Dalla presa di Bakhmut alla “nube tossica”, che succede in Ucraina? – #732
Dopo qualche giorno di assenza, dobbiamo tornare ad occuparci della situazione in Ucraina, intesa in senso ampio, con tutte le ripercussioni globali che quel teatro di guerra sta avendo. Perché ci sono un po’ di novità da raccontare.
Partendo dal teatro della guerra, sono successi due fatti in particolare che hanno suscitato particolare interesse della stampa. Il primo è che su diversi giornali ha girato la notizia di una nube radioattiva che si stava dirigendo verso l’Europa dopo un bombardamento in cui sarebbero esplosi i proiettili all’Uranio impoverito fornito dal Regno unito all’Ucraina.
Ora, vi dico quello che sono riuscito a ricostruire, perché il modo in cui i giornali riportano la notizia mi sembra abbastanza confuso. Comunque, poco meno di una settimana fa c’è stato un grosso bombardamento russo, da lunga distanza e con missili di precisione, del deposito di armi ucraino nella città di Khmelnytsky. Bombardamento che ha causato la più grande esplosione dall’inizio del conflitto, fra l’altro in una città che è nell’Ucraina nordoccidentale, piuttosto lontana dai luoghi dove si sta combattendo la guerra.
Poi, tre giorni fa, l’agenzia russa Ria Novosti ha riportato le dichiarazioni del segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev in cui parla di un bombardamento di munizioni all’uranio impoverito (fornite dall’Occidente all’Ucraina) da parte dell’esercito del Cremlino nella città di Khmelnytsky. Immagino che il riferimento sia al bombardamento di quel deposito di munizione, in cui forse erano conservate anche le munizioni all’uranio impoverito donate dall’Europa a Kiev.
Secondo quanto riferito Patrushev, in Polonia si sarebbe già verificato un incremento di livelli di radioattività e ci sarebbe una nube radioattiva in viaggio verso l’Europa. Ma come stanno realmente le cose?
Le autorità polacche hanno subito fatto uscire un comunicato in cui spiegano che la situazione delle radiazioni è nella normalità e non c’è nessuna emergenza. Alcuni media però hanno pubblicato i grafici dell’Università polacca Maria Skłodowska-Curie relativi ai livelli, leggermente elevati, di bismuto-214. Sembrerebbe però che questi livelli non abbiano niente a che fare con i bombardamenti del deposito di munizioni in Ucraina, perché – come ha spiegato l’agenzia atomica polacca – valori temporaneamente più alti sono “fisiologici” ad esempio in presenza di piogge.
Quindi, pur con il condizionale che sembra d’obbligo, sembrerebbe più una fake news diffusa dal governo russo per spaventare l’Europa che un pericolo reale. Resta il fatto che a prescindere, aver fornito proiettili all’uranio impoverito all’Ucraina, come commentavamo anche settimane fa, non è probabilmente una grande idea. Perché i proiettili all’uranio impoverito non servono a vincere le guerre, ma a far ammalare le persone. E a danneggiare in maniera importante gli ecosistemi.
Restando sul teatro di guerra, un’altra questione che mi sembra importante ma abbastanza difficile da capire è quello che sta succedendo a Bakhmut. Bakhmut, vi ricordo, è quella cittadina ucraina nella regione di Donetsk, diventata uno dei principali teatri della guerra in Ucraina. Si tratta di un centro non particolarmente importante, parlando in termini assoluti, ma che è ritenuto strategico per varie ragioni.
