17 Ott 2024

La manovra economica 2025 ai raggi X – #1004

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Il governo ha da poco approvato la manovra o legge di bilancio, ovvero la legge con cui anticipa come spenderà i soldi pubblici il prossimo anno. Una legge che è molto importante perché ci fa capire nei fatti e non nelle dichiarazioni come intende agire un governo, quali settori vuole avvantaggiare e quali penalizzare. Vediamola quindi. Parliamo anche dell’arrivo in Albania, fra le proteste della prima nave italiana con 16 migranti, frutto dell’accordo fra i due governi, di Mimmo Lucano condannato per danno erariale e del modo in cui alcuni giornali raccontano l’arrivo dell’influenza.

Come da tradizione verso fine ottobre arriva la manovra economica del governo e come da tradizione noi la spieghiamo per bene. Ieri il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha presentato la manovra approvata nella serata di martedì dal Cponsiglio dei Ministri e che dovrà essere votata dal parlamento entro la fine dell’anno. 

Manovra è uno di quei termini che tutti conosciamo e che in pochi sanno davvero che significa. Anche perché, per confondere le carte, i giornali si divertono a chiamarla con mille nomi diversi. Legge di stabilità, Legge Finanziaria, Finanziaria e basta, Manovra appunto, ma anche Manovra economica o Manovra di governo e infine, anche se questo termine non si usa quasi più, Legge di Stabilità.

Vogliono tutti dire esattamente la stessa cosa, indicano esattamente la stessa legge che viene redatta ogni anno. Perché allora usare tutti questi termini diversi? Boh! Suppongo per confondere le idee e rendere più complicata una cosa che in fin dei conti non sarebbe così difficile da capire.

La manovra – chiamiamola così – è il bilancio previsionale dello stato. È la legge con cui lo stato decide come spenderà i suoi soldi l’anno successivo. È un po’ come quando devi fare la spesa e decidi quanto spendere per il pane, il latte, e le medicine. Il governo fa la stessa cosa, ma con tante cose: strade, scuole, ospedali e pensioni. La manovra serve a decidere dove mettere più soldi e dove, invece, bisogna risparmiare. Cosa tagliare e dove investire.

Quindi capite bene che non si tratta di fare due conti, ma è una roba molto politica. Perché per ogni cosa che si sceglie di finanziare ce ne sarà un’altra che non viene finanziata e un’altra che magari viene tagliata. Quindi vediamo come il governo vuole spendere i nostri soldi il prossimo anno.

Prendo spunto da due articoli in particolare, uno sul Post, uno su Domani, per raccontarvela. Si parla di una Manovra da 30 miliardi euro, in linea con la media degli ultimi anni quindi: questa è quanto il governo spenderà per finanziare le cose promesse nella legge appunto. Soldi che arrivano in parte da riduzioni di spesa in alcuni settori e aumenti di tasse per un totale di 21 miliardi. Mentre i rimanenti 9 miliardi verranno coperti in disavanzo, cioè di fatto aumentando il debito pubblico. 

Il Post raggruppa le principali misure in 15 punti che spiegano sia come lo Stato investirà i soldi il prossimo anno sia dove prenderà questi soldi, cosa taglierà (le cosiddette coperture).

1. Innanzitutto ci sono due conferme che riguardano il regime fiscale rispetto allo scorso anno. Il governo ha confermato la riduzione dell’IRPEF, l’imposta sui redditi delle persone fisiche, confermando la struttura a 3 aliquote: chi guadagna fino a 28mila euro continuerà a essere tassato al 23 per cento, mentre per la fascia da 28 a 50mila euro dovrebbe esserci un taglio rispetto all’attuale 35 per cento, che però deve essere ancora confermato e dipende dalle coperture, se si troveranno oppure no.

