18 Mag 2023

Nubifragio Emilia Romagna: le responsabilità del partito del cemento – #730

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Continuano le piogge estreme sull’Emilia Romagna (e in misura minore sulle Marche) e si aggiorna il tragico bollettino dei morti, dei danni, degli sfollati. Ma si poteva fare qualcosa di diverso? Parliamo anche del nuovo report Onu secondo il quale nei prossimi 5 anni sforeremo gli 1,5°C di riscaldamento globale, della Spagna che approva un piano senza precedenti per contrastare la siccità, del nuovo blitz di Ultima generazione e della chiusura di un giornale indipendente in Guatemala.

Continuiamo a parlare, come abbiamo fatto per buona parte della puntata di ieri, del nubifragio che si è abbattutto e si sta continuando ad abbattere sull’Emilia Romagna (e in misura minore sulle Marche). L’intensità delle piogge è in diminuzione ma i fiumi sono ancora in piena e destano preoccupazione. Inoltre, un nuovo ciclone mediterraneo si formerà a partire da venerdì, per adesso sembrerebbe meno intenso e dovrebbe concentrarsi leggermente più a Sud, ma è importante mantenere alta l’attenzione. 

Al momento il tragico bilancio del ciclone Minerva, quello che si sta verificando in queste ore, è di nove persone che sono morte, oltre 10mila sfollati – ieri a un certo punto i giornali parlavano di oltre 13mila, poi evidentemente la stima è stata rivista – e danni ancora impossibili da calcolare alle infrastrutture, le abitazioni private e l’agricoltura, ma nell’ordine dei miliardi di euro. 

Vediamo però di fare un’analisi un po’ più approfondita di quanto successo. Su la Repubblica Giacomo Talignani intervista il meteorologo e presidente di AMPRO (Associazione meteo professionisti) Pierluigi Randi, che spiega che “Come impatti sul territorio probabilmente è l’effetto alluvionale più grave di almeno gli ultimi 100 anni”.

I dati, sebbene stia ancora piovendo e quindi parliamo di dati parziali (peraltro l’intervista è di ieri) dicono che “abbiamo un evento che a livello di accumulo di pioggia somiglia molto a quello dell’1-3 maggio ma con due differenze: uno che ha colpito un’area molto più estesa, due che la quantità di pioggia questa volta è condensata in meno tempo. In 24 ore sono caduti i quantitativi che normalmente cade in una intera primavera”.

In alcune zone dell’Appennino Ravennate e Forlivese da inizio mese sono caduti tra i 400 e i 500 mm di pioggia, zone in cui di solito in un intero anno la piovosità è meno di 900. Un altro articolo sempre su Repubblica riporta un altro dato che mi ha colpito ovvero che ci sono state circa 250 frane sull’Appennino.

Tornando all’intervista, a un certo punto il giornalista chiede se e come questo episodio sia riconducibile alla crisi climatica e l’esperto risponde: “Se andiamo indietro nel tempo negli ultimi due anni abbiamo avuto tre eventi estremi di segno opposto: due anni di siccità grave e poi in quindici giorni due eventi di pioggia estrema. Questo è un segnale chiaro della crisi del clima: un singolo episodio non è attribuibile al surriscaldamento, ma eventi estremi in sequenza, di un segno o dell’altro, sì. Tre indizi fanno una prova. Non è normale avere due eventi a distanza così breve: di solito hanno tempi di ritorno secolari, mai successo che si verifichino così vicini, in appena due settimane”.