Ecco, se vi ricordate – ne abbiamo parlato anche qui – fino a 3-4 giorni fa si parlava del fatto che era iniziata la controffensiva ucraina proprio da Bakhmut e che l’esercito ucraino aveva fatto indietreggiare quello russo di una decina di chilometri. Ieri mattina invece si sono rincorse una serie di voci sul fatto che l’esercito russo avesse preso la cittadina, dapprima smentite dal governo ucraino, infine confermate dallo stesso Zelensky che dal G7 di Hiroshima ha fatto sapere al mondo che Bakhmut ormai è “solo nei nostri cuori”. Poco dop oil governo russo ha annunciato ufficialmente la presa della cittadina, che ormai a quanto pare è poco più che un cumulo di macerie, proclamando con tono trionfante che “Artemivs’k è russa”. Artemivs’k è il nome russo della città, nonché il suo nome ufficiale fino al 2016, quando è stato cambiato con l’ucraino Bakhmut. Fra l’altro, fatto curioso, da ieri sera cercando su Google Bakhmut esce la pagina Wikipedia di, appunto, Artemivs’k. Che è anche logico e serio se ci pensate, ma mi ha fatto una certa impressione che subito dopo l’annuncio qualcuno su Wikipedia si è affrettato a cambiare il nome alla città.
Comunque, nomenclatura a parte, questa grande confusione sull’andamento del conflitto conferma ancora una volta che è estremamente difficile capire cosa sta succedendo e fare affidamento sulle informazioni frastagliate e contraddittorie che arrivano dal fronte.
Comunque, mentre succedeva tutto questo, il premier ucraino Volodimyr Zelensky si trovava ad Hiroshima come invitato speciale al G7. Il G7 è quell’incontro che un tempo riuniva i leader dei 7 paesi dalle economie più grandi del pianeta. Oggi, ormai da anni non è più così: i paesi sono rimasti i soliti (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America) ma il G7 è diventato una sorta di gruppo d’elite dei paesi Nato.
Ad ogni modo, nei giorni scorsi, da venerdì a domenica, c’è stato a Hiroshima, in Giappone (una scelta fantastica in questo periodo) il G7 e Zelensky ha partecipato principalmente per spingere i capi di stato a prendere decisioni su nuovi invii di armi e in particolare sull’invio di aerei da guerra. Che è un ulteriore innalzamento dell’asticella del coinvolgimento di paesi terzi nel conflitto, dopo l’invio dei carri armati.
Il governo ucraino ne chiedeva 200, più una formazione su come pilotarli (perché non è una roba che si impara da soli, pilotare un caccia F-16). Alla fine, più o meno , ha ottenuto quello che chiedeva: c’è stato il via libera all’invio degli F-16. Ma in una quantita, e con tempistiche e modalità che non sono chiare.
Alcuni paesi hanno offerto mezzi, altri solo la disponibilità a fare dei training. Il numero complessivo sarà sicuramente inferiore a 200 e alcuni analisti hanno sollevato persino dubbi sul fatto che siano dei mezzi utili militarmente all’Ucraina, sostenendo che questa decisione potrebbe essere più simbolica, nel rimarcare un sostegno incondizionato, a lungo termine (e anche molto costoso) all’Ucraina – una sorta di whatever it takes in salsa bellica – che pratico.
Un altro aspetto molto discusso al G7 è stato il ruolo della Cina. A summit ancora in corso è stato diffuso un comunicato finale in cui si attacca la Cina in maniera abbastanza diretta: si accusa Pechino di maligne pratiche di mercato, coercizione economica, uso di tecnologie avanzate che minacciano la sicurezza nazionale dei membri del G7. A queste scorrettezze economiche si aggiungono quelle militari e politiche, dalla militarizzazione del Mar Cinese Meridionale alla destabilizzazione di Taiwan per finire con il mancato rispetto dei diritti civili nella stessa Cina, nel Tibet, nel Xinjian, e dell’autonomia di Hong Kong. E, infine, l’appello a Pechino perché dica una volta per tutte da che parte sta nella guerra in Ucraina e a fare pressioni sulla Russia affinché cessi l’aggressione e ritiri le truppe.
Una serie di accuse piuttosto impietose, se pensiamo che la Cina, con tutti i suoi limiti e in maniera in parte opaca e certamente con i suoi interessi economici dietro, è comunque l’unica grande potenza che si sta muovendo per tentare una risoluzione pacifica del conflitto.