2. E poi viene confermata e rimodulata la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, ovvero quanto le aziende pagano per assumere dei lavoratori. In pratica c’è uno sconto sui redditi medi e bassi, ma a favore non delle aziende ma dei lavoratori. LE aziende pagano meno tasse, ma quelle tasse in meno devono tradursi in uno stipendio netto più alto per chi lavora.  Fino a quest’anno la riduzione è stata del 7 per cento per i redditi fino a 25mila euro, e del 6 per cento per i redditi fino a 35mila euro. Quest’anno circa 14 milioni di lavoratori dipendenti hanno avuto un aumento di circa 100 euro al mese in busta paga. Con questa manovra il governo introduce un sistema più progressivo.

Questi primi due interventi sono i più onerosi e costano complessivamente circa 13 miliardi.

3. Poi: sono stati aumentati anche i fondi aggiuntivi per la sanità. La scorsa legge di bilancio aveva già previsto un aumento di 4 miliardi per il 2025, che dunque erano già finanziati e che porteranno la spesa per la sanità a 142 miliardi di euro, circa il 6,3 per cento del Pil, che è in realtà ancora molto poco, anche rispetto alla media dei paesi europei. A questi il governo ha aggiunto fondi “nuovi”, cioè previsti da questa legge di bilancio, per mantenere invariata la proporzione rispetto al PIL (che è un po’ cresciuto): quindi circa 900 milioni in più per il prossimo anno, che serviranno a finanziare assunzioni di nuovi medici e infermieri.

Poi, andando un po’ più veloci, NON ci sono novità sulle pensioni mentre ci sono dei nuovi fondi per aumentare gli stipendi dei dipendenti pubblici, e altri che servono a cambiare il sistema delle detrazioni fiscali (ovvero quelle spese che vengono sottratte all’imponibile, quando si va a pagare le tasse, come le spese sanitarie). Detrazioni che diventeranno maggiori (quindi saranno più vantaggiose) per le famiglie numerose e a basso reddito, e più basse per i single e per quelli che hanno un alto reddito. Una misura chiamata “quoziente familiare” ma su cui non sappiamo ancora i dettagli.

Poi, poi, poi: Sono state confermate le regole sui cosiddetti fringe benefit, cioè i beni che le aziende possono concedere ai dipendenti (auto, telefono, computer, eccetera), che restano detassati fino a 2.000 euro per tutti i lavoratori con figli, fino a 1.000 euro per gli altri.

Viene prorogato fino a tutto il 2025 il bonus fiscale sulle ristrutturazioni per la prima casa al 50 per cento.

E infine viene confermata anche la cosiddetta deduzione al 120 per cento per le imprese che assumono a tempo indeterminato. Significa che se un’azienda assume un dipendente a tempo indeterminato può scalare dall’imponibile, quindi non pagare le tasse, su una cifra che è il 120% – quindi maggiore – del costo del dipendente stesso. La misura vale però solo se il numero di dipendenti a fine anno è superiore a quello medio dell’anno precedente, per evitare assunzioni e licenziamenti fittizi solo per usufruire delle detrazioni.

Queste sono le principali voci di spesa. Poi il governo deve spiegare sempre nella stessa legge come trova i soldi le cosiddette coperture, che possono essere reperite in tre modi: riducendo un’altra spesa, aumentando le entrate – ossia le tasse – oppure aumentando il debito pubblico. Da quel che si capisce fin qui il governo sembra voler fare tutte e tre le cose.

Una parte di queste risorse arriverà da due fondi costituiti apposta: quello della delega fiscale – finanziato attraverso la rimodulazione di alcuni incentivi, tipo l’eliminazione del contributo ACE per le imprese – e quello alimentato dai risultati della lotta all’evasione, che vengono destinati automaticamente a finanziare la riduzione delle tasse, quindi i primi due punti. Complessivamente garantiscono coperture per 6 miliardi di euro.

