Verso una società della sorveglianza (o della responsabilità?) – #425
L’analisi di Harari
Un anno e mezzo fa, in un lungo articolo per il Financial Times, Yuval Noah Harari, storico, saggista, autore di pietre miliari come Sapiens e Homo Deus, nonché idolo indiscusso mio e di buona parte della redazione di Italia che Cambia, scriveva parole profetiche. Era l’aprile 2020, il mondo era da poco piombato nell’incubo del coronavirus e della prima quarantena.
“Molti provvedimenti d’emergenza a breve termine – scriveva – diventeranno parte della nostra quotidianità. È nella natura stessa delle emergenze. Accelerano i processi storici. Decisioni che in tempi normali richiederebbero anni di attenta valutazione vengono approvate nel giro di poche ore. Tecnologie immature o perfino pericolose vengono applicate in gran fretta, perché altrimenti si correrebbe un rischio maggiore. Interi paesi fanno da cavie in esperimenti sociali su vasta scala”.
[…] In questo momento di crisi, dobbiamo fare due scelte particolarmente importanti. La prima è tra la sorveglianza totalitaria e la responsabilizzazione dei cittadini. La seconda è tra l’isolamento nazionalista e la solidarietà globale”.
Ora, a un anno e mezzo di distanza, possiamo provare a tirare le prime somme e a vedere dove ci stiamo dirigendo. Probabilmente tante novità introdotte dalla pandemia sono qui per restare. Tipo l’affermazione definitiva dello smart working, l’ulteriore digitalizzazione delle relazioni sociali. Altre si spera, spariranno, come la paura dell’estraneo, la distanza sociale.
Partiamo dalla tensione fra solidarietà globale e isolamento nazionalista. Abbiamo visto in questi mesi spinte in entrambe le direzioni. Dai medici di varie nazioni, come Cuba, Cina, che sono venuti in aiuto dei paesi occidentali, in primis il nostro, per aiutare, a episodi di razzismo anche istituzionalizzato verso gli untori, che prima erano i cinesi, poi eravamo noi italiani, adesso sono diventati, in una sorta di alleanza transnazionale, i no vax, che pur essendo una piccola percentuale, sono ormai gli unici responsabili del fatto che ci sia ancora la pandemia.
L’altro fattore in cui è emerso l’egoismo delle nazioni è il discorso dei vaccini. Lo abbiamo visto con gli Usa che inizialmente li hanno tenuti stretti per loro. Lo vediamo oggi nella politica di laissez faire degli stati verso le case farmaceutiche, che ormai hanno il potere di gestire la pandemia più degli stati stessi e preferiscono vendere le terze, quarte o quinte dosi ai paesi ricchi che le prime ai paesi più poveri.
La tensione invece fra sorveglianza totalitaria e responsabilizzazione dei cittadini, al momento ha un chiaro vincitore. I governi di tutto il mondo, o quasi, sembrano optare per la prima, ma su questo la tensione si fa ogni giorno più stridente.
Multe per i No Green Pass a Torino (con le telecamere)
Due notizie, di segno opposto, che arrivano dal nostro paese ci permettono di approfondire un po‘ meglio. Riporta l’Indipendente che a Torino sabato scorso, per la ventiquattresima settimana consecutiva, c’è stata la manifestazione dei No Green Pass, e che molti di loro sono stati multati perché non portavano la mascherina.
Sono stati multati perché dal 2 dicembre, una nuova ordinanza del sindaco ha reintrodotto l’obbligo di mascherine all’aperto nelle zone del centro. E dopo la manifestazione la questura ha usato le immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti in strada per identificare tutti i manifestanti che non hanno rispettato l’ordinanza e spedirgli una sanzione di entità compresa tra 400 e 1.000 euro.
E, fa notare l’articolo, non sembra esserci in atto alcuna misura analoga nei confronti dei cittadini che erano privi di mascherina ma non partecipavano alla manifestazione. Insomma, una ordinanza legata al tema della salute pubblica viene usata come strumento di controllo politico. Il che, tornando al discorso iniziale di Harari, è pericoloso. Perché oggi avviene per qualcosa di comunque legato al tema sanitario, domani potrebbe avvenire per qualsiasi forma di dissenso. E magari potrebbe essere automatica, svolta da telecamere con algoritmi per il riconoscimento facciale integrato. Non è il massimo.