Poi, alla fine del summit, dopo la dichiarazione congiunta così dura, a sorpresa delle parole di apertura verso la Cina sono arrivate dal presidente americano Joe Biden, che nel corso della conferenza stampa finale ha detto di aspettarsi “un disgelo molto a breve con la Cina”, aggiungendo che non c’è alcun cambio di strategia Usa su Taiwan in merito alla “politica della ‘Unica Cina’ (contraddicendo le sue stesse dichiarazione di qualche mese fa).
Come diceva mia nonna, chi ci capisce qualcosa è bravo. Non so se lo dicesse davvero, ma mi sembra una di quelle frasi che potrebbe dire una nonna.
Torniamo a parlare dell’alluvione in Emilia. Poi vi do qualche aggiornamento sulla situazione ma vorrei partire dall’osservazione di una dinamica ricorrente. Sto notando una serie di reazioni piuttosto scomposte e irrazionali da parte di diversi attori, da un pezzetto di classe politica, a alcuni giornalisti, ad alcune fasce di popolazione.
Questo pensiero mi girava in testa da un qualche giorno, quando ieri mi è arrivata una email da un ascoltatore abituale di INMR, Carlo Bartoli, che mi sembra centri il punto di cui vorrei parlarvi. Ve ne leggo un pezzetto:
“Sto sentendo fra trasmissioni radio e televisive interventi di politici o cittadini
che argomentano sulle responsabilità di ciò che è accaduto in romagna.
Ho notato che additano e basta, e se ne sente di tutti i tipi:
“la colpa è della moda dell’ecologia che non ci dà la possibilità di portarci via le legna cadute nei boschi per bruciarla…”
“gli ecologisti e i verdi hanno messo bastoni fra le ruote per fare interventi dando priorità agli ecosistemi”
“lo sapete chi era riuscito a bonificare? se c’era ancora Lui (tra l’altro Mussolini continuano a non nominarlo …) e così via.
Ed ecco la mia preoccupazione: proietta nel futuro (imminente) questo tipo di approccio con i cambiamenti climatici alle porte (anzi sulla soglia e con un piede già dentro): io personalmente speravo che quando le persone se li sarebbero trovati davanti agli occhi se ne sarebbero resi finalmente conto…bhè, se proseguiamo con questa mentalità perderemo un’altra volta (l’ultima secondo me) l’occasione per aggregarci ed essere un’unica comunità e rimarremmo a farci le guerre aumentando sempre di più l’asticella di ogni qualsivoglia conflitto”.
Voglio partire da queste considerazioni perché ci danno modo di andare a notare tanti aspetti abbastanza paradossali di questa situazione. A partire dallo scaricabarile delle responsabilità a cui stiamo assistendo. I diti puntati di cui parla Carlo.
Una parte della classe politica, ad esempio, che si è sentita tirata in causa, ha reagito puntando il dito contro qualcun altro. Con effetti a volte quasi comici. Tipo Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente (non uno a caso) che ha detto che il disastro in Emilia Romagna è colpa degli ambientalisti che sono buoni solo a dire no alle opere. Come se la cementificazione selvaggia che ha reso buona parte del territorio impermeabile di cui ci parlava il professor Pileri nell’articolo che commentavamo giovedì l’avessero fatta gli ambientalisti.
Poi intendiamoci, è vero che esiste una frangia del movimento ecologista che porta avanti battaglie controproducenti contro le rinnovabili e che dice no a tutto. Ma additarli come unici colpevoli di questo disastro è fuori da ogni logica e cognizione della realtà.
Al tempo stesso c’è anche chi fa l’errore contrario, e pur di accusare la classe politica arriva a negare il fatto che quanto successo abbia a che fare con la crisi climatica. Tipo Paride Antolini, presidente regionale dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna che ha detto che il Cambiamento climatico non c’entra ed è colpa della cattiva gestione della politica. Come se le due cose non potessero andare assieme.
