19 Gen 2024

Il nuovo piano pandemico del governo… è identico ai precedenti – #863

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Il gruppo di esperti selezionato dal governo ha presentato il nuovo piano pandemico per il 2024-2028, che però ricalca per filo e per segno quelli applicati nella gestione della panmdemia dei precedenti governi. Parliamone. Parliamo anche di un’inchiesta del Wall street journal secondo cui la Cina avrebbe sequenziato il Covid almeno due settimane prima di lanciare l’allarme e del forum economico mondiale di Davos, dove succedono cose interessanti. 

Una delle principali notizie di ieri è che il governo ha pubblicato il nuovo piano pandemico. Vi ricordate la polemica per cui il piano pandemico italiano non era aggiornato, era fermo da un decennio, e quindi il nostro paese era impreparato a gestire una pandemia? Ecco, bene. Dopo il triennio da cui veniamo, l’importanza di avere un piano pronto in caso di pandemia è risultata abbastanza lampante e quindi l’attuale governo ha lavorato a un aggiornamento del piano presentando ieri un piano valido per il quinquennio 2024-2028.

Bene. Il punto è: che cosa prevede questo piano? Perché, come fanno notare parecchi quotidiani, ricalca molte delle misure applicate dai governi Conte e Draghi, ai tempi aspramente criticati dai partiti dell’attuale governo.

Leggo da Paolo Russo su la Stampa: “I vaccini, certo. Ma anche “chiusura delle attività lavorative non essenziali, chiusura delle scuole, distanziamento fisico, limitazione degli assembramenti, limitazione degli spostamenti e uso di mascherine” e persino i tanto contestati Dpcm con cui il Conte II prima e Draghi poi hanno governato l’emergenza sanitaria scatenata dal Covid. 

Così mentre la destra fa carte false in Parlamento per mandare avanti la commissione d’inchiesta proprio sulla gestione del Covid, i tecnici sui quali il governo ha riposto la sua fiducia rispolverano proprio tutto quel contestato armamentario di misure restrittive con il nuovo Piamo Pandemico 2024-28, pronto ad essere inviato alla Conferenza Stato Regioni per la sua ratifica finale. 

Oltre che “la possibilità di assumere decisioni che vanno a limitare la responsabilità personale”, il Piano prevede però anche un potenziamento degli ospedali con 3.500 nuovi e costosi posti letti nelle terapie intensive più 4.225 a regime nelle sub intensive. Un rafforzamento che richiede anche più personale e quindi non poche risorse aggiuntive. Ma sul come reperirle nel Piano non c’è nemmeno un accenno.

Altre misure previste sono il potenziamento delle Asl, in modo da poter garantire “attività di contenimento o rallentamento della trasmissione attraverso accertamenti diagnostici estesi e il tracciamento sistematico dei contatti”. Quindi tamponi su larga scala e il famoso contact tracing.

Poi, il potenziamento dei laboratori di virologia e microbiologia, l’istituzione di una rete di ricerca a copertura nazionale e la realizzazione di un piano nazionale per la ricerca. E ancora, un maggiore investimento in studi di previsione di scenari pandemici, con valutazioni dell’impatto sia sulla salute umana che sulla tenuta dei servizi sanitari e un rafforzamento della Rete italiana di Preparedness Pandemica, che sarebbe un organismo che fa da consulente al Ministro della salute per quanto riguarda i rischi pandemici.

Questo è quanto, più o meno. Facciamo qualche considerazione. Come notano quasi tutti i giornali, e come dicevo all’inizio, molte misure ricalcano quelle adottate dai governi precedenti. Non è mai nominato il green pass, ma sospetto che il punto in cui si fa riferimento alla “la possibilità di assumere decisioni che vanno a limitare la responsabilità personale” intenda quella roba lì. Tutte misure criticate aspramente, in precedenza, dagli esponenti dell’attuale governo. Ed è vero che il nuovo piano non lo ha scritto il governo, ma dei tecnici, ma sappiamo che – giusto o sbagliato – c’è sempre una visione politica dietro a qualsiasi piano tecnico quando di mezzo c’è un governo politico. 