Poi, il governo ha poi predisposto una sorta di “contributo” che daranno assicurazioni e banche, che sono le organizzazioni che più hanno guadagnato in questi anni per via dell’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea per contrastare l’inflazione. Questo è il punto che sta facendo più discutere, che si intreccia con il tema della tassa sugli “extraprofitti”, mai approvata, su cui i partiti al governo hanno litigato nelle ultime settimane. Ma è una misura molto diversa.

In questo caso non si vanno a tassare i profitti ma semplicemente per il 2025 e il 2026 saranno sospese alcune deduzioni, alcuni sgravi fiscali, di cui si avvantaggiano le banche. Il governo prevede di raccogliere così circa 3,5 miliardi in due anni. Non è chiaro però cosa succederà dopo, perché fin qui il governo ha sempre detto che queste somme sarebbero state restituite negli anni successivi quando la deduzione sarebbe tornata in forma rafforzata, per compensare l’esborso delle banche. Ma in conferenza il Ministro Giorgetti è stato molto vago sul punto, anche quando incalzato.

Poi, sono state previste sostanziose riduzioni della spesa dei ministeri, che hanno causato alcune polemiche anche all’interno del governo. Sono previste riduzioni medie del 5 per cento dei loro bilanci, con cui complessivamente si risparmieranno 3 miliardi di euro. Non è ancora chiaro esattamente quali spese ridurrà ciascun ministero: i tagli saranno comunque proporzionali alla dimensione del loro budget e quello che contribuirà di più in termini assoluti sarà il ministero dell’Economia, che ha il bilancio più grande.

Il governo ha poi previsto di aumentare alcune accise, cioè quelle tasse che si pagano su determinati beni (per esempio sui carburanti): le nuove misure riguarderanno le accise su gas naturale e altri prodotti energetici, mentre non sono state introdotte, dopo lunghi dibattiti, nuove accise su benzina e gasolio.

Vengono anche cancellate del tutto alcune piccole spese fiscali, che fanno parte delle cosiddette tax expenditure, ovvero detrazioni e deduzioni a vantaggio di categorie molto specifiche. In Italia sono tantissime, e si sono stratificate nei decenni: costano ogni anno allo Stato oltre 100 miliardi di euro in termini di minori entrate, ma sono difficili da eliminare per il costo politico di scontentare precise categorie di persone. Il governo ha previsto di eliminare alcuni bonus più limitati.

Infine altri fondi arriveranno attraverso l’aumento di alcune imposte sul gioco d’azzardo.

Il governo prevede di raccogliere in questi modi circa 21 miliardi di euro, tra riduzione di spese e aumenti di tasse. 

Restano così scoperti 9 miliardi, che saranno dunque l’aumento del cosiddetto disavanzo dello Stato, più noto come deficit (quindi la differenza fra spesa ed entrate), che andranno a sommarsi al nostro debito pubblico già bello corposo. 

Quindi, che ci dice la manovra sulle intenzioni del governo? Tante cose, potenzialmente potremmo parlarne per giorni. Ma provando a estrapolare pochi punti, ci dice che sicuramente è centrale per il governo, anche negli investimenti, il tema della famiglia e degli incentivi alla natalità. Che c’è una certa attenzione ai lavoratori e alla redistribuzione, nota positiva soprattutto per essere un governo di destra. 

Mentre mi preoccupa il fatto che non c’è la minima attenzione a questioni climatiche e ambientali, che sono quelle che forse necessiterebbero i maggiori investimenti in chiave ad esempio di adattamento climatico e transizione ecologica. Fra l’altro la cosa preoccupa anche in abbinata al fatto che vengono ridotti i portafogli dei singoli ministeri, quindi la capacità di spesa pubblica dei singoli ministri. Questo decisamente meno bene.

Ieri la nave Libra della Marina militare italiana, con a bordo i primi 16 cittadini migranti egiziani e bengalesi è effettivamente arrivata in Albania. Le 16 persone, egiziane e bangladesi, tutti maggiorenni e soggetti non considerati fragili, sono sbarcate nel porto di Shëngjin, nell’ambito di un accordo tra Italia e Albania per la gestione dei flussi migratori. 

