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Visione 2040 Informazione e comunicazione

“Il ruolo degli editori è stato fortemente ridimensionato, i monopoli aboliti, mentre i giornalisti, uniti in consorzi o liberi professionisti, sono diventati i veri protagonisti di un’informazione liberata dal controllo di lobby e poteri. Il ruolo del cittadino attivo è determinante e l’educazione ai media è insegnata nelle scuole primarie e secondarie”


Hanno Contribuito: Nicholas Bawtree – Terra Nuova Edizioni | Riccardo Bonacina – Vita | Cesare Cantù – Nuovi occhi per i media, media education | Sergio Ferraris – Federazione Italiana Media Ambientali | Pierluigi Paoletti – Reti | Matteo Ponzano – Reset Radio | Francesco Rosso – Macrolibrarsi | Davide Scalisi – TV Popolare | Daniel Tarozzi – Italia che Cambia Ha facilitato: Daniel Tarozzi


SITUAZIONE ATTUALE

La costruzione della fotografia attuale è stata facilmente condivisa da tutti i partecipanti. È subito emerso come i punti di debolezza riempissero pagine e pagine di taccuino, mentre i punti di forza si potessero riassumere in poche righe. Questo a conferma di un punto di partenza decisamente problematico. Abbiamo affrontato i media dal punto di vista del loro impatto sull’immaginario collettivo, sulla costruzione di modelli per i giovani, sulla diffusione di una corretta informazione e sulla risposta a quelli che sarebbero i principi sanciti dall’articolo 21 della Costituzione e dagli altri articoli riguardanti la libertà di informazione e la privacy.

Ma veniamo alla descrizione della famosa “fotografia”, proviamo a dipanare le ombre e, nonostante le tinte fosche, osserviamone i dettagli.

PUNTI DEBOLI DELL’ATTUALE SISTEMA MEDIATICO

La situazione attuale del mondo dell’informazione e della comunicazione in Italia è connotata prima di tutto da una serie di mancanze e problemi che pongono il nostro sistema mediatico come principale indiziato nei processi di decadenza e impotenza che caratterizzano questo momento storico.

  • mancanza di infrastrutture fisiche (digitale terrestre obsoleto, connessione internet assente in molte zone, digital divide e difficoltà di accesso alle infrastrutture pubbliche esistenti come rai way);
  • stretto controllo partitico e governativo del Servizio Pubblico televisivo;
  • conseguente analfabetismo digitale anche per mancanza di strumenti efficienti (l’80% della fibra esistente è “spenta”);
  • abbassamento costante del livello dell’informazione e stra-potere del trinomio “pornografia, potere, soldi” nella cosiddetta “dieta mediatica”;
  • basso livello dell’offerta mainstream in tutti gli ambiti, appiattita sulla rincorsa del pubblico invece che costruita sul rapporto di fiducia tra emittente e destinatari come deve avvenire in un sistema mediatico maturo ed evoluto;
  • concentrazione di piattaforme informatiche e di servizi nelle mani di sedicenti “poteri forti”;
  • contenuti scadenti e guidati solo da parametri quantitativi (audience);
  • mancanza di un vero servizio pubblico. La Rai tende invece ad entrare in concorrenza alle televisioni commerciali. Conseguente mancanza di una funzione educativa piacevole e divertente da parte dei media;
  • omogeneità delle informazioni in tutti i media (le agenzie producono 4/5 notizie al secondo eppure sui media troviamo le stesse 30);
  • dipendenza dei grandi quotidiani cartacei da aziende mosse da interessi commerciali e assenza dei cosiddetti “editori puri”;
  • scarsa capacità di innovazione del sistema mediatico, soprattutto dopo la crisi dei giornali legati ai partiti con l’assenza di un nuovo modello informativo che si sostituisca al precedente;
  • dipendenza cronica dei media dalla pubblicità (questo è un problema non solo italiano);
  • scarsa pluralità sui media tradizionali. Pur essendo aumentati i canali disponibili, l’accesso a tali canali per chi è esterno è difficile e i canali vengono occupati con repliche o vengono riempiti verticalmente dello stesso tema (canali tematici);
  • nonostante l’abbassamento dei costi di accesso ai media tradizionali, il costo rimane ancora elevato;
  • assenza di un programma di educazione ai media condiviso e nazionale in tutti gli ordini di scuole, che si ripercuote in una mancanza del senso critico da parte dei ragazzi;
  • la qualità dei contenuti è molto bassa e c’è uno scarso ricambio di format. I pochi contenuti alternativi che sono presenti hanno una qualità bassa costretti dai budget limitati o da scarsa competenza/esperienza;
  • l’interattività è ancora praticamente assente nei format perché scarseggiano le professionalità/creatività cross mediali. Questo determina una scarsa interazione del pubblico da casa a cui non viene offerta una reale partecipazione ma il pubblico è sostanzialmente ancora uno spettatore;
  • i modelli di sostenibilità economica sono ancora basati sulla pubblicità, anche le pay tv;
  • i format di talk e dibattito sono inflessibilmente chiusi all’interno di uno spazio pubblicitario e la fretta non riesce a garantire un confronto reale e proficuo. Ognuno dice la sua e non c’è confronto
  • Le agenzie di raccolta pubblicitaria che potrebbero almeno parzialmente drenare risorse verso nuovi editori non hanno interesse a lavorare con numeri ignoti e/o potenzialmente non estesi
I LIMITI DEL WEB

