e un nipote. Sono dovuti scappare da una terra e da una città bellissima ed amata, Homs in Siria, una città oggi ridotta in macerie e ancora al centro di attentati terroristici.
I Makawi sono arrivati in Italia grazie ai corridoi umanitari, un progetto realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Tavola Valdese, frutto del Protocollo d’intesa tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie; Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione.
Un progetto senza costi per lo Stato perchè completamente finanziato dalle associazioni che lo hanno promosso, che ha l’obiettivo di permettere l’arrivo di 1000 persone, siriani in fuga dalla guerra, entro fine 2017.

I corridoi umanitari promuovono una campagna di pressione per l’approvazione a livello nazionale ed europeo, di una legislazione che protegga i diritti e la sicurezza dei richiedenti asilo affinché non si vedano costretti ad affrontare illegalmente il mare o la rotta balcanica, evitando così i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini e impedendo lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che fanno affari con chi fugge dalle guerre.
Il visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo è concesso a persone in “condizioni di vulnerabilità”. Vittime di persecuzioni, torture e violenze, come Jamal che è stato in carcere per 115 giorni, torturato e interrogato dal regime di Assad, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità.
Un modo sicuro anche per chi accoglie, perché il rilascio dei visti umanitari prevede i necessari controlli da parte delle autorità italiane. Le associazioni inviano sul posto dei volontari, che prendono contatti diretti con i rifugiati nei paesi interessati dal progetto, predispongono una lista di potenziali beneficiari da trasmettere alle autorità consolari italiane, che dopo il controllo da parte del Ministero dell’Interno rilasciano dei visti umanitari con Validità Territoriale Limitata, validi dunque solo per l’Italia. Una volta arrivati in Italia legalmente e in sicurezza, i profughi potranno presentare domanda di asilo.
Arrivati in Italia, i profughi sono accolti a spese delle associazioni promotrici in strutture o case. Viene insegnato loro l’italiano, i bambini vengono iscritti a scuola, vengono realizzati percorsi per favorire l’integrazione nel nostro paese e aiutare i profughi a cercare un lavoro.

La famiglia Makawi ha ottenuto un anno fa il riconoscimento di protezione internazionale per cinque anni che dà diritto ad ottenere la cittadinanza italiana e dunque a poter lavorare.
Questa è la storia alle spalle di Zenobia ed anche il punto di una nuova partenza. Alle pareti del ristorante le immagini della Homs che non esiste più, tra i tavoli tutti componenti della famiglia Makawi e la cucina della tradizione che resiste.

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