“Quanto si può imparare dalla Natura? La scuola del 2040 è basata sulla semplicità, sul rapporto con la Natura e su un’alimentazione sana. Esiste ancora una solida struttura di teorie pedagogiche, ma si presenta in forma esperienziale, prediligendo l’apprendimento ludico, basato su progetti e attività concrete.”
Hanno contribuito: Sabina Bello – Asilo nel Bosco di Ostia | Danilo Casertano – Manes, Asilo nel Bosco di Ostia | Maria De Biase – Preside | Michele Dotti – educatore | Carlo Ridolfi – Rete di Cooperazione Educativa – C’è speranza se accade @ | Andrea Sola – Educare alla libertà Ha facilitato: Sabina Bello
La norma, in Italia come in buona parte del mondo, è che la scuola sia una sorta di prigione in cui siamo forzati a trascorrere gran parte della nostra infanzia e adolescenza. Non siamo liberi di muoverci, dobbiamo restare seduti, fermi, in silenzio, la schiena dritta e le braccia appoggiate sul banco. Siamo costantemente giudicati, costretti ad inserirci dentro a modelli valutativi rigidi e schemi precostituiti. Quasi sempre l’ambiente circostante fa da specchio a questa sensazione mentale: edifici squallidi e sporchi, stanze grigie, scritte sui muri. Ma tutto questo è inevitabile? Di seguito faremo un viaggio nella scuola italiana del 2015, scoprendone limiti, criticità e punti di forza. Per poi passare a descrivere, con esempi concreti di esperienze già esistenti, come potrà essere la scuola nel 2040.
La scuola di oggi è un enorme organismo che rappresenta la terza voce di spesa dello Stato: un totale di 54,6 miliardi di euro all’anno (circa 7000 euro ad alunno) ne fanno un colosso le cui dimensioni ne rendono difficilmente plausibile l’efficienza e l’efficacia. Sono 8,96 milioni gli studenti statali e privati, 863.368 gli insegnanti, quasi 10 milioni le persone coinvolte (fonte: Miur 2010).
Una struttura altamente burocratizzata, composta da organi collegiali vecchi: tutti elementi che hanno contribuito a creare dinamiche non virtuose, quali per esempio i cosiddetti diplomifici e privati approfittatori. Senza contare l’ingiustizia sociale che di fatto consente a chi ha le possibilità economiche di recuperare gli anni persi mentre esclude gli studenti in difficoltà economiche e culturali.
Questo pachiderma è andato a corredarsi di strutture arretrate, quando non addirittura fatiscenti e pericolose. Tale inadeguatezza strutturale si è tradotta – a livello di spazi fisici – in “non luoghi” tristi e spesso brutti. Le preoccupazioni dei genitori e de legislatore verso la sicurezza e l’igiene si sono tradotte, nel migliore dei casi, in luoghi asettici, strutture blindate dove le modalità di accesso (ed uscita) sono sfuggite alle basi del buon senso.
La struttura scolastica, così chiusa nelle sue mura, si è altrettanto barricata dietro formazioni prettamente teoriche, perdendo la dimensione dialogica con la vita ed il momento presente e privilegiando senza mezzi termini le forme di conoscenza accademiche per lasciare in secondo piano le maestrie e il saper fare, che altrettanto caratterizzavano il nostro popolo e la sua grande e riconosciuta capacità artigianale di qualità.
La scuola si è cristallizzata in strutture mentali e saperi gerarchici, il cui prodotto è risultato essere una conoscenza pre-masticata, sempre mediata, presentata in una forma “omogeneizzata” che nulla ha a che vedere con un sano sviluppo dell’intelletto e delle sue capacità in relazione alla vita pratica. La mancanza di uno sviluppo libero del pensiero, appiattito sin dalla scuola dell’infanzia, ha fatto sì che la capacità di ragionare in maniera autonoma si cristallizzasse in dogmatismi culturali, religiosi e pseudo-scientifici.
Questa condizione strutturale ha fatto sì che una grossa fetta del personale docente si riducesse a forme di educare prive di coraggio con una mancanza generale di assunzione di responsabilità ed in varie forme di resistenza al cambiamento. Manca oggi un legame con la realtà contemporanea in primo luogo da parte degli insegnanti che spesso non sono che ex-alunni che forse hanno avuto poche occasioni di arricchire la loro esperienza con i colori cangianti del mondo e della vita, che hanno scelto l’insegnamento non come una vocazione ma semplicemente per la prospettiva del posto di lavoro. Allo stesso tempo quegli insegnanti che avrebbero voglia di mettersi maggiormente in gioco, ben lungi dall’essere facilitati, si trovano piuttosto ostacolati dall’eccessiva burocratizzazione e diffidenza verso il fare e lo sperimentare, col rischio concreto di sviluppare frustrazione.
In questo panorama, venendo meno il patto educativo e di fiducia fra insegnanti, alunni e genitori, questi ultimi invece che alleati e co-partecipanti del processo educativo divengono assenti o giudicanti, complici arrabbiati dei figli, con scarsa possibilità di partecipazione o scelta nella didattica e negli approcci educativi.