In più metteteci la differenza, aggiungerei, che se i governi precedenti agivano perlopiù in uno stato di emergenza e senza la possibilità di pianificare le azioni prima, qui si tratta proprio della fase di pianificazione. Quindi si tratta di dire che anche pensandoci per tempo, non si riesce a fare niente di meglio. 

Il che mi suona un po’ strano, visto che vedendo in retrospettiva, si poteva magari prendere spunto dalla gestione pandemica di paesi che hanno trovato soluzioni migliori rispetto alla nostra nella gestione della pandemia. 

Poi, altro aspetto: una cosa che abbiamo imparato è che gestire una pandemia non vuol dire solo bloccare o rallentare la diffusione di un virus ma anche gestoire anche le conseguenze sociali della pandemia.

E invece noto la totale assenza di questi aspetti, che pur rientrano nella gestione di una pandemia. Credo che sia fondamentale, in un piano pandemico, porsi domande tipo: Come si mettono in sicurezza le persone senza causare, o perlomeno riducendo l’insorgere di ansia, stress, depressione? Come si gestisce la comunicazione dell’emergenza in maniera inclusiva e non allarmistica? Si possono evitare o mitigare fenomeni di divisione e polarizzazione sociale? Non c’è niente di tutto questo.

Così come manca ogni riferimento agli aspetti di prevenzione: è vero, si prevede il potenziamento delle strutture sanitarie, ed è una cosa buona (anche se non si specificano le coperture), ma magari anche solo un accenno ad abitudini e stili di vita salutari per rinforzare le difese immunitarie, o al famoso concetto One Health, che pure è caro all’attuale ministro della salute Orazio Schillaci, ovvero il concetto per cui la salute umana e quella del Pianeta sono interconnesse e inscindibili. È vero che è un discorso molto più ampio, questo, ma magari un accennpo e qualche risorsa per diffondere questi concetti male non avrebbe fatto.

Sempre sul Covid, è di ieri la notizia, diffusa dal Wall Street Journal e ripresa da molti quotidiani italiani, che in Cina si sarebbe sequenziato il Sars-cov-2 almeno due settimane prima che il virus venisse annunciato dal governo cinese.

Leggo da un articolo non firmato di Repubblica che “I ricercatori cinesi isolarono e mapparono il Covid-19 alla fine di dicembre 2019, almeno due settimane prima che Pechino rivelasse al mondo i dettagli del virus mortale (vabbé, virus mortale, o come distribuire le giuste dosi di allarmismo quotidiano): lo rivela in esclusiva il Wall Street Journal, dopo aver esaminato i documenti che il Dipartimento della Sanità americano ha ottenuto da una commissione della Camera. 

Secondo il Wsj, un ricercatore cinese a Pechino caricò una sequenza quasi completa della struttura del Covid in un database gestito dal governo americano il 28 dicembre 2019, mentre la Cina condivise la sequenza del virus con l’Organizzazione mondiale della sanità solo l’11 gennaio 2020.

Quando il ricercatore, Lili Ren dell’Institute of Pathogen Biology di Pechino, aveva già mappato il virus, i funzionari cinesi descrivevano ancora pubblicamente l’epidemia a Wuhan come una polmonite virale “di causa sconosciuta” e dovevano ancora chiudere il mercato all’ingrosso locale di animali vivi, luogo di uno dei primi focolai di Covid-19.

Come precisa il quotidiano Usa, le nuove informazioni non fanno luce sul dibattito se il coronavirus sia emerso da un animale infetto o da una fuga di laboratorio, ma suggeriscono che il mondo non dispone ancora di una spiegazione completa dell’origine della pandemia. 

Ora, mi chiedo: questa notizia getta indubbiamente qualche ulteriore ombra sulla gestione del virus da parte del governo cinese. Ma c’è un elemento che non mi è chiaro: il fatto che questa mappatura sia stata inserita su un database americano. Ora: se il governo cinese voleva coprire o nascondere qualcosa, probabilmente inserire la sequenza del virus in un database gestito dal governo americano non era la scelta più saggia. E ancora mi chiedo: ma quindi anche il governo americano sapeva qualcosa? Mi sembra assurdo che in settimane in cui tutto il mondo si chiedeva che roba fosse quella polmonite che causava malati e morti a Wuhan, questa informazione sia passata inosservata.

