A Torino, tutti e tutte in piazza per dire: “L’Italia siamo già noi”
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Torino - Si conclude oggi, venerdì 3 novembre, il presidio avviato il 20 ottobre in Piazza Castello a Torino. “Quindici giorni di piazza”, ci spiega Diego Montemagno, presidente di una delle associazioni aderenti all’iniziativa, “passati ad incontrare le persone e spiegando loro che cos’è lo Ius Soli. In tanti hanno chiesto e in tanti hanno capito meglio”.
Un presidio permanente per informare e sensibilizzare la cittadinanza in favore di una riforma che sappia garantire a tutti quei bambini e ragazzi nati, o cresciuti, in Italia un’integrazione che possa passare anche, e soprattutto, attraverso il godimento dei diritti di cittadinanza.
Un presidio che vuole gridare a gran voce: “L’Italia siamo già noi”. Un’affermazione che non è solo un dato di fatto, ma anche un’evoluzione della campagna: “L’Italia sono anch’io”, avviata nel 2011. Lo Ius Soli non è una legge innovativa, è semplicemente uno specchio di quello che è l’Italia oggi.
Nel Bel Paese i ragazzi figli di immigrati sono più di un milione, e tre su quattro sono nati in città italiane. A scuola, gli alunni stranieri sono oltre 814 mila, per la metà ragazze. Per questi bambini e bambine il raggiungimento della cittadinanza è possibile solo dopo la maggiore età, tuttavia questo percorso non è per nulla immediato, anzi spesso è un sentiero burocratico lungo e tortuoso.
Contro questa assurdità del sistema, il Comitato Torino mano nella mano contro il razzismo, ha deciso di organizzare una mobilitazione popolare, antirazzista e non violenta, per sostenere lo Ius Soli e lo Ius Culturale. In che modo? Semplicemente attraverso l’informazione e il confronto, l’arte, il ballo e la musica. Inoltre, durante la permanenza, è stata allestita un’aula studio e si sono svolti dibattiti e momenti per lo scambio di informazioni, hanno suonato gruppi musicali torinesi e sono stati organizzati live painting e writing.
Associazioni, sindacati, gruppi informali, donne e uomini della società civile, tutte e tutti uniti in piazza per aumentare la conoscenza e tenere alta l’attenzione sulle modifiche della legge sulla cittadinanza n. 91/1992, ovvero la normativa che regola la Cittadinanza Italiana. Infatti, da due anni la Camera dei Deputati ha approvato il Disegno di Legge che consentirebbe ai figli di immigrati, nati o cresciuti in Italia, di diventare cittadini italiani, attraverso lo Ius Soli e Ius Culturale.
Tuttavia, dal 13 ottobre 2015, quel ddl è fermo in Senato.
Con la nuova legge, i bambini nati in Italia (ius soli temperato) da genitori stranieri possono acquisire la cittadinanza se uno dei genitori è titolare di diritto di soggiorno illimitato o permesso di soggiorno dell’Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo.
Quindi, in contrasto con chi strumentalizza tale normativa per far crescere sentimenti xenofobi o di sfiducia nei confronti dei cittadini stranieri, in realtà non si tratta di nessun automatismo rispetto alla concessione della cittadinanza, viceversa sono necessari diversi requisiti. Nello specifico: una permanenza di almeno 5 anni in Italia; alloggio idoneo a termini di legge; superamento di un test di conoscenza della lingua italiana e reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale.
Dall’altro lato, possono diventare cittadini italiani i minori stranieri nati in Italia, o arrivati entro i 12 anni, che hanno dimostrato di aver frequentato regolarmente almeno 5 anni di percorso formativo (Ius culturae).
Una raccolta firme che ha visto la partecipazione e il supporto di personaggi illustri tra cui Roberto Saviano e Don Ciotti, che si sono recati personalmente in Piazza Castello per sostenere la campagna: “L’Italia siamo già noi”.
Oggi, per concludere il presidio, dalle ore 17.30, in Piazza Castello, inizierà una grande festa pubblica a cui tutti e tutte siamo invitati. Una festa in favore dello Ius Soli e dello Ius Culturae.
Una festa per chi non si sente riconosciuto come cittadino italiano, nonostante l’Italia sia il luogo in cui è cresciuto, in cui ha studiato, in cui ha tessuto relazioni e amicizie. Una festa che vuole essere anche un balzo in avanti verso un futuro fatto di integrazione.
Come diceva Vittorio Arrigoni: “Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia che è la famiglia umana”.
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