4 Lug 2024

Ucraina, ipotesi pace. Si lavora a un cessate il fuoco? – #961

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Alcuni fatti apparentemente scollegati, tipo la visita di Orban a Kiev e un’intervista di un alto funzionario Usa al Telegraph sull’adesione dell’Ucraina alla NATO possono far ipotizzare (forse in maniera un po’ azzardata) che sotto la superficie si stiano muovendo delle cose nella direzione di negoziati di pace. Cerchiamo di vederci più chiaro. parliamo anche dell’esercito israeliano che chiede un cessate il fuoco a Gaza (cosa che però non per forza è una buona notizia), di bioarchitettura e bioedilizia, della situazione nelle carceri italiane e delle novità politiche della regione Liguria.

Allora, mi rendo conto che il titolo è un po’ azzardato, però sono successe due cose strane, che magari sono un caso, o magari sono un segnale che qualcosa di piuttosto grosso si sta muovendo sotto la superficie. Il contesto a cui mi riferisco è quello della guerra in Ucraina. Guerra iniziata due anni e mezzo fa, nel febbraio 2022, e che fin qui non ha dato segnali di andare verso una risuluzione pacifica, anzi. Tutti o quasi i segnali arrivati in questi due anni hanno portato verso l’escalation e un possibile allargamento del conflitto, con i paesi Nato coinvolti sempre più direttamente e che da qualche mese hanno iniziato a interrogarsi persino sull’inviare truppe in Ucraina.

Ora però sono successe due cose. Parto dal raccontarvele, poi vediamo di fare qualche ragionamento. La prima, anche in ordine cronologico, è la visita di Orbàn a Zelensky. Una visita che i giornali hanno descritto come inaspettata. Ricordiamoci sempre che quando parliamo di diplomazia, ogni cosa va letta su vari livelli e il significante diventa significato.

Leggo su Avvenire, articolo a firma di Marta Ottaviani, che la visita di Orban è stata in occasione dell’inizio del semestre di presidenza Ue del suo Paese, l’Ungheria. 

L’articolo descrive un’atmosfera piuttosto fredda e distante, come ci si poteva aspettare. Considerate che Orban è il premier considerato più filorusso in questo momento in Ue. Comunque, il succo dell’incontro è che Orban ha chiesto un cessate il fuoco immediato e l’accelerazione dei negoziati di pace. Zelensky ha risposto in modo diplomatico dicendo: «Apprezziamo che la visita avvenga subito dopo l’inizio della presidenza ungherese dell’Unione Europea. Questa è una chiara indicazione delle nostre priorità europee comuni, di quanto sia importante portare una pace giusta in Ucraina». Quindi sottolineando il tema della pace giusta, che non sia una resa.

L’articolo riporta anche che il premier ungherese si trovava in Ucraina anche per firmare una serie di accordi di cooperazione slegati dalla questione bellica, ma comunque la visita e l’incontro c’è stato, e questo non mi pare un fatto irrilevante dal punto di vista della diplomazia. Deve voler dire qualcosa. Deve essere un messaggio di qualche tipo. 

L’altro fatto interessante è arrivato il giorno dopo, martedì, tramite il Telegraph, il quotidiano britannico a più ampia diffusione, di orientamento conservatore. In pratica un alto funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti avrebbe riportato al giornale che durante il prossimo vertice annuale dell’Alleanza atlantica in programma per il 9 luglio verrà comunicato ufficialmente a Zelensky e al governo ucraino che il paese è ancora troppo corrotto per poter proseguire con la valutazione della domanda di ingresso nella NATO.

Vi leggo qualche passaggio e dichiarazione tratta dall’articolo: L’alleanza richiederà “passi aggiuntivi” da parte di Kiev prima che i colloqui sull’adesione possano progredire, ha detto un alto funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. “Bisogna innanzitutto applaudire tutto ciò che l’Ucraina ha fatto in nome delle riforme negli ultimi due anni e più, ma dobbiamo parlare di ulteriori passi da compiere, in particolare nel campo della lotta alla corruzione. È una priorità per molti di noi attorno al tavolo”.

Fra l’altro mentre succedeva tutto questo, c’è stato anche un colloqui fra il Presidnete turco Erdogan e Putin ad Astana, in Kazakhstan, in occasione del vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, in cui Erdogan ha detto a Putin che la Turchia può “gettare le basi per un accordo che ponga fine alla guerra tra Russia e Ucraina” con un cessate il fuoco prima e poi con una pace “giusta” che soddisfi sia Mosca che Kiev.

