Come si formano davvero i prezzi di gas e petrolio? – Io Non Mi Rassegno #614
Sono settimane che me lo chiedete in tutte le salse e allora ecco qua la puntata su come si costruisce il prezzo del gas, del petrolio e di conseguenza della benzina, del diesel, del gpl, del metano e così via.
In realtà l’unico che me lo chiede, periodicamente, è Daniel Tarozzi, ma visto che è il direttore del giornale ha un peso specifico diverso, vale come almeno 15 richieste di comuni lettori, e visto anche che la questione è oggettivamente interessante, e complessa, e non ho trovato spiegazioni chiare e soddisfacenti in giro, ci proviamo noi.
La domanda è: in questi mesi abbiamo visto i prezzi di gas e petrolio andare sull’ottovolante con bollette stratosferiche, pieni auto che costano quanto l’auto stessa, e cose di questo genere. Tutte queste cose dipendono direttamente dall’invasione russa dell’Ucraina? O ci sono altri fattori che giocano un ruolo in questi incrementi? E se sì, quali?
Partiamo con il prezzo del gas che è quello di cui si è più discusso negli ultimi mesi.
COME SI CREA IL PREZZO DEL GAS?
Il prezzo del gas si crea in maniera piuttosto particolare, perché è il mercato del gas ad essere particolare. Si tratta di un mercato in cui ci sono pochi attori a fare acquisti reali e molti a fare acquisti speculativi.
Mi spiego meglio. A comprare fisicamente il gas sono perlopiù le grandi aziende, Eni ad esempio. Che poi lo vendono, con vari intermediari, agli utenti finali.
Ma come comprano il gas le grandi aziende tipo Eni? In due modi: o attraverso contratti bilaterali a lungo termine con altre aziende in paesi stranieri, oppure in degli hub finanziari, dei mercati specifici in cui si comprano e si vendono il gas e i suoi derivati (fra cui il famoso TTF di Amsterdam di cui parleremo fra poco). L’Europa ha cercato negli ultimi anni di privilegiare questa seconda modalità, al tempo stesso soprattutto in momenti di difficoltà e scarsità come questi gli Stati preferiscono mettersi al riparo facendo contratti e acquisti diretti, non soggetti alla volatilità dei mercati.
Non sono riuscito a recuperare il dato di quanto volume di gas l’Italia acquista sui mercati e quanta invece attraverso fornitori diretti, ma mi pare di capire che sia molta di più la seconda.
L’Italia al momento compra il gas principalmente da Libia, Nord Europa, Algeria, Azerbaigian, gas che arriva nel nostro paese attraverso la rete di gasdotti mondiale. In più negli ultimi mesi sta acquistando quote crescenti di Gnl, gas naturale liquefatto, che è quel gas che attraverso complicati procedimenti viene liquefatto e inserito a ad alta pressione in delle enormi navi che trasportano il liquido che poi deve essere rigassificato, e per questo c’è tutta la questione di dove costruire i nuovi rigassificatori nel nostro Paese.
Ora, in tutti questi casi a stabilire il prezzo con cui Eni compra il gas non sono i mercati ma dei contratti privati, segreti, fra Eni e le aziende estere fornitrici, che sono quelle che si occupano dell’estrazione.
Quindi noi non sappiamo, e non c’è modo di sapere, quanto Eni paga il gas alla fonte. poi il gas viene distribuito, ad esempio in Italia è Snam che si occupa della distribuzione, ci sono vari intermediari, e alla fine arriva nelle nostre case. Uno potrebbe aspettarsi quindi che il prezzo del gas sia naturale conseguenza, più una percentuale di margine applicata da Eni, di quanto paga i fornitori e dei vari costi degli intermediari.
In realtà no. Il prezzo del gas si forma da un’altra parte, che c’entra poco con il gas che arriva nelle nostre case. Fino a fine settembre il prezzo del gas in Italia era tarato sul prezzo del famoso mercato TTF di Amsterdam, che nessuno conosceva fino a qualche mese fa e che adesso è sulla bocca di tutti.