Questo clima si ripercuote nelle classi con una mancanza di educazione all’empatia, in una gestione basata sulle paure, in un atteggiamento giudicante se non in taluni casi spietato, che predilige l’utilizzo di voti che spingono alla competizione piuttosto che alla cooperazione. L’autoritarismo in classe spesso prevale sull’amore; i desideri e gli interessi di bambini, fanciulle e ragazzi nella maggioranza dei casi non vengono tenuti in considerazione nello svolgimento delle lezioni e nell’orientamento della didattica; il tempo libero lasciato a loro disposizione è quasi nullo.
Molti dei diritti basilari dell’infanzia vengono così negati e il risultato di questo processo è un malessere diffuso, che vede il disprezzo dell’adolescenza e il non rispetto dell’infanzia come condizioni quotidiane. La spaventosa crescita di fenomeni quali l’abbandono scolastico (uno studente su 3 in Italia non finisce le superiori, dati del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dossier Dispersione) e l’analfabetismo di ritorno(il 71% degli italiani si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà) testimoniano l’inefficacia del sistema attuale e l’urgenza di un cambiamento, affiancati dalla crescente richiesta di percorsi scolastici alternativi alla scuola di Stato o della quantità in aumento di famiglie che scelgono un regime di scuola parentale, nel tentativo di evitare il fallimento della missione educativa, senza avere però garantiti e a loro disposizione adeguati strumenti economici e culturali, monopolizzati dal sistema statale che si pone come unico amministratore delle risorse pubbliche e umane destinate all’educazione.
L’Italia è un paese dove la libertà di educazione è sancita dalla costituzione ma di fatto il soggetto centrale rimane lo Stato. A chi spetta la responsabilità educativa? Come esercitarla?
Una scuola pubblica deve essere aperta a tutti (quella statale sicuramente lo è) ma soprattutto deve anche appartenere al popolo, alla comunità dei Cittadini. Il popolo deve essere il garante del sistema educativo da lui scelto e deve avere la possibilità di poter scegliere all’interno di un panorama pluralista, con diverse offerte di pedagogie e metodi didattici.
La lontananza del sistema educativo dai bisogni reali dei ragazzi e delle comunità si fa sempre più grande ed è tempo quindi di dar vita e voce a nuovi paradigmi e alle buone pratiche per aiutare il sistema attuale e per farne sorgere uno nuovo. Aiutare questo processo significa permettere alla naturale ricchezza di un popolo e di un territorio di esprimersi differenziandosi attraverso un nuovo ventaglio di ipotesi. Da tale ventaglio si potrà poi scegliere l’opzione che meglio si confà alle esigenze di quel luogo in quel dato momento storico. Questa libertà di scelta, disponibile per tutti e unita ai mezzi per poterla attuare è la sovranità educativa che noi rivendichiamo.
Immaginiamo di trovarci nel 2040. In Italia la scuola sarà basata sulla semplicità, sul rapporto con la Natura e su un’alimentazione sana. Esisterà ancora una solida struttura di teorie pedagogiche, ma si presenterà in forma esperienziale, prediligendo l’apprendimento ludico, basato su progetti e attività concrete.
La scuola sarà un luogo di innovazione ed esempio per i contesti e i quartieri in cui si trova, e la trasmissione della conoscenza e la ricerca si affiancheranno e si intrecceranno con lo sviluppo dei territori.
La sensibilità ecologica che già oggi è in forte crescita sarà diventata pratica consolidata e punto di partenza per nuove pratiche. Altrettanto consolidata sarà la predilezione di materiali come il legno, la ceramica, il vetro; la lotta alla plastica sarà un ricordo superato da tempo, mentre il contatto con la natura, la sua conoscenza e la competenza necessaria a prendersene cura saranno caratteristiche pienamente acquisite e diffuse all’interno di tutte le scuole d’Italia.
Sin dalla scuola dell’infanzia si lavorerà proprio a coltivare la capacità dell’“avere cura” come passaggio necessario a sviluppare un sano rapporto con la vita mediante gli orti e la relazione con gli animali da fattoria. Centrale lo sviluppo dei sensi e delle abilità pratiche; l’uso delle mani sarà ritenuto una tappa imprescindibile nello sviluppo della conoscenza e una componente fondante nella costruzione dei saperi.
La scuola del 2040 avrà il compito di trasmettere e coltivare la sensibilità e le competenze che meglio caratterizzano le eccellenze culturali italiane, con un’attenzione particolare al riconoscimento dei sapori e alla ricchezza del nostro patrimonio agricolo e culinario (che verrà vissuto mediante esperienze e non racconti teorici) e allo sviluppo di tutte quelle forme di artigianato di qualità che caratterizzano il nostro popolo.