Il web potrebbe rispondere a molte delle mancanze evidenziate qui sopra, ma anche qui sono emersi subito una serie di problematiche da non sottovalutare:

  • mancanza di consapevolezza delle potenzialità del web da parte delle persone. Il web permette in tempo brevissimo di unire milioni di persone in una scelta, in una decisione, in un boicottaggio e così via; ciò potrebbe permettere quindi alle persone di autogovernarsi o comunque far valere il parere di una massa rispetto a quello di “pochi forti”
  • mancanza di un modello economico che renda sostenibile l’informazione web e anche quella tradizionale
  • difficoltà di far circolare su web i contenuti di qualità
  • virtualizzazione dei rapporti
  • accentramento mondiale del controllo dei media digitali nelle mani di cinque aziende (apple, windows, amazon, google e facebook)

I deficit del giornalismo ambientale

Anche la situazione del giornalismo ambientale risulta gravemente deficitaria. L’informazione ambientale, infatti, è delegata alla soluzione articolo pubblicato e ha una identità sclerotica: si occupa solo di ambiente in un momento in cui l’ambiente è un pezzo importante di una crisi più importante e globale. Il giornalismo ambientale deve essere trasversale, perché riguarda ogni aspetto della vita quotidiana. L’info ambientale è una chiave interpretativa, non può essere a sé stante.

UN IMMAGINARIO NEGATIVO DECADENTE

Tutto ciò, unito alla immagine costantemente negativa del nostro Paese che determina un inconscio negativo e spinge le persone verso la passività, sta comportando effetti drammatici sulla nostra società e in particolare sui minori ed è accentuato dalla progressiva mancanza di luoghi d’incontro in cui scambiare saperi antichi, cultura, idee. Molti giovani vedono il loro immaginario devastato e la stessa idea di futuro appare ai loro occhi nebulosa. Lo scollamento tra la realtà e la visione rappresentata dai mass media appare sempre più forte, con la riproposizione ossessiva di un pensiero unico e volgare teso a mercificare tutto e tutti; un pensiero funzionale alla vendita di prodotti di largo consumo e a cittadini isolati, terrorizzati e facilmente malleabili.

In questo contesto appare inevitabile l’isolamento prodotto prima dalle tv e poi dalla virtualizzazione dei rapporti innestata dai social e si rende sempre più palese l’istigazione del sistema mediatico verso emozioni di paura e solitudine. Il sistema mediatico, in sintesi, ci dipinge, ci rende, e forse ci vuole, passivi e impotenti.

MOLTA INFORMAZIONE, POCA CONOSCENZA

Chiudiamo questa parte con le parole di Riccardo Bonacina, Direttore Editoriale di Vita, che ben racchiude quanto emerso dai nostri incontri:

“C’è un problema, – lo dico con una battuta di Charlie Brown – ‘So tutto, ma non conosco niente’ che all’inizio della mia avventura giornalistica fu per me una folgorazione. È proprio così, provate a pensarci, le cose che succedono, le miriadi di informazioni che ci raggiungono, ci danno l’impressione di sapere tutto, ma, cosa conosciamo davvero? Abbiamo gli strumenti per comprendere ciò che succede, ciò di cui veniamo a sapere, ciò che vediamo attraverso le immagini? Riusciamo ad avere gli strumenti per capire quello che sappiamo? Per fare una citazione alta potremmo provare a far risuonare oggi una domanda che Thomas S. Eliot già faceva negli anni trenta del secolo scorso: ‘Abbiamo l’informazione, ma dov’è la conoscenza?’