Ieri abbiamo parlato abbastanza a lungo di questa vicenda ma oggi vi racconto come è proseguita, seguendo un articolo su Domani. In pratica dopo lo sbarco a Shëngjin, i migranti sono stati condotti a un centro d’identificazione situato nel porto, dove si sta procedendo con ulteriori verifiche, tra cui lo screening sanitario e il fotosegnalamento. Successivamente, saranno trasferiti a Gjadër, dove è presente un centro di trattenimento per le procedure accelerate di frontiera e un Centro per il Rimpatrio (Cpr), destinato ai migranti che non risulteranno idonei a richiedere asilo e che quindi verranno rimpatriati nei loro paesi di origine.

Ad accogliere i migranti, oltre alle autorità, ci sono stati anche parecchi manifestanti. Un gruppo di persone si era infatti radunato fuori dal porto di Shëngjin con cartelli recanti scritte come “The European dream ends here” (Il sogno europeo finisce qui) e critiche all’accordo tra Italia e Albania, ritenuto una violazione dei diritti dei migranti. Alcuni manifestanti hanno anche denunciato l’accordo come una strategia per deportare migranti al di fuori dell’Unione Europea, sollevando dubbi sul rispetto dei diritti umani e delle normative internazionali.

C’è una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che stabilisce che un paese può essere considerato “sicuro” per i migranti solo se non presenta rischi per nessuna parte della popolazione e in tutto il suo territorio. Ciò significa che la designazione del Bangladesh e dell’Egitto come “paesi sicuri”, come deciso dal governo italiano, potrebbe non essere conforme a questa interpretazione legale, poiché in entrambi i paesi esistono aree critiche o categorie di persone che potrebbero essere a rischio di persecuzione.

Oltre alle questioni legali, l’operazione ha avuto un impatto finanziario significativo. Il viaggio della Libra è costato oltre 200.000 euro (per trasportare 16 persone), e l’intera infrastruttura creata per gestire i migranti in Albania ha già visto un investimento di milioni di euro, con oltre 60 milioni di euro affidati senza gara dal Ministero della Difesa per la costruzione dei centri. 

Ieri il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha difeso l’accordo Italia-Albania, definendolo una scelta “coraggiosa” e “concreta”, volta a contrastare il traffico di esseri umani e sostenuta da diversi paesi europei. Tajani ha anche ricordato che l’Albania è un paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea, e quindi non è da considerarsi una destinazione impropria per i migranti. Ma le opposizioni e una buona fetta della società civile continuano a denunciare l’intero piano, accusandolo di essere una mossa propagandistica in vista delle prossime elezioni, piuttosto che una reale soluzione ai problemi legati all’immigrazione. Ne riparliamo.

Mimmo Lucano è stato nuovamente condannato. Per danno erariale allo stato, per una vicenda che riguarda sempre la gestione dei centri di accoglienza. E la vicenda sta ricevendo parecchi titoloni di giornali. Ma in cosa consiste?

Trovate una spiegazione molto dettagliata sul Fatto Quotidiano, articolo a firma di Lucio Musolino. Io provo a farvela breve, perdonatemi eventuali approssimazioni. Comunque il succo è che Lucano è stato condannato (non in via definitiva) assieme ad altri 40 soggetti (fra persone fisiche e cooperative) per danni erariali legati alla gestione dei centri di accoglinza durante la cosiddetta crisi migranti del Nord Africa del 2011-2012.

Danno erariale sarebbe quando tu utilizzi male, sprechi i soldi pubblici che arrivano dallo stato. Quindi la condanna per Lucano è a pagare, assieme ad altri, 531mila euro alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Giornale invece riporta cifre completamente diverse, 780mila euro che dovrà pagare il solo Lucano. Dagli atti che sono riuscito a consultare io mi pare che la versione del Fatto sia quella corretta. 

