PRESIDENZIALI FRANCESI, I RISULTATI DEL PRIMO TURNO
Sì è votato ieri per il primo turno delle presidenziali francesi e i risultati, una volta tanto, sono stati in linea con quanto previsto dai sondaggi. Emmanuel Macron, l’attuale presidente, e Marine Le Pen, candidata di estrema destra, sono appaiati con il 27,5% per cento di preferenze il primo e il 25,5 la seconda. Andranno al ballottaggio, il 24 aprile.
Subito dopo, con quasi il 20%, arriva Jean Luc Mélenchon, candidato della sinistra radicale, un socialista ecologista, che è andato oltre le aspettative raccogliendo moltissimi voti soprattutto fra i più giovani.
Colpisce anche il quasi 7% di preferenze andate a Eric Zemmour, candidato di estrema destra. Ma come, non era Marine le Pen la candidata di estrema destra. Sì, più o meno, nel senso che nel corso degli anni Le Pen si è riposizionata, addolcendo non tanto i suoi contenuti, quanto la sua immagine e quella del partito.
Quest’operazione di normalizzazione è stata chiamata «dédiabolisation», “dediavolizzazione” dai giornali francesi, ed è stata facilitata dagli atteggiamenti del partito di Macron, La République en Marche, che posizionandosi sempre più a destra – ma restando formalmente di centro – ha reso più accettabili le posizioni dell’estrema destra, nonché dalla comparsa sulla scena di Zemmour, che invece si posizione ancora più a destra di lei, e dal quale Le Pen ha preso le distanze, al punto da arrivare a chiedere pubblicamente che venisse fatta un’inchiesta perché a suo avviso nel partito di Zemmour ci sarebbero stati dei nazisti.
L’affluenza in Francia è storicamente alta, ma con il 74% scarso di votanti è in calo di 4 punti percentuali rispetto alle ultime elezioni del 2017. Cosa succede adesso? Zemmour ha chiesto ai suoi elettori di votare Le Pen, mentre Mélenchon ha chiesto esplicitamente a chi lo ha votato di non votare Le Pen. Il che vuol dire, tradotto, o votare Macron o non andare a votare. Con i voti di Mélenchon Macron vincerebbe, ma i sondaggi davano – in caso di ballottaggio Macron-Le Pen, i due candidati molto vicini fra loro. Vediamo.
UCRAINA, IL CONFLITTO CAMBIA VOLTO
Intanto il conflitto in Ucraina cambia volto. Mentre emergono nuove fosse comuni e probabili stragi, l’esercito russo continua il suo riposizionamento, e secondo gli analisti sembrerebbe intenzionato a sferrare un attacco deciso nel Donbass, dove Putin ha posizionato altri diecimila soldati.
E cambia volto anche lo stesso esercito russo, se è vero che – come riportano diversi giornali, fra cui la Stampa, Repubblica e l’Huffington Post – Putin avrebbe scelto una nuova guida per l’operazione militare in Ucraina, il generale Alexander Dvornikov, un veterano delle operazioni del Cremlino in Siria.
Cosa vogliono dire questi cambiamenti? Significano che l’esercito russo è in difficoltà? Onestamente non saprei proprio dirlo, si trovano letture di ogni tipo: chi dice che la Russia starebbe addirittura perdendo la guerra, chi afferma che invece questo era il piano fin dal principio, che Putin non ha mai immaginato una guerra lampo e che l’attacco a Kiev era un diversivo. Immagino che da qualche parte là nel mezzo stia la verità.
LA CINA ACCELERA SUL NUCLEARE?
Intanto sembra che la Cina stia accelerando l’espansione del suo arsenale nucleare. Perlomeno questo è quanto riporta il Wall Street Journal, ripreso da Ansa. Ah, fra parentesi, mi sa che Ansa non ha l’abbonamento al WSJ perché riporta esattamente quello che appare nella preview gratuita dell’articolo, riservata a chi non ha fatto l’accesso. A parte questa nota di colore, sembrerebbe che la decisione di Pechino di dare maggiore enfasi allo sviluppo di armi nucleari non abbia molto a che fare con la crisi Ucraina, ma che preceda il conflitto e c’entri piuttosto con la volontà di creare un forte deterrente a un intervento Usa sulla situazione di Taiwan.
La Cina avrebbe velocizzato la costruzione di un centinaio di silos missilistici nelle sue Regioni Occidentali. Pechino sarebbe in possesso di almeno 350 testate, il che la configura come terza potenza nucleare mondiale, pur molto distaccata dalle 4.500 russe e dalle 5.500 americane. Non so a voi, ma a me questa strategia della deterrenza nucleare reciproca non è che metta poi tutta questa sicurezza addosso.
DEF
Venendo in Italia, la scorsa settimana il Consiglio dei ministri ha approvato il Def, il documento di economia e finanza con cui si programmano le cose da fare e si prospetta l’andamento dell’economia italiana nel prossimo futuro.
