Oggi, forse ve ne sarete accorti a meno che non viviate in una caverna, e anche lì non escludo che sia venuto a suonare qualche fattorino di Amazon, è il Black Friday. E quindi abbonamenti scontati per tutti a ICC! No, scherzo, dicevo che oggi è il black friday. Che poi, oggi… ormai il black friday da singola giornata è diventata un periodo dell’anno, forse uno stato della mente.
Se proseguiamo di questo passo fra un po’ festeggeremo il non black friday, un po’ come il Bianconiglio che festeggiava il non-compleanno, ovvero un unico giorno dell’anno in cui i prezzi delle cose sono più alti. E noi ecologisti tutti a comprare quel giorno lì.
Vabbé, tornando seri, capirete che insomma, questa crescente attenzione per questa giornata è piuttosto problematica da diversi punti di vista.
Se da una parte siamo circondati, abbagliati, dagli sconti, dalle folle nei negozi e dalle maratone di acquisti online che fanno leva sui nostri bias cognitivi come il senso di scarsità (tipo ne sono rimasti solo 3 a questo prezzo, oppure il 19,99). Dall’altra, però, tutti questi acquisti compulsivi hanno degli effetti collaterali giganteschi, sia sull’ambiente che sulle persone.
Oggi diversi giornali dedicano approfondimenti ai vari impatti del black friday. Rinnovabili.it racconta che in Italia, nella settimana del Black Friday vengono emesse circa 400.000 tonnellate di CO₂ equivalente. Equivale a fare 75.000 volte il giro del mondo in macchina.
Servirebbero più di 40 milioni di alberi necessari per compensarle. Immaginate una foresta grande quasi quanto l’intera Liguria.
Ma quali sono i principali impatti del black friday? Il primo è il trasporto. I camion che riforniscono magazzini e negozi e le consegne a domicilio per gli acquisti online fanno aumentare a dismisura le emissioni. Poi ci sono gli imballaggi, spesso fatti di plastica non riciclabile che generano una mole immensa di rifiuti da smaltire.
E poi ci sono le emissioni digitali: pensate a quanta energia serve per alimentare server e piattaforme e-commerce, che in questi giorni sono letteralmente prese d’assalto.
E non dobbiamo mai scordarci il concetto di energia grigia ovvero tutta l’energia necessaria a produrre gli oggetti che acquistiamo. Insomma, il black friday ha un impatto gigantesco in termini di consumo di risorse e materie prime, inquinamento atmosferico, emissioni di CO2.
Ma ci sono anche problemi di altro tipo: dietro ogni pacco che arriva a casa nostra, c’è qualcuno che lavora. Nei grandi magazzini di e-commerce, come Amazon, i turni dei dipendenti diventano ancora più massacranti in questo periodo con orari che superano spesso le 12 ore. Aumenta la produttività richiesta, aumentano i ritmi, ma non sempre aumenta lo stipendio. Lo stesso vale per i corrieri, che durante il Black Friday si trovano a fare consegne in tempi record, e per i commessi nei negozi fisici, che affrontano folle di clienti e turni lunghissimi.
Insomma, il Black Friday è una giornata di profitti record, ma il costo umano dietro tutto questo è altissimo, come testimoniano sempre più inchieste, ve ne lascio qualcuna.
In tutto ciò, parecchie delle offerte imperdibili in cui ci imbattiamo sono in realtà finte. Molte aziende, infatti, gonfiano i prezzi nelle settimane precedenti al Black Friday per poi applicare sconti che non sono reali. Altroconsumo ha scoperto che almeno il 20% delle offerte pubblicizzate durante il Black Friday sono, di fatto, fasulle: si tratta di prodotti che in altri periodi dell’anno sono stati venduti a un prezzo anche più basso. Quindi, se una promozione vi sembra troppo incredibile per essere vera… spesso non lo è.
Tutto questo casino ambientale e sociale per comprare roba che spesso nemmeno utilizziamo. Si stima che fino all’80% degli articoli acquistati durante il Black Friday, compresi gli imballaggi, vengano buttati via dopo pochi utilizzi, alcuni senza essere stati utilizzati affatto.
Se tutto questo vi sembra una follia è perché lo è. Ma una follia costruita su leve biologiche. Gli acquisti, soprattutto quelli impulsivi o legati a promozioni come il Black Friday, stimolano una reazione chimica nel nostro cervello. Quando compriamo qualcosa, gli studi lo mostrano, il nostro cervello rilascia dopamina, il cosiddetto “ormone della felicità”. Questo ci dà una sensazione di piacere e soddisfazione immediata.
Tuttavia, il piacere è spesso momentaneo. Subito dopo aver acquistato, il livello di dopamina cala e ci possiamo ritrovare con il cosiddetto “vuoto post-acquisto”. Questo meccanismo è ciò che alimenta il consumismo: continuiamo a cercare nuovi oggetti per riaccendere quella scintilla di piacere, senza fermarci a riflettere su ciò che abbiamo davvero bisogno.
