1 Ago 2024

Uccisione di Haniyeh, leader Hamas: che succede adesso fra Israele e Iran? – #671

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Ieri notte un missile israeliano teleguidato ha ucciso il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh. Poche ore prima un bombardamento israeliano su Beirut pare abbia ucciso il numero due di Hezbollah Fuad Shukr (anche se qui la notizia è più incerta). Il governo israeliano sembra aver alzato l’asticella del conflitto, ma quali effetti avrà questa ondata di attacchi ed omicidi sulla regione? Parliamo anche dell’Overshoot day globale, il giorno in cui la Terra esaurisce le sue risorse rinnovabili in un anno, che cade oggi, dell’entrata in vigore della legge sul diritto alla riparazione in Ue, di un appello che ci arriva dagli indio del Mato Grosso in Brasile e infine di una storia di rinascita e biodiversità che ci arriva dalla Calabria. 

Continuano a succedere cose nel mondo. In particolare è la situazione in Medio oriente a tenere banco sui giornali. Nella giornata di ieri sono successi due fatti molto rilevanti e potenzialmente esplosivi. L’uccisione del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh con un missile teleguidato israeliano, fra l’altro uccisione avvenuta a Teheran, in Iran, e il bombardamento di una periferia di Beirut, capitale del Libano, sempre per mano dell’esercito israeliano, in cui fra l’altro sarebbe morto il numero due di Hezbollah.

Partiamo dalla prima notizia. A comunicare la morte di Hanyeh sono stati vertici di Hamas, mentre da Israele per adesso non sono arrivate comunicazioni. Haniyeh aveva 62 anni e viveva fuori dalla Striscia di Gaza dal 2017, ovvero dal momento della sua nomina a capo politico del gruppo: viveva principalmente in Qatar, da cui coordinava le attività politiche e diplomatiche di Hamas. 

Nella notte tra martedì e mercoledì, quando è stato ucciso, si trovava in Iran per partecipare alla cerimonia d’insediamento del nuovo presidente iraniano Massoud Pezeshkian. Secondo un’agenzia di stampa iraniana Haniyeh sarebbe stato ucciso intorno alle 2 locali (poco dopo la mezzanotte italiana) da un missile teleguidato. Ovvero un tipo di missile più preciso, che ha la possibilità di essere guidato anche durante il tragitto, mentre la maggior parte dei missili sono balistici, ovvero una volta lanciati non si può più correggere il tiro. Ecco, questo missile lo ha colpito mentre era in una stanza nella sua residenza privata. Quindi ecco, capite il grado di precisione.

Ovviamente ci sono tante questioni legate a questo fatto, e in particolare bisogna capire che conseguenze può avere questa uccisione sulla situazione a Gaza e più in generale in medio oriente.

Comunque prima capiamo meglio chi era Haniyeh e che ruolo svolgeva. Vado sul Post: “oltre che capo politico di Hamas, in questi mesi era stato anche il più importante negoziatore palestinese nelle trattative per un cessate il fuoco che si sono tenute in numerose sessioni soprattutto tra Egitto e Qatar. Haniyeh – che essendo un leader politico e non militare era ritenuto meno a rischio di un assassinio mirato – aveva anche partecipato ai negoziati di persona. Negoziati che erano ripresi proprio in questi giorni, ma che adesso è probabile che non riprenderanno.

L’incarico formale di Haniyeh era quello di capo del Politburo di Hamas, il consiglio di 15 membri che prende le decisioni politiche all’interno del gruppo, e che ha sede in Qatar. Formalmente è l’organo più importante di tutta l’organizzazione, anche se la sua lontananza dalla Striscia di Gaza, dove Hamas governava, e dalla Cisgiordania, dove opera quotidianamente, rendeva la sua influenza tutto sommato limitata, e non sempre è chiaro chi prendesse le decisioni più importanti dentro al gruppo. Ad esempio sembra che per quanto riguarda l’organizzazione e l’ideazione degli attacchi del 7 ottobre 2023 contro i civili israeliani, Haniyeh fosse stato poco coinvolto e che invece la vera mente dietro all’attacco fosse  Yahya Sinwar, capo di Hamas a Gaza. Che è l’altro leader principale di Hamas, formalmente di grado inferiore ma probabilmente più influente al momento.

Ora, qual è il fatto qui. Il fatto è che Haniyeh, nonostante la sua retorica molto dura, era considerato dai leader di diversi paesi un interlocutore relativamente più pragmatico e moderato rispetto ai leader dell’ala armata di Hamas, tipo Sinwar appunto.

Considerate che 3 mesi fa tre dei 13 figli di Haniyeh erano stati uccisi nella Striscia di Gaza da un attacco israeliano mirato e quando gli era stato chiesto se la loro uccisione avrebbe avuto un impatto sui negoziati per raggiungere una tregua lui aveva risposto che «gli interessi del popolo palestinese hanno la precedenza su tutto».

Quindi ancora una volta il governo israeliano ha scelto di andare a colpire la frangia più aperta ai negoziati di Hamas, non quella più estremista, proseguendo con la tattica di rendere i negoziati praticamente impossibili.

