17 Lug 2024

Zoomafia, animali infetti macellati e salute pubblica – INMR Sicilia #4

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Quarta puntata di Io non mi Rassegno Sicilia. Oggi con la nostra Selena Meli parleremo di zoomafia e di un grave problema di salute pubblica legato alla macellazione clandestina di animali infetti da tubercolosi e brucellosi, che invece di essere abbattuti vengono venduti per arrivare fino alle nostre tavole. Torniamo anche sul tema siccità, incendi e rifiuti, e del via libera all’emendamento contro i “No Ponte”. In chiusura qualche articolo pubblicato nell’ultimo mese su Sicilia Che Cambia.

Apriamo la nostra rassegna con una notizia che non ha avuto molto seguito, è comparsa infatti solo su qualche quotidiano nazionale. Mi riferisco al caso sollevato da Giuseppe Antoci, neo europarlamentare eletto nelle file del M5S, promotore del “Protocollo della legalità”, oggi diventata legge Antoci, che imponendo alle aziende la certificazione antimafia ha causato la perdita di un business miliardario per i boss dei pascoli che in Sicilia valgono circa 5,3 miliardi. 

Vittima di un attentato mafioso, durante la sua presidenza al Parco dei Nebrodi dal 2013 al 2018, si rese conto del meccanismo di pressioni e intimidazioni che subivano gli agricoltori del territorio. 

Oggi richiama l’attenzione della Commissione europea per un grave problema di salute pubblica legato alla macellazione clandestina di animali infetti da tubercolosi e brucellosi, che dovrebbero essere abbattuti per evitare il rischio di trasmissione di malattie all’uomo e invece vengono venduti per arrivare fino alle nostre tavole.

In pratica, il business della mafia dei pascoli, di cui Antoci si è occupato durante il periodo in cui è stato presidente del Parco dei Nebrodi, prevede che gli animali malati vengano sostituiti con quelli sani per ottenere i fondi europei destinati agli allevamenti. Come si legge su Repubblica, recenti inchieste giudiziarie hanno dimostrato che le agromafie e le zoomafie si nutrono di una rete raffinatissima di professionisti, veterinari compiacenti che aiutano a bypassare la filiera dei controlli.

Prima di macellare clandestinamente gli animali infetti, spesso in strutture fatiscenti e improvvisate, gli viene sostituito il microchip con quelli di altri animali sani precedentemente rubati. Questo fenomeno ha fatto sì che in Sicilia si registrasse un notevole incremento dei furti di bestiame negli ultimi dieci anni. 

Tra il 2011 e il 2016 in Sicilia sono spariti circa 660mila animali di cui 606mila ovini e caprini e quasi 54mila bovini, si legge dai dati della commissione d’inchiesta istituita dall’ex governatore Rosario Crocetta per verificare l’esistenza di infiltrazioni mafiose nella filiera delle carni. 

Circostanza che ha portato anche a un notevole aumento dei casi di tubercolosi e brucellosi in Sicilia. Gli ispettori legavano il furto di bestiame alla macellazione clandestina.

Repubblica ha chiesto a Regione e ministero della Salute il numero di animali abbattuti per brucellosi e tubercolosi e di quelli di cui è stata denunciata la scomparsa in Sicilia dal 2016 a oggi. Ciò chiarirebbe il reale numero di capi macellati clandestinamente. La banca dati nazionale dovrebbe essere accessibile ma anche gli ispettori nominati da Crocetta avevano dovuto faticare per ottenere le password necessarie a reperire i dati. 

Il fenomeno non è relegato solo alla Sicilia ed è più attuale che mai. Quattro le Regioni in cui le malattie sono diffuse: Sicilia, Campania, Calabria e Puglia. 

