La notizia del giorno è indubbiamente il fatto che Donald Trump è stato incriminato. Che poi non è che ci sia moltissimo da aggiungere rispetto a quello che ci siamo detti qualche giorno fa, nel senso che quando è uscita la notizia dell’incriminazione, lo scenario che prospettavano i giornali è quello che effettivamente è successo. O perlomeno, il succo, la sostanza è quella. Dopo ieri sappiamo qualche informazione in più sui capi d’accusa, il tutto condito da una serie di scenette abbastanza da copione, fra il teatrale, il surreale e il grottesco tipiche di quasi tutte le uscite dell’ex presidente americano.
Comunque mettiamo in fila i fatti. Trump è arrivato a New York lunedì pomeriggio dalla Florida, dove abita, e ha passato la notte nella sua casa nella Trump Tower, uno dei grattacieli più famosi di Manhattan, di sua proprietà. Poi ieri l’ex presidente si è presentato al tribunale di Manhattan, per essere messo in stato di fermo, dopo l’incriminazione di giovedì scorso. Evento storico e inedito nella storia degli Usa, per quanto riguarda un ex Presidente.
Scrive il Post che “La messa in stato di fermo è una procedura standard negli Stati Uniti quando una persona viene incriminata con il sospetto di aver commesso un crimine non violento. L’accusato viene condotto in tribunale per ascoltare i capi d’accusa, gli vengono prese le impronte digitali e fatte le foto segnaletiche, e poi viene rilasciato in attesa del processo”. A Trump, considerato il suo ruolo, sono stati concessi alcuni trattamenti di riguardo: non è stato condotto in tribunale in manette, e pare, secondo quanto riferisce il NYT, che non gli siano state fatte le foto segnaletiche.
Quindi attorno alle 2:15 locali, quando da noi era l’ora di cena, Trump è entrato è entrato in aula con il suo team di avvocati per un’udienza preliminare a porte chiuse in cui gli sono stati comunicati i capi d’accusa: sono 34 e l’ex presidente si è dichiarato per tutti «non colpevole».
Ma quindi quali sono queste 34 accuse? Allora, premetto che i giornali, visto che tutto ciò succedeva questa notte, riportano la cosa in maniera ancora un po’ sommaria e approssimativa, ma se ho ben capito oltre all’accusa che già conoscevamo, ovvero di aver pagato per nascondere la sua relazione di una notte con la pornostar Stormy Daniels durante la campagna elettorale del 2016, ci sarebbero altri fatti simili. Ci sarebbe un pagamento per comprare il silenzio di un’altra donna, l’ex coniglietta di Playboy Karen McDougal, con cui avrebbe avuto una relazione segreta nello stesso periodo della pornostar Stormy Daniels: .
E Trump avrebbe anche pagato 30 mila dollari ad un ex portiere della Trump Tower, il quale sosteneva che il tycoon aveva generato un figlio al di fuori del matrimonio. Inoltre tra i capi d’accusa ci sarebbe anche la falsificazione dei libri contabili della Trump Organization, legata al pagamento di Stormy Daniels.
Comunque, mettendo in fila queste varie ipotesi, che avrebbero comportato 34 diverse falsificazioni di bilancio (che poi sono i capi d’accusa) il procuratore di Manhattan Alvin Bragg sembra voler perseguire l’ipotesi che questi pagamenti siano “parte di una cospirazione per minare l’integrità delle elezioni del 2016” da parte del tycoon. In altre parole l’accusa virrebbe dimostrare che c’era uno «schema per influenzare le elezioni presidenziali del 2016 identificando e comprando sistematicamente le informazioni negative che riguardavano Trump in modo da evitarne la pubblicazione».
Ciò fa si che le accuse contro Donald Trump siano tutti reati (felony) di classe E, il livello più basso dei reati nello stato di New York, con una pena massima di 4 anni di galera. Ma comunque reati, nessun misfatto, ossia nessun reato minore, come si era ipotizzato inizialmente.
