Vietata l’uccisione dei pulcini maschi
A partire dal 2027 in Italia non sarà più possibile l’abbattimento selettivo dei pulcini maschi delle galline in allevamento”. Cosa vuol dire? Capiamolo insieme.
Giovedì scorso alla Camera si stava discutendo il recepimento di una legge europea ed è strato approvato un emendamento, proposto da una deputata del M5S, che vieta alle aziende che allevano polli, di uccidere i pulcini maschi a partire dalla fine del 2026.
Se seguite qualche pagina animalista avrete visto quei filmati orribili su come vengono uccisi i pulcini. Sono triturati vivi o uccisi in delle specie di camere a gas, senza nemmeno essere storditi prima come avviene per altre specie. Questo avviene perché i pulcini maschi sono inutili ai fini dell’allevamento della specie della galline ovaiole, visto che uova non ne fanno e non vengono utilizzati per la carne. E quindi vengono uccisi. Per questo motivo ogni anno, in Italia, vengono uccisi tra i 25 e i 40 milioni di pulcini maschi”.
La nuova legge è il coronamento di una battaglia portata avanti da anni da associazioni ambientaliste come Lav e Animal Equity. Ma cosa prevede esattamente? O meglio, che fine fanno i pulcini maschi se non vengono uccisi? Be’, semplicemente, non nascono. Le uova devono essere riconosciuto tramite dei sistemi di riconoscimento del sesso dell’embrione nell’uovo, sistemi che esistono già e di cui dovranno dotarsi le aziende, in modo da eliminare quelle con embrioni maschili prima della schiusa.
Leggi simili entreranno in vigore in Germania e Francia già dal prossimo anno. Ora devo farvi una confessione. Spero vivamente che questa legge non entri mai effettivamente in vigore. Mica per i pulcini eh! Perché è indiscutibilmente una vittoria di civiltà quella di proibire una pratica barbara come questa. Però se vogliamo evitare la nostra di estinzione, credo che da qui al 2027 dovremo aver abolito gli allevamenti intensivi. Che sono uno dei problemi principali della nostra epoca e si stima che contribuiscano a circa il 15-20% delle emissioni globali.
Fra l’altro, forse ricorderete che nel 2027, entrerà in vigore anche la legge europea che vieta gli allevamenti in gabbia per molte specie fra cui polli e maiali. Che è un altro passo importante.
Ovviamente abolire gli allevamenti intensivi significa rivedere anche profondamente le nostre abitudini alimentari, perché come avviene per tutte le cose, dalla mobilità elettrica alle energie rinnovabili, se pensiamo di fare un trasferimento uno a uno dagli hamburger delle catene di fast food a quelli prodotti dal nostro allevatore vicino di casa, che ha una densità di una mucca per chilometro quadrato facciamo peggio che meglio perché significa che tutto il mondo deve diventare un unico enorme pascolo per mucche.
Francia, legge contro i maltrattamenti animali
Qualche settimana fa invece, il parlamento francese ha adottato in via definitiva, con un voto quasi unanime al Senato, una proposta di legge contro i maltrattamenti animali. All’interno della quale sono contenuti vari aspetti interessanti, tipo il divieto graduale di tenere animali selvaggi nei circhi e negli acquari, la fine della vendita di cuccioli di gatti e cani nei negozi di animali a partire dal 1° gennaio 2024 e pene più dure per torture e abbandoni.
Ne parla TGCom 24. Le misure entreranno in vigore con gradualità: lo stop alla vendita di cuccioli di cani e gatti nei negozi scatterà il 1° gennaio 2024, mentre dal 2028 saranno banditi gli animali selvatici nei circhi e nei parchi acquatici. Verranno anche inasprite le pene per chi commetta soppressione senza giusta causa, abbandono e maltrattamento, con sanzioni molto pesanti: fino a 75mila euro e 5 anni di carcere.
Saranno anche creati nuovi organi di controllo per combattere la vendita di animali online, al fine di fermare il traffico illegale di specie protette, fragili, pericolose, inadatte ai territori di destinazione, e per contrastare il cosiddetto “acquisto d’impulso”, ovvero comprare un nuovo animale come si fa con un nuovo maglione, perché ci va per lì, e poi stufarcene poco dopo, cosa che è diventata più frequente con gli acquisti online.