Noi cominciamo a conoscere veramente solo quando siamo interpellati in prima persona, quando qualcuno racconta direttamente a noi il fatto o la notizia; cominciamo a conoscere veramente solo quando veniamo chiamati in causa in prima persona.

In questo sistema di comunicazione noi siamo spettatori passivi, non siamo interpellati, siamo pubblico non persone; ‘sappiamo tutto, ma non conosciamo niente’ perché il sistema dell’informazione non inaugura, non instaura nessuno spazio dialogico”

WEB E RADIO I PUNTI DI FORZA

Molto più rapida e difficoltosa è stata la ricerca di punti di forza nell’attuale sistema informativo e mediatico. Sono stati individuati tutti nel web e nel mondo radiofonico, mentre il circuito televisivo e legato alla stampa è risultato totalmente negativo.

Nonostante questo, va detto che l’informazione e la comunicazione oggi sono una rete quasi infinita di voci, di immagini, di notizie. Chiunque si può sintonizzare con circa 300 canali digitali, se poi si possiede un’antenna parabolica si possono raddoppiare. In qualsiasi zona d’Italia ci si trovi ci si può sintonizzare mediamente con una trentina di canali radiofonici – in Italia, questi sono in tutto un migliaio. Nelle edicole, sempre più deserte, potete scegliere ancora tra oltre 2000 testate di quotidiani e periodici, senza contare i libri, le enciclopedie, i gadget e così via; se non si ha voglia di spendere esistono pure i quotidiani che non costano nulla, ogni giorno si distribuiscono gratuitamente oltre 2.500.000 copie, tra giornali e riviste gratuite. C’è poi Internet, l’infinitezza per definizione, è quasi impossibile quantificare, ognuno di noi può realizzare il suo sito, può appendere il suo post nell’infinitezza della rete grazie ai blog, ognuno può avere la sua bacheca, può diffondere il suo messaggio.

Il mondo non ha mai avuto tanto in termini di comunicazione, non è mai esistita tanta opportunità d’informazione, il mondo non è stato mai così raggiungibile in rete, ogni evento può essere vissuto in diretta, rivisto in replay infinite volte, si ha l’impressione che lo si può discutere, ed anche partecipare. Anche l’accesso alla rete della comunicazione non è mai stato, apparentemente, così a portata di mano.

Tra i punti di forza, quindi, vanno segnalati alcuni elementi che sono stati prima elencati anche tra i punti di debolezza. Molto dipende, infatti, dall’uso che si fa di questi nuovi media.

È infatti indubbio che internet, oggi, permetta potenzialmente a tutti quelli in possesso di un dispositivo connesso ad una rete un accesso immediato a all’informazione nonché la possibilità di diventare egli stesso produttore di informazioni. Si stanno inoltre affermando esperimenti di reti internet (in questo caso ci riferiamo proprio all’infrastruttura di rete) slegate dai vari monopolisti. Reti in cui l’abbonato diventa co-proprietario della rete stessa, impedendo censure o blocchi dall’alto. Gli stessi social network, normalmente indicati tra i principali strumenti di virtualizzazione della vita moderna, se usati correttamente, possono diventare formidabili strumenti di diffusione di informazioni, pensieri, musiche e format diverse da quelli promossi dalla nostra industria culturale.

NUOVI PROTOTIPI E TENTATIVI DI COLLABORAZIONE

Si stanno affermando, inoltre, moltissimi prototipi che potrebbero in futuro trasformare il mondo della comunicazione. Esperienze come quelle di Tv Popolare per la televisione, di Repporter per l’informazione verso i giovani, di sound riff come alternativa alla Siae e dei teatri di paglia come luoghi “off line” in cui riproporre un contatto diretto tra protagonista della comunicazione e destinatario.