Contro gli ambientalisti, poi, si sono scagliati anche diversi giornalisti. Vi prendo il caso forse più eclatante, quello di Enrico Mentana, che pur di non perdere occasione di criticare gli attivisti e attiviste di Ultima Generazione ed Extinction Rebellion li ha accusati gratuitamente. Vi leggo il suo post: “Che occasione avevano i militanti di Ultima generazione e Extinction Rebellion, che lezione avrebbero dato se avessero fatto come gli Angeli del fango che quasi sessant’anni fa, senza social né uffici stampa si ritrovarono in poche ore a Firenze, venendo da tutta Italia, per dare una mano a spalare fango, a aiutare chi ne aveva bisogno, a salvare mille opere d’arte e oggetti e libri di inestimabile valore subito dopo l’alluvione del 1966 (qui Mentana sottintende ovviamente due cose, che i giovani della sua generazione erano più in gamba e meno rammolliti, e che conoscevano il valore dell’arte). Dai ragazzi che siete ancora in tempo, meno tangenziali occupate, meno monumenti imbrattati, meno comparsate tv e più sana, ma faticosa, militanza”.
Ovviamente tutto ciò scritto presumibilmente dalla propria scrivania, non dalle strade di Faenza con le mani sporche di fango. E in tutto ciò la cosa bella è che, come scrivono in risposta dal gruppo XR: “non appena le strade sono state agibili, attivistɜ di XR e di numerosi altri movimenti si sono radunatɜ a centinaia, da tutta la regione e anche da fuori, hanno raccolto materiali necessari e beni di prima necessità, e con stivali e pale e si sono recatɜ dove sapevano di poter dare una mano, così come testimoniato da chi abita in quelle zone.”
E se sono circolate meno foto sui social è perché appunto erano impegnate/i ad aiutare, senza social e uffici stampa come chiede Mentana, che in un Post ha reso chiarissimo perché l’espressione Ok Boomer riscuote così successo.
Infine, l’ultimo tassello che sto notando è una fascia di popolazione – non so dire se crescente o solamente più rumorosa – che sostiene che visto che in molti stanno facendo bei soldi con la moda della Green economy, di conseguenza la crisi climatica non esiste ed è tutta una montatura per far arricchire ancora di più i soliti noti, oppure nella variante in in cui la crisi climatica esiste ma è creata a tavolino dalla geoingegneria pur di fare arricchire i soliti noti. Anche qui, è vero che un sacco di gente sta speculando sulla green economy e che questo è un problema anche grosso, ma il cambiamento climatico è il singolo argomento più studiato nella storia della comunità scientifica e ormai per chiunque conosca un po’ come funziona il metodo scientifico è evidente che questa roba esiste ed è una conseguenza diretta delle emissioni di CO2 in atmosfera.
Ora, tutte queste versioni discordanti e questo scaricabarile è molto funzionale alla stabilità del sistema. È lo stesso gioco che come specie facciamo da decine di migliaia di anni: ci dividiamo in tribù autoreferenziali, troviamo una narrazione del mondo che ci unisca all’interno del gruppo, selezionando con cura gli elementi a cui dare peso all’interno della complessità e consideriamo solo quelli, e infine troviamo dei nemici a cui addossare tutta la responsabilità, deresponsabilizzando noi stessi e raccontandoci che in fin dei conti noi abbiamo fatto tutto il possibile.
Se ci fate caso la stessa dinamica è successa con la pandemia, con la guerra, con ogni singola crisi. Ora, se questa narrazione vi sembra eccessivamente deprimente e senza speranze è perché lo è. Manca un pezzo di realtà. Durante la pandemia abbiamo anche visto incredibili gesti di solidarietà e collaborazione, persone che hanno cambiato vita o ripensato la propria organizzazione, impresa, comunità. Durante la guerra abbiamo visto e stiamo vedendo carovane per la pace e di solidarietà alla popolazione colpita dal conflitto, progetti di cooperazione fra russi e ucraini. E durante questi giorni orribili abbiamo visto migliaia di persone riversarsi in piazza a pulire le strade, aiutare le persone in difficoltà, arrivando da tutta Italia.