Riporta il Post che rispetto a quando era stata pubblicata la nota di aggiornamento al DEF dello scorso anno, le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso: a settembre quelle per il 2022 erano del 4,7 per cento, ora sono del 3,1 per cento. Per il 2023 erano del 2,8 per cento e ora sono del 2,4.
Il motivo di tutto questo, dice il governo, è il contesto internazionale ed economico profondamente cambiato rispetto a settembre, per via di una serie di cause: «In particolare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’aumento dei prezzi dell’energia, degli alimentari e delle materie prime, l’andamento dei tassi d’interesse e la minor crescita dei mercati di esportazione dell’Italia».
Insomma, continua ad essere rimandato l’atteso rimbalzo post pandemia. Il che, per chi se lo stesse chiedendo, non è esattamente una buona notizia. Perché un conto è la decrescita, ovvero un modello economico che non dipenda più dalla crescita del Pil. Un conto è il pil che cala in un sistema in cui tutto è ancora dipendente dall’aumento del Pil.
Comunque, a proposito di Def, durante la conferenza stampa c’è stata anche la dichiarazione di Draghi che ha fatto il giro dei giornali. Rispondendo a una domanda di un giornalista del Fatto Quotidiano, che ha chiesto se l’Italia ha un piano energetico in caso venissero a mancare le forniture di gas della Russia. Draghi ha risposto che non c’è un piano – che forse doveva essere la notizia – e che nell’eventualità in cui la Russia tagliasse le forniture potremmo andare avanti fino a ottobre inoltrato con le riserve energetiche attualmente a disposizione, per concludere con la frase “cosa preferiamo, la pace oppure star tranquilli con l’aria condizionata accesa tutta l’estate?”. Domanda che ci chiediamo anche noi oggi su Italia che Cambia in un articolo, proprio da questo titolo, di Filippo Bozotti. Potremmo approfittare di questa situazione per compiere una transizione rapida e coraggiosa verso le rinnovabili?
DOVE TROVARE IL GAS?
Per ora sembra che chi sta cercando di allestire un piano in fretta e furia – che risponde al nome e cognome di Roberto Cingolani – stia ragionando in ottica di sostituire il gas russo con altro gas. Cingolani ha detto di voler acquistare o noleggiare – tramite la Snam, azienda specializzata nella gestione delle reti energetiche – una delle navi che ricevono il gas liquefatto, lo trasformano in metano gassoso e lo spingono nei tubi che lo portano nelle case degli italiani.
Il problema, come spiega Filippo Caleri sul Tempo, è che esistono solo una quarantina di queste navi al mondo e chi le ha se le tiene strette, soprattutto adesso. Secondo il conti del Financial Times ne esisterebbero in realtà solo cinque vendibili o noleggiabili, a un prezzo di acquisto che si aggirerebbe fra i 400 e i 500 milioni di euro, ma che potrebbe anche salire di molto, perchè il prezzo lo fa il venditore.
Poi quello è il costo di acquisto, che non calcola la manutenzione, che non è uno scherzo per un aggeggio del genere. Senza considerare che ciò non risolve il problema di chi ci dà il gas, una volta che hai la nave.
Su questo sembra che il governo abbia stretto un accordo con l’Algeria, secondo fornitore dopo la Russia di gas al nostro paese, che così diventerebbe il primo, ma ciò non basta comunque a sostituire il gas russo, in caso di interruzione della fornitura.
Considerate che l’Italia produce il 42% della sua energia tramite il gas, e ne importa il 95 per cento di quello che consuma. Di questo 95%, circa il 40% lo importa dalla Russia, e circa il 30 dall’Algeria. Ora l’Algeria passerà a oltre il 40%, ma se si interrompono le forniture dalla Russia e se nel frattempo non ci siamo emancipati almeno per un po’ dal gas, mancano all’appello 30 punti percentuali.
Va bene, ci sarebbero altre notizie interessanti di cui parlare, ad esempio il presidente messicano che ha chiesto ai suoi cittadini di votare su se stesso, o Elon Musk che si compra Twitter e intanto annuncia la commercializzazione di robot umanoidi. Ma magari ne parliamo domani.
FONTI E ARTICOLI
#elezioni Francia
Fanpage – Perché le elezioni presidenziali francesi sono già state un terremoto, comunque vadano a finire
#Ucraina
Huffington Post – La Russia avrebbe cambiato il comando militare: Putin chiama il gen. Dvornikov, vuole vincere entro il 9 maggio
#Cina #nucleare
Sky tg 24 – Wall Street Journal: Cina accelera su arsenale nucleare per timori di una guerra con Usa
#DEF
il Post – Cosa c’è nel DEF approvato dal governo
#gas
il Post – L’Algeria sostituirà la Russia come principale fornitore di gas dell’Italia
Il Tempo – Cingolani vuole comprare la nave che trasforma il gas: costerà 500 milioni
Italia che Cambia – Preferiamo la pace o i condizionatori accesi?
#funghi
The Guardian – Mushrooms communicate with each other using up to 50 ‘words’, scientist claims
#Messico
il Post – Il referendum per confermare il presidente del Messico