Scrive Antonio Lamorte su il Riformista “Il TTF di Amsterdam è considerato il punto di riferimento in Europa per monitorare e comprendere il mercato del gas. Ad Amsterdam trasportatori e acquirenti commerciano forniture di gas dal lunedì al venerdì, dalle 8:00 alle 18:00”.
A contrattare sono produttori nazionali e internazionali, società di stoccaggio, distributori e operatori di rete dell’industria del settore. I nomi italiani sono Eni, Enel, Edison, Hera, Sorgenia, Repower, Estra, Dolomiti Energia e piccoli trader. Le banche poi, come Goldman Sachs, Morgan Stanley, i grandi trader Gunvor, Trafigura, Glencore, Vitol, major come Shell o Danske.
Ovviamente il prezzo finale viene determinato da domanda e offerta. Solo che i trader possono concludere accordi per la consegna e il consumo immediati, ma anche firmare i cosiddetti “futures”, ovvero dei contratti che impegnano le due parti a scambiare la merce in futuro, a un determinato prezzo. Che però nessuno usa veramente per comprare gas, ma sono strumenti di investimento e spesso di speculazione. E influenzano anche il prezzo del gas nel presente.
I prezzi dei “futures”, con la guerra in Ucraina, sono aumentati a dismisura per la paura di un’imminente interruzione dei flussi di gas dalla Russia. Considerate che nel pre Covid si aggiravano abitualmente attorno ai 15/16 € al megawattora, poi sono esplosi con la guerra in Ucraina e hanno toccato il record, il 26 agosto di quest’anno di quasi 350€ al megawattora.
A questo aggiungeteci l’aumento della domanda reale di gas, dovuta al fatto che i paesi negli ultimi mesi hanno fatto scorte per l’inverno per paura di restare al freddo, e si capisce come il prezzo del gas sul mercato TTF sia aumentato a dismisura.
Poi che succede: succede che in Italia Arera, che è l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente determina e aggiorna costantemente la tariffa finale per gli utenti, tenendo conto dell’andamento del mercato TTF per quanto riguarda il costo della materia prima e aggiungendo una serie di spese, che sono:
- la spesa per il trasporto e lo stoccaggio del gas e la gestione del contatore, che è una spesa proprio di Arera e che fra l’altro varia anche questa a seconda del territorio dove il gas viene consumato, perché ad esempio è più difficile trasportare il gas ad altitudini più elevate per via della scarsa pressione atmosferica, così come è più facile trasportarlo in zone fredde che nelle zone calde perché il caldo fa espandere il gas.
- la spesa per oneri di sistema, ovvero tutte le quote destinate agli interventi a favore dello sviluppo della rete, e ai vari incentivi
- infine le imposte stabilite dallo Stato, l’Iva nello specifico
Una volta determinata, questa tariffa si applica immediatamente a quei clienti che sono nel mercato di maggior tutela, mentre gli operatori del mercato libero sono in teoria più liberi di variare la propria offerta entro una certa forbice, ma la realtà è che più o meno la tariffa è simile per tutti (al momento costa leggermente meno il gas per chi ha contratti sul libero mercato, ma siamo lì). E lo stesso si può dire per il prezzo del Gpl e metano auto.
Solo che tutto questo sistema ha sollevato molte critiche, proprio per il punto di partenza, ovvero prendere come riferimento solo il mercato TTF. In parte perché, come ci dicevamo, il prezzo a cui paghiamo il gas non rispecchia se non in piccola parte il prezzo reale che ad esempio Eni, il principale fornitore italiano di gas, paga per acquistare il suo gas. In parte perché anche fra i mercati, quello del TTF olandese non è considerato particolarmente affidabile, perché è piccolo, vengono scambiati volumi di gas relativamente piccoli fra pochi attori e questo fa sì che sia un mercato volatile, soggetto a speculazioni e a grosse variazioni di prezzo. Basta che un grande attore muova una grossa quantità di capitale per far variare significativamente il prezzo.
