7 Gen 2025

Che 2025 ci attende? Gli eventi più attesi dell’anno appena iniziato – INMR 1036

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Oggi puntata speciale in cui facciamo un po’ di anticipazioni sull’anno che ci aspetta e su quello che sta già succedendo. Il 2025 è iniziato da pochi giorni, ma già assistiamo all’espansione del blocco dei BRICS, con l’ingresso di nuovi Paesi, all’allargamento dell’area Schengen in Europa, passando per le dimissioni del premier canadese Justin Trudeau e l’arresto di Cecilia Sala in Iran. Poi ci sarà l’insediamento di Donald Trump a gennaio, con un’agenda che promette di scuotere l’ordine globale. E poi gli appuntamenti ambientali come la Conferenza ONU sugli Oceani a Nizza e COP30 sul clima in Brasile. Si voterà in Germania e forse in Francia. E tanto altro. Sarà un anno pieno di sfide e cambiamenti da osservare con attenzione.


Abbiamo da poco accolto il nuovo anno, e allora, dopo aver visto le cose più belle successe nel 2025 è il momento degli spoiler. Ovvero il momento in cui ci chiediamo: che anno ci attende? Quali sono le cose che succederanno nel 2025?

Gli ultimi anni ci hanno insegnato che spesso le previsioni lasciano il tempo che trovano e che poi il corso degli eventi a volte prende pieghe inaspettate. Ciononostante, ci sono alcuni punti fissi, alcune cose che sappiamo già che succederanno, a meno di grosse sorprese, e che seguiremo qui su INMR.

Lo scorso anno, il 2024, è stato l’anno delle elezioni. Circa 3 miliardi di persone si è recato alle urne per eleggere i propri rappresentanti politici a livello nazionale. Quest’anno sono altri gli eventi più attesi. 

Partiamo però con quello che è già successo, perché anche se l’anno è iniziato da pochi giorni, sono già successe diverse cose. 

Ad esempio dal 1° gennaio c’è stato l’atteso allargamento dei BRICS, l’alleanza dei paesi emergenti (ma perlopiù ormai emersi da un bel po’). L’acronimo Brics sta per Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica, che sono i 4 paesi fondatori nel 2009 dell’alleanza più il Sudafrica entrato nel 2011, ma ormai i membri sono parecchi di più.  

Già nel 2024 erano stati ammessi Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti. Con il 1 gennaio sono entrati anche – seppur con uno status leggermente diverso, di stato partner – Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Thailandia, Uganda e Uzbekistan.

Al momento quindi il gruppo rappresenta il 51% della popolazione mondiale, il 36% del PIL globale, il 37% del commercio mondiale e il 40% della produzione petrolifera. Quindi è un’alleanza pesante e ora il blocco vuole fare un ulteriore passo nella sfida all’egemonia economica occidentale.

Ma non sono stati solo i BRICS ada llargarsi. Sempre il 1 gennaio si è compiuto un importante allargamento dell’area Schengen, con l’ingresso di Romania e Bulgaria. L’area Schengen sarebbe lo spazio di libera circolazione interno all’Ue, in cui le persone dei paesi che aderiscono possono muoversi liberamente senza controlli alle frontiere. 

Romania e Bulgaria facevano già parte dell’Ue dal 2007 ma non ancora di questo gruppo più ristretto di paesi, sono entrate ufficialmente nell’area Schengen, eliminando i controlli alle frontiere terrestri con gli altri Stati membri. L’ingresso che è stato possibile dopo la rimozione del veto da parte dell’Austria, che in precedenza aveva espresso parecchie preoccupazioni riguardo alla gestione dei flussi migratori.

Ultima notizia, fra le cose già successe, è fresca fresca, di ieri, e sono le dimissioni del premier canadese Justin Trudeau, che da tempo fa i conti con una grave crisi di popolarità, e fronteggiava da mesi una rivolta all’interno del partito, culminata a dicembre con le dimissioni della vice premier e ministra delle Finanze Chrystia Freeland. In Canada il sistema è come nel Regno Unito, che se il premier è il leader del partito che vince le elezioni. Quindi Trudeau si è dimesso da entrambe le cariche e il prossimo premier sarà eletto dal partito liberale, di centrosinistra. Di questo continueremo a parlare nelle prossime settimane.

Un’altra notizia di cui parleremo, spero in positivo, è la vicenda di Cecilia Sala, una giornalista italiana, molto conosciuta soprattutto per il suo podcast quotidiano Stories, che è stata incarcerata in Iran e che si ritrova al centro di una complicata vicenda internazionale. 

Vi do solo gli elementi essenziali di comprensione della vicenda, quelli noti a tutti, per il resto rispetteremo il silenzio stampa chiesto dalla famiglia per consentire ai negoziatori e alla diplomazia di lavorare fuori dalla luce dei riflettori alla sua liberazione.

Cecilia Sala è una giornalista italiana di 29 anni, molto conosciuta, arrestata a Teheran il 19 dicembre mentre si trovava nel paese per fare delle interviste per il suo podcast. Attualmente è detenuta nel carcere di Evin, un carcere noto, riporta il Post, per ospitare dissidenti politici e cittadini stranieri. 