La scuola diventerà il luogo in cui coltivare l’attitudine alla bellezza e all’arte, elementi che ci appartengono sia su un piano naturalistico che culturale. Una “scuola di vita” che sceglie l’apprendimento diretto e i piccoli gruppi-classe, collocata all’interno di una “società educante”, alleanza di genitori, scuola, comunità. Scuola anche come spazio in cui si apprende ad “essere comunità”, dove imparare a stare assieme agli altri valorizzando e mettendo in dialogo le differenze, luogo dell’inclusione e dell’attenzione, dell’ascolto verso le necessità di tutti e in particolare dell’opportunità di relazionarsi con le persone portatrici di una fragilità.
La scuola non sarà più un edificio-carcere perché non compressa in una struttura che fa da confine. Superata la barriera architettonica delle mura va ad incontrarsi in maniera diretta con il territorio, facendo sì che la città stessa diventi scuola e che i luoghi del fare diventino spazi tipici dell’apprendimento. La città inoltre metterà a disposizione degli spazi dedicati alla vita collettiva di bambini e adolescenti, “case dei ragazzi” dotate di laboratori polifunzionali, spazi dedicati alle arti (musica, teatro, cinema, lettura, ecc) e supporterà i giovani nel poter vivere autonomamente fuori dalla famiglia.
Abolito il modello unico di programma: al suo posto si prediligerà la diversità su base geografica, con scuole gestite da comuni e province, così che ogni luogo possa dare origine ad una scuola caratteristica e allo stesso tempo caratterizzante, strettamente intrecciata col proprio tessuto territoriale e con i talenti, le qualità tipiche, le specificità e le conoscenze/competenze di quel luogo. Allo stesso modo sarà favorita la pluralità di stili pedagogici, in modo che un bambino e la propria famiglia abbiano modo di scegliere all’interno di una stessa scuola quale stile o metodo pedagogico si adatta maggiormente alle loro caratteristiche.
Questa biodiversità culturale si iscriverà all’interno di principi e valori comuni quali la non offensività, la centralità del bambino nel suo insieme, la cura e il supporto di tutti quegli elementi “educanti” quali genitori, insegnanti e comunità in cui il bambino si trova a crescere, il rispetto delle differenze culturali, della natura e della vita stessa nella sua molteplicità e natura ecosistemica.
Rispetto alla scuola attuale, di natura statica e considerava che considera lo spostarsi qualcosa di eccezionale che si verificava unicamente in occasione delle uscite didattiche o “gite”, l’itineranza sarà sin dalla prima infanzia una caratteristica quotidiana, con spostamenti che vanno crescendo per distanza e durata in maniera progressiva e corrispondente alla crescita del fanciullo. Questi spostamenti si caratterizzeranno come veri e propri viaggi; inizialmente si svolgeranno nel proprio territorio, ma con la crescita del bambino corrisponderanno sempre più a periodi da trascorrere in altri paesi e nazioni. Quelle ad oggi sono esperienze isolate come ad esempio Intercultura ed EF (programmi che permettono a ragazze e ragazzi di sedici e diciassette anni di vivere un anno all’estero), nel 2040 saranno precedute da un percorso che già dalle elementari in poi permette di vivere esperienze d’autonomia, sia come gruppo-classe che presso altre famiglie, per una durata che parte da pochi giorni fino ad alcuni mesi.
Questo fondamentale tassello permetterà fin da piccoli lo scambio con altre culture e la contaminazione sia all’interno del territorio italiano che fuori. Si previene così quella fissità mentale in cui si rischia di incorrere non conoscendo, nelle fasi di crescita e sviluppo, altri contesti al di là del proprio. La duplice attenzione da un lato alla cultura locale, dall’altro al viaggiare e allo scambio culturale mira a maturare cittadini che, consapevoli e forti della propria identità d’origine, hanno come orizzonte la dimensione mondiale.
I bambini saranno considerati parte attiva nel capire quale iter d’apprendimento intraprendere e in quali modalità; ogni scuola avrà delle figure specifiche, counselor adibiti a consigliare i ragazzi nel trovare il loro percorso individuale ed interfacciarsi con le famiglie quando necessario per aiutarli ad essere concordi nella direzione desiderata. L’educazione emotiva avrà un ruolo centrale e sarà considerata come una risorsa fondamentale per la crescita sana di tutti. Per questo motivo sarà proposta a tutti: alunni, docenti, genitori, personale scolastico ed extra-scolastico.
La scuola del 2040 alternerà delle modalità diverse di gestione del tempo: così a dei momenti più strutturati ne seguiranno altri in cui fanciulle e fanciulli possono scegliere più liberamente la propria attività. La struttura della giornata sarò spesso soggetta a variazioni e adattamenti nel corso dell’anno perché per rimanere efficaci è necessario tastare l’andamento in maniera quotidiana ed è impossibile decidere anticipatamente tutti i dettagli.
Saranno utilizzati quotidianamente strumenti propri della facilitazione, che aiutano i bambini a sviluppare modalità di comunicazione efficace. Tali strumenti saranno anche trasmessi ai bambini, in modo che diventino sempre più autonomi nella gestione dei processi e delle relazioni. Allo stesso tempo il processo educativo si avvarrà di più modalità di apprendimento e progettazione in gruppi.
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