21 Mar 2023

Report IPCC: sul clima è l’ultima chiamata per Homo sapiens – #693

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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È uscito il rapporto di sintesi dell’ultimo assessment report dell’IPCC sui cambiamenti climatici ed è una sorta di appello finale ai paesi del mondo. Vediamo cosa contiene, più nello specifico. Parliamo anche di diverse notizie interessanti dal punto di vista della transizione ecologica e chiudiamo con la visita di Xi Jinping a Putin e il salvataggio di Credit Suisse.

È uscita l’ultima parte del sesto rapporto di valutazione (assessment report) dell’IPCC. Forse saprete più o meno di cosa sto parlando, comunque vi spiego in  breve di cosa si tratta. L’IPCC è quel panel internazionale di scienziati e diplomatici fondato dalle Nazioni Unite per studiare il cambiamento climatico e dare dei consigli agli stati su come intervenire.

L’IPCC è un organismo che sta un po’ a metà fra il mondo scientifico e quello politico, per cui negli anni è stato accusato di edulcorare un po’ la realtà. Tuttavia negli ultimi report gli scienziati dell’IPCC hanno iniziato ad andarci più pesante, per cercare di mandare messaggi più incisivi ai governi. Perché se i dati scientifici sono sempre quelli, la scelta delle parole, dei titoli e della comunicazione nel presentare un rapporto, così come i consigli sulle soluzioni contano più, a livello politico, dei dati stessi.

Comunque, ogni circa 5-7 anni l’IPCC pubblica un assessment report, ovvero un rapporto di valutazione su com’è la situazione del clima. Quanto siamo messi male. Le notizie, non sono mai rincuoranti purtroppo, perché in genere negli anni che passano fra un report e l’altro la situazione peggiora invece di migliorare, per via dell’inazione climatica dei governi mondiali. Ormai, poi, ci sono così tanti dati sulla crisi climatica che i rapporti sono diventati delle bibbie e vengono pubblicati a scaglioni dai vari gruppi di lavoro che ci lavorano. La pubblicazione del sesto rapporto è iniziata nel 2021, è proseguita nel 2022 e termina nel 2023 con questo ultimo pezzo, che è il rapporto di sintesi.

Che cosa ci dice quest’ultimo rapporto? Fiona Harvey, editorialista della sezione ambiente del Guardian, ne descrive così gli elementi principali: “Gli scienziati hanno lanciato un “ultimo avvertimento” sulla crisi climatica, mentre le crescenti emissioni di gas serra spingono il mondo sull’orlo di danni irrevocabili che solo un’azione rapida e drastica può scongiurare”.

Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), composto dai principali scienziati del clima del mondo, ha presentato lunedì la parte finale del suo mastodontico sesto rapporto di valutazione.

La revisione completa delle conoscenze umane sulla crisi climatica ha richiesto otto anni di lavoro a centinaia di scienziati e si estende per migliaia di pagine, ma si riduce a un unico messaggio: agire ora, o sarà troppo tardi.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha dichiarato: “Questo rapporto è una chiamata a gran voce per accelerare in modo massiccio gli sforzi per il clima da parte di ogni Paese, di ogni settore e in ogni momento. Il nostro mondo ha bisogno di un’azione per il clima su tutti i fronti: tutto, ovunque, in una volta sola”.

Con un linguaggio sobrio, l’IPCC ha illustrato la devastazione che è già stata inflitta a vaste aree del mondo. Le condizioni meteorologiche estreme causate dai cambiamenti climatici hanno provocato un aumento delle morti per l’intensificarsi delle ondate di calore in tutte le regioni, milioni di vite e case distrutte da siccità e inondazioni, milioni di persone che soffrono la fame e “perdite sempre più irreversibili” negli ecosistemi vitali.

L’ultimo capitolo di lunedì, chiamato rapporto di sintesi, sarà quasi certamente l’ultima valutazione di questo tipo finché il mondo avrà ancora la possibilità di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, la soglia oltre la quale i nostri danni al clima diventeranno rapidamente irreversibili.

Kaisa Kosonen, esperta di clima di Greenpeace International, ha dichiarato: “Questo rapporto è sicuramente un ultimo avvertimento su 1,5C. Se i governi continueranno a seguire le politiche attuali, il budget rimanente per le emissioni di carbonio sarà esaurito prima del prossimo rapporto IPCC [previsto per il 2030]”.

Il mondo si riscalda in risposta all’accumulo di anidride carbonica e di altri gas serra nell’atmosfera, quindi ogni anno in cui le emissioni continuano ad aumentare consuma il “budget di carbonio” disponibile e significa che negli anni futuri saranno necessari tagli molto più drastici.

