Usa e Cina si accordano sul clima alla COP26! – #407
COP26, accordo Cina-Usa
Da diversi giorni molti analisti lamentavano che in assenza di un accordo fra i due principali emettitori di gas serra al mondo, Cina e Usa, la COP26 non aveva senso di esistere. La Cina è ormai da diversi anni il più grande emettitore mondiale di CO2 e altri gas serra. Nel 2018 ha emesso quasi 14 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, unità di misura che si usa per calcolare le emissioni di gas climalteranti. Nello stesso anno gli Stati Uniti ne hanno emessi 6,3.
Insieme Usa e Cina sono responsabili di oltre il 36% delle emissioni globali, quindi è chiaro che senza uno di loro qualsiasi accordo ha poco senso. E viste le premesse, con le frecciatine a distanza fra Biden e Xi Jinping, un accordo sembrava molto difficile. Poi invece, d’improvviso, mercoledì in tarda serata è stata indetta una conferenza stampa a sorpresa in cui John Kerry, principale inviato americano, e Xie Zhenhua, principale inviato cinese alla COP26, hanno fatto una lunga dichiarazione congiunta, annunciando di fatto un accordo sul clima fra Usa e Cina.
Cosa dice questo documento? Niente di particolarmente nuovo in realtà. L’accordo in sé si limita a ribadire l’impegno di entrambe le nazioni nel tenere le temperature entro i 2°C di surriscaldamento globale e impegna la Cina – questa è forse l’unica novità vera e propria – a ridurre le emissioni di metano. Niente di rivoluzionario insomma, ma è comunque un avvenimento politico importante, soprattutto per il segnale che porta con sé, ovvero il fatto che sul clima si collabora al di là di qualsiasi tensione geopolitica perché ne va della sopravvivenza delle nostre società e forse persino della nostra specie.
L’accordo è stato accolto con favore da molte associazioni e analisti. Non sarà forse un game-changer, un elemento che cambia le carte in tavola, come fu l’accordo sempre fra le due nazioni del 2014 che aprì le porte all’Accordo di Parigi, ma è comunque un passo verso una possibile cooperazione reale.
Emissioni non dichiarate
Un’inchiesta del Washington Post mostra che i dati su cui si basano tutti i calcoli e gli impegni presi da paesi potrebbero essere gravemente sballati per difetto. I volumi di emissioni nette dichiarate dai paesi non quadrano con gli effetti di tali emissioni in atmosfera. Secondo quanto dichiarato dai vari paesi, ad oggi vengono immessi oltre 55 miliardi di tonnellate di CO2 in atmosfera all’anno. Secondo l’articolo, che ovviamente poggia su una serie di studi scientifici, mancherebbero all’appello fra gli 8,5 e i 13,3 miliardi di tonnellate. Un quarto del totale. È come se non stessimo considerando un’altra Cina, per intenderci.
Com’è possibile? In parte perché spesso si riportano per difetto le emissioni di metano, mentre quelle dei gas fluorinati a volte sono del tutto assenti nei documenti nazionali. Ma, soprattutto, sembra che sovrastimiamo l’efficacia di foreste, torbiere e altri ecosistemi nel catturare e stoccare la CO2. Infatti quella che viene dichiarata dai paesi è la CO2 netta, quindi si calcola quanto ogni paese emette, ma anche quanto gli ecosistemi di tale paese sono in grado di assorbire e si fa la sottrazione.
E ciascuno fa i calcoli a modo suo. Basti pensare, per fare un esempio, che la Malesia ha dichiarato che le sue foreste sono in grado di assorbire CO2 a un ritmo quattro volte superiore a quello che ha dichiarato l’Indonesia, con cui confina. Secondo l’inchiesta del quotidiano statunitense questo giochino spiegherebbe circa il 60% del gap globale di emissioni registrato. Il che vuol dire, se tutto ciò è confermato, che dovremmo rifare i conti e agire ancora più rapidamente e drasticamente nella riduzione delle emissioni.
Le emissioni degli eserciti e dell’aviazione
Altro tema caldo: le emissioni collegate agli apparati militari. Le forze armate, spiega il Guardian, sono tra i maggiori inquinatori del pianeta. Il gruppo di ricercatori Scientists for Global Responsibility (SGR) stima che le forze armate di tutto il mondo messe insieme e le industrie che forniscono le loro attrezzature creino il 6% di tutte le emissioni globali. Ma a causa di quella che descrivono come una “grande scappatoia” nell’accordo di Parigi, i Governi non sono tenuti a fornire dati completi sui gas serra emessi dal settore militare.
