29 Mar 2022

Milioni di tonnellate di scorie nucleari sui fondali oceanici – Io Non Mi Rassegno #491

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Stacchiamo per un giorno dalla guerra per fare una panoramica di alcune notizie interessanti uscite in questi giorni. E no, lo schiaffo di Will Smith a Chris Rock durante la notte degli Oscar non è fra queste. Parliamo, piuttosto, di un’inchiesta sulle scorie nucleari gettate sui fondali oceanici, dell’allentamento delle restrizioni Covid e di quello che ci aspetta dopo, del pronunciamento del Ministero della Transizione Ecologica sulla proposta di legge sulla Caccia selvaggia e infine di come costruire città più ecologiche e felici.

OCEANO RADIOATTIVO?

È uscita una inchiesta molto interessante sul giornale del CNRS (Centro nazionale per la ricerca scientifica) francese sui rifiuti radioattivi e scorie nucleari disperse nell’Oceano Atlantico. Si chiama: “Atlantique: sur la piste des fûts radioactifs” e fa luce su una serie di verità scomode legate ai rifiuti dell’industria nucleare. 

Patrick Chardon, specialista degli effetti della radioattività sull’ambiente spiega come per molti anni diversi paesi hanno gettato le scorie in fondo agli oceani (a oltre 4mila metri di profondità), nelle cosiddette pianure abissali, ritenute prive di vita e lontane dall’uomo.  

Tra il 1946, quando gli Stati Uniti effettuarono il primo scarico di scorie radioattive in mare, e l’inizio degli anni ’90, quando avvennero gli ultimi rilasci (almeno fra quelli conosciuti), sul fondo degli oceani sono stati scaricati migliaia di fusti pieni di scorie radioattive. Per l’area dell’Atlantico nord-orientale, dove l’Europa ha smaltito i suoi  rifiuti, si parla di oltre 200.000 fusti metallici da 200 litri, contenenti residui radioattivi legati con bitume o cemento in modo che i barili lanciati dalla superficie potessero resistere allo shock dell’impatto.

Tra i principali paesi “contribuenti”: la Gran Bretagna, che ha effettuato 34 operazioni tra il 1949 e il 1982 e ha immerso più di 140.000 fusti, il Belgio con 55.000 fusti e, infine, la Francia, comprese le due campagne del 1967 e del 1969 che hanno visto immergere più di 46.000 fusti. 

La cosa paradossale è che non si trattava di cose illegali. Era tutto consentito, dato che gli scarichi erano effettuati in alto mare, in acque internazionali dove non vigeva alcuna regolamentazione, anche se di certo non veniva molto raccontato. Dalla fine degli anni ’60, gli scarichi sono stati vigilati dall’International atomic energy agency, che ha delimitato le zone di immersione, fino a che la Convenzione di Londra ratificata nel 1975 ha imposto prima una moratoria e poi ha vietato lo scarico in mare di scorie nucleari. 

Riporta GreenReport che l’Italia, a quanto pare, nella sua breve esperienza nucleare, smaltiva le proprie scorie in Paesi come la Somalia o nelle navi fantasma affondate in giro per il Mediterraneo.

Comunque, rispetto agli anni Settanta, oggi sappiamo che gli abissi sottomarini non sono affatto un deserto, anzi sono pieni di forme di vita particolarissime (per noi). Quindi si pone la questione dell’impatto sugli ecosistemi di quelle scorie radioattive. E due campagne oceanografiche francesi programmate per gli anni 2023-2024 dovrebbero consentire per la prima volta di valutare questo impatto con precisione. Non mi attendo belle notizie. 

SI ALLENTANO LE RESTRIZIONI, COSA SUCCEDE DOPO?

Intanto fra due giorni è il 1 aprile e anche il nostro paese inizia il percorso, graduale, di allentamento delle restrizioni anti-Covid. E allora vi segnalo un’intervista molto interessante pubblicata ieri su Italia che Cambia, realizzata da Benedetta Torsello a Carlo Lottieri, professore di Filosofia del Diritto all’Università di Verona e membro del comitato Docenti contro il Green Pass. Intervista che parla dell’eredità che ci lasceranno questi due anni, all’interno della nostra società, e di come sarà difficile tornare veramente a uno stato di diritto pre-pandemia, perché una volta che lo stato aumenta il controllo sociale è difficile tornare indietro.

Mi ha colpito, questa intervista, per la profondità di pensiero e la critica molto sensata, che non si concentra tanto sulle restrizioni in sé, ma su come sono state imposte, nell’assenza di un minimo dibattito pubblico, di un confronto, di ascolto. Il come si fanno certe cose, molto spesso, conta più del cosa.

MiTE, UN BANCO DI PROVA SULLA CACCIA

Cambiando argomento, ma restando in Italia, domani il Ministero della Transizione Ecologica dovrà pronunciarsi su un testo in discussione alla Camera denominato “Caccia selvaggia” e sul piano di gestione del lupo. Perciò alcune associazioni ambientaliste (WWF Italia, ENPA, LAV, LAC, Legambiente e Lipu) lanciano un appello al Ministero in vista dell’audizione, chiedendo di condannare le due proposte. 