Sul collegamento fra questo episodio e la crisi climatica sto leggendo per fortuna qualche analisi un po’ più puntuale sui giornali, dalla stessa Repubblica al Fatto Quotidiano che pubblica un articolo in cui riepiloga i già 70 eventi climatici estremi occorsi dall’inizio dell’anno, così come ho ascoltato tante voci alzarsi per denunciare l’ambiguità di molti politici, che continuano a parlare di calamità, maltempo estremo (lo ha detto Meloni), fenomeno imprevedibile o, come ha detto Bonaccini “oltre le peggiori aspettative”. Che è un modo un po’ deresponsabilizzante di inquadrare la questione. A parte che ormai questi eventi si possono prevedere con una discreta accuratezza, anche se non si sa mai quanto gravi saranno finché non avvengono, ma in ogni caso è stato ampiamente previsto che eventi come questo, saranno sempre più frequenti. Ad ogni modo Anche qui, come per i giornali, va anche detto che invece ho ascoltato molti interventi soprattutto devo dire dei sindaci che invece fanno un’analisi molto più precisa di quello che è accaduto e parlano di crisi climatica.

Altra domanda che è inevitabile porsi è: si poteva fare qualcosa di diverso? Non solo e non tanto nella gestione di questo evento, che mi pare sia stata fatta in maniera abbastanza buona, ma del prima, nella preparazione dei territori all’ipotesi che si verificassero episodi come questo.

Su questo segnalo l’articolo molto duro ma altrettanto interessante di Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Vi leggo alcuni passaggi interessanti: 

“Non mancando di rispetto alle vittime delle esondazioni nel ravennate, è corretto ricordare quel che l’ipocrisia di molte parole politiche in queste ore nasconde: l’Emilia-Romagna, da anni, consuma suolo come se non ci fosse un domani, parandosi dietro a una legge urbanistica regionale del 2017 (la numero 24) che fa letteralmente acqua da tutte le parti per quanto riguarda la tutela del suolo. E i nodi vengono al pettine”.

Insopportabili le lacrime dei politici e delle varie autorità civili o di alcune organizzazioni dell’agricoltura che riescono a prendersela perfino con le nutrie che bucano gli argini, tanta è la miopia o la svogliatezza di vedere che il clima è cambiato per causa nostra e siamo noi i soli responsabili di tutto ciò. La nostra urbanistica, la nostra agricoltura, la nostra mobilità autocentrica, la nostra idea di crescita e sviluppo. Siamo noi le nutrie, noi i sapiens che non vogliamo smettere di consumare suolo, di cementificare in ogni dove, di tenere in piedi questo modello sociale ed economico dilapidatore di natura. Oggi sono tutti a piangere ma ieri erano tutti schierati a deridere e non considerare quanti di noi, pochi ahinoi, sostenevano pubblicamente che la legge urbanistica della Emilia-Romagna, con il suo maledetto 3% di consumo di suolo sempre possibile, non avrebbe che aggravato la situazione, aumentato le metastasi.

Tra il 2020 e il 2021 l’Emilia-Romagna è stata la terza Regione italiana per consumo di suolo, più 658 ettari cementificati in un solo anno, pari al 10,4% di tutto il consumo di suolo nazionale. In pochi anni -e con questi governanti- la Regione è arrivata ad avere una superficie impermeabile dell’8,9% contro una media nazionale del 7,1%. E tutti sappiamo perfettamente che sull’asfalto l’acqua non si infiltra e scorre veloce accumulandosi in quantità ed energia, ovvero provocando danni e vittime.

Tutti noi sappiamo che tra un suolo libero e uno cementificato la quantità d’acqua che scorre violentemente in superficie aumenta di oltre cinque volte. Tutti noi sappiamo che le piogge saranno sempre peggiori, eppure continuiamo a prendercela con le “bombe d’acqua” e non con quelle di cemento che nel frattempo e ogni giorno noi sapiens sganciamo sul nostro territorio, rendendolo più vulnerabile. 