La coesione tra gli attori del mondo dell’innovazione sociale, inoltre, è in crescita così come la richiesta da parte dei fruitori di informazioni positive e indipendenti. Con l’introduzione del digitale terrestre, l’allargamento dei canali a disposizione e l’abbassamento dei costi di emissione si è creato potenzialmente un varco per entrare nei mass media nazionali;i movimenti opensource e common creative offrono basi solide di lavoro su valori condivisi; nuovi modelli di sostenibilità economica partecipata si diffondono.

Esistono quindi alcuni editori capaci di offrire informazione di qualità, che veicolano valori differenti dal mainstream, che sperimentano anche nuovi modelli di comunicazione, ma da parte di questi soggetti mancano la consapevolezza e la determinazione per avviare uno spazio progettuale e sperimentale condiviso, fatto di investimenti comuni (anche piccoli, ma coordinati), tesi ad offrire momenti di vero cambiamento nell’informazione: creare forti momenti d’ispirazione collettiva, d’impatto, tesi a dimostrare che un modello d’informazione differente esiste e che soprattutto esistono mille bellissimi mondi nascosti che meritano di essere ascoltati e conosciuti. Manca una rete, non una di quelle teoriche, bensì un bancone di lavoro su cui sperimentare insieme. Manca un muro su cui ognuno può appendere i suoi attrezzi e metterli a disposizione di un progetto condiviso almeno una volta all’anno.

La drammatica situazione in cui sono costretti a lavorare i giornalisti, inoltre, ha costretto i più volenterosi a sviluppare la capacità ”di mettere insieme le cose con scotch e fil di ferro”: il problem solving, molto ricercato all’estero. Un grande pensiero trasversale e una predisposizione ad applicare questo pensiero trasversale nelle nuove tecnologie.

UNA CARTA DEI DIRITTI SU INTERNET?

Va segnalato, infine, il tentativo di affermare una carta dei diritti su Internet condivisa a livello nazionale ed in linea con l’azione europea, che può fare da esempio e guida per agire anche negli altri ambiti mediatici. La gravità della situazione (Italia al 73° posto al mondo per la libertà di espressione, in peggioramento rispetto agli anni precedenti) ci può quindi paradossalmente permettere un rivolgimento deciso, se non repentino, a fronte di un nuovo pubblico largamente sfiduciato. Insomma, la situazione è matura per l’azione di cambiamento.


VISIONE 2040

Nel 2040 in tutte le scuole si farà “media education”. I ragazzi cresceranno quindi imparando ad essere consapevoli dei media che li circondano e dei loro messaggi e svilupperanno un senso critico che li aiuterà a farsi domande in merito a ciò che ricevono. Questa educazione ai media (a tutti e tre i suoi livelli: lettura critica, linguaggio e pratica) sarà diffusa in tutte le scuole e di conseguenza si svilupperà un nuovo pubblico difficilmente manipolabile e influenzabile dalle tradizionali tecniche di comunicazione. Nei corsi universitari e professionali ci saranno anche materie come etica dei media ed ecologia dei media.

UNA NARRAZIONE POSITIVA

Accanto alla denuncia e al racconto dell’italiano “medio” si sarà affermato, con ugual forza, il racconto e la testimonianza di un altro modo di essere e vivere e valori oggi considerati di nicchia saranno la guida di gran parte del racconto mediatico.

L’informazione avrà smesso di essere autoreferenziale e incentrata sulla denuncia e sul pettegolezzo e darà molto spazio al racconto di quanto avviene realmente nel paese. L’intero panorama dei “valori notizia” sarà stato ribaltato, costruendo una relativa “agenda setting” (la scelta delle notizie da trasmettere) completamente nuova.

TRANSIZIONE AL DIGITALE

Probabilmente non esisterà più la televisione come la conosciamo oggi, così come non esisteranno più i giornali cartacei in quanto ecologicamente ed economicamente non sostenibili. L’informazione sarà quindi sempre elettronica. Il libro cartaceo e la rivista cartacea saranno sempre meno utilizzati e comunque stampati in digitale on demand; https://www.youtube.com/watch?v=YmwwrGV_aiE

Tutta la comunicazione avrà sviluppato forme di interazione e multimedialità evoluta, ma grazie alla media education le nuove generazioni avranno imparato a padroneggiare gli strumenti digitali senza subirli passivamente.