Ora. Io non so se questi fatti che vi ho elencato stanno assieme in qualche modo. Magari no, però io un’ipotesi l’azzardo. Prendete la cosa con le molle. La visita di Orban, che è più vicino a Putin che all’Ue, ma al tempo stesso in quel frangente rappresenta l’Unione, è un segnale o di apertura o di pressione. In questa fase Orban unisce – in maniera stramba e contraddittoria – due mondi che sembrano inconciliabili, Europa e Russia, e come prima mossa da Presidente del semestre Ue decide di far visita a Zelensky. 

Il giorno dopo la NATO, peraltro tramite un funzionario Usa, dice che l’Ucraina non potrà entrare a breve nell’Alleanza, che se ci pensate è una delle richieste della proposta di Pace (che in molti hanno chiamato proposta di resa) presentato da Putin. Che per carità, è vero che la corruzione è un problema enorme in Ucraina, ma non è che lo scopriamo oggi. Quindi – se la notizia verrà confermata – si blocca temporaneamente la porta dell’ingresso ucraino nella Nato, ma ricordiamoci che l’Ucraina è in ballo anche per entrare nell’Ue (e tronaimo alla visita di Orban).

Di nuovo, rimetto le mani avanti, tutto questo è una congettura, un’ipotesi. Non è un fatto accertato. È possibile che i due fatti riportati non significhino niente di tutto ciò. Che Orban abbia fatto la visita solo per dovere istituzionale e che gli Usa abbiano scelto casualmente quel momento per ribadire una loro posizione cauta sull’ingresso ucraino nella Nato, in realtà già abbastanza nota, anche se mai detta così esplicitamente.

Quindi ecco, un possibile incastro c’è. Ma è possibile, non certo. Aggiungo solo, per darvi tutti gli elementi, anche se qui andiamo ancora più sul parere soggettivo, che io ho la sensazione che gli apparati statali e parastatali Usa stiano dando un’accelerata su vari fronti caldi approfittando degli ultimi mesi di Biden (che nel frattempo ieri sembrerebbe aver detto di essere disposto a fare un passo indietro) per normalizzare le cose prima di un possibile arrivo di Trump. Abbiamo visto quanto in fretta si è conclusa la vicenda di Assange, in maniera del tutto inaspettata. Non mi aspetto che lo stesso accada con l’Ucraina, ma anche fosse solo un inizio… Vediamo. 

È un po’ che non parliamo anche di Gaza, e allora facciamo un rapido aggiornamento perché ci sono un po’ di novità. La principale, riportata ieri dal NYTimes, è che “Fonti delle Forze di difesa israeliane avrebbero riferito al quotidiano che i vertici militari di Israele sono a favore di un cessate-il-fuoco a Gaza, persino alla condizione di lasciare al potere Hamas. 

Una posizione fino a qualche settimana fa inconfessabile, che pian piano smebra essersi fatta strada nell’esercito, che già una decina di giorni fa aveva istituito autonomamente, e persino in scontro con il governo, una tregua giornaliera lungo una via di fuga, per far passare aiuti umanitari. Secondo l’articolo del NYT l’esercito considera la fine delle ostilità come il modo più rapido per riportare a casa gli ostaggi e per abbassare le tensioni con Hezbollah. 

In realtà, la questione per Israele potrebbe essere anche strategica nello scenario ipotetico di una guerra più ampia. Sapete che ormai da settimane è salita la tensione al confine con il Libano con Hezbollah, l’organizzazione paramilitare sciita e filoiraniana presente appunto in Libano. 

Nel ragionamento dei vertici militari sembra rientrare il fatto che, dopo mesi di combattimento, i soldati israeliani hanno bisogno di tempo per recuperare energie e risparmiare munizioni nell’ottica di una possibile guerra a nord contro gli hezbollah. 

Quindi ecco, un cessate il fuoco a Gaza, una striscia di terra che fra l’altro è ormai abbondantemente distrutta, potrebbe essere una buona notizia per i palestinesi ma potrebbe anche essere un preludio a un attacco israeliano in Libano. Cosa che invece p abbastanza preoccupante, anche perché le autorità dell’Iran hanno già detto che in caso di attacco a Hezbollah si schiererebbero da subito al fianco delle milizie. 