Quindi, ecco, la chiave è la consapevolezza. Fermarsi, respirare, pensare se quella cosa super scontata super conveniente che fra un secondo scadrà l’offerta e non si ripresenterà mai più nella nostra vota ci serve davvero. oppure se stiamo solo cadendo vittime di una trappola mentale ben orchestrata. Perché alla fine, con tutti gli sconti del mondo, la cosa che in assoluto continua a restare più conveniente per le nostre tasche, con o senza il black friday, è NON comprare qualcosa.
Dalla prossima settimana inizia la versione ridotta, una volta a settimana.
Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?
Ciclicamente il nucleare torna a fare capolino nel dibattito politico italiano e ciclicamente qualche governo prova ad infilarlo dalla finestra.
Leggo su Milano Finanza che “Già prima di Natale 2024 l’Italia potrebbe dotarsi della prima newco a trazione pubblica con i big di Stato per aprire la strada al ritorno del nucleare. I lavori sono in corso e i vari pesi sarebbero già stati definiti, con Enel che avrebbe la quota di maggioranza con il 51%, seguita da Ansaldo Nucleare col 39% e da Leonardo col restante 10%. Il ruolo di capofila è stato riconosciuto al gruppo guidato dall’amministratore delegato Flavio Cattaneo soprattutto per le credenziali che può esibire grazie ai 9 Gigawatt di capacità nucleare installata: 6 Gw in Spagna e 3 in Slovacchia attraverso la partecipazione in Slovenske Elektrarne, titolare della centrale di Mohovce. In altre parole, Enel è la sola società italiana a gestire impianti nucleari nel mondo.
In un primo momento l’attività della newco sarà limitata allo studio e alla ricerca sugli smr, gli small modular reactor, reattori di piccole dimensioni che stanno prendendo piede in alcuni Paesi europei. Ma tanto basta per confermare la volontà del governo di rilanciare il nucleare e accendere l’interesse degli operatori.
Della partita potrebbe essere anche Newcleo, la startup del nucleare pulito lanciata nel 2021 da Stefano Buono, che ha già catalizzato l’interesse di circa 700 azionisti raccogliendo oltre 530 milioni di euro.
Tutto ciò mi sembra piuttosto assurdo, onestamente. Abbiamo avuto ben due referendum sul nucleare, l’ultimo poco più di 10 anni fa, in entrambi il nucleare è stato sonoramente bocciato, eppure il governo ci riprova.
Anzi, nemmeno ci riprova, da per scontato che lo faremo. La novità di ieri che vi ho appena letto è solo l’ultimo tassello di un percorso che il governo sta facendo verso la reintroduzione del nucleare in Italia (e parliamo di fissione, di quello classico insomma). Il nuovo Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) presentato a inizio 2024 dal governo ha ridimensionato gli obiettivi delle rinnovabili e ha incluso il nucleare come parte della strategia energetica futura del Paese a partire dal 2035, con l’obiettivo di fornire circa l’11% dell’energia elettrica totale richiesta entro il 2050, con una possibile proiezione fino al 22%.
In tutto ciò uno potrebbe pensare: magari il governo pensa, o sa, che gli italiani abbiano cambiato idea. Andiamo a vedere cosa dicono i sondaggi. E i sondaggi dicono, ne è uscito uno Ipsos due giorni fa, che l’81% degli italiani è contrario al nucleare e che p una percentuale in crescita.
Io penso che come è successo anche le altre volte, il nucleare alla fine non si farà, perché è una tecnologia vecchia, pericolosa, inquinante a livello di scorie, e i famosi SMR di nuova generazione ancora non li ha visti nessuno nonostante ne parlino da almeno 15 anni. Però anche solo continuare a parlarne e riparlarne diventa la scusa per frenare le rinnovabili e continuare con gas e petrolio.
Dal Belgio arriva una bella notizia, la leggo su GreenMe.
“Il Belgio si unisce a un numero crescente di nazioni che stanno vietando i delfinari, segnando un passo storico per il benessere degli animali. Dopo che Bruxelles e Vallonia avevano già imposto divieti rispettivamente nel 2003 e nel 2019, le Fiandre hanno ora deciso di seguire questa direzione, decretando la chiusura definitiva dell’ultimo delfinario del Paese, il Boudewijn Seapark di Bruges”.
Il paese ha deciso di chiudere il delfinario del Boudewijn Seapark entro il 2037, con possibili anticipi. Nel frattempo, sono stati introdotti vincoli per migliorare le condizioni dei sei delfini ospitati, come il divieto di riproduzione e importazione e l’obbligo di costruire una piscina all’aperto entro il 2027.
È una scelta che riflette una crescente consapevolezza e sensibilità anche del pubblico verso il benessere dei delfini costretti a vivere in cattività, dove lo spazio limitato e l’assenza di stimoli naturali causano stress e sofferenze.