L’accesso a internet sarà un diritto di nascita, a banda veloce ovunque e a costo zero; le persone ne faranno un uso consapevole grazie alla media education ricevuta a scuola. Si sarà sviluppata una informazione reale su cosa fanno le aziende e si sarà affermata una vera e propria “rete dell’intelligenza”.

L’infrastruttura web sarà un’unica rete condivisa di proprietà collettiva, quindi nessuno potrà condizionarla. I contenuti non avranno alcun controllo e saranno totalmente liberi. L’informazione a quel punto non sarà un informazione tesa a conoscere cosa fa l’altro, ma sarà più orientata al saper fare, stimolando arte, umorismo, curiosità, creatività.[DS3]

Grazie al web e a strumenti come il teatro di paglia sempre più persone sonosaranno riuscite ad affermare i propri contenuti e le proprie visioni grazie a format autoprodotti e partiti dal basso. Il creative commons e l’open source saranno alla base di gran parte della comunicazione.

L’informazione contribuirà allo sviluppo di una coscienza critica collettiva. La “paura indotta” dai media sarà stata eliminata.

L’EVOLUZIONE DEI MEDIA

La tv pubblica (o quel che sarà diventata la tv) avrà ripreso almeno in parte il suo ruolo educativo e formativo, pur mantenendo tratti forti di intrattenimento. Il servizio pubblico televisivo, quindi, sarà stato restituito ai cittadini e completamente slegato dai partiti e dal governo che ne hanno fatto scempio.

Varrà per l’informazione la stessa logica che applichiamo all’alimentazione, in un’ottica permaculturale con forte accento su qualità, creatività e sostenibilità (sia economica che non), con una comunicazione chiara del “valore” dietro alla professione e al suo ruolo sociale (es. prezzo trasparente). Per rimanere nella metafora dell’alimentazione, verrà inclusa anche un’ottica di “fair trade”, con una diminuzione o eliminazione delle grandi disparità sociali, sia in ambito giornalistico (giornalisti superpagati e giornalisti da tre euro a articolo) che in ambito editoriale (attuale predominanza dei grandi gruppi che fagocitano/copiano le realtà piccole). Si sarà sviluppato un fronte comune tra realtà di informazione indipendente che diventano “casa”, sia per chi le fa che per chi le legge.

HUB DI COMUNITA’

Si svilupperanno degli “hub di comunità”. Hub locali e nazionali indipendenti capaci di coinvolgere comunità che condividono passioni, interessi, visioni, territori. Hub capaci di raccontare, multimediali, organizzatori di eventi e incontri, ovvero, capaci di valicare il confine tra virtuale e fattuale. Solo così l’informazione dal basso potrà trovare una sua strutturazione, una sua infrastrutturazione. Ma per far questo occorrerà grande capacità di innovazione.

La comunicazione in generale sarà bi-direzionale, ma si saranno affermati dei sistemi di “controllo qualità” basati sui feedback degli utenti (stile trip-advisor). L’open source affiancherà i “colossi digitali” con piattaforme ugualmente diffuse e quasi sempre più performanti e costringerà quindi i colossi stessi ad allentare i comportamenti scorretti in nome della sopravvivenza sul mercato. Il web permetterà al cittadino di verificare una informazione con l’accesso diretto alle fonti. Chi offre un servizio/prodotto viene premiato sulla base della qualità del servizio che offre. Chi offre un servizio di scarsa qualità viene eliminato della community.

Anche un giornalista viene premiato con lo stesso principio dalla community. Ciò che conta è quanto è stato utile il suo articolo (non dire nulla che sia più importante del tuo silenzio).

I giornalisti hanno quindi un rating basato sull’utilità dell’informazione, utilità giudicata dai lettori stessi. In base al rating il giornalista viene pagato dalla comunità per il suo lavoro di informazione e formazione.

Probabilmente scomparirà o sarà fortemente ridotta la figura dell’editore come figura terza rispetto a giornalista e lettore. Aumenterà la promozione personale del giornalista, e i giornalisti che capiranno questa cosa avranno le porte aperte. Contestualmente si svilupperanno tecnologie di aggregazione degli articoli permettendo sempre più un rapporto diretto tra giornalista e lettore.

Parte dell’informazione, inoltre, diventerà sociale in stile “waze”. Waze è un navigatore che prevede che siano gli utenti stessi della strada a segnalare problemi di traffico, ostacoli lungo la strada, condizioni climatiche avverse.