Il tema degli animali da compagnia è particolarmente interessante, e poco trattato. Secondo uno studio mondiale della GFK, che ha coinvolto 22 paesi, il 56% degli abitanti del nostro pianeta vive con almeno un animale da compagnia. Secondo un altro studio dal titolo Environmental impacts of food consumption by dogs and cats l’alimentazione dei nostri gatti e cani produce l’equivalente di 64 milioni di tonnellate di CO₂ ogni anno. Che è una roba grossa, all’incirca come un intero paese come Finlandia, Cile, o Austria.
La cosa che impatta di più è il cibo, dato che sono necessari allevamenti intensivi di carne. E appunto è un impatto a cui spesso non pensiamo. Ovviamente, come per gli esseri umani, anche per gli animali domestici possiamo diminuire drasticamente l’impatto ambientale. Se vi interessa il tema potete guardarvi le interviste a Armonie animali, una rete di veterinari etici, che abbiamo pubblicato su Italia che Cambia.
Ad ogni modo, forse il dato che mi ha impressionato più di tutti è quello contenuto nel libro Picco per Capre, di Jacopo Simonetta e Luca Pardi. Ovvero, che se si prende la biomassa dei vertebrati esistenti sulle terre emerse (mammiferi, uccelli, rettili e anfibi) solo il 2-3% di essa è quella dei vertebrati selvatici il restante 97-98% è biomassa di Homo sapiens e dei suoi animali domestici. In quel tre percento ci sono gli elefanti, gli ippopotami, gli orsi, i cervi, le aquile ecc. Insomma tutti gli animali che popolano il nostro immaginario collettivo su cosa sia la natura.
Eppure, sarebbe fin troppo facile sbarazzarci del tema dicendo dovremmo smettere di adottare cani e gatti. Perché come mi suggerisce il mio collega nonché direttorissimo di ICC Daniel Tarozzi, nel rapporto fra la nostra specie e quelli che chiamiamo animali domestici c’è la ricerca della relazione ancestrale col selvatico, l’espressione di quella caratteristica innata (ma non istintiva, come ci ricorda spesso Giuseppe Barbiero) che è la biofilia. E quindi, magari, anche la chiave per una relazione diversa con gli ecosistemi.
Nuovi abbandoni
Certo è che è una relazione, quella con i nostri compagni cani, gatti e vari, che va curata come ogni altra relazione. Perché, come anche la legge francese ci ricorda, è facile cadere nel rischio di oggettivare l’animale, trattarlo alla stregua di un bene di consumo e poi quando ce ne stanchiamo, esercitare il nostro sacrosanto diritto di recesso. D’altronde lo stesso facciamo anche con le relazioni con altri esseri umani, spesso. E una delle caratteristiche della società liquida, dei consumi.
Perché tutto questo pippone? Perché alcuni nuovi dati che arrivano dall’Italia fanno scattare il campanello d’allarme. Durante il lockdown c’è stato un vero e proprio boom di adozioni, al punto che sono praticamente finite le dosi di vaccini per cani e gatti. Ma ora purtroppo c’è un’ondata di ritorno, circa un animale su quattro è già stato restituito e i rifugi si stanno riempiendo di nuovo: rispetto allo scorso anno le «cessioni» sono aumentate del 17% per i cani e del 60% per i gatti.
Insomma, come al solito la realtà è complessa e fatta di tante spinte che vanno in direzioni opposte.
Fonti e articoli:
#pulcini
Corriere.it – Pulcini maschi triturati vivi, dal 2027 in Italia sarà una pratica vietata
#alimentazione animali
Italia che Cambia – Armonie Animali: l’alimentazione sostenibile per cani e gatti
National Geographic – Come ridurre l’impatto ambientale degli animali domestici
#Francia
TGCOM24 – Francia, vietata la vendita di cani e gatti nei negozi
#adozioni
Il Fatto Quotidiano – Cani, conigli e soprattutto gatti: mancano i vaccini per gli animali domestici dopo il boom di adozioni del 2020. Enpa: “Un pericolo”
Corriere.it – Noi e loro: perché abbiamo ripreso ad abbandonarli? Più 60% i gatti e 17% i cani rifiutati
#molluschi
Linkiesta – Gli animali che non mangeremo (più)