Comunque, il fatto in questione è lo stesso per cui Lucano è stato prima condannato, poi scagionato nell’altro processo. Ovvero che durante quella emergenza migranti il Comune di Riace, così come altri piccoli comuni, si sia rivolto abbia affidato la gestione di alcuni centri di accoglienza a operatori esterni, un passaggio che era obbligato viste le difficoltà in cui versavano e versano i piccoli Comuni calabresi, a corto di personale e durante appunto un’emergenza. E che in questi affidamenti sia stato pagato un prezzo troppo alto, in sostanza. 

Per questa stessa vicenda, appunto, Mimmo Lucano era stato indagato dalla Procura di Catanzaro che poi ha archiviato l’indagine escludendo comportamenti penalmente rilevanti. Sebbene anche la Corte dei Conti abbia escluso una volontà criminosa da parte di Lucano, la sentenza ipotizza che l’iter seguito dalla Protezione Civile e dal Comune di Riace per dare risposta all’emergenza sarebbe stato “dannoso per l’Erario” per via di “grave negligenza”. Insomma non avrebbe vigilato, non avrebbe fatto abbastanza.

Come scrive Tiziana Barillà sul blog non se ne parla, “Il sindaco di Riace viene condannato (e sbattuto in prima pagina) per “concorso di colpa” con la Protezione civile. La stessa “protezione incivile” i cui sistemi e metodi ha combattuto sin dal primo momento. Il “modello Riace” è stato – ed è – l’alternativa e non il complice dell’eterna emergenza immigrazione. 

Chi oggi si straccia le vesti, cercando qualcosa per provare che “il modello Riace è finito” o che addirittura “non è mai esistito” non sa – o non vuol sapere – che in realtà è proprio in quel periodo che il “modello Riace” si è consolidato, provando la possibilità di un’alternativa a un sistema che non sia puro contraltare al business della detenzione. Brutalmente: a un sistema che non sia un business per i professionisti dell’accoglienza. È questa l’“Utopia della normalità” che è cresciuta, anno dopo anno, dentro un Paese (e un continente, l’Europa) che si ostina a ripiegare sull’emergenza spazzando via ogni possibilità di costruzione di un’accoglienza sana e quindi di una società sana. 

La burocrazia davanti alle persone, le lungaggini, i ritardi, l’impreparazione, l’incompetenza e – soprattutto – il business e l’affarismo. La scelta di accantonare la rete degli enti locali in favore della Protezione civile è stata un disastro, un enorme fallimento dello Stato. E si capisce che la Corte dei Conti senta il bisogno di farci i conti, quello che non si capisce – però – è perché guardandosi allo specchio, l’Italia punti il dito contro Riace e Mimmo Lucano”.

Ora Lucano e gli altri faranno probabilmente ricorso in Cassazione, noi ci aggiorniamo.

Novità importante. leggo su ADNKronos:

“Annullata la multa all’apicoltore che, al mercato di Desio in provincia di Monza, ha esposto uno striscione con la scritta ‘stop bombing Gaza’, stop ai bombardamenti su Gaza. A quanto apprende l’Adnkronos, i carabinieri di Monza hanno annullato in autotutela la sanzione.

L’annullamento sarebbe avvenuto in seguito a una errata interpretazione della norma da parte del carabiniere intervenuto. All’apicoltore era stata applicata una sanzione in base all’articolo 23 comma 1 del codice della strada, che vieta l’affissione di cartelli che possano arrecare disturbo visivo agli utenti della strada con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione.

In un primo momento era circolata la notizia che la sanzione fosse stata applicata per propaganda politica non autorizzata. Un dato che ha sollevato numerose polemiche e spinto alcuni esponenti politici a presentare anche un’interrogazione al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi”.

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