13 Giu 2023

Morto Berlusconi, la fine di un’epoca (oppure no)? – #745

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Ieri mattina è morto Silvio Berlusconi. Dire qualcosa di originale, non retorico, e vagamente interessante in un momento in cui letteralmente tutto il mondo sta parlando di questo fatto, non è una cosa semplice. Cerchiamo di farlo, selezionando gli articoli più interessanti e raccogliendo i commenti dei nostri giornalisti.

Ho passato buona parte della giornata di ieri ad interrogarmi su cosa dire sulla morte di Silvio Berlusconi. Perché capirete bene che dire qualcosa di originale, non retorico, e vagamente interessante in un momento in cui letteralmente tutto il mondo sta parlando di questo fatto, non è una roba semplice.

Premetto che per una volta tralascio i fatti, do per scontato che li sappiate già o che li possiate reperire facilmente altrove. Quindi non sto qui a dirvi come è morto, quando saranno i funerali e questo genere di informazioni. E tralascerò anche i dettagli biografici: la sua vita è troppo densa e piena di cose per tentare anche solo vagamente di riassumerla. Per questo vi rimando ai soliti articoli sotto Fonti e articoli. 

Quindi di cosa parliamo? Direi che procediamo un po’ alla rinfusa, saltando da uno spunto all’altro, facendomi guidare da alcuni articoli interessanti, alcune riflessioni condivisemi dai colleghi e colleghe, e vediamo cosa viene fuori. 

Partiamo dai giornali: un elemento che mi appare subito evidente è che c’è un berlusconi percepito all’estero e un Berlusconi percepito in Italia. I giornali esteri, dal Guardian, al Nyt, ad Al Jazeera hanno tutti titoli che fanno riferimento agli scandali, al sesso, al fatto che fosse un uomo di spettacolo oltre che un politico.

La mia sensazione è che all’estero Berlusconi piacesse molto. Non tanto come politico – quello era anzi piuttosto detestato – ma come emblema del nostro Paese. Come fenomeno sociale. Agli occhi di molti stranieri Berlusconi rappresentava perfettamente l’Italia, era una perfetta maschera (non non parlo del cerone ma di commedia dell’arte), un mix di perfetto e grottesco di machismo, goliardia, mafia, carisma, buffonaggine. Ora noi lo sappiamo che il nostro paese non è Berlusconi e Berlusconi non è il nostro Paese (altrimenti non esisterebbe un giornale chiamato Italia che Cambia), ma diciamocelo, è difficile vedere uno stereotipo incarnato potente come Berlusconi.

Per farvi capire quanto Berlusconi abbia plasmato a fondo l’immaginario globale del nostro Paese, ho chiesto al documentarista e giornalista di ICC Ezio Maisto di raccontarmi un aneddoto che aveva condiviso anni fa sul suo profilo FB, un aneddoto piccolo, ma che mi è sembrato significativo oltre che divertente. A te la parola Ezio.

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Con questa chiusura un po’ amara passiamo al Berlusconi in Italia. Percezione molto diversa, rispetto all’estero. Qui i giornali parlano, in maniera molto diversa fra loro, di un uomo che ha dominato e anche plasmato la scena politica, sociale, culturale del nostro paese per 30-40 anni. Stiamo parlando di uno dei personaggi italiani più influenti di sempre. Per almeno 3 generazioni diverse Berlusconi è stato un argomento di conversazione quasi quotidiana in quasi tutte le famiglie del nostro paese, capace di suscitare un odio profondo e viscerale così come un’ammirazione e quasi un’idolatria sconfinata. 

Ancora Ezio Maisto mi ha condiviso una sua riflessione su come Berlusconi abbia spaccato le famiglie italiane e dato il via alla polarizzazione della società nel nostro Paese. 

Ma ci sono anche tanti altri aspetti. Vi faccio ascoltare alcuni scampoli di una serie di riflessioni inviatemi dal direttore responsabile di Italia che Cambia Daniel Tarozzi.

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Interessante davvero questa considerazione sull’aver trasformato una sua patologia in un fatto di costume di un intero paese. Così come il passaggio in cui Daniel dice: “probabilmente se non ci fosse stato lui lo avrebbe fatto un altro”. È qualcosa a cui penso molto spesso: Per ogni Berlusconi, serve un contesto pronto ad accogliere Berlusconi, pronto per i cambiamenti che Berlusconi porta con sé. Un Berlusconi nato dieci anni prima probabilmente avrebbe continuato a vendere aspirapolveri porta a porta o a cantare sulle navi da crociera. Credo che ci sia uno spirito del tempo che alcune persone riescono ad incarnare particolarmente bene, e per questo ad avere successo anche arrivando dal nulla (poi certo, se si fanno amiche le mafie anche questo aiuta). 

