I negoziati per un trattato globale sulla plastica hanno fallito, ma non se ne parla – #1031
Continua il disinteresse del mondo mediatico per le sorti della nostra specie sul Pianeta. Se la Cop29 di Baku, quella sui cambiamenti climatici, è passata molto in sordina, l’incontro in Corea del Sud per approvare un trattato mondiale sulla plastica, considerato un incontro chiave per il futuro della nostra specie sul Pianeta, è stato letteralmente ignorato. Letteralmente. Ignorato.
L’incontro è stato un totale fallimento, ma fra i giornali italiani, solo il Corriere del Ticino la riporta. E noi, adesso, con questa rassegna.
Quindi mi sposto sul Guardian, che come al solito ha fatto un ottimo lavoro di copertura dell’iniziativa. E che in chiusura dell’evento, che è terminato ufficialmente domenica, ci dice che “I negoziatori presenti all’incontro di Busan, Corea del Sud, non sono riusciti a raggiungere un consenso su un trattato storico per combattere l’inquinamento da plastica”.
In pratica l’obiettivo dell’incontro, che era il quinto e in teoria ultimo round di negoziati in seno alle Nazioni unite, era quello di approvare un trattato globale vincolante sulla plastica.
Dopo due anni di incontri e discussioni i rappresentanti di quasi 200 nazioni si sono riuniti per elaborare un accordo che ponesse fine all’inquinamento da plastica. “Tuttavia – leggo sull’articolo – una settimana di intensi negoziati ha evidenziato divisioni profonde tra due principali schieramenti: i paesi “ad alta ambizione”, che sostengono limiti globali alla produzione di plastica e ai prodotti chimici nocivi, e un altro gruppo di Paesi, tendenzialmente produttori di petrolio, che invece non volevano ridurre la produzione di plastica ma agire solo su strategie di gestione dei rifiuti.
Domenica sera è stato diffuso un testo preliminare che ha evidenziato divergenze irrisolte su questioni cruciali. Nel corso della plenaria conclusiva, il presidente della conferenza Vayas Valdivieso ha riconosciuto alcuni progressi, ma ha affermato che “dobbiamo anche riconoscere che alcune questioni critiche continuano a impedirci di raggiungere un accordo completo”, aggiungendo che “saranno necessari ulteriori sforzi e tempo per affrontare questi punti critici in modo efficace, annunciando che vi è consenso generale nel riprendere la sessione in una data successiva per concludere i negoziati”.
Insomma, se ne riparla più avanti.
Comunque il punto importante da capire è che esistono questi due grossi gruppi di paesi. E che un gruppo ha ragione e l’altro ha torto, perlomeno da un punto di vista puramente ambientale. Perché ormai sappiamo da anni che il riciclo non è una soluzione al problema della plastica e che l’unico modo per smettere di avere il problema di inquinamento da plastica e microplastica – che per inciso sono letteralmente ovunque, dalle cime dei monti ai fondali oceanici, in moltissimi nostri organi interni, nelle rocce, ovunque – è smettere di produrla, perlomeno in queste quantità. E più in generale eliminare il concetto di usa e getta dalle nostre società.
Tornando ai negoziati, molte delle delegazioni favorevoli a un trattato ambizioso hanno accusato esplicitamente un piccolo gruppo di paesi di bloccare i progressi. Un ministro francese ha criticato questo gruppetto di “ostruzionismo continuo,” mentre Juliet Kabera, delegata del Ruanda, ha affermato che un “numero ristretto” di nazioni rimane contrario alle misure necessarie per promuovere un reale cambiamento.
Anche se non sono stati nominati pubblicamente i paesi che ostacolano l’accordo, dichiarazioni pubbliche e documenti suggeriscono che siano nazioni produttrici di petrolio, guidate dall’Arabia Saudita e che includono anche la Russia, ad opportsi a tagli nella produzione e ad altri obiettivi ambiziosi.
Incontri come questo mostrano la debolezza dei processi internazionali. Considerate che c’erano più di 100 paesi che sostenevano l’obiettivo di ridurre la produzione di plastica, diverse decine che appoggiano anche l’eliminazione graduale di alcune sostanze chimiche e prodotti di plastica non necessari eppure nessuna di queste misure è passata per l’ostruzionismo di pochi paesi.
Certo, pesa anche la posizione incerta e difficile da leggere di quelli che al momento sono i due principali produttori mondiali di plastica, Cina e Stati Uniti, che non si sono schierati apertamente ma che sembrano aver in qualche modo avallato la posizione di chi faceva ostruzionismo.