Secondo le autorità iraniane l’arresto sarebbe avvenuto per una presunta e vaga “violazione delle leggi della Repubblica Islamica”, ma è stato chiaro fin da subito che era un arresto motivato politicamente. In pratica il governo iraniano voleva usare la giornalista come pedina di scambio, di ricatto per ottenere qualcosa.  

Questo qualcosa era la liberazione di un’altra persona, un cittadino iraniano di nome Mohammad Abedini Najafabadi, che era stato arrestato a Milano su richiesta, si legge sui giornali, degli Usa. Che non si capisce esattamente come sia avvenuta questa richiesta, è un passaggio che non mi è chiaro, anche perché pare che ancora gli Usa non ne abbiano chiesta l’estradizione. Comunque, la giustizia americana accusa Abedini di cospirazione e supporto a organizzazione terroristica per aver violato le leggi americane sull’esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all’Iran .

Da Teheran hanno negato che l’arresto della giornalista sia legato a quello di Abedini, ma almeno secondo il governo italiano e la stampa italiana non ci sono molti dubbi sul fatto che lo sia. E questo sembrerebbe coerente con un modo di agire abbastanza frequente da parte del regime di Teheran, a quanto apprendo da un comunicato stampa della rappresentanza del Consiglio Nazionale della Resistenza iraniana, che sarebbero attivisti/e che si oppongono al regime. 

Al momento il governo italiano sta lavorando per ottenere il rilascio di Cecilia Sala, pare che il tema sia stato oggetto anche del recente incontro in Florida fra Donald Trump e Giorgia Meloni, ma la situazione come potrete immaginare è complicata, perché è una triangolazione in fra tre paesi, Stati Uniti, Iran e Italia, e dei 3 il nostro è certamente quello che si trova in mezzo e con meno potere contrattuale. Al di là delle varie considerazioni politiche e geopolitiche, mi auguro di poter parlare a breve di questa vicenda come una vicenda a lieto fine.

Oltre alla vicenda di Cecilia Sala, l’altra faccenda di cui tutti parleranno a gennaio sarà l’insediamento ufficiale di Donald Trump come presidente Usa e le sue prime mosse.

La data da segnarsi è il 20 gennaio, quando ci sarà la cerimonia ufficiale di insediamento, cerimonia alla quale, in maniera molto irrituale, Trump ha invitato molti leader mondiali, tra cui Giorgia Meloni, Viktor Orbán nonché – questa devo dire è la cosa più sorprendente, il Presidente cinese Xi Jinping.

Oltre alla cerimonia inaugurale, i giorni successivi saranno da seguire attentamente per osservare come si muoverà il nuovo presidente. Perché Trump ha promesso una rivoluzione da tanti punti di vista, e c’è da capire come e quanto la porterà avanti, considerando anche che al Congresso avrà margini di manovra limitati, avendo una maggioranza molto risicata soprattutto alla Camera ed essendoci già diverse spaccature interne al partito.

Trump comunque ha già promesso una serie di azioni nei suoi primi 100 giorni: innanzitutto cercherà un cessate il fuoco tra Ucraina e Russia, una questione su cui si è speso molto. Fra l’altro a proposito di conflitti vi segnalo en passant che a gennaio ci saranno anche due elezioni in due luoghi caldi come il Libano e la Bielorissia.

Poi Trump dovrebbe nominare Elon Musk e l’imprenditore di origini indiane Vivek Ramaswamy a capo di una commissione per smantellare la burocrazia e sempre stando alle sue promesse avvierà un programma di deportazione di massa per migranti irregolari. 

In ambito ambientale Trump ha messo fra le sue priorità la rimozione di restrizioni sulle trivellazioni e il ritiro degli Usa dagli accordi sul clima di Parigi, quindi un’agenda piuttosto scellerata. A livello economico ha promesso l’imposizione di dazi e importanti tagli fiscali. Vuole anche rafforzare il suo potere esecutivo, potenzialmente eliminando l’Impoundment Control Act, che è una legge che fu introdotta nel 1974 per limitare gli abusi di potere dell’allora presidente Nixon.

Trump ha annunciato anche che ritirerà gli Usa dall’OMS, di cui al momento sono il principale finanziatore. Sorprendentemente, e non si capisce quanto seriamente – come spesso accade con Trump – ha minacciato anche di riprendere il controllo del Canale di Panama e accennato alla possibilità che il Canada diventi il 51° Stato americano, il che mostra un possibile atteggiamento espansionistico. Questo è quanto, al momento, ma di certo a gennaio sarà un tema molto caldo.

A febbraio, il 23 per l’esattezza, si voterà in Germania per eleggere il nuovo parlamento federale e quindi formare il nuovo governo, dopo la caduta di quello attuale. Sono elezioni osservate con attenzione perché il governo tedesco ha sempre avuto un ruolo centrale anche nel determinare la direzione dell’Ue, ma di recente questo ruolo è venuto un po’ a mancare anche per via dell’instabilità e fragilità interna. 