Poi è successo che è stata la prossima udienza per il 4 dicembre, udienza che quindi coinciderà con il momento clou della campagna elettorale delle primarie repubblicane che partiranno ufficialmente all’inizio del 2024. Il processo, secondo il giudice, potrebbe iniziare nel 2024, anno delle elezioni.
Fuori dal tribunale, nel frattempo, era stata organizzata una protesta dei suoi sostenitori, ma il numero dei presenti non è mai stato troppo elevato e non ci sono stati incidenti.
Una volta tornato in Florida, nella sua villa di Mar-a-Lago, Trump ha tenuto un breve discorso ai suoi sostenitori, che la Repubblica definisce “breve e deludente” (immagino perché è stato meno scandaloso del solito) in cui ha detto che quella contro di lui è una persecuzione politica, che combatterà, È tornato a parlare di brogli elettorali, nonostante non sia stata trovata prova da tribunali locali e organi di controllo conservatori. E ha ribadito le accuse al procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg, che a detta sua è finanziato da Soros.
A parte il fatto di aver come al solito strizzato l’occhio a varie teorie cospirazioniste (con l’ovvio riferimento a Soros), e con tutto che le accuse in sé sono probabilmente fondate, è difficile non vedere anche una volontà politica della procura di Manhattan in questa storia, soprattutto per le tempistiche del processo. Il che però potrebbe essere anche un clamoroso boomerang, a mio avviso.
La seconda notizia più rilevante avvenuta ieri è che la Finlandia è ufficialmente entrata afar parte della Nato. Anche qui, non è che ci sia da aggiungere molto. La notizia in sè è che ieri mattina sono arrivati negli Stati Uniti i protocolli di adesione e la ratifica degli altri Paesi membri che rendono ufficiale l’ingresso del paese scandinavo nella Nato come 31esimo paese membro. E che dalla Russia, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov – ha fatto sapere come il suo paese è pronto a «prendere contromisure per garantire la sicurezza. L’ingresso della Finlandia nella Nato rappresenta una nuova escalation, ponendo una minaccia alla sicurezza della Russia». Fine della notizia.
Non c’è molto da aggiungere, piuttosto vi condivido una riflessione che ho trovato interessante, che è quella di Pierre Haski su France Inter che scrive: “Vladimir Putin, l’uomo che si lamentava per l’espansione della Nato verso la Russia, ora avrà 1.340 chilometri ulteriori di frontiera in comune con un paese della Nato, grazie all’adesione della Finlandia che diventerà il 31º paese dell’Alleanza atlantica.
In questo caso il presidente russo non potrà certamente dare la colpa all’espansionismo occidentale, perché è lui l’unico responsabile di quanto accaduto. Fino a un anno fa, infatti, la Finlandia era solidamente ancorata al suo status di neutralità. C’è voluta l’invasione russa dell’Ucraina per cambiare le cose.
Insieme alla Svezia, neutrale da ancora più tempo, la Finlandia ha costruito rapidamente un consenso nazionale attorno all’idea che la neutralità non fosse più praticabile, soprattutto con una guerra alle porte. Decenni di equilibrio politico sono svaniti nel giro di poche settimane. Putin, evidentemente, è riuscito a fare qualcosa che sembrava impossibile”.
È uscito uno studio interessante su Nature a proposito dell’adattamento ai cambiamenti climatici da parte delle città. Nell’ultima puntata di A tu per tu, uno dei nostri podcast per abbonati, in cui si parla di meteo Filippo Thiery, meteorologo di Geo, parlava dell’importanza di fare un’informazione costruttiva anche sull’adattamento climatico, quindi non solo raccontare quando succedono i disastri, ma anche evidenziare i disastri evitati grazie a delle buone strategie di adattamento climatico.
