6 Nov 2023

Ventimiglia: il disagio sociale tra migranti, omicidi e crocifissi – Io non mi rassegno Liguria #1

Scritto da: Emanuela Sabidussi
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Apriamo la prima puntata della rassegna ligure di “Io non mi rassegno” raccontandovi la situazione allarmante di Ventimiglia, dove reati, flussi migratori e disagio sociale sono in costante aumento. In questo contesto complesso aumentano anche i controlli di frontiera da parte della Francia e la presenza delle forze di polizia nella provincia. A far notizia è una decisione da parte dell’attuale amministrazione che ha acquistato una trentina di crocifissi per inserirli in alcuni uffici pubblici della città.

“La situazione a Ventimiglia continua a peggiorare e il disagio di questo territorio non sembra trovare tregua. In queste ultime settimane raccogliendo le segnalazioni di articoli di cronaca ligure, la fotografia che mi si è composta davanti di Ventimiglia è di un territorio in cui il disagio e le difficoltà sembrano emergere ancor più ampie di altri territori della provincia. 

A dare l’ennesimo allarme in queste settimane c’è stato il caso di un omicidio di un uomo nigeriano, avvenuto nel cuore di Ventimiglia alle 19 di sera, a seguito di una lite con un connazionale.

Vi riporto due dichiarazioni rilasciate dal segretario provinciale del Pd di Imperia Cristian Quesada e dall’ex sindaco di Ventimiglia e attuale consigliere regionale Enrico Ioculano: “Quello che è successo a Ventimiglia è molto grave. La situazione continua ad aggravarsi ogni giorno di più”. ha dichiarato il primo. 

“È il momento di agire non con operazioni spot, come vuole il mantra dell’ amministrazione comunale a guida leghista. Servono soluzioni, serve un centro di accoglienza e un supporto concreto alle associazioni che si occupano del tema.” e continua “Questo è il risultato della politica di sicurezza delle destre, quando si nega ogni tipo di governo del fenomeno purtroppo si verificano anche questi episodi”. 

A scatenare tanta preoccupazione è la percezione di non sicurezza ella situazione sempre più precaria e poco regolata e supportata dei migranti che qui si trovano a passare, sostare e in alcuni casi restare. Ventimiglia viene infatti chiamata anche “la Lampedusa del nord”, per il suo collegamento via terra che porta al di fuori del territorio italiano. Sono principalmente sudanesi, eritrei, curdi, nigeriani, che tentano di sviare i controlli per raggiungere la Francia. 

I numeri sono negli anni cresciuti, ma le strutture e servizi sociali e sanitari di sostegno rimangono sottodimensionati. Ve ne avevo parlato in un articolo dedicato, che trovate tra le fonti e purtroppo da allora la situazione continua a non migliorare. A seguito dell’omicidio recente il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza pubblica di Imperia ha deciso di aumentare ancor di più la presenza delle forze di polizia nelle zone più “calde” di Ventimiglia come ordine pubblico e dei flussi migratori. 

Inoltre è stata prevista un’accelerazione sui tempi per aprire il “centro di sollievo” struttura che sarà dedicata all’accoglienza e all’identificazione dei migranti. E mentre anche la Francia potenzia ulteriormente i suoi controlli in ingresso al suo territorio, danno notizie le iniziative del sindaco in carica, eletto a maggio di quest’anno, che ha acquistato una trentina di crocifissi per ripristinarne la presenza negli uffici comunali, dopo diversi anni in cui non c’erano più. 

E avrebbe potuto essere notizia di secondo piano e ignorata dai più, se non fosse che l’amministrazione che la attua è quella di Ventimiglia, che ad oggi che si trova a gestire un’innumerevole diversità di nuovi abitanti e migranti di passaggio sul suo territorio, con tutte le conseguenze che potete ben immaginare, dalla sanità ai trasporti, al disagio sociale, a piccoli reati che si vanno a sommare a quelli “locali”, a povertà e mancanza di servizi di accoglienza e sostegno. 

E proprio in un luogo che si trova, più di altri, a fare i conti con il disagio umano e sociale, penso che fare appello ad un simbolo mono religioso sia limitante ed energivoro. Mi sono chiesta se fosse forse più utile per all’amministrazione aprire invece un dialogo con le associazioni locali, alcune anche intervistate da noi in questi anni, per comprendere come migliorare la situazione di abitanti e migranti, facendo appello a valori e credenze più ampie, come il senso di umanità che sappiamo essere già presente e in attesa di essere utilizzato.”

“Cambiamo completamente argomento parliamo di sanità: è di pochi giorni fa la notizia di un nuovo protocollo d’intesa sottoscritto dalla Regione Liguria con la Cassa Depositi e Prestiti. Al centro dell’accordo ci sarà l’affiancamento da parte di personale di Cassa Depositi a quello della regione per la pianificazione degli interventi in funzione delle risorse disponibili, la definizione di un cronoprogramma di attuazione e l’elaborazione di una matrice di valutazione d’impatto. 

“L’obiettivo comune è migliorare il nostro sistema sanitario, portando a compimento un piano ambizioso che vede nei prossimi anni la realizzazione di nuovi ospedali su tutto il territorio dal Felettino della Spezia all’ospedale unico di Taggia fino al nuovo polo degli Erzelli”, questa la dichiarazione del presidente della regione Giovanni Toti in merito all’accordo. 

A rendere tale accordo e le conseguenti dichiarazioni meno entusiasmanti di quanto potrebbero ad una prima lettura è un’inchiesta andata in onda dalla trasmissione di Rai 3 Report che mostra una situazione nazionale ed in particolare anche Ligure allarmante: portando gli esempi di strutture ospedaliere come Albenga, Pietra Ligure, Savona e La Spezia, emerge un quadro in cui nuove strutture vuote o poco utilizzate si contrappongono con strutture vecchie e fatiscenti che faticano a gestire la quantità di pazienti per ricoveri, emergenze ed esami diagnostici.  