Allo stesso modo sarà fatta comunicazione da parte di chi vive “vicende” che meritano di essere condivise con la community e le stesse avranno maggiore visibilità sulla base dell’interazione della community, un po’ come facebook.

In pratica chi viene a conoscenza di un informazione importante per la comunità la registra direttamente in un apposita piattaforma suddivisa per argomenti e acquisisce un certo rating sulla base del giudizio dei lettori, tipo di informazioni, ecc con tanti filtri, un po’ come le info stradali su Waze, o le info sugli hotel di booking, le info sugli autisti di Blablacar. Un’informazione sbagliata viene subito bannata dalla comunità, soprattutto locale che ha vissuto la stessa “vicenda”.

NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO

La pubblicità resterà una delle fonti di finanziamento dei media, ma non sarà più l’unica. Il crowdfounding, gli abbonamenti, la formazione e altre forme dirette o indirette di finanziamento avranno permesso a chi fa informazione di affrancarsi dalla schiavitù della pubblicità.

I media digitali avranno quasi del tutto soppiantato i media cartacei e i supporti stessi, probabilmente, saranno sempre più “immateriali”.

L’informazione non sarà più influenzata dall’economia, la digitalizzazione dei contenuti avrà abbattuto i divari e permetterà la messa in comune delle esperienze.

COSA POSSIAMO FARE COME PAESE?
  • Una legge che elimini una volta per tutte il conflitto d’interesse
  • Favorire lo sviluppo di infrastrutture web di “proprietà collettiva
  • Inserire in tutto il percorso scolastico l’educazione ai media
  • Abbattere definitivamente il “digital divide”
  • Favorire l’emersione di editori puri e destrutturare tutte le infrastrutture che limitano la circolazione dell’informazione o delle altre forme artistiche e culturali
  • Uno o più canali Rai vanno liberati dalla pubblicità per permettere che acquisiscano un ruolo di riferimento qualitativo educativo. L’esperienza europea dimostra che a fronte di una scelta del genere la posizione del servizio pubblico si rafforza, anche dal punto di vista del numero di spettatori. Contemporaneamente le risorse pubblicitarie vanno destinate ai nuovi canali digitali per potenziarli e consolidarli nel confronto con quelli commerciali.
  • Attuare la risoluzione dell’oligopolio e l’apertura del mercato a differenti soggetti attraverso una nuova legge che garantisca trasparenza, pluralismo e diritti degli utenti
  • Approvare una nuova e innovativa legge sul copyright con l’ampliamento del concetto di fair use per garantire ai soggetti più piccoli e ai singoli cittadini/e di poter esercitare i propri diritti di critica ed espressione.

Ogni anno eseguiamo degli aggiornamenti sulla visione tenendo conto dei commenti ricevuti dagli utenti e ovviamente delle novità sul tema specifico. Vuoi contribuire con un tuo commento ?


