14 Gen 2025

Gaza, tregua a un passo? La situazione – #1038

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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A Gaza un cessate il fuoco, almeno temporaneo, sembra vicino e potrebbe arrivare fra oggi e domani. Intanto il governo italiano sta trattando con Elon Musk per l’uso di Starlink a fini strategici e la cosa sta sollevando parecchie perplessità. Restando negli Stati Uniti, analizziamo le dichiarazioni di Trump su possibili annessioni di Canada, Groenlandia e Canale di Panama. Torniamo poi sulla liberazione di Cecilia Sala e i retroscena della vicenda, sugli incendi in California, sul caso Todde in Sardegna per poi passare a questioni ambientali, con l’importante divieto UE del Bisfenolo A nei contenitori alimentari, la chiusura dello storico parco Marineland, il caso della ragazza spagnola uccisa da un elefante in Tailandia e un curioso studio sull’intelligenza nell’antica Roma. Per chiudere con un saluto speciale.


Inizierei questo nuovo tour de force di notizie del martedì, con una notizia che ancora non è una notizia, che ha iniziato a circolare timidamente ieri e ha iniziato a prendere forza nella giornata. Io ve la dico, prendetela con le pinze. L’amministrazione Biden ha annunciato di essere molto vicina alla conclusione di un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, che potrebbe fermare il conflitto. 

Ora, l’amministrazione Biden ha detto questa cosa almeno una ventina di volte, anche se stavolta sembrerebbe che in effetti ci siano i presupposti per un accordo, che potrebbe essere chiuso – questo l’auspicio di Biden, prima dell’insediamento di Trump, quindi entro questa settimana. Probabilmente fra oggi e domani, dicono i giornali. Un possibile punto di svolta nei negoziati si sarebbe verificato nei giorni scorsi a Doha, con la presenza di Steve Witkoff, inviato di Trump per il Medio Oriente, e del capo del Mossad David Barnea, inviato per continuare le trattative. 

Quello che attualmente è a tutti gli effetti il capo di hamas, Mohammed Sinwar, fratello di yaya Sinwar ex capo di Hamas ucciso circa un mese fa, avrebbe dato il suo benestare e mancherebbero i dettagli.

L’accordo sarebbe stato mediato, racconta il Guardian, da Qatar, Stati Uniti ed Egitto, e prevede un’interruzione delle ostilità in cambio del rilascio di ostaggi israeliani detenuti da Hamas e di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. 

Ma rimangono diversi punti critici: Hamas insiste per un cessate il fuoco permanente e il completo ritiro delle forze israeliane da Gaza, mentre il premier israeliano Netanyahu punta a un accordo limitato che consenta la ripresa delle operazioni militari una volta scaduto il termine della tregua. E fra l’altro dentro al governo Netanyahu i ministri più estremisti gridano alla resa e non vogliono nessu accordo.

Quindi prendiamo il tutto con un cauto ottimismo, sapendo che ancora l’accordo non c’è e che comunque le basi per una pace duratura sono al momento inesistenti, e non ci saranno per molti anni, che Gaza è terra bruciata e che l’esercito israeliano apparentemente è lì per restare. 

Però, detto ciò, anche fermare momentaneamente la carneficina in atto è meglio di niente. Il bilancio attuale, riporta il Guardia, è di oltre 46.500 palestinesi uccisi, molti dei quali bambini e più di 109.000 feriti dall’inizio delle ostilità, con la popolazione costretta a vivere in condizioni precarie a causa dell’inverno e delle piogge che hanno aggravato la crisi. Ci aggiorniamo.

Negli ultimi giorni si è parlato e si sta parlando molto della trattativa in corso, anzi a quanto pare abbastanza avanzata fra il governo italiano ed Elon Musk per l’utilizzo da parte del nostro Paese della connessione satellitare Starlink, di proprietà di Musk, per scopi militari e strategici. 