È iniziato, a Davos, il World economic forum, l’incontro annuale sulle alpi svizzere in cui alcune delle personalità più influenti del mondo si ritrovano per tracciare andamenti, prospettive e rischi per l’economia globale negli anni a venire.

I gironali parlano soprattutto di alcuni interventi che sono stati parecchio ripresi e chiacchierati. A partire da quello di Sam Altman, Ceo di OpenAI (la società che gestisce ChatGpt) che ha messo in guardia i presenti dai risci dell’IA e ha avvertito sulla necessità di creare una agenzia internazionale che vigili sugli sviluppi, così come c’è sull’energia atomica.

Il che potrebbe avere un senso, ma fa un po’ ridere detto da Sam Altman che dentro alla sua organizzazione era stato cacciato perhé considerato un po’ unoi squalo, uno senza scrupoli, prima di essere reintegrato dopo una sorta di diktat di Microsoft.

Così come si è parlato del discorso di Isaak Herzog, presidente israeliano che ha affermati che il suo paese sta combattendo una guerra per la libertà del mondo (abbastanza fdiscutibile direi) e delle esternazioni del neopresidente argentino Javier Milei che si è scagliato contro femminismo e ambientalismo, che sarebbero una nociva invenzione dei socialisti e metterebbero in pericolo l’Occidente. Non so, ho l’impressione che abbiamo pericoli maggiori, ma sono opinioni eh.

Sempre a Davos, segnalo un’iniziativa interessante segnalatami da un amico e ascoltatore abituale, che si chiama Proud to pay more. Leggo da un articolo della ABC che la descrive: “Centinaia di miliardari e multimilionari hanno scritto una lettera in cui chiedono ai leader mondiali di tassare equamente i super-ricchi, dichiarando che “sarebbero orgogliosi di pagare di più”.

“Se i rappresentanti eletti delle principali economie mondiali non prendono provvedimenti per affrontare il drammatico aumento della disuguaglianza economica, le conseguenze continueranno a essere catastrofiche per la società”, si legge nella lettera aperta.

“La nostra richiesta è semplice: vi chiediamo di tassare noi, i più ricchi della società. Questo non modificherà radicalmente il nostro tenore di vita, non priverà i nostri figli, né danneggerà la crescita economica delle nostre nazioni. Ma trasformerà l’estrema e improduttiva ricchezza privata in un investimento per il nostro comune futuro democratico”.

Il documento afferma che la disuguaglianza “ha raggiunto un punto di svolta”, mettendo a rischio la stabilità economica, sociale ed ecologica. La soluzione al problema va oltre l’azione individuale, si legge nella lettera. “Abbiamo bisogno che i nostri governi e i nostri leader assumano un ruolo guida. Per questo ci rivolgiamo nuovamente a voi con la richiesta urgente di agire – unilateralmente a livello nazionale e insieme sulla scena internazionale”.

Tra i firmatari della lettera, figurano nomi importanti come l’erede Disney Abigail Disney, Valerie Rockefeller e Brian Cox, che ha interpretato il miliardario Logan Roy in Succession.

Non so, mi sembra una iniziativa interessante, perché arriva da un gruppo di superricchi. Al di là che sortisca o meno qualche effetto, la cosa che mi piace è che esce dagli schemi. In genere le richieste di tassare i superricchi arrivano dalle fasce basse e politicizzate della società o dalle ong. Il fatto che arrivi da dove non ci si aspetta potrebbe avere un effetto più destabilizante sul sistema e magari generare qualche cambiamento inatteso. Stiamo a vedere. Di sicuro il tema della distribuzione della ricchezza è molto urgente, perché secondo dati Oxfam il gap continua ad aumentare. 

I 2.150 miliardari stimati in tutto il mondo sono più ricchi di 3,3 trilioni di euro (5 trilioni di dollari) rispetto al 2020, mentre quasi cinque miliardi di persone in tutto il mondo sono diventate più povere, ha dichiarato l’organizzazione benefica Oxfam in un rapporto che denuncia “livelli di disuguaglianza osceni”.

Oggi è venerdì ed è la giornata della nostra rassegna sarda. La parola ad Alessandro Spedicati:

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