Secondo il rapporto, tuttavia, c’è ancora speranza di rimanere entro 1,5°C. Hoesung Lee, presidente dell’IPCC, ha dichiarato: “Questo rapporto di sintesi sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e dimostra che, se agiamo ora, potremo raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica di 1,5°C”.

Salto alla fine dell’articolo: “La sezione finale dell’AR6 è il “riassunto per i responsabili politici”, scritto dagli scienziati dell’IPCC ma esaminato dai rappresentanti dei governi di tutto il mondo, che possono – e lo hanno fatto – insistere per ottenere dei cambiamenti. Al Guardian è stato riferito che nelle ultime ore delle deliberazioni tenutesi nel fine settimana nella località svizzera di Interlaken, la nutrita delegazione dell’Arabia Saudita, composta da almeno 10 rappresentanti, ha spinto in più punti per l’indebolimento dei messaggi sui combustibili fossili e per l’inserimento di riferimenti alla cattura e allo stoccaggio dell’anidride carbonica, propagandata da alcuni come rimedio all’uso dei combustibili fossili ma di cui non è ancora stato dimostrato il funzionamento su scala.

In risposta al rapporto, Peter Thorne, direttore del centro di ricerca sul clima Icarus dell’Università di Maynooth in Irlanda, ha affermato che il prossimo anno le temperature globali potrebbero superare il limite di 1,5°C, anche se ciò non significa che il limite sia stato superato a lungo termine. “Quasi a prescindere dallo scenario delle emissioni, raggiungeremo 1,5°C nella prima metà del prossimo decennio”, ha dichiarato. “La vera domanda è se le nostre scelte collettive ci porteranno a stabilizzarci intorno a 1,5 C o a schiantarci contro 1,5 C, raggiungere 2 C e continuare a farlo”.

In questi ultimi passaggi sono contenute due informazioni importanti. La prima è che come vi dicevo, l’IPCC è un organismo ibrido, che risente di pressioni e logiche politiche. Per cui, in genere, la situazione è un po’ peggiore rispetto a come ci viene presentata. Il che non è una buona  notizia. la seconda informazione, ad essa collegata, è che la verità è che nessuno può dire con certezza se siamo ancora in tempo a restare sotto il grado e mezzo, ma nemmeno sotto ai due gradi, oramai. 

Fra le varie reazioni al rapporto, mi ha colpito molto quella della premier di Samoa, Fiame Naomi Mata’afa, che ha lanciato un disperato appello all’azione. Il suo paese sarà uno dei primi paesi a scomparire per via dell’innalzamento del livello degli oceani.

“Siamo tutti colpiti, ma il grado di impatto dipende dalle circostanze particolari dei Paesi. Quindi i nostri Paesi con atolli bassi sono proprio lì, ci conviviamo. Ci sono già esempi nel Pacifico di comunità, intere comunità, che si sono trasferite in altri Paesi”.

Ultima cosa che vi segnalo, tecnicamente sarebbe un’altra notizia ma rientra comunque più o meno nello stesso filone dei report ambientali, è uscito un nuovo studio, corredato da una serie di immagini e infografiche, che mostrano meglio di tante parole qual è il peso della nostra specie sul Pianeta, rispetto alle altre. E per peso intendo proprio il peso. Dice lo studio: “Il peso totale dei mammiferi terrestri selvatici – dagli elefanti ai bisonti, dai cervi alle tigri – è oggi inferiore al 10% della massa complessiva di uomini, donne e bambini che vivono sul pianeta.

La biomassa dei soli suini è quasi doppia rispetto a quella di tutti i mammiferi terrestri selvatici. Maggiori informazioni le trovate sempre sul Guardian.

Intanto si moltiplicano le ragioni, e sono sempre più evidenti, per accelerare sulla transizione. Riporta il Post che “Almeno 500 persone sono morte tra Malawi, Mozambico e Madagascar, nell’Africa sudorientale, a causa del ciclone tropicale Freddy, che ha raggiunto la regione sabato 11 marzo. Solo in Malawi si contano almeno 438 morti, mentre in Mozambico sono 67 e in Madagascar 17.

Il ciclone Freddy aveva già devastato l’Africa meridionale alla fine di febbraio, colpendo Mozambico, Madagascar e l’isola di Réunion. È poi tornato a colpire la terraferma, riprendendo forza sul Canale del Mozambico e causando moltissimi danni.

Vediamo anche alcune notizie interessanti su come, pur lentamente, le cose stanno muovendosi nella direzione giusta almeno su alcuni aspetti, almeno in alcune zone del mondo. La prima arriva dai Paesi bassi dove, riporta Rinnovabili.it, “Dal 2025, tutti gli aeroporti olandesi dovranno rispettare un limite annuo di emissioni di CO2. È la nuova misura annunciata dal governo per ridurre i gas serra del settore aereo, che a livello globale valgono il 2,5% delle emissioni. Una proposta che non ha precedenti al mondo e si basa sul fissare un tetto alla CO2 degli aeroporti in valori assoluti”.