Uno dei primi media a parlarne è stato Bloomberg, che ha reso pubblica un’indiscrezione secondo cui l’Italia sarebbe lì lì per chiudere un accordo di 5 anni del valore di 1,5 miliardi di euro (quindi 300 milioni all’anno) per dotarsi di un sistema di comunicazioni criptato di ultima generazione, che possa garantire la sicurezza delle comunicazioni governative e militari.

Quindi ecco, non parliamo di un servizio commerciale ma di una connessione strategica, crittografata, in grado di far comunicare ad esempoio generali dell’esercito o membri del governo in maniera sicura, senza paura di essere intercettati e anche se si trovano in luoghi sperduti.

Il governo italiano ha risposto negando che sia stato concluso un accordo, ma ha di fatto confermato che c’è questa trattativa. E questa cosa sta suscitando diverse perplessità, nelle opposizioni, in generale nell’opinione pubblica, e anche nel Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 

Vediamo, in articolo del Post, quali sono le principali perplessità legate a questo possibile accordo. Provo a riassumervele.

La prima è legata alla crittografia e controllo dei dati. Cioè: visto che parliamo di dati molto sensibili, informazioni magari segrete e crittografate, c’è il timore che Starlink possa in qualche modo accedere a queste informazioni. Perché comprensibilmente si sa poco di come funziona la tecnologia di Starlink nell’invio e ricezione de dati. Il governo, nella persona del ministro della difesa Guido Crosetto, ha detto che pur usando Starlink come sistema di comunicazione, il criptaggio dei dati avverrebbe tramite un sistema proprietario del governo italiano, quindi non accessibile a terzi. Ma ci sono comunque dei dubbi sul fatto che Starlink possa ad esempio clonare i messaggi e conservarli da qualche parte.

Sono dubbi molto ipotetici, nel senso che non c’è alcun indizio che faccia pensare che sia così, ma semplicemente la delicatezza dei dati in questione porta ad essere molto molto accorti. 

La seconda perplessità è la possibilità di interruzione del servizio. SpaceX potrebbe teoricamente interrompere o limitare il flusso di dati in situazioni critiche, come avvenuto in Crimea con l’Ucraina, quando Musk ha deciso di interrompere le comunicazioni dell’esercito ucraino perché era stato informato del fatto che stavano organizzando un attacco a delle navi russe e pensava che questo avrebbe inasprito il conflitto. 

E poi c’è il terzo tema che è quello della Geolocalizzazione delle antenne. Ammettiamo che Starlink non possa accedere ai messaggi segreti del governo, ma potrebbe certamente individuare la posizione delle antenne Starlink in dotazione all’esercito o al governo italiano e quindi di fatto quei dati sarebbero nelle mani di una potenza straniera, per quanto alleata, visto che Musk è di fatto un membro del governo americano.

Oltre a ciò, ci sono altri tipi di considerazioni che lasciano un po’ di dubbi. Ad esempio il fatto che il nostro Paese in teoria sta partecipando con un ruolo anche abbastanza centrale a un progetto europeo chiamato IRIS2, che mira ad avere una infrastruttura satellitare proprietaria, che sarebbe molto più sicura in termini di possesso dei dati. Certo è che il progetto IRIS2 è molto in ritardo, e inoltre dovrebbe mandare in orbita a regime 290 satelliti nel 2030, mentre Starlink ha già oggi oltre 7000 satelliti, ⅔ di tutti quelli che orbitano attorno alla Terra.

E infatti il governo italiano non è l’unico a guardarsi intorno. Pare che anche quello francese avesse cercato un accordo in passato con Musk, mentre quello del Regno unito ne starebbe preparando uno con il servizio concorrente, il progetto Kuiper di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon. Che però al momento è molto più arretrato.

Secondo Meloni comunque il fatto di adottare Starlink non dovrebbe rallentare IRIS2 né modificare niente nel ruolo del nostro Paese, ma sarebbe semplicemente un dotarsi di una tecnologia già avanzata, nell’attesa di svilupparne un’altra. 