L’industria della carne, per acquistare un animale “sospetto”, spende fra i 200 e i 400 euro contro i 3 o 4 mila che servono per uno sano. «Il silenzio della politica è stato ed è eloquente. Creammo una task force. Avevamo un piccolo esercito e dei mondi inimmaginabili da indagare. Prima che ci attaccassero, la notte dell’agguato, stavamo colpendo le mafie su più fronti collegati fra loro. Erano i giorni in cui costruivamo il protocollo di legalità che oggi è legge. Intanto proseguiva l’indagine sulle macellazioni clandestine e gli allevamenti infetti dichiarati “ufficialmente indenni” per garantire i contributi europei. Abbiamo aperto più fronti di guerra ma siamo stati lasciati soli» sottolinea Antoci. Un altro colpo alla sua task force fu l’improvvisa rimozione dall’incarico di presidente del Parco da parte dell’allora governatore Nello Musumeci, oggi ministro della Protezione Civile, apprendendo la notizia dalla stampa a sei mesi dalla scadenza dell’incarico. 

Tra mafia, salute pubblica e maltrattamenti animali avremmo bisogno di una rassegna intera per approfondire la notizia, ma intanto un monito per essere consapevoli in qualunque nostra scelta, da quello che mettiamo nel nostro piatto all’importanza di prenderci del tempo per informarci meglio su quanto accade intorno a noi e non dire “non lo sapevo”. 

Continua purtroppo in Sicilia un’emergenza siccità dovuta anche alle alte temperature. Il livello dell’acqua negli invasi è al 25 per cento del totale. Secondo le previsioni della Protezione civile entro la fine di luglio la situazione peggiorerà ulteriormente.

Nel frattempo 20 milioni di euro sono stati stanziati dal governo per finanziare interventi di emergenza. È iniziato lo scavo di alcuni pozzi: l’azienda pubblica Siciliacque ne sta realizzando tre nuovi in provincia di Agrigento e in provincia di Palermo. Inoltre sono in corso ricerche sempre in provincia di Palermo, in particolare sul monte Carcaci tra Prizzi e Castronovo.

Un milione di questi 20 milioni sarà destinato alla riapertura del dissalatore di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, un impianto che aspira l’acqua salata del mare, la filtra e ne ricava acqua dolce che viene immessa nella rete idrica. Rimetterlo in funzione non è semplice: il dissalatore era stato chiuso 12 anni fa per via dei costi di gestione elevati e da allora non è stata fatta nessuna manutenzione, ma secondo la Regione si può riaccendere nel giro di pochi mesi. Sarà vero?

Era stato voluto nel 2005 dall’allora presidente della Regione e commissario dell’emergenza idrica Totò Cuffaro nell’area del porto: costato 6 milioni di euro, aperto nel 2007, era in grado di immettere 100 litri al secondo di acqua potabile nella rete idrica, pari a 3 milioni di metri cubi d’acqua all’anno. Tuttavia rimase in funzione solo per cinque anni: chiuse nel 2012 a causa dei costi di gestione elevati.

Per rimetterlo in funzione servono nuovi lavori e investimenti, potrebbe servire in caso di nuove future crisi idriche, ma non è la soluzione al problema. E tra le soluzioni immediate c’è anche la richiesta della Regione Sicilia alla Marina militare per una nave cisterna per rifornire d’acqua la provincia di Agrigento e la zona di Gela. La nave può trasportare fino a 1.200 metri cubi d’acqua da immettere nella rete idrica e rimarrà a disposizione della Regione, ormeggiata nel porto di Augusta (sulla costa ionica, a est). L’uso di una nave cisterna, un mezzo finora utilizzato solo per rifornire le piccole isole, è uno degli ultimi tentativi per cercare quantomeno di alleviare i problemi dovuti alla mancanza di pioggia.

I danni sul fronte agricolo sono ingenti. «Se la regione non crea una deroga al Pac al fine di ricevere dei sostegni, saremo rovinati – spiega Luca Li Vecchi – presidente della cooperativa agricola Verbumcaudo. È un momento critico da cui si può uscire soltanto con la cooperazione tra tutti gli operatori in campo, dalla banca ai comuni fino agli agricoltori».