C’è poi un altro studio che mostra un ruolo più importante rispetto a quanto pensassimo del trasporto aereo nel riscaldamento globale. In realtà un po’ lo sapevamo già, ma questo studio lo conferma. Nonostante un contributo del solo 2,4% al emissioni globali di CO2, l’aviazione ha finora contribuito per il 4% al riscaldamento globale osservato dal 1850. Questo per via di una serie di fattori: emissioni di ossidi di azoto (Nox), fuliggine, scie di condensazione, oltre al fatto che la CO2 immessa ad altitudini maggiori ha un effetto climalterante più forte rispetto a quella emessa a terra.
È importante riflettere sull’aviazione perché, come fa notare un altro articolo del Guardian, è uno dei settori più difficili da elettrificare e ancora nessuno sembra aver trovato la quadra di come rendere sostenibile il comparto, se non riducendone drasticamente la dimensione.
L’Italia aderisce al BOGA (più o meno)
Da Glasgow arriva anche una buona notizia che riguarda il nostro paese. O forse una mezza buona notizia, giudicate voi. L’Italia ha aderito al BOGA (Beyond Oil and Gas Alliance), l’alleanza che mette fine agli investimenti in Gas e Petrolio promossa da Danimarca e Costarica. Ne avevamo già dato un’anticipazione, ma ora c’è l’ufficialità.
Perché mezza buona notizia? Perché il nostro paese ha sì aderito, ma con un livello di impegno basso. In pratica sono previsti tre livelli di alleanza. Quello più alto, vincolante, che prevede automaticamente uno stop alle nuove concessioni e una data certa per il phase out delle fossili; uno intermedio che prevede dei passi concreti per ridurre la produzione di idrocarburi; infine, un terzo livello che è perlopiù simbolico chiamato Friends of BOGA. Ecco, noi siamo lì, fra i Friends of BOGA. Da soli, fra l’altro.
L’incoronazione di Xi Jinping
Intanto in Cina si è concluso il sesto plenum del PCC, che ha ufficialmente incoronato Xi Jinping. Il Comitato centrale del Partito comunista cinese ha approvato una risoluzione storica sulle “conquiste e l’esperienza storica” del PCC che consolida il potere del presidente Xi Jinping, il cui il contributo ideologico viene definito, nel comunicato finale, come “il marxismo del ventunesimo secolo” e “l’essenza della cultura e dello spirito cinesi”.
Con questa risoluzione storica il Plenum del PCC eleva così il presidente tra gli Dei della Repubblica al pari di Mao Zedong e Deng Xiaoping, il Nuovo Timoniere che guiderà il popolo “a realizzare il sogno cinese e il ringiovanimento della nazione”. E lo proietta verso un terzo, inedito, mandato.
Visoni, chiudono gli allevamenti
Concludiamo con una buona notizia che ci arriva da Irlanda e Canada. Irlanda e Columbia Britannica, una regione del Canada, hanno deciso di prolungare per sempre lo stop agli allevamenti di visoni, che sono stati focolai della pandemia di Covid in tanti luoghi del mondo. Una scelta che tanti chiedono da tempo anche al nostro Governo, ma attualmente in Italia la data rimane quella del 31 dicembre 2021, dopo la quale – almeno in teoria – potranno tornare operativi gli allevamenti di visoni.
Fonti e articoli:
#Accordo Usa-Cina
il Post – L’inatteso accordo tra Stati Uniti e Cina alla COP26
#dati falsi
Washington Post – Countries’ climate pledges built on flawed data, Post investigation finds
Huffington Post – Inchiesta Washington Post: “Impegni su clima basati su dati falsi”
#emissioni eserciti
The Guardian – World’s militaries avoiding scrutiny over emissions, scientists say
#emissioni aviazione
The Guardian – Why it’s so hard to electrify shipping and aviation
GreenReport – Il contributo dell’aviazione al riscaldamento globale è superiore alle attese
#Xi Jinping
Il Fatto Quotidiano – Cina, il partito comunista “incorona” il presidente Xi Jinping. E con la “risoluzione storica” si apre la strada del potere a vita
#visoni
GreenMe – Anche Irlanda e Columbia Britannica chiudono per sempre gli allevamenti di visoni, l’Italia cosa aspetta?