Personalmente ho i miei dubbi che una volta adottato Starlink si tornerà indietro, e credo anche che verrà meno un po’ di motivazione a andare avanti col progetto europeo, che a conti fatti costerebbe molto di più dei 300 milioni all’anno previsti dal presunto accordo con Musk e offrirebbe un servizo comunque meno capillare. 

Quindi c’è il rischio che questa cosa diventi permanente. E un po’ la cosa preoccupa. Prima vi ho citato un esempio al volo, di quando Musk ha deciso di interrompere le comunicazioni dell’esercito ucraino. Vi rendete conto della gravità di questa cosa no? Al di là del merito della questione, qui non è tanto il punto se avesse ragione, ma di fatto significa che Musk può condizionare un conflitto di cui non è parte e prendere scelte militari per conto di terzi semplicemente attivando o disattivando un servizio, e questo gli conferisce un potere gigantesco, che una persona sola non dovrebbe poter avere. Questa è la cosa preoccupante ed è il motivo per cui mi sembra rischioso affidarsi al servizio. Al tempo stesso capisco che in questa folle corsa agli armamenti a cui stiamo assistendo, in cui proteggersi sta diventando un’ossessione, non è semplice rifiutare un servizio già pronto e cucinato, che potrebbe diventare operativo domani.

Restiamo in territorio americano, e parliamo dell’amico di Musk, il prossimo presidente Americano Donald Trump che si appresta ad entrare in carica il prossimo 20 gennaio, lunedì prossimo.

Stanno facendo molto discutere le sue dichiarazioni sulla volontà di annettere agli Usa il Canada, la Groenlandia e di riprendersi il Canale di Panama evocando persino l’uso della forza militare. Lo ha già detto diverse volte pubblicamente, ha pubblicato sui social una cartina degli Usa con questi territori annessi e qualcuno inizia a chiedersi se stia facendo sul serio.

Nelle parole di Trump, queste annessioni, o invasioni, non so come dovremmo chiamarle poi nella pratica, se avvenissero, sarebbero funzionali a cose diverse. Annettere il Canada servirebbe a migliorare la sicurezza dei confini nazionali, la Groenlandia aiuterebbe gli Usa a rafforzare la posizione strategica nell’artico e a competere con Russia e Cina per l’estrazione delle risorse e le rotte commerciali e la presenza militare, mentre il Canale di Panama servirebbe soprattutto a riprendere il controllo delle rotte commerciali verso gli altri Paesi occidentali. 

Questo atteggiamento però, che sia vero o posticcio, segna una grossa rottura con la sua promessa di un mondo più pacifico. Scrivono Jill Colvin e Rob Gillies su AP: “Donald Trump ha basato la sua campagna elettorale sul ritorno alla politica estera dell’“America First”. Secondo lui, gli Stati Uniti non possono più permettersi di essere il poliziotto del mondo. Sotto la sua guida, ha promesso, non ci sarebbero state nuove guerre.

Tuttavia, dopo aver vinto un secondo mandato, il presidente eletto ha adottato un’agenda di stampo imperialista, minacciando di prendere il controllo del Canale di Panama e della Groenlandia — forse anche con la forza militare — e dichiarando che userà la coercizione economica per fare pressione sul Canada affinché diventi il 51º stato americano.

Questo tipo di discorsi, che minano i confini sovrani e ipotizzano l’uso della forza contro alleati e membri della NATO — anche se pronunciati con leggerezza — rappresentano una rottura forte e per alcuni versi scioccante con decenni di principi consolidati sull’integrità territoriale. 

Fra l’altro Oliver Milman sul Guardian nota l’ironia dietro a tutta la questione: l’annessione di Groenlandia e Canale di Panama sembrano paradossalmente influenzate dalla crisi climatica, nonostante il presidente eletto abbia spesso negato l’esistenza del cambiamento climatico.

In Groenlandia, lo scioglimento accelerato dei ghiacci sta rendendo accessibili risorse minerarie rare, come uranio e terre rare, aumentando l’interesse strategico degli Stati Uniti per l’isola. Nel Canale di Panama, invece, una grave siccità legata al cambiamento climatico ha ridotto drasticamente il traffico navale, rendendo il controllo del canale cruciale per gli interessi economici statunitensi.