Abbiamo visto persone scannarsi sui social e altre riempire le strade per aiutare. Ho ricevuto decine di foto di miei conoscenti e amici residenti nelle zone colpite impegnati nella pulizia di strade e abitazioni private dei più sfortunati. Nella crisi si accende il conflitto ma anche la collaborazione. E non si tratta anche qui di dividere il mondo in buoni o cattivi, in gente “divisiva” o gente “collaborativa”. Tutti abbiamo, chi più chi meno, entrambe quelle voci dentro di noi. Una voce che dice “tu non c’entri nulla, è tutta colpa di tizio” e l’altra che dice “sticazzi, andiamo a dare una mano”.
Ecco, la crisi ci obbliga a scegliere, singolarmente e come società, a quale voce dare maggiore ascolto e spazio. La prima voce ci porta a costruire tante narrazioni diverse, ciascuna con i suoi colpevoli specifici. La seconda ci porta a costruire un’unica narrazione che sostanzialmente dice che esiste una vastissima catena di responsabilità in cui – seppur in parti enormemente diverse – siamo tutte e tutti coinvolti. E quindi tocca anche a noi scendere per strada a pulire. La prima narrazione lascia alla fine tutto invariato, se non peggio. La seconda, se va bene, magari cambia il mondo, o perlomeno ci fa vivere in maniera più pacifica e felice. Credo.
Per mettervi ancora un po’ più di confusione in testa, vi leggo un estratto di un articolo molto bello di Olivier Bukeman sul Guardian, tradotto anche da Internazionale, che ha come tema il libero arbitrio. Dovete sapere che per la scienza contemporanea il libero arbitrio sta diventando una sorta di argomento oscuro, quasi di tabù. Ormai buona parte del mondo scientifico/filosofico sta iniziando a dire che non ha senso sostenere che esista il libero arbitrio per come ne abbiamo esperienza, ma in pochi sostengono in pubblico questa tesi per via delle implicazioni e conseguenze che un’idea del genere può avere a livello sociale. Tant’è che l’articolo in questione inizia parlando delle minacce di morte che ricevono abitualmente gli scienziati e i filosofi che trattano questo tema.
Comunque, vi leggo un pezzetto, che mi è sembrato particolarmente interessante: “La difficoltà di spiegare l’enigma del libero arbitrio a chi non ha familiarità con l’argomento non dipende dal fatto che è oscuro o complesso. È che l’esperienza di possedere il libero arbitrio – la sensazione di essere responsabili delle nostre scelte – è così fondamentale per l’esistenza di ognuno che può essere difficile avere la distanza mentale necessaria per valutare la questione. Supponiamo che un pomeriggio abbiate un po’ fame, perciò andate al cesto della frutta in cucina, dove vedete una mela e una banana. Si dà il caso che scegliate la banana. Ma sembra assolutamente ovvio che eravate liberi di scegliere la mela o nessuna delle due o entrambe. Questo è il libero arbitrio: se riavvolgessimo il nastro della storia del mondo fino all’istante appena prima della vostra decisione, con tutto il resto dell’universo esattamente identico, avreste potuto prenderne una diversa.
Niente potrebbe essere più evidente. Eppure, secondo un numero sempre più grande di filosofi e scienziati, non è possibile che sia così. “Questo tipo di libero arbitrio è escluso dalle leggi della fisica”, afferma il biologo evoluzionista Jerry Coyne. Psicologi di spicco come Steven Pinker e Paul Bloom sono d’accordo, e a quanto pare lo era anche Stephen Hawking, insieme a molti eminenti neuroscienziati, tra cui VS Ramachandran, che ha definito il libero arbitrio “un concetto intrinsecamente imperfetto e incoerente” nella sua recensione del bestseller di Sam Harris Free will, che sostiene la stessa tesi. Secondo Yuval Noah Harari il libero arbitrio è un mito anacronistico, che forse è stato utile in passato per motivare le persone a combattere contro i tiranni o le ideologie oppressive, ma è stato reso obsoleto dalla capacità della moderna scienza dei dati di conoscerci meglio di quanto conosciamo noi stessi, e quindi di prevedere e manipolare le nostre scelte”.