Moratoria sul riconoscimento facciale
Lo dico non a caso. La seconda notizia infatti è che mercoledì scorso il Parlamento ha approvato un emendamento presentato dal Partito Democratico al decreto Capienze che ha istituito una moratoria di due anni sui sistemi di riconoscimento facciale. In pratica l’installazione di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale in luoghi pubblici o aperti al pubblico, da parte delle autorità pubbliche o di privati, «sono sospese fino all’entrata in vigore di una disciplina legislativa della materia e comunque non oltre il 31 dicembre 2023».
Il riconoscimento facciale, spiega il Post, è una tecnologia che utilizza un software per analizzare l’immagine della persona sotto forma di pixel, di dati, da cui trae un modello matematico che viene poi applicato ad altre immagini per trovare una corrispondenza. L’archivio delle immagini è essenziale per identificare una persona e viene alimentato dai dati di tutte le persone che camminano per strada, rilevate costantemente dalle telecamere. Alcuni software evoluti sono in grado di identificare una persona anche analizzando la sua andatura.
Ne sono stati installati diversi anche nelle città italiane e tutti sono stati bloccati dal Garante della privacy. Il primo fu a Como, nel 2019, poi il comune di Udine fece una cosa simile l’anno scorso. Per ora nessuno di questi sistemi è in funzione. Questa moratoria di fatto cerca di accendere i riflettori sul tema che fin qui non è stato per niente normato, né in Italia né in Europa. Ci sono varie cose in lavorazione, ma la questione sta diventando urgente. A livello globale.
Perché sia gli stati, che i privati, le aziende, stanno sviluppando sistemi sempre più sofisticati per riconoscere gli esseri umani e studiare i loro comportamenti. E la cosa più terribile, come spesso succede in questi casi, è che tutto questo sta accadendo per inerzia. Non ho le prove, ma sono piuttosto sicuro che non ci sia nessun piano oscuro per controllare il mondo da parte di qualche setta di illuminati, ma solo la stupidità del potere, che per l’ansia del controllo (per gli stati) e del profitto (per le aziende) rischia di trasformare la società in un luogo sempre più invivibile.
E‘ una spiegazione molto più semplice, più credibile, e al tempo stesso decisamente più spaventosa. Perché se ci fossero una decina di persone che da sole controllano tutto, basterebbe rinchiuderle in un carcere di massima sicurezza e avremmo risolto i nostri problemi. Se queste persone non ci sono… con chi ce la prendiamo?
Patrick Zaki libero
Va bene, voglio chiudere una puntata sul rischio della sorveglianza con una notizia che invece ha a che fare con la libertà. Una notizia bellissima. Patrick Zaki lascerà il carcere dopo 22 mesi di detenzione in Egitto. Ricordiamo che era stato incarcerato con l’accusa di diffusione di false informazioni legate alla pubblicazione di un articolo in cui denunciava le mancate garanzie offerte dal regime di al-Sisi nei confronti della popolazione copta del Paese.
E un piccolo passo in avanti, visto che la decisione del giudice monocratico non equivale però a un’assoluzione: Zaki rimane imputato, con la prossima udienza fissata per il 1 febbraio, e rischia una condanna fino a 5 anni di carcere. Ma intanto sarà fuori dal carcere a breve. E la decisione è stata accolta con grida di gioia da parte della famiglia presente in tribunale.
Articoli e fonti:
#Harari
Internazionale – Il mondo dopo il virus
#No Green Pass #multe
L’Indipendente – A Torino la questura usa le telecamere per stroncare il movimento No Green Pass
#riconoscimento facciale
il Post – Cosa cambia con la moratoria sui sistemi di riconoscimento facciale
#Patrick Zaki
Il Fatto Quotidiano – Patrick Zaki lascerà il carcere dopo 22 mesi di detenzione in Egitto: ma non è stato assolto. “Sto bene, grazie all’Italia per il supporto”
#Costa Rica
L’Indipendente – In venticinque anni il Costa Rica è riuscito a raddoppiare le sue foreste