Cosa un po’ più complicata, sia perché un disastro è sempre più eclatante e rumoroso di un mancato disastro (la famosa storia dell’albero che cade e i cento che crescono) sia perché è più facile spiegare cosa è andato storto quando qualcosa va storto, che capire cosa ha funzionato quando tutto fila liscio. In altre parole: non ci sono molti parametri per giudicare una strategia di adattamento. O meglio, non c’erano.
Come racconta Maurizio Bongioanni su Lifegate, un nuovo “studio internazionale pubblicato su Nature e coordinato dall’università di Twente” ha provato a quantificare e misurare l’impatto dei piani di adattamento e la loro efficacia nel prevenire gli effetti peggiori del cambiamento climatico.
Come ha dichiarato la ricercatrice Monica Salvia del Cnr-Imaa che ha partecipato allo studio, “abbiamo per la prima volta definito un indice di qualità, l’Adaptation plan quality assessment (Adaqa), che ci ha permesso di identificare i punti di forza e di debolezza dei processi di pianificazione dell’adattamento urbano nelle città europee”
Secondo lo studio, il grado di adattamento ai cambiamenti climatici delle città europee sta migliorando ma ci sono ancora molti progressi da fare. L’analisi ha preso in considerazione 167 piani strategici di altrettante città europee. In questi piani, sviluppati tra il 2005 e il 2020, gli obiettivi di adattamento sono nettamente migliorati e tra questi – devo dire con mia sorpresa perché non ne ero a conoscenza – spiccano la capitale bulgara Sofia e la città irlandese di Galway.
In cosa eccellono queste due città? Il piano di Galway include una valutazione dettagliata del rischio di come il clima minacci le infrastrutture critiche, la biodiversità, il capitale culturale, le risorse idriche e i servizi della comunità in città. La municipalità ha quindi stabilito un piano d’azione completo, che include i tempi e assegna la responsabilità a gruppi specifici all’interno del comune. La città sta intervenendo su tutte le sue strutture chiave (tipo le strade) e anche conducendo campagne per informare il pubblico su come ridurre la propria esposizione ai rischi climatici.
Dall’altra parte, la città di Sofia si sta concentrando maggiormente sul miglioramento delle infrastrutture, comprese quelle idriche (in particolare il riciclaggio delle acque grigie e nella gestione delle acque superficiali), sull’acquisizione di ulteriore terreno per aumentare la quantità di spazio verde, sulla piantumazione di una nuova foresta su una proprietà comunale abbandonata e l’aggiornamento dei sistemi di approvvigionamento idrico e fognario.
E in Italia? Tra le 32 città italiane incluse nel campione, risulta che solo due città – Bologna e Ancona – avevano nel 2020 un piano di adattamento. Una situazione che, probabilmente, risente dell’assenza di un quadro di riferimento nazionale per supportare la definizione di strategie e piani locali e regionali: il Piano nazionale di adattamento è infatti ancora in fase di adozione”, conclude la ricercatrice del Cnr-Imaa.
Come sappiamo però i cambiamenti climatici non sono caratterizzati solo da fenomeni meteorologici estremi, come uragani, tifoni temporali intensi e così via, ma anche all’estremo oipposto da un’intensificarsi della siccità. Sembrano due fenomeni agli antipodi, ma sono le due facce della stessa medaglia. piove molto meno, ma quando lo fa lo fa in maniera esagerata (e disfunzionale per le nostre esigenze).
Comunque, questo preambolo per dire che tocca riparlare di siccità. Perché anche se sui giornali l’argomento va un po’ a singhiozzo, il fenomeno non si sta attenuando, sia in Italia che in tante altre parti del mondo.
In Italia è soprattutto il Nord ad essere colpito. Il report mensile idrologico di Arpa ci dice che anche a marzo in Piemonte è piovuto e nevicato la metà rispetto alla media del mese, 40 millimetri appena, negli invasi manca il 45% di acqua e la portata dei fiumi è gravemente deficitaria.