Concludiamo, al volo, con le elezioni in Grecia. Ieri si è votato per rinnovare il parlamento e di conseguenza formare un nuovo governo in Grecia. Alla vigilia i sondaggi davano la situazione in una sorta di stallo, con i conservatori di Nuova democrazia dell’attuale premier Kyriakos Mitsotakis davanti al partito di sinistra Syriza, ma con nessuno dei due partiti che sarebbe riuscito ad avere i numeri per governare.
In realtà non è andata proprio così. perlomeno non del tutto. Come scrive Irene Soave sul Corriere della Sera “Il partito conservatore del primo ministro uscente Kyriakos Mitsotakis, Nea Demokratia, al 40,8 per cento contro il 20,1 di Syriza. Ma non ha la maggioranza assoluta, e il premier punta quindi a tornare al voto tra fine giugno e inizio luglio con la nuova legge elettorale per poter governare da solo”.
In pratica Nuova democrazia ha stravinto oltre ogni aspettativa, e secondo quindi molti analisti adesso farà fallire ogni trattativa di governo in modo da costringere il PResidente della Repubblica a indire nuove elezioni, nelle quali si voterà con una legge elettorale nuova, approvata proprio dal governo uscente di Mitsotakis, ma valida a partire dalla prossima tornata elettorale, che assegna un premio di maggioranza maggiore. In pratica, con la nuova legge e gli stessi identici risultati di ieri, Nuova democrazia avrebbe potuto governare da solo. L’alternativa, che faccio notare anche se nessuno sembra prenderla in considerazione, perlomeno nelle analisi che ho letto, è che Mitsotakis avrebbe già adesso i numeri per governare se si alleasse con l’estrema destra.
#Ucraina
Wired – No, non c’è una nube radioattiva in arrivo dall’Ucraina in Europa
Corriere della Sera – Quali sono le conseguenze del via libera ai caccia F-16 per Kiev da parte del G7?
L’Indipendente – Caos in Moldavia: il governo non riconosce le elezioni locali perché vinte dai filorussi
la Repubblica – La Cina sotto pressione
Ansa – Biden, tra Usa e Cina ‘atteso un disgelo molto a breve’
Greenreport – Pichetto Fratin: l’alluvione in Emilia Romagna colpa degli ambientalisti da loft che dicono sempre no
Corriere della Sera – I danni del maltempo in Emilia-Romagna: «Il clima non c’entra, non si fa manutenzione e mancano i tecnici»
#Romagna
Vita – Dove sono i volontari? Più attorno che dentro le associazioni
Greenme – “Andate a spalare fango in Emilia-Romagna”: ma gli attivisti per il clima lo stanno già facendo (e qualcuno ha perso l’occasione per tacere)
Lifegate – Che ruolo ha avuto il riscaldamento globale nell’alluvione in Emilia-Romagna, spiegato dal Cnr
il Post – Lugo è alle prese con l’acqua alta
il manifesto – Chiediamo scusa ai giovani «imbrattatori» di opere d’arte
il Post – In Romagna sono esondati anche i bacini costruiti per evitare gli allagamenti
#libero arbitrio
Internazionale – La libertà è un’illusione
#migranti
L’Indipendente – “Come in un campo di concentramento”: le testimonianze dei reclusi nel CPR di Torino
#Grecia
il Riformista – Grecia: vittoria per i conservatori di Mitsotakis, secondo Tsipras
#Berlusconi
il Post – Silvio Berlusconi è stato dimesso dall’ospedale San Raffaele dopo un ricovero di 44 giorni per un’infezione polmonare
#Iran
il Post – In Iran sono state eseguite le condanne a morte di tre uomini arrestati durante le proteste dello scorso autunno
#AI
La Svolta – L’intelligenza artificiale può istigare al suicidio?