Il Belgio non è il primo paese a prendere una decisione del genere. Si unisce ad altri Paesi come India, Costa Rica, Cile, Cipro, Croazia e Slovenia, che hanno già vietato queste strutture che hanno vietato i delfinari, lanciando un messaggio forte: gli animali non devono soffrire per il divertimento umano. Una decisione che rappresenta un progresso per i diritti animali e un modello per altre nazioni, inclusa l’Italia.
Sentendo questa notizia mi sono detto: vuoi vedere che mediamente l’umanità sta tornsando a sviluppare la biofilia?
Come? ho sentito bene? Cos’è la biofilia? La biofilia è quella propensione di ogni ess… no aspe aspe ora che ci penso il nostro direttore Daniel Tarozzi lo spiega molto bene nel suo TedX di cui è da poco uscito il video su YT. Facciamo che ve ne faccio sentire qui un estratto, poi se volete ve lo andate a vedere tutto.
Contributo disponibile nel video / podcast
Ne abbiamo parlato di recente in occasione della presentazione del disegno di legge, che ora è diventato legge con l’approvazione di ieri del Parlamento australiano.
Sto parlando della prima legge al mondo che vieterà ai minori di 16 anni l’accesso ai principali social media, come TikTok, Instagram e Snapchat. La misura entrerà in vigore non prima di 12 mesi e sarà preceduta da una fase di sperimentazione nel 2025. è stata presentata dal governo come un modo per proteggere la salute mentale dei giovani.
La legge, racconta il Post, sta ricevendo sia apprezzamenti che critiche. Le critiche sono relative soprattutto alla sua vaghezza su alcuni aspetti e alle le difficoltà di attuazione. Non sono chiari i criteri di applicazione, né come verrà verificata l’età degli utenti. Tra i metodi ipotizzati ci sono l’uso di sistemi biometrici o account genitoriali, ma entrambi potrebbero essere aggirati facilmente e inoltre sollevano preoccupazioni sulla gestione dei dati personali.
C’è poi il tema dei diritti dei minori, anche se questo aspetto onestamente mi sembra un po’ tirato per i capelli. Comunque c’è stato un consorzio di oltre cento organizzazioni per i diritti dell’infanzia fra cui Amnesty International che hanno espresso alcune riserve, sottolineando che il divieto potrebbe violare il diritto dei minori all’accesso e alla partecipazione online, riconosciuto dal Comitato ONU per i diritti dell’infanzia. E che forse sarebbe stato meglio introdurre standard di sicurezza più elevati e un’educazione all’uso consapevole dei social, piuttosto che divieti difficili da applicare.
personalmente non ho le idee chiarissime. Da un ato capisco e in genere sposo il discorso dell’educazione consapevole. Allo stesso tempo, i social sono davvero un’arma potentissima. Un bazooka non lo darei in mano a un bambino o a una bambina – nemmeno a un adulto s’è per questo. Preferisco non darglielo proprio che insegnargli ad usarlo, almeno sotto una certa età. Non dico che sia esattamente la stessa cosa eh, però, ecco. Diciamo che sono molto interessato a seguire l’andamento di questo esperimento australiano.
Domani, sabato, esce la nuova puntata di Soluscions, il nostro format dedicato agli abbonati/e di ICC condotto da Daniel Tarozzi. Mentre oggi esce la nostra videostoria della settimana, che fa parte della miniserie Calabria sarai tu. In entrambi i casi si parla di mobilità e trasporti, in entrambi i casi il contenuto è realizzato da Daniel. E allora ho chiesto a Daniel un contributo audio per raccontarceli.
Contributo disponibile nel video / podcast
Sempre oggi esce un’altra bella intervista realizzata dalla nostra Benedetta Torsello a Elvio Raffaello Martini all’interno del nostro filone di approfondimento sull’abitare collaborativo, quelle forme di abitare come i cohousing, coliving e così via. Oggi parliamo di abitare collaborativo come antidoto alla solitudine. Ho chiesto a Benedetta di farci sentire qualcosa.
Prima di chiudere vi ricordo che oggi è venerdì e quindi esce anche la rassegna sarda.
#black friday
Rinnovabili – Qual è l’impatto ambientale del Black Friday?
#social
il Post – L’Australia vieterà i social media ai minori di 16 anni
#nucleare
Milano Finanza – Nucleare di Stato, ora si parte. All’Enel il 51% della newco con Ansaldo e Leonardo
Tele Ambiente – Nucleare in Italia, l’81% degli italiani dice no al suo ritorno
#delfinari
GreenMe – Decisione storica in Belgio: saranno vietati i delfinari, l’ultimo chiuderà e non ne verranno più aperti (quando in Italia?)
#biofilia
Italia che Cambia – Daniel Tarozzi al TEDx Lerici: “Siamo programmati per amare tutte le forme di esseri viventi”
#abitare collaborativo
Italia che Cambia – Vicinato solidale: una forma di abitare collaborativo all’epoca della solitudine
#trasporti
Italia che Cambia – I trasporti in Calabria sono molto meglio di quello che pensi – Calabria sarai Tu #5