Restando in tema, vi abbiamo parlato in uno dei nostri ultimi articoli dedicati all’argomento, della difficoltà del servizio idrico di Catania a trovare un gestore unico che potesse affidare il servizio di gestione, di distribuzione e di fatturazione delle acque. Sembrava che dopo decenni di liti si fosse arrivati alla soluzione affidandola alla Sie, Servizi idrici etnei, società mista pubblico-privata. Tra i privati, Hydro Catania è la società che detiene il 49 per cento del capitale di Sie e a sua volta l’un per cento delle quote di Hydro Catania è di Sielte su cui pesa l’ombra di aver agevolato alcune imprese controllate dai parenti del boss Salvatore Pillera. L’Ati chiede di approfondire la vicenda per avere garanzie di legalità e trasparenza tra tutti i soci privati di Sie. Nel frattempo l’emergenza continua e il tempo vola…

ll valore dell’accordo tra la Regione Siciliana e il dipartimento nazionale dei vigili del fuoco per il contributo alla campagna antincendio è di due milioni e mezzo. Personale, attrezzature e mezzi dei vigili del fuoco andranno a integrare le forze messe in campo dalla Regione per un’estate già cocente. Il governo Schifani ha schierato gli addetti antincendio stagionali a metà maggio e la flotta di dieci elicotteri di cui la Regione si avvale ormai da sei anni è pronta a intervenire se dovesse essere necessario.  Mancano i due elicotteri pesanti, capaci di stare in volo anche in occasione di giornate con forte vento perché alla gara d’appalto non si è presentata alcuna azienda.

Dal 24 giugno al 30 settembre saranno 16 le squadre antincendio-boschivo che verranno smistate nel territorio isolano. Fin qui tutto bene, se non fosse che, come racconta Simone Olivelli su Domani, «la Regione ha speso 20 milioni di euro “per comprare delle autobotti che, a detta degli stessi autisti che debbono utilizzarle, risultano inadeguate a essere usate nelle aree boschive. Le stesse che ogni anno vanno a fuoco un po’ in tutta l’isola. Ditte fornitrici e Regione si difendono, parlando di refusi nei documenti e dando garanzia sull’efficienza dei mezzi. Chi però sta denunciando i fatti, chiedendo di rimanere anonimo per timore di ritorsioni, la pensa in maniera diversa». Esempi di come bruciare, letteralmente, i soldi pubblici…

Intanto sono stati stanziati nove milioni per la ricostruzione di immobili e aziende incendiate nel luglio 2023, ma non si capisce il motivo per cui ne beneficeranno solo alcune province, Palermo, Messina, Catania e Trapani.

Qualche giorno fa l’Etna ci ha lasciato ancora una volta a bocca aperta per la bellezza della sua forza e l’incandescenza dei suoi respiri di colore rosso fuoco, il tutto coronato da una pioggia di cenere vulcanica. Una risorsa da sempre gestita come rifiuto speciale, affaticando ulteriormente le casse pubbliche in materia di smaltimento. In un’ottica di economia circolare, l’obiettivo sarebbe quello di sfruttare la cenere vulcanica per alimentare i cicli produttivi del settore delle costruzioni. Ma in base a quanto accaduto di recente, sembriamo ancora ben lontani dal raggiungimento. Non era meglio prepararsi visto che si tratta di un fenomeno molto probabile anche se non prevedibile?

Lo stesso vale per la questione rifiuti. Emergenze su emergenze. Intanto la realizzazione degli inceneritori in Sicilia ha superato la valutazione ambientale strategica. La strada per la realizzazione è ancora lunga, ma la direzione è segnata. Una scelta che, secondo Schifani, sarebbe anche compatibile con l’economia circolare, vorremmo capire come, e risolverebbe la saturazione delle discariche siciliane – vedi Lentini tra chiusure e riaperture per autorizzazioni mancanti da parte di Sicula Trasporti che gestisce la discarica. Il comune di Catania ha anche avanzato la proposta di aumentare le dimensioni dei termovalorizzatori che, invece, per le associazioni ambientaliste sarebbero addirittura in eccesso. 