La prima, quella denominata Caccia selvaggia è da poco stata approvata dalla Commissione agricoltura alla Camera. Si tratta di una proposta che apre alla possibilità di sparare a tutte le specie selvatiche, in qualsiasi periodo dell’anno e anche nelle aree protette. È stata approvata con la motivazione (secondo le associazioni pretestuosa) di salvaguardare l’agricoltura, già messa alla prova da una serie di problemi che conosciamo, dall’impatto della fauna selvatica. Ed è una legge che fra l’altro bypasserebbe ISPRA e toglierebbe all’istituto di ricerca il suo fondamentale ruolo di garante scientifico del rispetto dei principi di tutela e conservazione della biodiversità.

L’audizione rappresenta la prima occasione per il MiTE per pronunciarsi in merito al testo, recentemente approvato nella medesima Commissione.

Il MiTE domani dovrà inoltre assumere una posizione anche sul tema della conservazione e gestione del lupo, una specie – affermano le associazioni – vittima di pregiudizi favoriti da quelle parti del mondo venatorio che, vedendo nei grandi carnivori dei diretti competitori nella cattura delle prede, preferiscono alimentare i conflitti diffondendo visioni distorte e prospettando al mondo dell’agricoltura e dell’allevamento, quale unica soluzione, quella dei fucili.

Quindi, ecco, è un ennesimo banco di prova – se non un’ultima occasione . per il Ministero della Transizione. Vediamo.

ECOCEMENTO E ECOMURALES

Chiudiamo con due-tre notizie che riguardano la transizione ecologica delle città. Rinnovabili.it dedica un articolo all’ecocemento bioricettivo prosotto dall’azienda Respyre. Che roba è? Si tratta di un calcestruzzo molto particolare che si può letteralmente spalmare sugli edifici cittadini e favorisce la crescita del muschio sugli edifici. Si creano così delle superfici versi utili a lenire l’effetto isola di calore tipico delle città.

Intanto a Napoli, dal 25 marzo è possibile ammirare il più grande eco-murales del Sud Italia: 370 mq di arte urbana, incentrata sui concetti di Sostenibilità, Bellezza, Riqualificazione, finanziato da alcune B Corp italiane grazie alla campagna #UnlockTheChange. L’opera, monumentale, è firmata dell’artista Zed1 e realizzata con le eco-pitture Airlite, una tecnologia brevettata in grado di assorbire parte dell’inquinamento atmosferico. 

Due notizie interessanti. È un’ottima cosa che ci sia più attenzione a questi temi e che si scelgano cementi e pitture che sono più eco-compatibili. L’importante però è che queste iniziative, singole, non ci distolgano dall’obiettivo più ampio di rendere le nostre città, complessivamente, più verdi, vivibili, fresche, e meno inquinanti. E per fare questo, oltre a ridurre drasticamente le fonti di inquinamento (tipo industrie, riscaldamento, mobilità, ecc) c’è una tecnologia miracolosa che svolge questa e altre mille funzioni ecosistemiche da milioni di anni. Si chiamano piante e alberi. 

CITTA’ PIU’ FELICI

Su questo punto, vi segnalo una specie di graphic novel pubblicata dal Guardian che si chiama “Cities need to be redesigned for the climate crisis. Can they make us happy, too?” ovvero “Le città devono essere ridisegnate per via della crisi climatiche. Possono anche renderci felici?”. Ed è un esercizio di immaginazione molto concreto su come potremmo creare città non solo più sostenibili ma anche più adatte ai reali bisogni di socialità, cibo e verde (in altre parole, ai bisogni) dei loro abitanti.

FONTI E ARTICOLI

#oceano nucleare
GreenReport – A caccia dei fusti radioattivi gettati in mare dai Paesi europei

#Ucraina
Internazionale – La guerra in Ucraina e il progetto imperiale di Putin
il Post – I rischi del boicottaggio della scienza e della cultura russe
Vita – Ma Biden vuole la pace?
Vita – Pensare è agire. La guerra, la complessità e il pensiero a una dimensione

#covid
Italia che Cambia – Verso l’allentamento delle restrizioni in Italia: prospettive e riflessioni del Comitato Docenti Contro il Green Pass
Euronews – Il “lockdown a metà“ di Shanghai

#città
Rinnovabili.it – Ecocemento bioricettivo, per città più verdi
Vita – Napoli, il più grande eco-murales antismog del Sud
The Guardian – Cities need to be redesigned for the climate crisis. Can they make us happy, too?

#microplastiche
Lifegate – Per la prima volta, le microplastiche sono state trovate nel sangue umano

#pesticidi
Lifegate – Pesticidi, la Commissione europea rinvia le proposte che servivano a dimezzarli

#diabete
GreenMe – Cambiare stile di vita funziona: in UK salvate più di 15mila persone dal diabete mangiando cibi sani

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