Ora c’è da capire se e quando verranno indetti dei prossimi negoziati anche se molte organizzazioni ambientaliste hanno mostrato sfiducia in questo processo che sembra completamente incagliato. Ad esempio Eirik Lindebjerg, responsabile globale delle politiche sulla plastica per il WWF, ha dichiarato: “Sappiamo cosa dobbiamo fare per porre fine all’inquinamento da plastica… aggiungere altri incontri non risolverà il problema.” Ci aggiorniamo.
Avrete sentito molti giornali e Tg parlare della situazione in Siria, con delle truppe di ribelli islamisti che hanno conquistato Aleppo, la Russia che manda l’aviazione, le truppe che arrivano dall’Iran, gli Usa che attaccano le truppe iraniane, un gran casino. Quindi la situazione va spiegata un minimo perché la si possa comprendere. Anche perché é l’ennesimo tassello di quello che si sta sempre di più configurando come una un grande conflitto fra potenze globali che non viene combattuto direttamente dalle stesse potenze, a parte la Russia, ma indirettamente su tanti scenari diversi, e con armi diverse che possono essere il conflitto aperto, a manipolazione elettorale, il finanziamento a gruppi di ribelli e così via.
Comunque, partiamo dai fatti. La Siria è un paese devastato da anni di guerra civile dopo che durante la primavera araba nel 2011 venne attaccato il potere di Bashar al Assad, al potere dal 200, ma la cui famiglia governa il paese con stile autoritario dagli anni Settanta.
Dopo le rivolte del 2011 è scoppiata una tremenda guerra civile che negli anni ha causato oltre mezzo milione di morti e milioni di sfollati interni. Ed è diventata sempre piu quella che viene definita una guerra per procura gra le grandi potenze globali, inparticolare fra l’asse Russia-Iran e gli Usa/Nato. Attualmente il Paese è suddiviso in tre parti:
La maggior parte del Paese, inclusa la capitale Damasco e altre grandi città come Homs e Aleppo continuano ad essere governate dal regime di Assad, ma con il supporto indispensabile di Russia e Iran.
Poi c’è il nord-est del Paese che è controllato dalle cosiddette Forze Democratiche Siriane (SDF) guidate dai curdi, con il sostegno degli Stati Uniti che negli annoi hanno avuto un ruolo soprattutto nel combattere l’Isis. Sebbene sia una parte minore del paese, in questa zona si trovano le principali risorse petrolifere.
E infine ci sono dei gruppi islamisti piuttosto estremi, i cosiddetti ribelli e Hayat Tahrir al Sham che Controllano Idlib e alcune zone limitrofe nel nord-ovest, con il sostegno della Turchia. Turchia che lo sostiene soprattutto in ottica anti-curda, perché sappiamo che il premier turco Erdogan e il suo partito considerano i curdi una minaccia esistenziale e non perdono occasione per perseguitarli.
Ora, in questa situazione già complicata, è successo che questi gruppi ribelli islamisti, alcuni dei quali sostenuti dalla Turchia, hanno lanciato delle offensive nel nord del Paese, riuscendo a prendere il controllo di città come Aleppo. In risposta, l’esercito siriano, con l’aiuto dell’aviazione russa, ha intensificato gli attacchi aerei per riconquistare le aree perdute, in scontri che hanno causato la morte di circa 400 persone.
Oltre all’aiuto dei russi, anche altre milizie non identificate, ma che i giornali definiscono vagamente “sostenute dall’Iran” sono entrate in Siria passando dall’Iraq per supportare le forze governative di Assad e si sono dirette verso nord fino ad arrivare ad Aleppo. Una mossa che, racconta il Fatto Quotidiano, ha suscitato preoccupazioni a livello internazionale, con i governi di Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna che hanno chiesto una “de-escalation” del conflitto e sollecitato una soluzione politica.
Al tempo stesso però, secondo quanto riporta Gianluca di Feo su Repubblica, nella tarda serata di domenica alcuni aerei statunitensi non hanno agito per via politica, ma hanno colpito basi e veicoli di quelle stesse truppe irachene sconosciute.
Mentre viene fuori, almeno questo afferma un articolo del KYiv Post, da fonti non verificate, che anche l’esercito Ucraino avrebbe contribuito ad addestrare alcuni di questi gruppi ribelli islamisti, molti dei quali veri e propri jihadisti, in ottica anti-russa. E Assad accusa gli Usa di voler ridisegnare la regione.