Secondo Airport Tracker, gli aeroporti olandesi generano ogni anno, solo dai voli civili per il trasporto di persone, 8,62 milioni di tonnellate di CO2 (Mt CO2). L’equivalente dei gas serra generati in un anno da due centrali a carbone, circa il 5% dei gas serra nazionali generati in un anno. Il grosso deriva da Schiphol: lo scalo di Amsterdam è il 3° per traffico passeggeri in Europa e vale più i 8 Mt CO2.

Attualmente non esiste uno strumento globale, europeo o nazionale che ancori legalmente le emissioni di CO2 del trasporto aereo in termini assoluti”, scrive in una lettera al parlamento il ministro delle Infrastrutture e della Gestione delle Acque Mark Harber, spiegandocome la soluzione di un tetto alla CO2 degli aeroporti sia l’unica via legalmente percorribile. Il tetto massimo di CO2 fornisce questo ancoraggio. Il tetto massimo di CO2 assicura gli obiettivi climatici per il trasporto aereo fissando limiti chiari e applicabili alle emissioni di CO2 consentite, creando così una garanzia per il raggiungimento degli obiettivi climatici”, prosegue la missiva. Il cap sarà applicato individualmente a ciascun aeroporto e la quota resterà fissa per alcuni anni garantendo flessibilità. Così l’aeroporto potrà compensare eventuali sforamenti con riduzioni più corpose in altri anni”.

Ovviamente questo ha sollevato critiche delle compagnie aeree, ma il governo oilandese sembra intenzioato a tirare dritto. Devo dire che i Paesi Bassi (assieme al Belgio) sono due fra i paesi che sembrano più concreti e decisi nel farla davvero la transizione ecologica, e non solo a parole.

La seconda notizia di transizione arriva dalla Colombia e la riporta GreenReport. “Con l’aumento della sua superficie di 172.458,3 ettari, il Parque Nacional Natural Sierra Nevada de Santa Marta, considerato il “ Corazón del Mundo”, il cuore del mondo, dalle popolazioni indigene che ci vivono, raggiunge i 573.312,6 ettari e diventa la più grande area protetta continentale dei Caraibi colombiani, un messaggio di salvaguardia delle ricchezze naturali e culturali che il governo di sinistra della Colombia invia al Paese e al mondo.

L’espansione del Parco Naturale Nazionale nasce dalla necessità evidenziata da lungo tempo dai popoli indigeni Arhuaco (Iku) e Kogui (Kággaba) di proteggere il loro territorio ancestrale, un’esigenza fatta propria dal Consejo Territorial de Cabildos Indígenas de la Sierra Nevada de Santa Marta (CTC), la rappresentanza congiunta dei 4 popoli indigeni della Sierra Nevada. Le 4 comunità indigene sono state convocate dalle istituzioni e hanno partecipato alla protocollazione degli accordi nell’ambito della consultazione preventiva.

Nell’attuazione del percorso di dichiarazione insieme a Kogui e Arhuaco sono stati compiuti progressi nella caratterizzazione biofisica, socioeconomica e culturale, identificando siti sacri, gestione ancestrale e aree prioritarie per la conservazione nei territori proposti per l’ampliamento. .

Torniamo in Europa, al volo, dove – scrive la Nuova Ecologia, “La Commissione ha appena adottato due cruciali proposte legislative per sostenere l’industria europea a produrre le necessarie tecnologie pulite per accelerare la corsa dell’Europa verso la neutralità climatica e consentire la sua maggiore competitività ed indipendenza economica. 

Si tratta dei Regolamenti a sostegno dell’industria a zero emissioni nette (NZIA – Net Zero Industry Act) e per l’accesso sicuro e sostenibile alle materie prime critiche (CRMA – Critical Raw Materials Act). Costituiscono, insieme alla revisione della normativa sull’assetto del mercato dell’energia elettrica, il pilastro legislativo del Piano industriale del Green Deal adottato dalla Commissione lo scorso febbraio per rafforzare la competitività dell’industria europea a zero emissioni nette e sostenere la rapida transizione verso la neutralità climatica.

Trovate un’analisi più dettagliata dei due piani nell’articolo che vi lascio sotto FONTI E ARTICOLI. Io oggi ve lo cito e basta, perché voglio almeno accennarvi altre due cose sul finale. 