Venendo alla domanda delle domande, ovvero se Trump fa sul serio, secondo diversi analisti queste dichiarazioni non sarebbero da prendere alla lettera, perché davvero molto difficili da attuare, ma avrebbero nella dialettica di Trump una duplice funzione: da un lato quella di riaffermare la sua immagine come quella di un leader forte, muscolare, e di una “politica al testosterone” la definiscono i giornalisti di AP. 

Dall’altra quella di lanciare una proposta estrema e spaventosa per avere poi potere contrattuale per negoziare, con Canada, Danimarca (a cui la Groenlandia appartiene) e Panama delle condizioni e degli accordi più favorevoli.

Secondo alcuni analisti però, questa retorica potrebbe incoraggiare iniziative di altri paesi, come la Russia o la Cina, facendo pensare che il governo americano tolleri l’uso della forza per ridisegnare i confini, proprio mentre la Russia prosegue l’invasione dell’Ucraina e la Cina minaccia Taiwan, che rivendica come proprio territorio.

Personalmente non ho granché da aggiungere, e devo dire che è sempre difficile interpretare Trump, perché ci ha abituato alle esagerazioni, ma ci ha anche abituato che a volte, quando tutti pensavano che stesse esagerando o che la stesse sparando grossa, invece stava descrivendo letteralmente quello che aveva in testa. Staremo a vedere. 

Abbiamo accennato venerdì a quella che certamente è stata la notizia più attesa e lieta della settimana, ovvero la liberazione della giornalista Cecilia Sala. È una notizia di qualche giorno fa su cui si è già detto e scritto molto, quindi mi limito a fare un brevissimo riassunto, magari soffermandomi su alcuni dettagli magari meno noti.

Cecilia Sala è questa giovane giornalista ventinovenne, che scrive per il Foglio e ha un podcast di notizie quotidiano molto seguito chiamato Stories, su Chora media. È stata arrestata in Iran il 18 dicembre mentre si trovava nel paese con un visto giornalistico per fare interviste ed è rimasta in carcere fino all’8 gennaio, quando appunto è stata liberata. Sulla sua vicenda c’è stata l’ombra di una sorta di intrigo internazionale, perché si sospetta che l’Iran l’avesse arrestata per usarla come pedina di scambio per negoziare il rilascio di un cittadino iraniano, un ingegnere esperto di droni, incarcerato a Milano ma su richiesta degli Usa che lo accusano di essere una sorta di talpa, un informatore, per quel che riguarda i droni militari americani.

Insomma un bel casino, ci sono stati intensi negoziati a porte chiuse, la Premier Giorgia Meloni si è recata in prima persona a trovare Donald Trump nella sua villa di Mar-a-Lago, in Florida. Secondo alcune indiscrezioni riportate da Vatican News anche il Vaticano avrebbe partecipato alle negoziazioni, sfruttando i propri canali diplomatici, e la famiglia di Cecilia Sala ha avuto contatti persino con – riporta il Fatto – Elon Musk, che anche non si sa bene come avrebbe svolto un ruolo.

Che qui, fatemi aprire una piccola parentesi. Io sono davvero sbalordito e inquietato da come quest’uomo si occupi letteralmente di ogni questione sul Pianeta. Non riesco a capire come abbia il tempo, l’energia mentale e la concentrazione per farlo. Sappiamo che non è una persona neurotipica, che ha la sindrome di Asperger, va bene, ma qui andiamo oltre. Io inizio a sospettare seriamente che stia sperimentando su se stesso Neuralink per potenziare le proprie funzioni cognitive. Lo dico scherzando, ma vai a sapere. 