Come si fa a dire che è colpa delle nutrie? O a piangere quando qualche anno prima si approvava una legge che faceva acqua ovunque e quando il tema dello stop al consumo di suolo non fa parte dei propri discorsi politici tutti i giorni? Come si fa a piangere quando l’Emilia-Romagna non ha fatto nulla negli anni passati per portare al tavolo di tutte le Regioni una proposta di legge nazionale contro il consumo di suolo? Come si fa a piangere quando non si è capaci di parlare di biodiversità, di cambiamenti climatici e di altri modelli economici e sociali? E tanto per concludere con le ipocrisie, l’Emilia-Romagna si è costruita una legge urbanistica talmente ingannevole da autoprodursi assoluzioni come quella che si può vedere sul sito della città metropolitana di Bologna dove, come per incanto, dal 2018 fino a oggi i consumi di suolo sono magicamente diventati zero. Ma non perché hanno smesso di consumare (tutt’altro), solo perché hanno manomesso le definizioni urbanistiche al punto tale da riuscire a non conteggiare più le cementificazioni e risultare così tutti virtuosi e contenti per legge, non per virtù”.

Da ultimo voglio leggervi un Post sulla pagina Facebook di Transition Italia di Cristiano Bottone, co-ideatore assieme a Luca Lombroso del modulo di formazione all’adattamento climatico “Attenti al Meteo”, in cui fornisce una serie di consigli molto utili in caso di eventi estremi come quelli che abbiamo visto succedere in questi giorni.

“Negli eventi di larga scala di questo tipo, che sono spesso prevedibili, ci si può preparare e soprattutto si deve ricordare che non ci saranno soccorsi immediati per tutti.

Non esiste nessuna organizzazione in grado di intervenire tempestivamente per soccorrere migliaia o centinaia di migliaia di persone coinvolte in alluvioni o fenomeni con impatto così vasto.

Gli sforzi di soccorso si concentrano sui casi più gravi e più raggiungibili. Questo significa che bisogna essere pronti a mettersi in sicurezza e a provvedere alle necessità più impellenti da soli o, ancora meglio, in piccoli gruppi di vicinato organizzati.

Il tutto va pensato e organizzato PRIMA !

La cultura media in questo ambito è quasi nulla, sopratutto poi quando i fenomeni da affrontare sono del tutto inconsueti nella zona in cui si abita.

Però è semplice, il cambiamento climatico associato alle trasformazioni economiche e istituzionali in corso produrranno un crescente numero di fenomeni inconsueti che il sistema non è preparato a gestire.

Il suggerimento è quindi, preparatevi e diventate facilitatori della preparazione altrui. Sarebbe molto utile, ad esempio, che corsi di questo tipo fossero previsti nel curriculum scolastico in terza media, in modo da fornire questo tipo supporto a tappeto”.

Prima di voltare pagina, vi segnalo che se siete abbonati a ICC potete ascoltare sul tema del suolo una puntata del podcast a Tu per Tu in cui il nostro direttore Daniel Tarozzi parla proprio con il professor Pileri dell’importanza di un suolo sano e libero dal cemento, per il clima e non solo. Puntata fondamentale, piena di cose importanti da sapere, davvero.

Restando in tema clima, arriva un nuovo allarme dalle Nazioni unite. Come racconta Fiona Harvey, “È quasi certo che nei prossimi cinque anni il mondo sperimenterà nuovi record di temperatura e che le temperature aumenteranno probabilmente di oltre 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.

Secondo una ricerca dell’Organizzazione meteorologica mondiale, il superamento della soglia cruciale di 1,5°C, che secondo gli scienziati potrebbe avere conseguenze disastrose, avverà molto probabilmente nei prossimi 5 anni, anche se dovrebbe essere solo momentaneo.

Tuttavia, non è una roba da prendere sottogamba perché, leggo, “farebbe precipitare il mondo in un “territorio inesplorato”. Le temperature medie globali della superficie non hanno mai superato la soglia di 1,5 C da quando abbiamo raccogliamo le sequenze di dati. La media più alta degli anni precedenti è stata di 1,28°C al di sopra dei livelli preindustriali.

