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Biella - Ultimo giorno di viaggio. Non può essere un giorno come gli altri. E’ un po’ come l’ultimo giorno di scuola. Una scuola dove però ti sei trovato davvero bene, dove hai imparato un sacco di cose, ti sei formato e che ti ha dato delle grandi opportunità a livello umano e sociale. Una classe nella quale hai un ottimo rapporto con i compagni di classe (Edoardo e Roberto) e i docenti (tutte le realtà incontrate sin’ora). Hai un sacco voglia di riposarti per qualche giorno, ma sai benissimo che già dopo ventiquattro ore ti mancheranno maledettamente i tuoi compagni e i professori. Dopo una colazione offerta da Coretta, facciamo un giro nel parco dell’Oasi. C’è una vista meravigliosa. Le nuvole hanno nuovamente lasciato spazio al Sole.
Ultima tappa del nostro viaggio è quella di Occhieppo Inferiore con il suo Orto Scec. Lucia era appena arrivata nel campo e attendeva il nostro arrivo come quello di Mauro. Ci racconta subito la storia di come è nata questa avventura.
Era tanta la voglia di ripartire dalla terra. Forse ci si vede qualcosa di davvero innovativo, sebbene siano migliaia di anni che l’uomo se ne prende cura. Forse è cambiato qualcosa nell’approccio alla terra, che rende urgente ora rimetterci attenzione ed energia.
Questa è stata la molla che ha fatto scattare l’attenzione di un gruppo di attivisti dell’associazione Arcipelago Scec, che da fine primavera hanno preso in gestione il piccolo appezzamento di terra situato dietro al salone polivalente di Occhieppo Inferiore, vicino al cimitero.
Un luogo dove capita sovente di veder passeggiare anziani, famiglie con bambini, che sempre più spesso di avvicinano alla recinzione che separa la strada dal neonato OrtoScec, per curiosare, chiacchierare, a volte portare semi e piantine, altre volte un consiglio o una parola buona.
Quello che fino a pochi mesi fa era una riserva di rovi ed erbacce poco a poco è stato ripulito, e ora produce pure degli ottimi zucchini, cetrioli, patate, fagiolini…
L’OrtoScec è un esperimento anche sociale.
La molla è stata porre attenzione alla terra, al modo di coltivarla, e agli insegnamenti che può dare. Poi l’ambizione era far comprendere come un potenziale latente (quel pezzo di terra infestato da erbacce e disordine) potesse trasformarsi in un valore condiviso il più possibile. Quindi certamente i frutti della terra, ma anche lo spazio fisico dell’orto, quel meraviglioso corridoio ombreggiato dai noccioli, e se possibile anche qualche stimolo culturale. Si è fatto tanto attivismo per segnalare l’esistenza di uno strumento, lo Scec, che in qualche modo misura la solidarietà che reciprocamente una comunità si vuol riconoscere. Non è semplice far capire il potenziale di uno strumento del genere, forse proprio per l’abitudine al cinismo e al calcolo, ma l’OrtoScec può provare a creare un piccolo esempio. [1]
All’interno dell’orto vengono organizzati aperitivi ed anche mostre di quadri nella natura incontaminata.
Mentre Lucia torna a casa per preparare il pranzo, rimaniamo in compagnia di Marco affontando diverse tematiche: economia, politica e più in generale, vita. Per lui coltivare la terra è un’arte. Il cambiamento passa dal mettere in discussione tutto ciò che sin’ora è sempre stato ritenuto normale e logico. Ritorna Lucia e ci raggiunge anche Claudio. Facciamo un pranzo nell’orto, in mezzo ad una fila di noccioli che ci fanno ombra. Marco prepara un cocktail niente male, con vodka all’interno di una anguria fresca. E’ un bellissimo momento di condivisione. Non potevamo immaginare un finale migliore per il nostro viaggio.
Siamo giunti così alla fine del nostro viaggio estivo. E’ stata una avventura straordinaria. Abbiamo viaggiato ed incontrato tantissime persone con tantissime ed interessanti cose da raccontarci e condividere. Dall’ex presidente della Provincia ai carcerati, dai rifugiati richiedenti asilo ai margari tra le valli. Abbiamo avuto così modo di tastare la realtà di chi, quotidianamente, si adopera con fatica e dedizione nella propria attività in cambiamento. Entrare in casa di tutte queste persone ci ha dato la possibilità di osservare e vivere insieme a loro una loro tipica giornata. Di queste cinque settimane, infatti, solo una notte l’abbiamo passata in tenda,nella splendida cornice naturale del parco del Brich di Zumaglia.
Tutto questo per dire che siamo enormemente grati dell’opportunità che il gruppo Biellese in transizione ci ha dato, in collaborazione ed il sostegno di Italia che cambia. E’ stato un momento di forte crescita personale sotto tutti i punti di vista, e probabilmente metabolizzeremo il tutto in maniera lucida solo tra qualche tempo. Per ora possiamo solo ringraziarvi, in particolare chi ha dedicato energie, supporto emotivo a questo progetto, che si è andato a sviluppare in pochissimo tempo. Certo senza l’aiuto di alcune persone chiave non saremmo riusciti a organizzare un itinerario così impeccabile, con un supporto tecnico che per ogni piccolo problema era pronto ad aiutarci, ed avere la sicurezza di avere sempre un posto dove poter depositare le bici ed eventualmente ripararle. Una organizzazione che ci ha sostenuto, aiutato, permesso di raccontare con parole ed immagini la nostra avventura, accogliendo la mappatura e il diario nel sito Italia Che Cambia. Ed a voi tutti che ci avete seguito e sostenuto leggendo i nostri articoli, va un sincero ed immenso ringraziamento.
“Ellos trataron de enterrar. Ellos no sabían que estábamos semillas” Proverbio Messicano
Traduzione: “Provarono a seppellirci, ma non sapevano fossimo dei semi”
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