Comunque, dicevo, le trattative hanno portato alla liberazione di Cecilia Sala l’8 gennaio 2025. Mentre pochi giorni dopo, Mohammad Abedini è stato rilasciato dalle autorità italiane e ha fatto ritorno in Iran. Sia il governo italiano che quello iraniano hanno negato che fra le due liberazioni ci fosse un nesso, perché equivarrebbe ad ammettere, limitandoci all’Italia, che la magistratura non è stata libera di operare ma ha risposto in tutta questa operazione a ordini che arrivavano dall’alto. Però ecco, possiamo dirci tranquillamente che il nesso fra le due vicende c’è ed è evidente.

Quindi, ecco, una storia a lieto fine, anche se ovviamente c’è il rischio – come ad esempio hanno espresso in un comunicato i rappresentanti della Resistenza iraniana – che negoziazioni come queste possano rafforzare questa modalità di azione ricattatoria da parte del governo iraniano. 

Dopo la puntata speciale di venerdì torniamo a parlare degli incendi a Los Angeles. Che nel frattempo non sono stati domati e hanno continuato a fare danni. 

Racconta il Corriere che stando ai dati ufficiali aggiornato a ieri, lunedì 13 gennaio, gli incendi avrebbero causato almeno 24 morti e 16 dispersi. I due principali roghi, Eaton e Palisades, hanno devastato circa 150 km² e sono ancora in gran parte fuori controllo con ill Palisades, il più vasto, che minaccia aree densamente popolate come la San Fernando Valley.

Attualmente sono soprattutto i forti venti chiamati Santa Ana, caldi e secchi, che stanno complicando le operazioni di spegnimento, favorendo la propagazione delle fiamme e rendendo difficoltoso l’utilizzo di aerei. Oltre 100mila persone sono sottoposte a ordini di evacuazione, con 12mila edifici tra case e strutture distrutti o danneggiati.

C’è un discreto caos legato anche ai vigili del fuoco: gli stati vicini hanno inviato rinforzi ai vigili del fuoco, ma alcuni residenti hanno assunto squadre private. Inoltre ci sono all’azione, oltre a 7500 pompieri finanziati con fondi pubblici, anche circa 900 detenuti che fanno parte di un programma di lavoro nelle carceri, che però sta facendo discutere per le paghe da fame e i turni estenuanti a cui sono sottoposte queste persone. 

Se venerdì raccontavamo come abbiano giocato un ruolo in questi incendi l’espansione urbana nelle wildland e una gestione poco accorta degli incendi nei decenni passati, nel frattempo stanno emergendo dettagli anche sulle cause scatenanti di questi incendi. Il primo sospetto è ricaduto su un traliccio dell’alta tensione che cadendo potrebbe aver funzionato da innesco. 

Ma negli ultimi giorni si è fatta strada un’altra ipotesi. Un’indagine del Washington Post ha analizzato immagini satellitari, testimonianze dei residenti e comunicazioni radio dei pompieri, suggerendo che un incendio avvenuto la notte di Capodanno, da imputarsi probabilmente a dei fuochi d’artificio, e inizialmente ritenuto domato, potrebbe essersi riacceso, contribuendo agli attuali roghi. Ci aggiorniamo.

Spostandoci in Italia, e in particolare in Sardegna, c’è aria di crisi per la Presidente della regione da poco eletta Alessandra Todde, finita al centro di una vicenda giudiziaria legata alle spese durante la sua campagna elettorale. Venerdì la notizia è stata al centro della nostra rassegna sarda condotta da Lisa Ferreli e Alessandro Spedicati. Oggi invece pubblichiamo sempre su questo tema un articolo a firma dell’avvocato penalista Adriano Sollai, che spiega bene e nei dettagli qual è il motivo del discutere.

Il pezzo è scritto molto bene, per cui vi rimando a quello se volete capire bene la vicenda, qui vi dico solo che Alessandra Todde e di conseguenza tutta la giunta rischiano di cadere per via di alcune irregolarità nei finanziamenti della campagna elettorale, più che altro avrebbe avuto delle inadempienze o omissioni nel dichiarare i finanziamenti e non avrebbe nominato un emissario con il compito di controllare la veridicità delle dichiarazioni.