Vi riporto un estratto dell’articolo uscito venerdì su Liguria che Cambia, proprio sull’inchiesta di Report: “Secondo il Procuratore Generale della Corte dei Conti la regione Liguria è all’ultimo posto per il recupero dei ricoveri programmati e saltati durante il Covid: sono infatti stati recuperati solo il 14% degli interventi, contro il 66% della media nazionale. Ma non solo: risulta penultima anche per l’invito agli screening, tra le regione del nord, è al penultimo posto per il recupero delle prestazioni ambulatoriali (36% vs 57%).

Chi se lo può permettere sceglie di cambiare regione per curarsi e conferma è il costo per la mobilità extraregionale sanitaria che ammonta a 52,2 milioni di euro. E chi non può? Come curarsi in una regione – e stato- che ha perso di vista la definizione di welfare e delle sue responsabilità?”

“Cambiamo argomento e parliamo di infrastrutture. Come sappiamo le infrastrutture stradali liguri non sono messe molto bene: chi di noi si è trovato a dover percorrere le autostrade liguri si è reso conto molto velocemente che sono spesso tratteggiate da ampi cantieri e conseguenti rallentamenti. Ma non solo: ad ogni allerta meteo ne conseguono anche rischi di possibili allagamenti, dissesti e problematiche varie. E se il problema era ben presente anche prima, a rompere il silenzio mediatico legato alle problematiche stradali è stata la caduta del ponte Morandi a Genova.

È in corso in questi mesi il processo dei 58 imputati, ed emergono dichiarazioni e registrazioni molto significative. Nel corso dell’udienza di oggi è stato fatto sentire un audio, registrato di nascosto da Giacobbi. La registrazione è del 5 luglio 2017 e si sente Michele Donferri Mitelli, ex numero tre di Aspi, urlare contro gli altri perché dovevano fare come diceva lui. “Non me ne frega un c…, fa quello che dico io”. E, ancora, “Te lo dico io, tu devi scrivere che quest’operazione aumenta la vita utile del viadotto. Punto”. Donferri dava istruzioni perché l’intervento venisse classificato come “miglioramento”, evoluzione e non come ‘manutenzione’: “Non dovrai mai in nessun documento – queste le parole ascoltate nella registrazione – parlare di manutenzione”.

Se è pur vero che estrapolare singole frasi dal loro contesto spesso può risultare  forviante, in alcuni casi parlano da sè. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi del processo.Sempre rimanendo sulle infrastrutture liguri qualche giorno è apparsa la notizia sulla decisione del Senato di bocciare l’emendamento contenuto nel decreto sulla qualità dell’aria per accelerare il ripristino degli impianti di Funivie. L’emendamento in questione,  contenuto nel decreto sulla qualità dell’aria, aveva come obiettivo accelerare infatti il ripristino degli impianti di Funivie  al fine di abbattere le emissioni atmosferiche derivanti dal traffico merci e favorire la preservazione degli ecosistemi locali. 

L’emendamento, però, non è passato: “In meno di venti giorni il Governo sulla vertenza delle Funivie (impianto di Savona e Cairo Montenotte) riesce a votare contro per ben due volte – hanno dichiarato Andrea Pasa e Simone Turcotto di Cgil Savona – La prima nella conversione in legge del decreto Asset lo scorso 30 settembre e l’ultima questa mattina, quando ha bocciato l’emendamento nella discussione del decreto ‘Qualità dell’Aria’. Inoltre pochi giorni fa l’ulteriore tegola sul bando deserto per il ripristino dei piloni”.Insomma, sembra che ci sia ancora molto lavoro da fare per una strategia collettiva per migliorare l’impatto ambientale dei trasporti di merci, abbassandone i costi. 

Dinamiche di opposizione similari le ho ritrovate anche durante l’inchiesta di approfondimento pubblicata nelle settimane scorse sul progetto della nave rigassificatore di Vado Ligure, conclusa con un ultimo articolo di riassunto di quanto emerso negli articoli precedenti. Difficile sintetizzarlo qui, vi invito a leggerlo (lo trovate sempre tra le fonti in fondo alla pagina), ma per spoilerare il finale per chi non l’avesse ancora letto, vi riporto qui un estratto della parte conclusiva: “Cambiare l’equilibrio di un’area marina protetta, sottrarre terreni privati per un uso industriale, inserire un elemento dalle dimensioni mastodontiche davanti a cittadine che vorrebbero fare del turismo marino una strategia economica e aumentare in maniera considerevole i rischi di inquinamento aereo, marino e via terra.

Tutte queste possibili – e molto probabili – conseguenze sono non solo campanelli di allarme per gli abitanti delle aree limitrofe, ma anche e soprattutto elementi di rischio per cui politici e manager di Snam dovrebbero rispondere ai cittadini. Non attraverso dichiarazioni a giornalisti, più o meno schierati, ma a loro direttamente, incontrandoli, parlando con loro, ricostruendo un dialogo che ad oggi non c’è stato e forse mai ci sarà. La politica regionale e locale è quanto mai lontana dalla sua cittadinanza, la quale si trova a dover fare i conti con un passato dettato da decisioni strategiche che ha causato inquinamento ed un aumento di mortalità. Molti abitanti preferiscono spostarsi altrove, altri rimangono nella speranza di poter fare la differenza, di poter far sentire la loro voce. Ma chi la ascolterà?”

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