Il rapporto, pubblicato mercoledì, ha rilevato una probabilità del 66% di superare la soglia di 1,5°C in almeno un anno tra il 2023 e il 2027, questo per via del cambiamento climatico e dell’azione del Nino, che sarebbe quello che in gergo viene definito “un sistema meteorologico oscillante che si sviluppa nel Pacifico”. Negli ultimi tre anni, il mondo si è trovato nella fase opposta, nota come La Niña, che ha avuto un effetto frenante sull’aumento delle temperature in tutto il mondo. Con la fine della La Niña e lo sviluppo di un nuovo El Niño, c’è il 98% di probabilità che almeno uno dei prossimi cinque anni sia il più caldo mai registrato, hanno rilevato gli scienziati.

Il rapporto poi contiene altre previsioni non proprio rincuoranti: ad esempio, quest’anno è probabile che le precipitazioni diminuiscano in Amazzonia, America Centrale, Australia e Indonesia. Questione brutta soprattutto per l’Amazzonia, dove gli scienziati sono sempre più preoccupati che un circolo vizioso di riscaldamento e deforestazione possa trasformare la regione da foresta pluviale a savana.

Insomma, questo è il quadro che abbiamo davanti. Non è più tempo di inazione climatica. Davvero. 

A proposito di prendere la questione seriamente – forse ancora non tanto quanto servirebbe, ma un po’ di più – la Spagna ha approvato un piano senza precedenti del valore di 2,2 miliardi di euro per aiutare gli agricoltori a superare l’ondata di caldo dell’aprile più caldo e secco mai registrato nella penisola iberica. Le misure includono 1,4 miliardi di euro destinati a misure per aumentare la disponibilità di acqua e 784 milioni di euro in termini di sostegno gli agricoltori per i mancati raccolti.

Il piano, spiega Maurizio Bongioanni su Lifegate “è stato adottato dopo che il governo ha approvato una legge per proteggere dal caldo le categorie di lavoratori all’aperto, come netturbini e muratori. L’iter della legge era iniziato in seguito alla morte di uno spazzino e un fattorino durante l’ondata di caldo dello scorso luglio a Madrid”.

La ministra dell’Ambiente spagnolo, Teresa Ribera, ha dichiarato che verranno costruite nuove infrastrutture tra cui impianti di desalinizzazione e di riciclo dell’acqua, in grado di raddoppiare la percentuale di acqua riutilizzata nelle aree urbane dal 10 al 20 per cento entro il 2027. Infine, Ribera ha dichiarato che andrebbero ridotte le sovvenzioni sulle irrigazioni.

Cosa apprezzabile, Ribera, a differenza di molti suoi “colleghi” in ambito europeo, ha fatto riferimento ai cambiamenti climatici e ai fenomeni meteorologici più frequenti e intensi. Ha detto: “Dobbiamo prepararci sfruttando tutta la capacità tecnica che la Spagna ha accumulato e sviluppato nel corso di molti anni”. “Affrontare episodi come l’attuale ondata di caldo richiede pianificazione, misure strutturali e anche, ovviamente, piani di aiuto a breve termine e immediati”.

Ci sono poi due territori particolarmente a rischio. Uno è il parco naturale di Doñana, una riserva grande 130mila ettari, dichiarato parco nazionale protetto dall’Unesco, che subisce la concorrenza delle coltivazioni di fragole in Andalucia, che richiedono ingenti quantitativi di acqua.

L’altro è la Catalogna, dove l’approvvigionamento idrico si è ridotto così tanto (non piove da 32 mesi) che le autorità hanno introdotto una legge a marzo che prevede la riduzione del 40 per cento dell’acqua da utilizzare per l’agricoltura, una riduzione del 15 per cento per usi industriali e un taglio nella fornitura media giornaliera per abitante da 250 a 230 litri.