Quindi ci sono in cantiere diverse misure, sia a livello nazionale che europeo, per sganciare il prezzo del gas dal famoso mercato olandese. Ma per adesso questo è. Quindi per concludere, il risultato è che l’aumento folle del prezzo del gas è sì riconducibile alla guerra in Ucraina, allo stop del gas russo, ma nel mezzo intervengono tanti altri attori e meccanismi, probabili speculazioni (e in misura difficile da calcolare).
Vi aggiungo un ultimissimo tassello, che abbiamo ripetuto più volte qui su INMR, ma che non possiamo perlomeno citare in una puntata che parla di prezzo del gas. L’ulteriore problema nel caso del prezzo del gas è che questo determina a cascata anche il costo dell’elettricità in Italia (così come in diversi altri paesi), per via di un sistema di calcolo del prezzo che lega quest’ultimo alla fonte di elettricità più costosa, indipendentemente da quanta se ne produca con essa.
PREZZO DEL PETROLIO
Veniamo al prezzo del petrolio e a come questo finisce per costruire il prezzo di benzina e diesel. Qui la situazione è leggermente diversa. A determinarlo infatti sono sì i mercati, con i meccanismi di domanda e offerta, sono sì le grandi aziende, ma qui si aggiunge un terzo attore, ovvero un cartello di stati, l’OPEC.
L’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, è costituita da 14 Stati che assieme rappresentano il 79% delle riserve mondiale di petrolio e circa il 40% della produzione. Ha un baricentro piuttosto spostato verso il medio oriente (Arabia Saudita, Kuwait, ecc) e include praticamente tutti i grandi produttori tranne Usa, Cina, Russia e Europa. E nacque nel 1960 per porre un freno alle grandi compagnie petrolifere (quelle che Mattei definì le 7 sorelle) che fino ad allora estraevano il petrolio un po’ dove e come gli pareva, spesso estraendo più petrolio del necessario e di conseguenza pagandolo a prezzo bassissimo (per via dell’offerta alta).
L’idea di fondo di questa organizzazione è quella appunto di fare cartello per negoziare tutti assieme con le compagnie petrolifere sul prezzo e su altri aspetti legati all’estrazione di petrolio. In particolare l’Opec decide quanto petrolio immettere sul mercato, e questo ha un impatto notevole sui prezzi dello stesso.
Quindi l’Opec contribuisce soprattutto a determinare l’offerta. ma sappiamo che il prezzo è determinato dall’incrocio fra offerta e domanda. La domanda, nel caso del petrolio, è meno soggetta a speculazioni finanziarie rispetto al gas perché ahinoi ancora gran parte dell’economia reale del mondo dipende dal petrolio. Questo vuol dire che la domanda tende a salire quando l’economia mondiale si espande, mentre si contrae quando ci sono le crisi economiche.
Domanda e offerta di petrolio si incontrano sui mercati. Il problema è che esistono tanti tipi di petrolio, di qualità e con caratteristiche diverse. Quindi che vuol dire quando sentiamo parlare di prezzo del petrolio? Normalmente ci si riferisce a due tipologie, il Brent e il WTI. Soino due tipologie che sono state scelte, arbitrariamente, come riferimento: il Brent è il petrolio estratto nel mare del Nord, nello spazio marittimo compreso tra la Germania, le isole britanniche e la Scandinavia; il WTI e il petrolio estratto negli Stati Uniti, e per la precisione in Texas, Lousiana e Nord Dakota.
Fin qui però parliamo di petrolio greggio, ovvero non lavorato, e il prezzo è quello a cui viene venduto alle raffinerie. Che poi lo lavorano e lo rivendono. Per arrivare ai prezzi dei carburanti però dobbiamo fare qualche altro passaggio. Esiste un’agenzia specializzata che si chiama Platts, che ogni giorno fa convergere la domanda e l’offerta da parte delle compagnie petrolifere, delle società di trading e delle banche d’affari. Sulla base delle informazione ricevute viene stabilito il valore in dollari con cui una tonnellata di benzina o di gasolio viene venduta dalle raffinerie.