In tutto ciò il ministro degli Esteri iraniano ha annunciato un prossimo incontro con Turchia e Russia per discutere della crisi siriana e riprendere il Processo di Astana, un processo di negoziazione iniziato nel 2016. Il messaggio però è anche rivolto agli Usa: il tema è: con la Turchia le cose si possono sistemare, con gli Usa e la parte sotto la loro influenza no, la SIria non li riguarda.
Insomma, come vedete la situazione è molto complicata e come spesso accade cause di forza maggiore, questioni geopolitiche tirano per la giacca la storia. Gli Usa appoggiano ufficialmente i gruppi democratici ma sottobanco aiutano anche le formazioni islameiste e jihadiste. E – sempre come spesso accade – emerge una certa ipocrisia di diversi media, che chiamano le forze islamiste-jihadiste col nome di ribelli anti Assad. Per intenderci, sono gruppi estremisti, nati in seno ad Al Queda, molto più estremisti dei talebani in Afghanistan. Solo che visto che combattono contro la Russia, sono un po’ meglio.
Ecco, queste sono le logiche delle grandi potenze che si scontrano per procura sul territorio siriano. E intendiamoci, non è che sono le logiche degli Usa, sono anche le logiche della Russia, dell’Iran, di Assad. Sono logiche che ragionano in base a sfere di influenza, geopolitica, non in base ai diritti delle persone e nemmeno in base alle conseguenze in termini di vita umana sulle persone. Sotto a queste logiche però, in Siria, ci vivono delle persone. Vere. Milioni di persone che da oltre un decennio vivono nella paura e spesso muoiono sotto le bombe. Ne riparliamo.
Al volo, sempre in tema politica estera e guerre, vi do un po’ di notizie a mo di aggiornamento volante. In Libano l’esercito israeliano continua ad effettuare attacchi nonostante il cessate il fuoco, al punto che persino l’amministrazione Usa ha detto a Netanyahu che sta violando la tregua. Intanto la situazione a Gaza continua ahinoi a peggiorare per i palestinesi.
Come ha detto ieri Antonio Guterres, segretario generale Onu “La situazione a Gaza è apocalittica e spaventosa”. E l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), spiega Repubblica, ha annunciato che sospenderà la consegna di aiuti umanitari a Gaza perché è diventata “impossibile”: solo 1400 camion di aiuti sono arrivati a Gaza, nulla in confronto a quello che servirebbe. E fra l’altro è sempre più pericoloso mandare i convogli, che spesso vengono assaltati da bande armate, quando non finiscono sotto le bombe.
Negli Usa invece Joe Biden ha fatto una delle sue ultime mosse politiche da Presidente Usa annunciando la grazie per suo figlio, Hunter Biden, che rischia il carcere perché accusato di evasione fiscale e possesso illecito di armi da fuoco, nonostante avesse precedentemente dichiarato che non avrebbe utilizzato il suo potere esecutivo per favore di familiari.
Ieri invece, in una clamorosa inversione di rotta, ha giustificato la sua nuova decisione sostenendo che Hunter è stato “perseguitato ingiustamente” e che la politica ha influenzato i procedimenti legali contro di lui. Questa mossa ha suscitato critiche bipartisan, con esponenti di entrambi i partiti che accusano il presidente di abuso di potere e favoritismo nei confronti della famiglia.
Infine ci sono state le elezioni in Romania, sia presidenziali che per rinnovare il parlamento. E la notizia principale è che in entrambe le votazioni sono andati molto bene i partiti della destra sovranista considerata filorussa. Nelle parlamentari, sebbene il Partito Social Democratico di centrosinistra abbia ottenuto la maggioranza relativa, con circa il 22% dei voti, la somma dei voti per i partiti di estrema destra supera il 30%, triplicando i risultati del 2020.
Mentre alle presidenziali, in quello che era il primo turno, il candidato indipendente di estrema destra e filorusso, Călin Georgescu, ha ottenuto il 22,94% dei voti, superando il primo ministro uscente Marcel Ciolacu, che ha ricevuto il 19,5%. Elena Lasconi, candidata del centrodestra e giornalista, ha ottenuto il 19,7% dei voti. Il ballottaggio tra Georgescu e Lasconi è previsto per l’8 dicembre. Comunque è uno scenario da tenere d’occhio perché la Romania è un paese che sta dentro l’Ue e dentro la Nato.