Abbiamo brutalmente ribaltato l’agenda setting, ma non posso almeno non citare le due notizie che stanno tenendo banco sui giornali, ovvero la visita si Xi a Putin e il savataggio di Credit Suisse. La prima in particolare è la notizia di apertura, di praticamente tutti i grandi quotidiani, tranne Domani che ha fatto come noi e apre col report IPCC (che altrove nemmeno sfiora le prime pagine). 

Comunque, riassumendo, ieri Xi Jinping, Presidente cinese, ha fatto visita a Putin per esporre il proprio piano per la pace che abbiamo commentato anche qui. È stata una visita altamente simbolica, arrivata all’indomani dell’incriminazione di Putin da parte della corte dell’Aia, che vuole mostrare che a parte il cosiddetto Occidente, il mondo non ha espresso una condanna chiara su questa guerra. la Cina poi continua a volersi presentare al mondo come potenza di pace, in contrapposizione ali Stati Uniti che soffiano sul fuoco del conflitto.

Come da copione ieri gli Usa hanno gridato allo scandalo, dicendo che non è possibile nessuna apertura al piano di pace cinese, mentre Putin, almeno a parole, si è detto aperto. Anche se nei giorni prima, sempre simbolicamente, aveva fatto un giro nei territori occupati dalla Russia, la Crimea e il Donbass. 

L’altra notizia a cui vi accennavo e di cui forse avrete sentito parlare in questi ultimi giorni è crisi e infine del salvataggio di Credit Suisse, la seconda banca principale svizzera. Credit Suisse era in crisi da tempo, Mattia Mainardo descrive così la crisi della banca elvetica su Lifegate: “Cocaina, mafia giapponese, episodi di corruzione in Africa, spionaggio, frodi fiscali. La sequenza di scandali che hanno coinvolto il colosso bancario elvetico Credit Suisse negli ultimi anni è impressionante. E il prezzo, per la banca elvetica, è stato pagato tutto, all’improvviso, negli ultimi giorni. Domenica 19 marzo l’istituto finanziario è stato acquisito d’urgenza dalla più grande banca della nazione, Ubs, mentre era ormai sull’orlo del collasso”.

Come spiega il Post, “Domenica sera il governo svizzero ha annunciato il raggiungimento dell’accordo per il salvataggio e l’acquisizione di Credit Suisse, da parte di UBS, prima banca svizzera e principale concorrente di Credit Suisse. Entrambe le banche hanno già una dimensione internazionale notevole e con l’acquisizione si creerà uno dei poli finanziari più grandi in Europa.

UBS ha comprato Credit Suisse per 3,25 miliardi di dollari (circa lo stesso valore in euro): le azioni di Credit Suisse nell’ultimo anno hanno perso circa il 74 per cento del loro valore e in totale l’istituto prima dell’acquisizione aveva una valutazione di mercato di 8 miliardi di dollari. UBS ha fatto quindi un affare, ma allo stesso tempo si deve fare carico delle perdite e di tutti i problemi di una banca che fino a qualche giorno fa rischiava il fallimento”.

#IPCC #clima
The Guardian – Scientists deliver ‘final warning’ on climate crisis: act now or it’s too late
The Guardian – From climate change ‘certainty’ to rapid decline: a timeline of IPCC reports
la Svolta – Si può sopravvivere alla crisi climatica?

#ciclone Freddy
il post – I morti causati dal ciclone Freddy in Malawi, Mozambico e Madagascar sono più di 500

#Aerei
Rinnovabili.it – Per la 1° volta al mondo, l’Olanda metterà il primo tetto alla CO2 degli aeroporti

#Colombia
Greenreport – La Colombia salva il cuore del mondo (VIDEO)

#industria
la Nuova ecologia – L’Ue approva i regolamenti per l’industria a zero emissioni nette

#Credit Suisse
L’Indipendente – Il crollo di Credit Suisse c’entra anche con la fine dell’unipolarismo a guida occidentale
il Post – Le sei più importanti banche centrali del mondo hanno attivato un sistema di emergenza per sostenere la liquidità delle banche ed evitare una crisi finanziaria diffusa
il Post – UBS ha fatto un affare a salvare Credit Suisse?
Lifegate – Svb, Credit Suisse. Perché le due banche sono crollate e cosa può accadere ora

#Putin-Xi
Internazionale – L’incontro tra Putin e Xi Jinping è una sfida alla giustizia internazionale
il Post – Quanto sono amici Putin e Xi Jinping?
il Post – Putin ha visitato un territorio ucraino occupato per la prima volta dall’inizio della guerra

#Iran
la Svolta – Iran: non si protesta più solo nelle strade

#Uk #migranti
Nigrizia – Regno Unito – Rwanda: accelerazione verso le deportazioni

#Lgbtq+
il Post – I sindaci che vogliono continuare a riconoscere i figli di famiglie non tradizionali

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