Le reazioni dei leader internazionali sono state abbastanza scomposte, il segretario di Stato, Antony Blinken ha puntualizzato che gli Usa non sono stati “informati” né “coinvolti” nell’assassinio, lo stesso governo israeliano non ha rilasciato dichiarazioni, mentre sono arrivati dure condasnni e minacce di ritorsioni da parte del regime iraniano. 

Ieri mattina la Guida Suprema dell’Iran Ali Khamenei, la più importante figura politica e religiosa dell’Iran, ha commentato l’uccisione di Haniyeh dicendo che «Israele ha fornito motivi per ricevere una dura punizione. Vendicare l’uccisione di Haniyeh ora è il dovere di Teheran».

Anche perché, leggo sul Fatto, “L’omicidio è un duro colpo alla reputazione della repubblica Islamica, soprattutto perché avvenuto a poche ore dalla cerimonia di proclamazione del suo presidente.”

Comunque, tutto ciò arriva a poche ore da un altro attacco israeliano, stavolta su Beirut, capitale del Libano, contro Hezbollah, la milizia sciita vicina all’Iran che da mesi ha iniziato ad attaccare Israele in difesa dei palestinesi. 

Come spiega Rai News, l’attacco contro Beirut sarebbe una risposta al missile di Hezbollah esploso nelle Alture del Golan che ha provocato la morte di 12 ragazzi. Nell’attacco israeliano invece sarebbe morto Fuad Shukr, numero due di Hezbollah, secondo fonti israeliane, anche se questa morte è meno accertata e ci sono anche fonti libanesi che la smentiscono.

La periferia colpita dall’esercito israeliano è quella di Dahieh, considerata una roccaforte di Hezbollah a Beirut. I media libanesi parlano di almeno un drone e diversi missili contro la zona molto popolata di Beirut, con almeno due morti accertati.

Ecco, questa è un po’ la situazione. Come dicevamo anche martedì, è prematuro parlare di conflitto regionale, ma certo è che scegliendo questo tipo di risposta Netanyahu e il suo governo hanno scelto di stoppare bruscamente i negoziati di Gaza e questo non è un buon segno.

Cambiamo nettamente argomento e passiamo a questioni ambientali. Oggi è l’Earth Overshoot Day 2024. Che ha un nome carino ma non è una cosa bella. È il giorno in cui la nostra specie esaurisce le risorse che la Terra è in grado di generare in un anno. Nel mondo ideale dovrebbe cadere almeno il 12 dicembre, e invece cade dopo soli 7 mesi. Significa che per i restanti 5 mesi dell’anno andiamo a debito, sul futuro. 

Come spiega un comunicato del WWF, la data si calcola dividendo la biocapacità del Pianeta (la quantità di risorse ecologiche che la Terra è in grado di generare in quell’anno) per l’impronta ecologica dell’umanità (la domanda delle nostre società per quello stesso anno) e moltiplicando tutto per 365, i giorni di un anno.

Questo vuol dire che da giovedì 1° agosto 2024 l’umanità ha già “finito” tutte le risorse che la Natura produce in un intero anno e inizia ad andare a debito. 50 anni fa, nel 1974 l’Overshoot day cadeva il 30 novembre: sforavamo di un mese il nostro budget annuale. Da allora la data è andata sempre anticipandosi. La parziale buona notizia è che da una decina di anni è rimasta all’incirca stabile attorno a fine luglio-inizio agosto. Ma certo, ogni anno che sforiamo sono un po’ delle riserve del pianeta che vengono svuotate. 

Tant’è che – continua WWF – La persistenza per oltre mezzo secolo di questo stato di sovrasfruttamento della natura ha portato una drastica perdita di biodiversità, un eccesso di gas serra di origine antropica nell’atmosfera, incendi boschivi, siccità e inondazioni, rappresentando una minaccia per la nostra stessa sopravvivenza.  

Insomma, l’overshoot day è un monito che ogni anno ci ricorda che dobbiamo consumare meno risorse. E che per farlo – ormai è abbastanza chiaro – è necessario ripensare da capo i nostri modelli socioeconomici. Mi sembra chiaro che in um modello che noi stessi abbiamo chiamato consumismo, in cui le persone sono chiamate consumatori, non ci sia troppo spazio per trovare a soluzioni al consumo di risorse no? 

Ecco, uscire dal consumismo, uscire dal mito della crescita infinita è un primo passo. E lo so che certe cose devono farle e pensarle i governi, ma se intanto noi iniziamo a incamerare questo pezzetto di informazione e a trasmetterlo, vedrete che a un certo punto la densità culturale sul tema permetterà anche ai governi di fare le cose giuste.

E a proposito di governi che fanno le cose giuste per limitare il consumo di risorse, l’altro ieri, martedì 30 luglio, è entrata in vigore la direttiva Ue sul diritto alla riparazione. È un tassello molto importante del green deal, di cui abbiamo già parlato abbondantemente quando è stata approvata (a fine aprile). Ma visto che adesso è ufficialmente in vigore a livello europeo, facciamo un breve recap. 