Intanto arriva un’altra ottima notizia dall’Ue. Ne parlano sia L’Indipendente che GreenMe. L’Unione Europea ha ufficialmente vietato l’uso del Bisfenolo A (o BpA) nei materiali destinati al contatto con gli alimenti.  

Il BpA è una sostanza molto utilizzata nella produzione di plastiche e resine presenti in oggetti di uso quotidiano, come bottiglie di plastica riutilizzabili, rivestimenti interni di lattine metalliche e utensili da cucina. 

Sempre più studi scientifici però hanno evidenziato che l’esposizione prolungata al Bisfenolo A può interferire con il sistema endocrino, compromettendo la fertilità e aumentando il rischio di problemi al sistema immunitario e riproduttivo. Inoltre, è stato associato a potenziali effetti negativi sullo sviluppo cerebrale dei bambini e a un incremento del rischio di malattie croniche come il diabete e le patologie cardiovascolari. 

Quindi ecco, l’Europa riconosce con questa legge i rischi per la salute associati a questa sostanza chimica ed emette questo divieto che entrerà in vigore fra pochi giorni, il 20 gennaio 2025, anche se sarà concesso all’industria un periodo di transizione per adeguarsi alle nuove normative. 

E sono anche previste restrizioni per altri bisfenoli o derivati identificati come pericolosi, come il Bisfenolo S (BpS), che potranno essere limitati o vietati in specifici materiali quali adesivi, gomme, resine a scambio ionico, materie plastiche, inchiostri da stampa, siliconi, vernici e rivestimenti. 

Come vi dicevo, anche se il divieto entrerà in vigore il 20 gennaio, i prodotti contenenti BpA non spariranno immediatamente dal mercato. L’industria avrà un periodo di transizione per adeguarsi alle nuove normative, con deroghe limitate concesse per un massimo di tre anni. 

Comunque si tratta di un traguardo importante in Europa nella tutela della salute pubblica, certamente da celebrare.

Parliamo di altri animali. Dopo oltre 55 anni di attività, Marineland, il primo parco marino d’Europa, ha ufficialmente chiuso pochi giorni fa. Era stato inaugurato nel 1970 ad Antibes, in Francia, era una meta turistica e scolastica molto frequentata, anche da visitatori italiani.

Ma la chiusura, che è stata annunciata il 4 dicembre 2024, è arrivata dopo anni di calo costante di visitatori, problemi economici, e dopo che nel 2021 una legge francese ha vietato gli spettacoli con cetacei. Quindi è una notizia che mi sembra interessante perché anche simbolica del declino di un certo tipo di sfruttamento degli animali per soddisfare un gisto del pubblico, che per fortuna si è evoluto negli anni.

Questo parco nello specifico però era stato teatro di una scoperta scientifica molto importante, che in qualche modo ha contribuito alla sua stessa chiusura. Nel 2018 infatti Wikie, un’orca in cattività, aveva dimostrato la capacità di imitare parole umane usando lo sfiatatoio, evidenziando ancora una volta l’intelligenza e le complesse capacità di comunicazione di questi animali. E contribuendo a rendere l’opinione pubblica più sensibile sulle condizioni dei cetacei.

Invece c’è stato un brutto caso di cronaca in Thailandia dove una giovane ragazza spagnola è stata uccisa da un elefante in un cosiddetto santuario. E allora oggi ospitiamo su ICC un pezzo dell’etologa Chiara Grasso che ci spiega come le ormai tantissime organizzazioni ce propongono attività in cui si può interagire con gli elefanti – elefanti che si dice siano recuperati dallo sfuttamento e quindi si propongono come attività etiche – abbiano in realtà ben poco di etico. Lettura consigliatissima.

C’è una notizia non proprio di attualità, che però mi ha colpito molto. Non è proprio di attualità perché riguarda i romani, ma quelli antichi, quelli che dicevano “pulcra puella” e non “ao anvedi sta fata”. Vabbé, quelli.