AZIONI

COSA POSSO FARE IO ADESSO
  • differenziare i miei consumi mediatici in base ad una vera e propria “dieta mediatica” che sia varia e nutriente: un pubblico più sano, che usa consapevolmente il peso della propria visione, lettura o contatto, rende di conseguenza più sani i media
  • informarmi tramite radio e web
  • protestare e agire, singolarmente o in gruppi e associazioni, di fronte a ciò che i media diffondono e che ritengo ingiusto o dannoso per me e per la società nel suo complesso
  • impegnarmi per me e per gli altri nell’apprendimento e nella diffusione dell’educazione ai media
  • agire per mezzo delle scelte di acquisto dei prodotti sulle scelte comunicative delle aziende che attraverso la pubblicità finanziano i mass media
  • guardare meno tv possibile, prendendomi periodi di “stacco” come esperimento. Per un certo periodo posso addirittura provare a non informarmi in nessun modo, approfondendo la realtà solo attraverso i contatti personali e i libri.
  • non limitarmi ad una sola fonte di informazione, cercare sempre di risalire alle fonti, divulgare le informazioni che i media tendono a nascondere o ignorare.
  • formare i miei figli alla consapevolezza e allo spirito critico, fargli sviluppare una loro educazione ai media
  • dare valore all’informazione di qualità, pagarla o quanto meno donarle il mio  tempo “leggendola”; finanziare le testate web che approvo
  • posso interagire con chi fa informazione con commenti, suggerimenti, segnalazioni, diffondendo informazione di qualità con social e passaparola.
  • farmi  domande (che comporta la ricerca di informazioni e quindi risposte), non subire, diventare parte attiva.
  • informarmi attraverso i periodici di qualità e abbonarmi ad essi
  • informarmi da più fonti sui “temi caldi”, meglio se contrastanti (o attraverso giornali stranieri se si tratta di geopolitica), per avere accesso una pluralità di opinioni e informazioni
  • finanziare con crowdfounding una determinata inchiesta
  • acquistare libri
  • partecipare a conferenze ed eventi tematici per scoprire nuove realtà e approfondirle
  • organizzare flash mob o altre iniziative per promuovere un certo tema
  • mandare input ai media di riferimento
  • passare sempre dal virtuale al reale
  • cercare di affrontare le questioni senza banalizzarle e tenendo conto della loro complessità
  • organizzare momenti di in-formazione con amici su un tema a me caro, con documentari, libri, ecc; organizzare conferenze, proiezione di film, presentazioni di libri
  • passare dal soliloquio e dalla bacheca individuale alla condivisione. Occorre poi capire che, come dice Papa Francesco in Laudato siì: “Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”. L’informazione è un vero “bene comune” e in quanto tale va scelto, incoraggiato, costruito assieme, abbandonando le abitudini da surfista per praticare le modalità del costruttore di spazi comuni.
COSA POSSO FARE COME GIORNALISTA
  • tornare all’ascolto diretto con le fonti, con la realtà
  • avere un maggior approccio scientifico
  • essere disponibile a cambiare linguaggi.
  • uscire dal seminato (es. se passo da cartaceo a web devo sapermi aggiornare)
  • coltivare la mia credibilità personale al di là dell’editore.
  • uscire dall’autoreferenzialità dei giornalisti
  • aggiornare la comunicazione d’impresa delle aziende tradizionali facendogli valorizzare i punti di forza spesso nascosti! Anche se non sono nel loro “core business”.
  • valorizzare il mio lavoro diventando io stesso promotore di un certo tema lavorando anche sulla “cross-medialita’”
  • fare rete tra testate giornalistiche “affini” tramite rete d’impresa anche per la raccolta della pubblicità’
  • scardinare la cultura della sofferenza e sviluppare una comunicazione che sia “pro” anziché “anti”
  • proporre e sviluppare co-edizioni
  • fare informazione sui nuovi paradigmi che si stanno diffondendo
  • citare le fonti e renderle fruibili su web
  • sfruttare la multimedialità e utilizzare maggiormente le dirette streaming
  • consorziarsi come professionista e come editore
  • sviluppare la “media education”
  • rendere più “pop” e fruibili i contenuti per una loro maggiore diffusione
  • studiare come funzionano i media alternativi e quelli stranieri
  • aumentare il proprio lavoro di consapevolezza sviluppando un approccio critico alla realtà
  • diffondere le conoscenze davvero utili mettendo in discussione “le credenze”
  • occorre un Giornalismo ad alto valore aggiunto: questa è una delle possibili risposte alla crisi della professione. Offrire contenuti ad alto valore aggiunto, ben scritti, lunghi o meno lunghi, chiari, approfonditi quanto serve al lettore, interessanti, originali, vari, con rimandi alle fonti e ad altre possibilità di approfondire se si desidera. Pochi, ben scelti, ben rappresentativi del proprio lavoro. Contenuti per i quali un pubblico di lettori (anche esiguo ma sufficiente da rendere la cosa sostenibile) sia disposto a pagare una somma, anche minima.
