MASAI, SFRATTI E VIOLENZE IN TANZANIA
Mi è arrivata una segnalazione molto preoccupante da Survival International sulla situazione dei Masai del distretto di Loliondo, in Tanzania. Come al solito, partiamo dal descrivere la situazione, partendo proprio da quanto scritto in un articolo sul sito Survival.it.
In pratica, lo scorso venerdì 10 giugno l’esercito tanzaniano ha sparato proiettili – proiettili veri – contro i Masai, uomini e donne, che protestavano contro gli sfratti e il furto della loro terra ancestrale. Al centro della questione, come spesso accade, c’è la volontà di trasformare quest’area in un’aera protetta.
Il governo infatti vuole delimitare un’area di 1500 chilometri quadrati come riserva per la caccia sportiva. Stiamo parlando della cosiddetta Loliondo Game Controlled Area, che dovrebbe diventare un’Area Protetta all’interno della quale la caccia commerciale sarebbe “gestita” dalla Otterlo Business Company, una grande azienda basata negli Emirati Arabi Uniti, che ha già un trascorso di sfratti violenti e incendi per liberare le aree protette, e che organizza battute di caccia per la famiglia reale degli Emirati e i loro ospiti. Per permettere ai turisti di cacciare più liberamente tutti gli insediamenti umani e i pascoli interni all’area saranno proibiti. Ergo, visto che in quell’area ci vivono i Masai, questi stanno venendo sfrattati in massa.
Piccolo dettaglio, i Masai non sono esattamente entusiasti all’idea di dover abbandonare i propri villaggi per lasciare spazio ai ricchi cacciatori sauditi, e quindi hanno iniziato a protestare. E così, tornando a quello che dicevamo all’inizio, l’8 giugno c’è stata questa grossa operazione di polizia e esercito che assieme hanno provato a reprimere la protesta con la violenza.
E non è finita lì. Sempre secondo quanto riportato da SI la polizia sta andando casa per casa nei villaggi, picchiando e arrestando i Masai. 19 persone sono state arrestate (di cui 9 leader politici). Almeno una persona è stata uccisa, almeno 30 sono state ferite da armi da fuoco, mentre 13 con i machete.
Ai giornali della Tanzania è stato impedito di parlare di quanto sta accadendo, per motivi di “sicurezza nazionale”. Per fortuna diverse organizzazioni e le stesse Nazioni Unite stanno cercando di accendere i riflettori sulla vicenda. Gli esperti delle UN hanno richiamato il governo della Tanzania a fermare immediatamente gli sfratti delle persone che vivono nelle aree di Loliondo e Ngorongoro. Che sono, complessivamente, circa 150mila.
Nel frattempo continuano gli arresti, le sparatorie e le violenze contro i Masai per fare spazio a turismo di massa e caccia da trofeo. Come ha affermato la ricercatrice Fiore Longo, di ritorno dalla zona, “Ciò che è in corso a Loliondo si sta rapidamente trasformando in una catastrofe umanitaria, che rivela il vero volto della conservazione. Sparano contro i Masai solo perché loro vogliono vivere in pace nelle loro terre ancestrali, li attaccano per far spazio alla caccia da trofeo e alla ‘conservazione’.”
Uno dei problemi, credo, è che continuiamo a chiamare le cose con i nomi sbagliati. Ad esempio chiamiamo aree protette o aree di conservazione delle zone in cui si tollerano soprusi e persino omicidi pur di attirare gente che in cambio di una valanga di soldi può uccidere zebre antilopi e chissà cos’altro. Dovremmo chiamarle aree di caccia e soprusi. Sarebbe più aderente alla realtà. Anche perché chiamandole aree protette ci balza in mente la strana idea che ci sia qualcosa di sbagliato nel preservare gli ecosistemi, o che questo sia incompatibile con una cultura dei diritti, in particolare delle popolazioni native.
Mentre non c’è niente di più lontano dal vero, siamo persino oltre il classico bias del falso dilemma. Anche perché le poche culture ancestrali che sono rimaste su questo pianeta sono le uniche ad avere ancora una cultura del limite e dell’equilibrio, quindi lasciare che siano loro a gestire le cose sembra essere la migliore idea. Siamo noi cittadini dei paesi sviluppati che dovremmo semmai autoconfinarci in delle aree protette.