È uscito uno studio pubblicato su PNAS che ha rivelato che l’inquinamento da piombo, derivante dalla fusione dell’argento nelle antiche fornaci romane, potrebbe aver ridotto di 2-3 punti il quoziente intellettivo medio della popolazione dell’epoca. E questo potrebbe aver contribuito alla caduta stessa dell’impero. Il piombo infatti è un metallo pesante altamente tossico, si accumula nell’organismo e può compromettere lo sviluppo cerebrale, specialmente nei bambini.

I ricercatori del Desert Research Institute, guidati da Joseph McConnell, hanno analizzato campioni di ghiaccio prelevati dalla Groenlandia, dove microbolle d’aria antiche intrappolano residui atmosferici, incluso il piombo disperso dalle fornaci romane. L’analisi ha evidenziato un incremento dell’inquinamento da piombo a partire dalla fine dell’età del ferro (VI secolo a.C.), con un picco durante l’Impero Romano e un calo dopo la peste del 165-180 d.C., che uccise circa un decimo della popolazione.

In totale, oltre 500.000 tonnellate di piombo furono disperse nell’ambiente durante i due secoli centrali dell’epoca imperiale, con miniere principali in Spagna, Francia, Gran Bretagna e Balcani. Oltre alla fusione dell’argento, il piombo contaminava l’acqua potabile (tubature di piombo), i cosmetici e persino il vino, dove veniva aggiunto per dolcificarlo e conservarlo.

Questa esposizione prolungata al piombo potrebbe aver avuto un impatto significativo sulla salute pubblica dell’antica Roma, influenzando appunto anche le capacità cognitive della popolazione. 

La notizia mi ha colpito perché è uno dei pochi studi che mostra come l’inquinamento ambientale anche in altre epoche possa aver avuto un impatto sulla Storia con la S maiuscola. E anche perché mi è venuto spontaneo il collegamento – che lo studio non fa eh, lo faccio io, magari è solo una suggestione – con il reverse Flynn effect che osserviamo oggi. 

L’Effetto Flynn, dal nome del ricercatore neozelandese James Flynn, descriveva l’aumento graduale del QI medio registrato nel corso del Novecento, attribuito a fattori come il miglioramento dell’alimentazione, l’accesso all’istruzione e una serie di stimoli cognitivi e tecnologici più complessi.

Tuttavia, dagli anni ’90 in poi, in alcuni paesi (soprattutto nordici come Norvegia, Danimarca e Svezia) ma poi a cascata un po’ ovunque, è stato osservato un progressivo declino del QI medio, dando origine al cosiddetto Reverse Flynn Effect. 

Anche qui non vi è certezza sulle cause, probabilmente c’entra l’esposizione prolungata agli schermi nell’età dello sviluppo, il declino nella qualità dell’istruzione, di nuovo l’esposizione a inquinanti ambientali, e chissà cos’altro. Devo dire che però il parallelo con gli antichi romani è suggestivo.

Voglio chiudere con una piccola citazione presa da un vecchio articolo che risale a quando, con Italia che Cambia curavamo i contenuti del Con Magazine, il magazine della Fondazione con il Sud. 

Leggo: “Il fatto è che non siamo ancora civili! Altro che settimana del design di Milano. Dobbiamo cominciare a fare un design per l’umanità. Ormai l’estetica fine a se stessa l’abbiamo imparata, sappiamo creare la bellezza e usare bene i colori; ma non sappiamo disegnare l’umanità. L’umanità è il grande tema del futuro. Lo dico egoisticamente: voglio vivere in un mondo civile. Un giorno chi arriverà qui dirà: avete visto come hanno accolto i nostri nonni? E chiederà giustizia. Ecco, quel giorno io non voglio essere sul banco degli imputati.”.

Queste parole erano di Oliviero Toscani, che avevo avuto l’onore di intervistare. Personaggio polemico, contraddittorio, divisivo, geniale. Che ieri è morto e mi sembrava giusto ricordare.

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