  • specializzarmi: l’alta specializzazione (o  verticalizzazione, o ancora, nicchia) è un’altra risposta alla crisi della professione, strettamente legata al concetto precedente. Fare qualcosa meglio degli altri, specializzarsi su un tema preciso, individuare la propria nicchia di lettori, offrire loro qualcosa che gli altri non offrono.
  • essere una specie di tubo connettore fra le notizie e il pubblico, con particolare riferimento alla mia comunità di lettori
  • andare oltre le pagine o i pezzi scritti e multimediali per imparare a servire la sua comunità diventando organizzatore culturale
COSA POSSO FARE COME PROFESSIONISTA/IMPRENDITORE?
  • Se sono un insegnante posso sfruttare la mia posizione per sviluppare consapevolezza critica tramite percorsi di “media education” e più in generale educare alla sostenibilità
  • diventare un “leader culturale” del territorio, consapevole che se faccio crescere il mio territorio ho vantaggi “indiretti”. Lo posso fare in diversi modi: andando nelle scuole e sostenendo progetti formativi per le scuole legati alla sostenbilità e alla cultura; posso creare una rete con le imprese sensibili; posso organizzare incontri in azienda; posso appoggiare associazioni che fanno attività utili per il territorio economicamente o con visibilità ; posso comunicare queste azioni per renderle replicabili
  • investire su progetti per il territorio anziché’ su pubblicità’ classica
  • sponsorizzare media indipendenti
  • Come editore innovativo, posso partecipare alla creazione di “esperimenti mediatici innovativi” tesi a divulgare i propri valori di riferimento, associandomi ed investendo qualcosa su un progetto di rete con queste prerogative.
COSA POSSO FARE COME POLITICO/AMMINISTRATORE PUBBLICO
  • Condannare la concentrazione dei media principali in poche mani, favorita dall’assenza di adeguate barriere all’accumulo di reti informative e risorse pubblicitarie (senza dimenticare la tolleranza della politica di fronte alle numerose sentenze non rispettate dai soggetti più forti)
  • Sostenere la necessità della riforma del sistema di rilevazione degli ascolti Tv (Auditel) e la sospensione di ogni tipo di rilevazione degli ascolti per i programmi giornalistici televisivi
  • Richiedere l’esclusione della pubblicità dalla prima rete pubblica
  • Sostenere la fine del controllo partitico del Servizio Pubblico tramite la creazione di organismi indipendenti autonomi e autorevoli preposti a questo ruolo, sul modello di altri paesi europei
  • Sostenere il potenziamento dell’accesso a Internet su tutto il territorio nazionale
  • Promuovere l’educazione ai media come parte integrante dei programmi delle scuole primarie e secondarie
  • Sviluppare una diversificazione della distribuzione
  • Creare un collegamento diretto con la base
  • Ridefinire o eliminare finanziamento pubblico ai giornali. La politica, secondo Riccardo Bonacina,  “dovrebbe decidere di dismettere definitivamente i finanziamenti diretti all’editoria fonte d malaffare e cattivo e assistito giornalismo per promuovere infrastrutture comunicative pubbliche e gratuite, premiando fiscalmente l’informazione di comunità e professionale”. Su questo tema, invece, Sergio Ferraris propone il modello francese che prevede un finanziamento all’editoria pubblica che aggiorna ogni due anni i media finanziati. In Italia si potrebbe finanziare il lettore anziché’ l’editore.Hai un tot da “spendere” per informarti.
  • Frenare la monopolizzazione del mercato di Amazon e simili adottando quanto avvenuto in Francia o Germania (hanno vietato sconti e spedizione gratuita. Iil legislatore italiano potrebbe replicare questa legge)
  • Tutelare editori da fotocopie (universitari)
  • Trovare qualche forma di tutela ebook pirati
  • Farmi portatore di informazione o organizzare conferenze, eventi e tutte le attività proposte in precedenza per gli imprenditori
  • Invitare altri politici che raccontano ciò che si può fare
  • Valorizzare attività di chi fa informazione su questi argomenti
  • Rendere pubblici gli archivi delle agenzia di stampa
  • Riformare odg valorizzando i pubblicisti
  • Sostenere una legge su conflitto d’interesse
  • Favorire strumenti di cooperazione tra giornalisti o editori
  • Finanziare produzioni indipendenti
  • Abbattere il digital divide e sviluppare banda larga
  • Obbligare le tv a trasmettere contenuti formativi

RIFERIMENTI

BIBLIOGRAFIA
  • Bauman, Z., “Modernità liquida”, Laterza 2000
  • Chomsky, N., “La fabbrica del consenso: l’economia politica dei mass media” 1998
  • Chomsky, N., “Capire il potere”, 2002
  • Eco, U., “Trattato di semiotica generale”, Bompiani 1984
  • Jenkins, H., “Cultura convergente”, ed Apogeo 2007
SITOGRAFIA
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