UK, BLOCCATE LE ESPORTAZIONI DI MIGRANTI
Intanto l’altro ieri è stato bloccato da una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo il primo volo che doveva trasportare sette richiedenti asilo dal Regno unito al Ruanda.
- Eh? Che hai detto?
Ma come, non vi ricordate? È la nuova politica migratoria adottata dal governo di Boris Johnson! In pratica il Regno unito ha fatto un accordo con il governo del Ruanda per poter spedire in Africa tutti i migranti richiedenti asilo illegali e indesiderati. E non solo quelli del Ruanda, né solo quelli africani. No, no, proprio tutti.
Più nel dettaglio, l’accordo si chiama “Migration and Economic Development Partnership” e prevede che il Regno Unito paghi il governo ruandese per prendere in carico i migranti entrati illegalmente in territorio britannico per tutto il tempo che sarà necessario alle autorità britanniche per decidere se dare loro lo status di rifugiati.
Non solo. Prevede anche che una volta che la pratica viene portata a termine, se il permesso viene accordato questi restino… In Ruanda. In altre parole, nemmeno a chi verrà riconosciuto il diritto d’asilo sarà permesso tornare nel Regno Unito.
Ovviamente – ma va! – la legge ha suscitato molte polemiche. I trasferimenti dovevano partire a maggio ma sono stati bloccati dai ricorsi di varie Ong, ricorsi che però erano stati respinti dai tribunali inglesi. A quel punto però i singoli passeggeri hanno iniziato a muoversi per vie legali per evitare il trasferimento. La settimana scorsa – scrive il Post – era previsto che il primo volo avrebbe trasportato 130 migranti, poi venerdì il loro numero si era ridotto a 31, e infine erano rimasti soltanto sette.
Nonostante questo, il governo aveva deciso di far partire lo stesso il grande Boeing 767 che aveva affittato per l’occasione, benché praticamente vuoto, con l’intenzione di segnare in maniera simbolica l’inizio del programma di trasferimenti.
Ma proprio a un’ora e mezza dalla partenza è arrivata la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha bloccato tutto. La Corte ha infatti stabilito che uno dei richiedenti asilo che avrebbero dovuto essere trasferiti, un uomo fuggito dall’Iraq, avrebbe subìto un’irreparabile violazione dei propri diritti se fosse stato portato in Ruanda. Sai com’è.
La reazione del governo è stata piuttosto stizzita. La ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, ha detto che «non smetteremo di fare la cosa giusta e realizzare i nostri piani per difendere i confini della nostra nazione», e ha promesso che il governo preparerà comunque nuovi voli per il Ruanda. Vedremo come andrà a finire, intanto mi sembra una piccola grande vittoria di civiltà.
Fra l’altro ne approfitto per un brevissimo aggiornamento sul caso Assange. Perché Priti Patel è la stessa che a giorni dovrebbe decidere sull’estradizione di Julian Assange negli Usa. E qualche giorno fa Teresa Ribeiro, rappresentante Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) per la libertà dei media ha scritto alla ministra inglese esprimendo: “la mia preoccupazione per l’impatto che tale decisione può avere sulla libertà dei media”. E invitandola a non estradare. Dai Priti, teniamoli tutti a terra questi aerei, che inquiniamo anche meno.
FONTI E ARTICOLI
#Masai
Survival International – Tanzania: decine di Masai feriti e arrestati, a migliaia in fuga. Li vogliono sfrattare per far spazio a safari, caccia sportiva e ‘conservazione’
#Regno Unito #migranti
il Post – Il primo trasferimento di migranti dal Regno Unito al Ruanda è fallito
#Assange
il Fatto Quotidiano – Assange, l’Osce scrive a Londra. “Non estradatelo negli Usa”
#mascherine
il Sole 24 Ore – Covid, mascherine sui mezzi di trasporto: obbligo fino al 30 settembre (tranne i voli)