27 Lug 2015

#biellesechecambia 21 – Da Sostegno a Cossato

Scritto da: Roberto Vietti

Biella - Le previsioni continuano a dare pioggia e noi continuiamo a ricevere in cambio Sole. Anche questa mattina sembrava […]

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Biella - Le previsioni continuano a dare pioggia e noi continuiamo a ricevere in cambio Sole. Anche questa mattina sembrava dovesse iniziare a diluviare da un momento all’altro ma così non è stato. Ci prepariamo, lasciamo l’appartamento che la famiglia Manenti  ci ha gentilmente dato a disposizione. E’ tempo di salutare Gigi, Cristina era andata a fare commissioni fuori città. Non poteva essere un saluto banale: ci lascia con due fogli che custodiremo gelosamente; si tratta di una traccia per meglio analizzare e comprendere il contenuto di un qualsiasi testo. Edoardo si fa firmare il libro da lui scritto e che gli ha donato.

 

Si riparte in sella, direzione Cossato. Il Trico ci da qualche problema, ma riusciamo a raggiungere senza problemi la prossima destinazione, L’Orto nel Bosco . Ed ecco Annalisa ed Attilia che ci aspettavano all’ingresso della loro struttura. Appena arriviamo ci offrono frutta fresca di stagione e dell’acqua. Quale miglior accoglienza potevamo aspettarci? Annalisa è piena di vitalità ed energie, ce ne accorgiamo subito. Era di Milano, poi ha deciso di tornare e portare avanti il suo progetto, che iniziò con l’Associazione Biellese del Castagno e che continua oggi con l’Orto nel Bosco.

 

 

l'orto nel bosco2

Il territorio biellese è densamente popolato di castagni: la volontà di recuperare questo patrimonio naturale ha portato l’Associazione Biellese del Castagno “Ij maron ëd l’arbo”, tutte le tre Comunità Montane Biellesi e la Provincia di Biella, a coordinare gli sforzi e le risorse comuni per avviare un’attività importante che potesse coinvolgere tutto il Biellese. Nasce così nel 2008 il “Progetto integrato di valorizzazione del castagno biellese”, finanziato dalla Regione Piemonte, con l’adesione straordinaria di tutte e sette le Comunità Montana di allora e la collaborazione della Provincia di Biella. Il progetto persegue l’obiettivo di creare un unica filiera legata al castagno ed è sfociato nella creazione del marchio collettivo d’area “Castagna Biellese”.

 

L’idea di avere un punto di conferimento finale con un’unica linea di lavorazione della castagna dislocata in una struttura razionale e facile da raggiungere ha completato il progetto, con l’intento di non puntare esclusivamente alla castagna fresca ma anche prodotti legati alla castagna secca e ai suoi derivati. È stata necessaria quindi la creazione di una figura economica e operativa: nasce così, da un piccolo gruppo di aziende agricole e privati, la Cooperativa Agricola “L’orto nel bosco” la quale opererà affiancata dall’Associazione Biellese del Castagno, che svolge istituzionalmente la parte divulgativa e culturale. È dopo aver visionato più di venti capannoni, ecco che si è trovato quello più congeniale al progetto, a Cossato. È ormai ora di mangiare e sono così gentili da offrirci un pranzo davvero allettante, con tome locali, marmellata di fragole e pasta a base di farina di castagna e riso, ovviamente. Era la prima volta che la provavamo e ci è piaciuta particolarmente. Inoltre abbiamo avuto modo di provare il succo limpido di mela e il gelato con fantasia di frutti di stagione. Wow, ragazzi.. Cosa chiedere di più?

 

Annalisa è una persona intraprendente, piena di buoni propositi. Crede nella collaborazione tra le realtà del biellese. A volte le sembra di pedalare nell’acqua, ma con sagacia e determinazione continua a pedalare. Ed a proposito di pedalare è giunto il momento per noi di risalire in bicicletta e raggiungere la nostra prossima meta: Cossato ed il suo centro di prima accoglienza per rifugiati, gestito dal consorzio Il filo da tessere. Mentre sopraggiungiamo alla Cascina Aurora incontriamo un signore che stava andando proprio lì a consegnare una bici in regalo per i ragazzi presenti.