Innanzitutto, l’entrata in vigore in Europa non significa che sarà immediatamente applicata. Infatti come per ogni direttiva, i paesi membri hanno due anni di tempo per recepirla attraverso delle leggi nazionali. 

Ma cosa prevede? Diciamo che ci sono due filoni principali. Uno mira ad obbligare i produttori a riparare gratuitamente gli oggetti all’interno dei due anni di garanzia legale obbligatoria, tranne quando questa risulti più costosa della sostituzione.Ma attenzione, parliamo di costi di produzione, non di costo alla vendita. 

Inoltre sono previsti incentivi anche per le persone affinché preferiscano riparare il prodotto e non sceglierne di nuovi, durante la garanzia, tipo voucher, o l’estensione della garanzia di un anno per i prodotti riparati. 

Il secondo filone invece mira a potenziare la riparabilità oltre i due anni di garanzia, e quindi a rendere più semplice, economico, rapido e conveniente riparare un oggetto rispetto a ricomprarlo nuovo. All’inizio l’Ue voleva estendere la garanzia obbligatoria che adesso è di due anni, ma è stato visto che sarebbe in realtà stato un incentivo per le persone per cambiare in massa gli elettrodomestici che hanno e acquistarne di nuovi con la garanzia più lunga.

Comunque, anche al di fuori della garanzia, quindi a spesa dell’acquirente, i produttori saranno obbligati a riparare gli elettrodomestici per 5/10 anni dall’acquisto (a seconda del prodotto). 

Rientrano nel computo tanti elettrodomestici: lavatrici, asciugatrici e lavastoviglie per uso domestico, apparecchi di refrigerazione, display elettronici, apparecchiature di saldatura, aspirapolvere, server e archiviazione dati. 

Inoltre sono tenuti a migliorare la facilità di smontaggio, l’accessibilità ai pezzi di ricambio ele  informazioni sulla riparazione. Successivamente rientreranno nell’elenco anche telefoni cellulari, telefoni cordless e tablet saranno.

Vabbè, poi ci sono diversi altri dettagli, vi lascio un articolo del Fatto per approfondire, ma il succo principale è questo. Che mi sembra tanta roba, indice che su tematiche di economia circolare l’Ue continua a muoversi piuttosto bene. 

Spostiamoci in Brasile, da dove arrivano notizie abbastanza preoccupanti per quanto riguarda i diritti degli indios. Vi voglio leggere un messaggio che non è arrivato direttamente a me ma a una persona di fiducia da parte di altre persone di fiducia e che testimonia la grave situazione degli indio del Mato grosso. 

Leggo: “Siamo in Mato Grosso e questi fazendeiros si preparano per assaltare queste comunità indigene per cacciarli dalla loro terra. Sono guarani-kaiowa e terena. La giustizia é dalla loro parte…dei fazendeiros. A settembre dell’anno scorso é infatti passata la legge detta Marco Temporal che cancella di fatto oltre il 70% delle riserve e terre indigene definendo gli indio “abusivi”. 

  • Faccio un piccolo inciso, la legge è passata in Congresso a settembre scorso, è una legge fortemente voluta da Bolsonareo e a cui Lula, che si era da poco insediato, si è opposto mettendo il veto, e anche la Corte suprema ha espresso parere negartivo, ma ciò non è bastato a impedirne l’approvazione.

Torno a leggere: “Questo (il marco temporal) autorizza l’intervento anche dell’esercito. Il problema é che non é indicata una terra alternativa. Sono quindi abusivi ovunque! Quì siamo stati io e Atucà due anni fa. Hanno tagliato il raccolto e li hanno accerchiati. Non possono uscire. Queste comunità non hanno armi perché non vogliono essere raccontati come terroristi. Ma nei prossimi giorni subiranno l’attacco definitivo. Abbiamo necessità di raccontare, anche perché Kaué, il nostro indio reporter sta documentando tutto ma nessuno dice o racconta quello che succede. Abbiamo quindi necessità di testimoniare quanto più é possibile. 

Vi faccio vedere (o ascoltare per chi ascolta il podcast) il video in questione, che è di due anni fa appunto ma ma è sintomatico di quello che sta accadendo. E mi prometto di continuare a seguire la vicenda.

Ieri è uscito su ICC un video racconto che devo dire è molto molto suggestivo. È una storia che arriva dalla Calabria, dove il nostro direttore DT assieme a Selena Meli ha incontrato Massimiliano Capalbo, una nostra vecchia conoscenza che di recente ha fondato una nuova attività, un luogo magico e di rinascita sia per gli esseri umani che per la natura chiamato giardino epicureo. 

Vi consiglio di vederlo sia per la bellezza della storia in sé, poi Massimiliano è un ottimo narratore, sia perché continuiamo a sperimentare nuovi format video e ci piacerebbe avere un vostro feedback. Lo trovate sotto fonti e articoli. Se lo guardate scriveteci se vi è piaciuto.

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