Fra l’altro si tratterebbe di un’aggressione molto rischiosa del governo netanyahu, visto che qualche giorno fa dei funzionari statunitensi hanno fornito al governo israeliano una valutazione dei rischi di un attacco a hezbollah, in cui sostengono che, leggo dal Guardian, “Le batterie anti-missile del sistema Iron Dome (lo scudo aereo di Israele) rischiano di essere sopraffatte nei primi attacchi di qualsiasi conflitto significativamente intensificato con Hezbollah”.

E in generale che una guerra con Hezbollah potrebbe essere un’impresa molto molto pericolosa, anche per Israele, tant’è che la diplomazia mondiale sta cercando di scongiurare questa ipotesi.

Audio disponibile nel video / podcast

Pochi giorni fa l’associazione Antigone ha lanciato un allarme sui suoi canali social, legato ai suicidi nelle carceri italiane. Antigone è l’organizzazione che più di ogni altra monitora la salute dei carceri e dei detenuti in Italia e purtroppo le cose continuano a peggiorare. Vi leggo un po’ di numeri, che come sempre hanno il limite di essere appunto numeri, che non raccontano niente delle storie che ci sono dietro. Poi magari facciamo una volta anche un approfondimento più narrativo, però facciamo questo sforzo di immaginazione e ricordiamoci che dietro ciascuna di quelle cifre c’è, o meglio c’era una persona, con la sua storia.

“3 suicidi in due giorni, 47 dall’inizio dell’anno, 12 solo nel mese di giugno, nel quale si è uccisa una persona detenuta ogni due giorni e mezzo. Se il dato fosse questo, a fine anno avremo circa 100 suicidi, superando il dato (record) degli 85 avvenuti nel 2022. Va tenuto conto che quell’anno, proprio l’estate, fu un periodo drammatico, quando nel solo mese di agosto se ne contarono 17”.

A questi, come riporta La Stampa, vanno aggiunti 5 suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria. Ovviamente sono dati allarmanti, indice di un disagio fortissimo e in aumento nelle carceri. 

Comunque, la cosa interessante di Antigone è che oltre a denunciare la situazione, propone anche delle iniziative per migliorarla. Sono 12 punti, che vi leggo e da cui il governo e il Parlamento potrebbero, ecco, prendere spunto. Alcune sono generiche, altre un po’ più tecniche ma comunque interessanti:

1. ritirare il pacchetto sicurezza (in via di approvazione) che introduce molte nuove fattispecie di reato tra cui quello di rivolta penitenziaria (che sanziona fino a otto anni anche le persone che con resistenza passiva e non violenta disobbediscono a un ordine dell’autorità) e che vuole far scontare in carcere la pena alle donne in stato di gravidanza o con un bimbo sotto 1 anno. Punendo anche le proteste non violente, alle persone detenute non rimarrà che il proprio corpo per attirare l’attenzione sulle tante carenze del sistema penitenziario (con un presumibile aumento di atti di autolesionismo e suicidi);

2. aumentare a 75 giorni la liberazione anticipata per semestre velocizzando le procedure;

3. approvare misure che consentano telefonate quotidiane;

4. dotare tutte le celle di tutti gli istituti di ventilatori o aria condizionata e frigoriferi, quanto meno di sezione;

5. ritornare dal sistema a celle chiuse a quello celle aperte durante il giorno;

6. modernizzare la vita penitenziaria attraverso la possibilità di collegarsi, con le dovute cautele, alla rete Internet;

7. assumere 1000 giovani mediatori culturali e 1000 giovani educatori e assistenti sociali; anche la polizia penitenziaria ha bisogno di un supporto, non potendosi sostituire a queste figure professionali;

8. favorire la presenza del volontariato nei mesi di luglio e agosto riempiendo in queste settimane di vita le carceri;

9. moltiplicare la presenza di psichiatri, etno-psichiatri e medici;

10. chiedere ai direttori di convocare consigli di disciplina allargati e chiedere l’applicazione di misure alternative come premi;

11. prevedere che si possa entrare in carcere solo se è assicurato lo spazio vitale;

12. far trascorrere la notte ai semiliberi fuori dal carcere.

Vi ho letto questi punti anche perché da essi traspare come alla fine i bisogni dei carcerati per migliorare la loro qualità della vita sono davvero minimi. Tipo un ventilatore, quando d’estate il caldo rende tutto ancora più insopportabile. O la possibilità di chiamare quotidianamente i propri cari. Sono cose piccole, ma che colpiscono nella loro quotidianità. 

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