 

 

il filo da tessere2

 

Arriviamo alla Cascina ed Eleonora, operatrice di turno all’interno del centro, ci accoglie. Salutiamo i ragazzi che incontriamo mentre ci accompagna nella nostra stanza. Facciamo un giro nella struttura che sembra molto accogliente. I ragazzi ci invitano subito a giocare una partita di calcio. In questa cascina sono presenti al momento trentasei ragazzi. Andiamo in campo. Un pallone e quattro paletti per fare le porte. A volte basta così poco per essere spensierati e allegri. Ci sorprende vedere come si siano organizzati per la partita: c’è un anche un arbitro. Molti giocano scalzi, nonostante il terreno  arso e con pietre. Anche Edoardo segue questa pratica, Roberto non se la sente. Uno addirittura gioca con una sola calza sul piede destro. E’ una bella partita, combattuta e avvincente. Il Sole cala. Avremo giocato per più di un’ora almeno. Che bei sorrisi a fine partita. E’ tempo di cenare.

 

Molti dei ragazzi fanno il ramadan e quindi non potevano ancora cenare. Roberto ed Edoardo, che il ramadan non lo fanno, possono invece mangiare. I ragazzi sono gentilissimi a prepararci la tavola e offrirci da bere. I pasti sono preparati dal Raggio Verde, proprio quelli che siamo andati ad incontrare qualche giorno fa.   Arriva Veronique, del gruppo Biellese in transizione. E’ un piacere incontrarla. Ci aiuterà questa sera con il francese, per poter meglio dialogare con i ragazzi. Loro provengono principalmente dal Mali, Senegal e Costa d’Avorio. Abbiamo modo, in particolare, di parlare con un ragazzo del Mali adorabile, il quale ci ha chiesto di non pubblicare il suo nome. La sua storia ci ha colpito particolarmente.

 

Lui è dovuto scappare dal Mali. Era rappresentante di una associazione studentesca, che non era favorevole alla dittatura presente nel suo paese. Molti suoi amici vennero fucilati per questo. Lui fu solo ferito, ma dovette scappare dal suo paese. Arrivò sino in Libia, dove venne imprigionato senza motivo dopo aver passato alcuni mesi sereni. Fu poi obbligato a partire per l’Italia, passando dalla camera di un carcere ad un barcone verso il bel paese. Ci spiega come vi sono due vie per giungere in Italia. La prima, quella che conosciamo, si basa su una scelta volontaria del migrante che paga uno scafista per giungere nel nostro paese. La seconda via, della quale non si parla e bisognerebbe chiedersi il perché, è invece obbligata: il migrante senza la sua volontà viene preso di forza e portato nel Bel Paese. Il motivo, secondo quel che ci racconta il ragazzo maliano, è dato dal fatto che fondamentalisti islamici forzano l’emigrazione verso l’Europa per creare subbuglio sociale e politico nel nostro continente. Direi che lo stanno facendo bene.

 

Nel viaggio pensava ormai di morire, in quanto dopo tre giorni di viaggio il motore della nave si era rotto. Grazie all’intervento dei soccorritori italiani è riuscito a salvarsi. Ha un sorriso contagioso. Ringrazia l’Italia che l’ha accolto. Spera di ottenere il permesso di soggiorno per poter finire i suoi studi in Economia. Nel tempo libero legge il dizionario. Nel mentre arrivano diversi ragazzi al tavolo, alcuni di loro giocano a dama. Uno di essi veste un cappotto invernale, nonostante la temperatura sia superiore ai trenta gradi. Ci racconta del ramadan, della sua religione, dell’analfabetismo in Mali che raggiunge picchi dell’80% della popolazione. Il motto dell’associazione studentesca cui faceva parte è “Osare lottare è osare vincere”.

 

Per lui, chi è nella paura, prepara la guerra. Per lui, se un paese entra nei fatti altrui deve assumersi la conseguenza di questo atto. Il Mali è come un bambino che deve ancora maturare e crescere. E’ ormai giunta ora di pregare. Lo ringraziamo per essersi aperto e averci raccontato la sua toccante storia. Giochiamo ancora a dama con alcuni ragazzi e andiamo a dormire, salutando Veronique e sperando in un futuro di totale integrazione tra i popoli del mondo.

 

 

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