Dicevamo poco fa che l’inazione climatica non è più giustificabile né tollerabile. A questo proposito segnalo l’ultima azione degli attivisti e le attiviste di Ultima generazione, raccontate da la nuova ecologia, che a Roma la mattina del 17 maggio si sono calati dal Ponte delle Valli che si affaccia sulla Tangenziale Est mostrano uno striscione con scritto #nonpaghiamoilfossile, mentre altri dieci bloccavano la strada. 

  • Il grande aumento delle esportazioni in Cina rilevato da inizio anno, e del quale abbiamo parlato ieri nelle ultime settimane in cerca di elementi per comprenderne le cause, è stato determinato in buona parte dall’alta domanda per il Paxlovid, il farmaco prodotto da Pfizer per trattare i casi di COVID-19 e ridurre i rischi di sintomi gravi. La circostanza è stata confermata dall’azienda farmaceutica al Post (era stata anticipata dal Corriere) e spiega buona parte dell’aumento del 62 per cento delle esportazioni a febbraio rispetto allo stesso periodo del 2022, e il raddoppio rispetto a dicembre dello scorso anno. Pare, in pratica, che il lungo lockdown cinese che ha impedito la circolazione del virus, assieme a una minore efficacia dei vaccini cinesi – ma su questo ho letto opinioni discordanti – abbia lasciato la popolazione ancora priva di anticorpi e che quindi il governo cinese stia correndo ai ripari.
  • Ieri la Corte d’appello di Parigi ha confermato la condanna dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy per corruzione e traffico d’influenze. Sarkozy era stato condannato in primo grado nel marzo del 2021 a tre anni di carcere. La Corte d’appello ha deciso che Sarkozy dovrà scontare un anno ai domiciliari, dato che due anni della pena sono stati sospesi con la condizionale: gli avvocati di Sarkozy hanno fatto sapere che ricorreranno in Cassazione. La condanna si riferisce a fatti risalenti al 2014, quando secondo alcune intercettazioni telefoniche l’ex presidente francese avrebbe cercato di ottenere dall’ex magistrato francese Gilbert Azibert alcune informazioni riservate sulle indagini che la magistratura stava svolgendo su presunti finanziamenti illeciti alla sua campagna elettorale del 2007, offrendo in cambio al magistrato un incarico onorifico nel principato di Monaco. 
  • Martedì è stato arrestato Vsevolod Kniaziev, presidente della Corte Suprema ucraina, il più importante organo giudiziario del paese, con l’accusa di corruzione. Lo ha fatto sapere l’autorità governativa che si occupa di contrastare la corruzione in Ucraina e che ha condotto l’indagine: Kniaziev, che ha 43 anni ed è presidente della Corte dal dicembre del 2021, è accusato di aver ricevuto una tangente da un oligarca ucraino, Kostiantyn Zhevago.
  • Sempre Martedì in Ecuador è cominciato il processo di impeachment contro il presidente di centrodestra Guillermo Lasso, accusato di essere coinvolto in un caso di appropriazione indebita legato a due società pubbliche. È la seconda volta da quando è stato eletto che il parlamento del paese cerca di rimuoverlo dal suo incarico: ci aveva già provato nel giugno del 2022, a un anno dalla sua elezione e nel pieno delle grandi proteste delle persone indigene contro il suo governo, ma in quell’occasione non c’erano stati i voti sufficienti per arrivare al processo di impeachment.
  • L’assemblea legislativa di Taiwan ha approvato un disegno di legge che consente alle coppie omosessuali di adottare bambini. L’isola indipendente de facto, che la Cina continua a considerare parte del proprio territorio, nel 2019 era stato il primo paese asiatico a riconoscere i matrimoni gay. Negli anni successivi si è fatta sempre più sentire la pressione dei movimenti locali per i diritti civili, che hanno chiesto piena uguaglianza tra le famiglie tradizionali e quelle arcobaleno, anche dal punto di vista delle adozioni. Ora l’ultimo step è stato compiuto.

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