Sulla base di questo valore, viene costruito il prezzo industriale del carburante su cui pesa per circa un terzo anche un margine lordo che serve a remunerare tutti i restanti passaggi della filiera. Prezzo industriale, non al dettaglio. Per arrivare a quello al dettaglio, ovvero quanto gli automobilisti pagano alla colonnina della benzina, vanno aggiunte le accise e l’Iva. Quest’ultime, però, rappresentano una quota fissa del prezzo del carburante, perché si applicano sulle quantità e dunque sono insensibili alle variazioni di prezzo.
Ecco, questa è l’architettura generale. Ora, cerchiamo di capire anche qui i prezzi attuali. Ci troviamo in una situazione anomala in l’offerta si è contratta di colpo per via delle sanzioni alla Russia che hanno ridotto la quantità di petrolio disponibile soprattutto sui mercati occidentali. Mentre la domanda risente di due spinte opposte, da un lato quella calante della crisi economica e della transizione energetica verso le rinnovabili, dall’altra quella crescente di voler fare scorte per sopperire a eventuali carenze future (e questo fattore come vediamo fra poco determina anche la differenza fra diesel e benzina).
Biden ha fatto di tutto per aumentare l’offerta in modo da non far salire troppo i prezzi (cosa che è considerata un grosso regalo alla Russia) ma non ha trovato la collaborazione dell’Opec e quindi la strategia non sembra aver funzionato poi tanto.
Poi, anche in questo caso, i prezzi li determina il mercato, e quindi influisce il valore anche del trading, dei futures, e ci sono tanti passaggi fra prezzo del petrolio e prezzo del carburante al dettaglio, per cui spesso passa del tempo fra quando cala il prezzo del primo e quando questo si riflette sul secondo.
Infine, dicevamo che è soprattutto la domanda a determinare la differenza fra diesel e benzina. Vi spiego il motivo: mentre la benzina viene principalmente utilizzata come carburante per auto e veicoli privati, il diesel è utilizzato per tir, cargo e mezzi di trasporto pubblici urbani ed extraurbani, ma anche come risorsa per molte industrie.
E le industrie stanno facendo scorta. C’è stata una vera e propria corsa all’acquisto per garantirsi le forniture di gasolio necessarie ad affrontare la stagione invernale, in previsione di un eventuale utilizzo industriale in caso di interruzioni o razionamenti nelle forniture di gas ed energia elettrica. E questo ha determinato lo storico sorpasso del diesel sulla benzina.
Ecco, spero di avervi reso più chiaro il quadro, o forse ve l’ho complicato, ma non ho trovato un modo per rendere tutta questa roba in maniera più semplice. Detto ciò, ricordiamoci in tutto ciò lo scenario di fondo in cui ci stiamo muovendo, che p quello di una drammatica crisi climatica causata dalle emissioni di CO2 che derivano proprio dalla combustione dei combustibili fossili. Quindi la priorità politica, per quanto sia oggettivamente un gran casino, deve rimanere quella di decarbonizzare la nostra economia nel minor tempo possibile (possibilmente senza affamare le persone e facendolo in maniera equa, ovviamente).
Cosa che, diciamocelo, non sta esattamente avvenendo. ma di questo magari parliamo domani.
FONTI E ARTICOLI
#gas
il Post – Come viene stabilito il prezzo del gas
il Sole 24 Ore – Bollette: ecco perché i prezzi medi del mercato libero sono leggermente più bassi della maggior tutela
Today – Quanto gas abbiamo per l’inverno
il Riformista – Che cos’è il TTF, il mercato del gas di Amsterdam: come funzionano prezzo, quotazioni, futures
#petrolio
Economy magazine – Il petrolio è in discesa: cosa significa e come si determina il prezzo dei carburanti?
IG – Quali fattori influenzano il prezzo del petrolio?