Luisiana Gaita sul FQ racconta come “Nelle province del Veneto quest’anno gli agricoltori hanno deciso di seminare più frumento, al posto di soia e mais, altrove sostituito con il sorbo. Nel Pavese c’è chi inizia a coltivare orzo invece del riso e per le vigne si sperimentano varietà che crescono con meno acqua”. Tutto questo per rendere l’agricoltura più adatta a un clima già cambiato.
Chi non sembra farsi troppi scrupoli sulla siccità è invece l’industria dell’acqua in bottiglia. Sempre sul FQ Elisabetta Ambrosi racconta che “Nell’anno della grande siccità, il 2022, quando numerosi comuni e città italiane hanno subito il razionamento dell’acqua, c’è un tipo di prelievo idrico che nel nostro paese non è diminuito, anzi, ha subito una crescita del 4,1%. Si tratta dell’acqua minerale, il cui prelievo a fini di produzione nel 2022 è stato di quasi 19,8 milioni di metri cubi.”
Ad ogni modo ci sono luoghi nel mondo dove la situazione è ben peggiore. In Tunisia, paese già martoriato da una terribile crisi economica, politica e sociale, la siccità ha abbassato il livello di riserve nei bacini e le autorità hanno annunciato restrizioni nella distribuzione e nell’uso di acqua potabile. Definendo la situazione “senza precedenti”, il Ministero dell’Agricoltura e delle risorse idriche ha deciso di vietare fino al 30 settembre l’uso di acqua potabile per l’irrigazione agricola e aree verdi e per la pulizia di strade e spazi pubblici. Nelle case l’erogazione di acqua potabile viene interrotta dalle 21 alle 4 del mattino, in alcune città fino alle 5.
Tutte e 30 le dighe del paese si trovano intorno al 30% della capacità. Per capire quanto sia drammatica la situazione, basta fare un confronto con il passato: il 31 marzo del 2019 il tasso di riempimento era dell’80%.
Anche nel caso della siccità, ormai dobbiamo muoverci sul doppio binario di adattamento (quindi fare ad esempio risparmio idrico, agricoltura a basso impatto idrico, rete di piccoli invasi e così via) e della mitigazione, ovvero smettere di alterare il clima, smettere di bruciare qualsiasi cosa. Altrimenti qualsiasi adattamento sarà infine inutile.
#Trump
la Repubblica – Trump da Mar-a-Lago: “Combatterò”. Ma è un discorso breve e deludente
il Post – Trump è stato rilasciato dopo la lettura di 34 capi d’accusa
#Finlandia
Internazionale – L’entrata della Finlandia nella Nato è frutto di alcuni paradossi
#adattamento
Lifegate – In Europa i piani di adattamento ai cambiamenti climatici migliorano, ma la strada è ancora lunga
#siccità
Ansa – Siccità: negli invasi del Piemonte manca 45% acqua
Il Fatto Quotidiano – C’è la siccità, ma i big delle minerali estraggono a costo (quasi) zero
Il Fatto Quotidiano – Il settore agricolo costretto a fare i conti con la siccità: si rivedono le vocazioni territoriali e i tipi di irrigazione. Ma sostituire le coltivazioni non è sempre possibile
Rai News – Tunisia, miseria e siccità. E il presidente Saied non si fa più vedere
#Cop28
The Guardian – Revealed: UAE plans huge oil and gas expansion as it hosts UN climate summit
la Svolta – Cop28: scatta il divieto alla protesta?
#cfc
Rinnovabili.it – Le emissioni di CFC crescono ancora e non sappiamo perché
#eolico
GreenMe – Eolico offshore e uccelli marini: in 2 anni non è stata registrata neanche una collisione con le pale, lo studio svedese che sorprende
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GreenMe – Per ridurre inquinamento e rumore dall’aeroporto di Amsterdam non partiranno più jet privati né voli notturni
#bici
Rinnovabili.it – L’Italia è sempre più un paese per il turismo in bicicletta
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GreenMe – Artemis II: svelato l’equipaggio di astronauti che voleranno verso la Luna, per la prima volta ci sarà anche una donna