Altre riflessioni interessanti sono quelle, abbastanza dure ma in buona parte condivisibili, di Paolo Ferrero del coordinamento nazionale di Unione Popolare, sul suo blog sul Fatto Quotidiano. L’articolo s’intitola “Con la morte di Berlusconi non si chiude un’epoca: questo era solo l’inizio” e al suo interno Ferrero argomenta una riflessione divisa in tre punti, tre elementi chiave nei quali Berlusconi ha condizionato il passato, il presente e il futuro del nostro paese. 

Punto primo: “Berlusconi non solo ha inventato la televisione commerciale in Italia, ma ha costruito su questa la televisione della destra populista, fondata sull’estremizzazione di alcuni elementi di cronaca che fanno paura, ripetendoli all’infinito e dilatandoli così tanto da produrre un nuovo immaginario e nuove immedesimazioni”. Secondo Ferrero l’idea che gli immigrati ci stanno invadendo non fa tanto parte del Berlusconi politico, ma lo fa delle sue Tv, che avrebbero spianato la strada all’affermazione delle destre xenofobe di Lega e Fdi.

Punto secondo: Berlusconi ha innestato sul forte anticomunismo, che sempre ha caratterizzato la destra italiana, il pieno sdoganamento del fascismo. In Italia come in tutta Europa, dopo la seconda guerra mondiale, la destra era storicamente divisa tra una destra fascista e una destra non fascista o antifascista. In Francia Cirac preferì perdere le elezioni presidenziali piuttosto che allearsi con la destra fascistoide di Le Pen padre. Berlusconi, al contrario, fu il primo in Europa a sdoganare i fascisti e ha aperto una tendenza che negli anni successivi si è progressivamente estesa in tutta Europa e in tutto il mondo. Quando nel 1983 Berlusconi appoggiò Fini, allora segretario del Msi come candidato a sindaco di Roma, e l’anno dopo riuscì a mettere insieme destra fascista e destra leghista con due coalizioni diverse al nord e al sud, Berlusconi tradusse sul piano elettorale e concreto una grande operazione di unificazione delle destre italiane, da quelle nazionaliste e fasciste a quelle secessioniste e xenofobe a quelle conservatrici a quelle liberali. 

Terzo punto: i comportamenti personali di Berlusconi sono stati così intrecciati con la sua attività pubblica da diventare elementi di costume che hanno inciso sulla vita del paese. Pensiamo solo a come Berlusconi abbia regolarmente ignorato la separazione tra legalità e illegalità. Berlusconi ha sdoganato fino in fondo l’idea che la forza e il consenso e non il rispetto delle regole democratiche fossero il fondamento dell’agire politico. O pensiamo a come gli stessi comportamenti privati abbiano rilanciato pesantemente un maschilismo che nessuno più rivendicava, fondato sull’idea che il corpo delle donne sia a disposizione di chi ha soldi per comprarlo. 

Insomma, conclude Ferrero, “Berlusconi è stato quindi il vero precursore della destra populista attuale – non solo in Italia e in Europa – e non solo sul piano politico, ma anche relativamente alla costruzione di un nuovo immaginario della destra. Berlusconi va quindi analizzato per la grande capacità politica di aver prodotto una nuova destra fascistoide – egemonica quanto pericolosa – in cui la manipolazione fondata sulla paura, il mancato rispetto delle regole e l’ego dilatato non è un fatto personale o episodico, ma la normalità in un contesto in cui il consenso è il punto legittimante. Oggi non si chiude una fase, perché la nuova realtà plasmata da Berlusconi è proprio quella in cui siamo immersi fino al collo”.

Giusto un rapido commento su quanto appena letto. Credo che un aspetto in cui Berlusconi è stato un vero anticipatore dei tempi – e che poi abbiamo ritrovato in tanti leader mondiali cosiddetti populisti – sia stata la sua personalizzazione della politica. Il fatto che lui fosse prima di ogni ruolo che ricopriva, Silvio Berlusconi. Il fatto che avesse amicizie personali e in qualche strana forma profonde con altri leader mondiali, da Bush, a Putin, a Gheddafi, ai quali si avvicinava come persona, o personaggio, più che come rappresentante di uno Stato.

Infine una nota personale. Vi condivido una sensazione di profonda tristezza quando ho saputo della notizia. Un po’ perché è uno di quei personaggi, Berlusconi, che anche se sai che sono umani e mortali, una parte di te crede che non moriranno mai (forse per via del Berlusconi che lasciano in noi, di cui ci parlava Daniel). Un po’ come la regina Elisabetta.

Un po’ perché, credo, ho sentito andarsene un elemento che ha caratterizzato buona parte della mia infanzia e giovinezza, è come se un grosso pezzo della mia giovinezza, forse l’ultimo, se ne fosse andato. E credo che lo stesso valga per buona parte della mia generazione. E che vi devo dire c’è chi ha salutato la sua giovinezza dicendo addio a John Lennon, a Kurt Kobain, a Che Guevara o a Kennedy. A me è toccato Berlusconi. È andata così.

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