Legambiente, per esempio, ha messo in discussione la validità delle previsioni fatte dalla Regione per calcolare la capacità degli impianti che si basa, per stessa ammissione della Regione, su dati vecchi e non sugli obiettivi previsti dalla recente normativa comunitaria e nazionale.

Rifiuti Zero Sicilia e Zero Waste fanno notare che il Css, il combustibile solido secondario, verrà incenerito pur non rientrando tra i rifiuti, essendo una materia prima seconda che può essere utilizzato senza particolari accorgimenti al posto di combustibili quali il carbone o il pet-coke. A essere stato sollevato è stato anche un tema molto sentito, quello della salute. Come si fa a risolvere un’emergenza rifiuti se la si affronta con così tanto pressapochismo?

Via libera delle Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali della Camera a un emendamento presentato dalla Lega al disegno di legge Sicurezza che prevede un’aggravante per cui “se la violenza o minaccia” a un pubblico ufficiale “è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di una infrastruttura strategica la pena è aumentata”. L’emendamento è stato ribattezzato come “anti No Ponte”.

La notizia lascia davvero perplessi, per commentarla riprendiamo le parole di Renato Accorinti, ex sindaco di Messina nonché co-fondatore del movimento “No Ponte”. «Questa è la destra. Quando parliamo di fascismo e di antifascismo, che può essere frainteso, non è il fascismo del ventennio. Con questa modalità e questa mentalità vogliono reprimere il pensiero. Come vorrebbero fermare il vento con le mani, con i migranti e con tante altre cose. La destra è cieca, è miope, perché ha il cuore e l’anima chiusi. Pensa che con la forza e con la repressione si ottiene tutto. Ma non lo otterranno mai».

Un mese ricco quello di Sicilia che Cambia. Come promesso abbiamo dato inizio al nostro approfondimento sul tema dell’emergenza siccità, scoprirete che non si tratta di una situazione nuova per la Sicilia, anzi. Con Luigi Pasotti, agronomo specializzato in Agrometeorologia, abbiamo cercato di delineare la situazione nell’isola, dalle condizioni meteorologiche e alla mancanza di un piano di azione.

Abbiamo dedicato un articolo anche alle isole minori che di fatto vivono la mancanza d’acqua in tutti i periodi dell’anno e vengono fornite da navi cisterne a prezzi esorbitanti piuttosto che rivedere le infrastrutture già realizzate o trovare soluzioni più sostenibili. Si può definire emergenza una condizione in atto da decenni? Lo stesso atteggiamento adattato da tempo con la questione rifiuti e, nel caso di Catania, con la discarica di Lentini più volte chiusa e poi riaperta. Ce lo racconta la nostra Maria Enza Giannetto.

Per fortuna alla mala gestione e all’incompetenza fanno da contraltare storie ed esempi che danno speranza. La Fondazione Messina, ad esempio, ha ideato e sostiene un ampio progetto che vede nella produzione di nuove bioplastiche green dalle trebbie di scarto della lavorazione della birra la base di un modello di sviluppo sul piano ambientale, sociale, economico che rilancia il territorio. Il polo olivettiano che nascerà in provincia di Messina sarà anche un hub, un centro di ricerca e un nodo produttivo di comunità energetica.

Nella zona della Valle del Simeto un’ampia rete di associazioni e singoli cittadini si è riunita allo scopo di rappresentare la comunità all’interno del Presidio Partecipativo del Patto di fiume Simeto, con l’obiettivo di promuovere processi di sviluppo locale e democrazia partecipata nel territorio della valle. Una storia lunga oltre 20 anni che non si limita ad azioni simboliche ma vuole lasciare un segno evidente nel territorio.