Inoltre in molti guardano con una certa preoccupazione alla crescita dell’Afd, il partito di estrema destra che annovera diversi rappresentanti diciamo un po’ nostalgici. Senonché a supporto dell’Afd è intervenuto persino l’immancabile Elon Musk, che ha dichiarato il proprio sostegno al partito dicendo in un post su X che è l’unica speranza per la Germania, 

I sondaggi al momento danno comunque in netto vantaggio il partito di centrodestra CDU/CSU, con circa il 33% dei voti e l’Afd secondo con circa il 18, anche se abbiamo visto come spesso i sondaggi tendano a sottostimare i partiti più estremi. Un governo di estrema destra sembra comunque improbabile perché nessuno al momento sembra disposto ad allearsi con Afd, per cui l’ipotesi più probabile sul piatto al momento sembrerebbe una sorta di governo di larghe intese con centrodestra e centrosinistra (L’Spd del premier Olaf Sholtz) al governo insieme, forse assieme anche ai Verdi. Staremo a vedere.

Dopo le prime due conferenze a New York nel 2017 e a Lisbona nel 2022, Francia e Costa Rica organizzano a giugno, congiuntamente, la terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani a Nizza, dal 9 al 13 giugno. 

Sebbene abbiamo visto spesso come negli anni questo tipo di incontri abbiano perso un po’ di appeal, sarà comunque interessante seguire questo summit che ha l’obiettivo di “Accelerare l’azione e mobilitare tutti gli attori per conservare e utilizzare in modo sostenibile l’oceano”.

Quindi si parlerà di conservazione e uso sostenibile degli oceani, Governance degli oceani, quindi anche come rafforzare la gestione delle aree marine al di fuori delle giurisdizioni nazionali e come regolamentare (e si spera proibire) il Deep sea mining, come affrontare problematiche come la plastica e le microplastiche negli oceani e così via. Noi lo seguiremo, ovviamente.

Restiamo in Francia, arriviamo a luglio quando ci sarà un possibile cambiamento piuttosto grosso. 

A partire dal luglio 2025 infatti il presidente francese Emmanuel Macron potrà nuovamente esercitare il potere di sciogliere l’Assemblea nazionale, a un anno di distanza dal decreto di scioglimento del 9 giugno 2024. Perché in Francia non si può sciogliere il Parlamento prima di un anno dal precedente scioglimento. E in effetti secondo alcune interpretazioni giuridiche potrebbe scioglierle già dal 10 giugno. Comunque ecco, tenete presente il periodo che va da metà giugno a metà luglio perché potrebbe succedere qualcosa.

Ovviamente, il fatto che Macron possa farlo non significa che lo farà. Ma è una possibilità che al momento sembra abbastanza concreta, vista la crisi politica che la Francia sta vivendo. 

L’Assemblea super frammentata rende instabili le maggioranze e fa sì che i governi del secondo mandato di Macron siano i più brevi nella storia della Quinta Repubblica, con la possibilità di frequenti cambi alla guida del governo. 

Vabbé, poi c’è l’estate, poi c’è settembre che è sempre un mese di passaggio, ottobre lo saltiamo e passiamo a novembre, quando ci sarà come appuntamento molto atteso la Cop30 di Belem in Brasile. Per l’esattezza dal 10 al 21 novembre 2025, un incontro particolarmente significativo poiché segna il decimo anniversario dell’Accordo di Parigi. 

Dopo la delusione della COP 29 a Baku, la presidenza brasiliana è attesa con grandi aspettative, sarà anche un banco di prova importante per Lula. 

Le discussioni si concentreranno in particolare sull’allineamento dei cosiddetti NDC, ovvero quegli obiettivi di riduzione delle emissioni che ogni paese si è dato, agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e sull’aumento dei finanziamenti per il clima, con l’obiettivo di mobilitare fino a 1.300 miliardi di dollari per la transizione ecologica.

Nell’attesa, il governo brasiliano ha già annunciato nuovi target climatici, puntando a ridurre le emissioni nette di gas serra tra il 59% e il 67% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2005. E fra l’altro nel prossimo mese e mezzo i vari Paesi aderenti all’Accordo di Parigi dovranno presentare i loro NDC aggiornati e si spera resi più ambiziosi. 

Sulla COP di Belen poi peserà certamente il contesto geopolitico, e come si sarà evoluto. Gli Usa saranno forse usciti dall’accordo di Parigi, chissà se parteciperanno alla COP, e ricordiamoci che il Brasile è uno dei BRICS, come dicevamo prima, e è possibile che questo gruppo di paesi prenda in mano la leadership mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici, con la Cina che è sulla buona strada per superare già nel 2025 i propri obiettivi di espansione delle energie rinnovabili previsti per il 2030.

Oltre a tutte queste cose, ovviamente la gran parte del resto del tempo continueremo a seguire le vicende del mondo, con il nostro approccio costruttivo ed ecologico. Vedremo come si evolverà la situazione in Siria dopo la caduta di Assad, quella fra Israele e Palestina e Libano, l’intelligenza artificiale, la salute degli ecosistemi e dei ghiacciai. E tutto il resto.

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