Una notizia molto interessante arriva invece dalla Svizzera, e in particolare da Zurigo. Leggo su GreenMe, articolo a firma di Giorgia Burzachechi, che “il Governo del Cantone di Zurigo ha deciso di puntare in grande sull’energia solare, obbligando l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti più grandi”.
“Secondo i calcoli del Consiglio di Stato, con questo piano si potrebbero produrre fino a 6 TWh di elettricità rinnovabile in più ogni anno, quasi i due terzi del consumo elettrico del Cantone.”
Insomma ci sarebbe un grosso potenziale inespresso a livello di generazione di elettricità pulita, fra l’altro senza consumo di suolo. Ma quindi in cosa consiste questa misura? Continua la giornalista che “il Governo ha previsto l’obbligo di installare pannelli su tutti i tetti idonei con una superficie superiore ai 300 metri quadri”. E, dettaglio importante “Questa misura vale per i nuovi edifici, ma anche per quelli già esistenti: in questi ultimi, i pannelli dovranno essere aggiunti in caso di ristrutturazione del tetto o, al massimo, entro il 2040.
Al momento esiste già una legge che obbliga tutti i nuovi edifici a coprire una parte del proprio fabbisogno energetico con fonti rinnovabili, spesso tramite pannelli solari, ma ora l’obbligo verrà aggiornato per sfruttare al meglio ogni superficie disponibile.
Ovviamente ogni cosa ha le sue criticità. Una criticità del fotovoltaico è che ha un rendimento altalenante nel corso dell’anno, e produce circa i ⅔ dell’energia annuale nel periodo estivo, quando il sole batte più forte, mentre il rendimento cala di molto durante l’inverno. In parte questo andamento viene compensato da altre fonti, i parte dalle esportazioni e importazioni di elettricità con altri cantoni e altri paesi, ma in parte il governo locale svizzero vorrebbe affrontare la cosa favorendo lo sviluppo di sistemi di accumulo.
Per il Consiglio di Stato ha stanziato un fondo speciale per rendere alcune soluzioni di accumulo commercialmente accessibili, affidando il compito ai gestori delle reti elettriche, che dovranno collaborare tra loro. Il fondo sarà finanziato dalle bollette degli utenti, quindi da cittadini e cittadine con un aumento di circa il 2% sulla bolletta elettrica.
La legge comunque, se ho ben capito, non è ancora stata approvata e al momento siamo nella fase di consultazione pubblica, che è una fase preliminare del processo legislativo, durante la quale Cantoni, partiti politici, associazioni e altri soggetti interessati possono esprimere le proprie opinioni su progetti di legge o modifiche legislative proposte.
In questo caso, la consultazione pubblica sulla revisione della legge resterà aperta fino al 30 di questo mese e tra le proposte in discussione c’è anche quella della Commissione per l’energia, i trasporti e l’ambiente del Consiglio cantonale, che vuole estendere l’obbligo dei pannelli solari anche alle facciate dei nuovi edifici e alle coperture degli edifici esistenti, senza limiti di superficie, con un termine di 10-15 anni. La proposta include anche l’obbligo di dotare i grandi parcheggi di impianti solari entro 10 anni. Ci teniamo aggiornati!
#plastica
The Guardian – International talks on curbing plastic pollution fail to reach agreement
Corriere del Ticino – AmbienteIl Trattato globale per ridurre l’inquinamento da plastica dovrà aspettare
Greenreport – Summit per il Trattato globale sulla plastica: mai così tanti lobbisti dell’industria chimica e fossile ai negoziati
#Siria
Kyiv Post – Ukrainian Trained, Turkish Sponsored Syrian Rebels Lead Assault on Aleppo
la Repubblica – Siria, gli Usa attaccano gli alleati di Damasco che combattono i jihadisti
il Post – Chi sono i ribelli islamisti che hanno conquistato Aleppo
#Biden
Corriere della Sera – Joe Biden concede la grazia al figlio Hunter (che rischiava il carcere): «Contro di lui persecuzione mirata per colpire me»
#Romania
il Post – L’estrema destra vuole ripetersi alle elezioni parlamentari in Romania
#Gaza
la Repubblica – Israele in guerra, le notizie di oggi. Media, Usa avvertono Israele: state violando tregua in Libano
#fotovoltaico
GreenMe – Fotovoltaico su tutti i grandi tetti: a Zurigo scatta l’obbligo di installare i pannelli solari su quelli di oltre 300 mq