Nei territori dell’entroterra, le aziende ennesi riunite nella Cooperativa Oro Rosso di Sicilia sono le artefici della reintroduzione della coltivazione della pregiata spezia che viene utilizzata nella produzione del formaggio tipico della zona. E da qualche tempo si lavora anche per proporre itinerari di turismo esperienziale e prodotti di filiera particolari. Mentre Luca Cammarata, dal 2000, ha realizzato il suo sogno di vivere a contatto con la terra e tra le sue amate campagne occupandosi di coltivazione di cereali e allevamento. La sua azienda oggi è custode della capra girgentana, che è stata reintrodotta attraverso pratiche di allevamento responsabili. E dal 2015 Luca, vicino ad Addiopizzo, gestisce un bene confiscato alla mafia. 

Continuate a seguirci su Sicilia che Cambia per sapere di più e scoprire storie di innovazione e cambiamento. 

#Zoomafia, macellazioni clandestine e tubercolosi
La Repubblica – Giuseppe Antoci: “Denuncio all’Ue le macellazioni clandestine”
La Repubblica – Furti e animali infetti: così la “zoomafia” mette le mani sulla carne del Sud
Parco dei Nebrodi – Il Protocollo Antoci è legge dello Stato
Il Fatto Quotidiano – I focolai di tubercolosi e la carne degli animali infetti finita nei piatti: le mani dei clan sulla macellazione clandestina in Sicilia. Antoci (M5s): “Intervenga l’Ue”

#Siccità
Il Post – Per contrastare la siccità la Sicilia vuole riaprire un dissalatore fermo da 12 anni
Il Post – Una nave cisterna della Marina militare rifornirà d’acqua la provincia di Agrigento
QdS.it – Inchiesta sui rapporti tra clan e Sielte, riflessi sul servizio idrico. “Ati chieda informativa antimafia”

#Incendi
QdS.it – Sicilia, l’emergenza incendi e la polemica sui risarcimenti. Pd: “Escluse cinque province”
QdS.it – Prevenzione incendi in Sicilia, dalla Regione più di due milioni per rafforzare il personale dei Vigili del Fuoco
Domani – La Sicilia si prepara agli incendi. Ma la regione ha acquistato le autobotti sbagliate

#Rifiuti e cenere dell’Etna
QdS.it –  Rifiuti, cosa c’è dietro la nuova crisi: il caso Sicula Trasporti e il ricorso alla Regione
QdS.it – Termovalorizzatori, ok dalla Cts al piano Schifani. E il Comune di Catania li vorrebbe più grandi
QdS.it – Cenere dell’Etna, da sciagura a risorsa. Ma i Comuni sono ancora impreparati

#Via libera all’emendamento contro i “No Ponte”
Ansa.it – Ddl sicurezza,via libera all’emendamento contro i ‘No-Ponte’
Antimafia – Approvato emendamento anti ‘No Ponte’: inasprite le pene per chi protesta

#SCC
Italia che Cambia ­­ – Emergenza siccità, qual è la situazione in Sicilia?
Italia che Cambia ­­ – Isole minori, siccità e costo dell’acqua. Quanto è difficile vivere in una piccola isola
Italia che Cambia ­­ – Discarica di Lentini, tra chiusure e riaperture emerge la gestione dei rifiuti fallimentare in Sicilia
Italia che Cambia ­­ – Bioplastiche dalle trebbie di birra al centro del progetto del polo olivettiano di Roccavaldina
Italia che Cambia ­­ – Presidio Partecipativo del Patto di Fiume Simeto, una storia di cura e valorizzazione del territorio
Italia che Cambia ­­ – Oro rosso di Sicilia, la cooperativa che ha reintrodotto lo zafferano ennese
Italia che Cambia ­­ – La storia di Luca Cammarata, dalla gestione di un bene confiscato alla lotta alla siccità

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