11 Mag 2022

L’Europa che ha in testa Macron – #518

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Macron ha una proposta per l’Europa che rispolvera una vecchia idea di Mitterrand: creare un’Unione fatta di due cerchi concentrici. Intanto nelle Filippine è stato eletto il nuovo presidente, ed è il figlio dell’ex dittatore Marcos. Nel vicino Sri Lanka, invece, non si placano le proteste. In tutto il mondo si festeggiano i 50 anni di un libro profetico, i Limiti della crescita, con gli scienziati del clima che avvertono: abbiamo quasi raggiunto gli 1,5° di riscaldamento globale.

MACRON, UNA NUOVA IDEA PER L’EUROPA?

Il conflitto in Ucraina, fra le tante cose, sta mostrando la pochezza e immaturità politica dell’Unione europea. Che non è riuscita fin qui a trovare una linea comune e di fatto sembra incapace di giocare un ruolo globale, perlomeno in campo geopolitico.

Macron ha una proposta, a riguardo, che potrebbe essere interessante e che ha presentato il 9 maggio nel suo discorso al Parlamento europeo. Che poi a ben vedere non è nemmeno una sua idea, è un’idea di Mitterrand, Presidente della Repubblica francese dall’81 al 95

Fatto sta che Mitterrand fece questa proposta 30 anni fa e non fu preso molto sul serio, forse perché troppo lungimirante, ipotizza Pierre Haski tradotti su Internazionale. Va bene, ma di che proposta stiamo parlando? Ci arriviamo.

Sulla scia della caduta del muro di Berlino, Mitterrand aveva proposto la creazione di una “Confederazione europea” che avrebbe offerto una struttura di accoglienza ai paesi dell’Europa centrale e orientale appena liberati. 

Questo progetto consentiva di non allargare immediatamente la Comunità europea dell’epoca, ma al tempo stesso creava una struttura di accoglienza intorno all’Unione europea stessa.

Nel 1991 la proposta francese si era infranta su due scogli. Il primo era il desiderio delle nuove democrazie dell’est di aderire al più presto alla Nato per beneficiare delle sue garanzie di sicurezza in un momento in cui l’Urss era ancora instabile, e con la Confederazione di Mitterrand che non offriva le stesse garanzie rispetto all’Alleanza atlantica.

Il secondo scoglio – racconta sempre Pierre Haski – era che Mitterrand voleva invitare l’Urss nella confederazione per ancorarla all’Europa. Ma questo non era molto gradito agli europei dell’est, e soprattutto non lo era agli Stati Uniti, che all’atto pratico sarebbero stati esclusi. Tant’è che si tempi la diplomazia americana di fatto sabotò l’iniziativa, offrendo ai paesi ex comunisti l’ingresso rapido nella Nato.

Oggi la proposta torna attuale, perché in un mondo che sempre di più sta tornando ad essere fatto di maxi blocchi, ci sono molti paesi che si sentono “orfani”, di non appartenere a nessun blocco, come le tre ex repubbliche sovietiche – Ucraina, Georgia e Moldova – e i paesi dei Balcani occidentali. Le procedure ufficiali per entrare nell’Ue sono lunghe e complicate, la Nato sembra aver raggiunto la propria massima espansione possibile (forse l’ha anche superata), e quindi un’opzione del genere potrebbe essere sensata. 

Inoltre, anche se probabilmente nello scenario attuale la Russia non entrerebbe a far parte di questa Confederazione europea come proponeva Mitterrand, un’Europa più larga e con un’identità più marcata, che dialoga con la Russia, darebbe probabilmente una maggiore garanzia di pace e stabilità. Certo resta il nodo Stati Uniti, che hanno fatto di tutto negli ultimi anni per boicottare ogni avvicinamento e legame fra Europa e Russia.

Capisco che oggi pensare di dialogare con la Russia sia arduo, ma la Russia non è Putin. E Putin non è eterno. E costruire un clima il più possibile collaborativo e aperto è il miglior modo per scongiurare nuovi Putin. Perché di Putin potenziali ce ne sono migliaia al mondo, ma diventano presidenti o simil dittatori solo quelli che trovano un terreno fertile attorno a loro. E il terreno fertile, interno alla Russia, è costruito anche da un clima di ostilità esterno.

FILIPPINE, IL NUOVO PRESIDENTE È FIGLIO DEL DITTATORE

Il 9 maggio si è votato nello stato insulare per eleggere il Presidente delle Filippine, successore di Rodrigo Duterte, che non poteva ricandidarsi visto che la legge locale vieta il doppio mandato. Ne parla Lifegate. Dopo sei anni di omicidi extragiudiziali, repressione del dissenso e altre violazioni dei diritti umani che hanno portato perfino all’intervento della Corte penale internazionale, il voto poteva essere l’occasione per un passo verso la democrazia. E invece a vincere è stato il figlio dell’ex dittatore Ferdinand Marcos, che durante la campagna elettorale ha dedicato la gran parte dei suoi sforzi a riabilitare la figura del padre.

Il fatto che la carica di vicepresidente sia andata a Sara Duterte, figlia del presidente uscente, offre un quadro che si preannuncia ancora più drammatico. Due figli d’arte guideranno il paese. Ma di che arte stiamo parlando? Non proprio nobile, a giudicare dal curriculum. 

Marcos negli anni Ottante era famoso per aver torturato e ucciso migliaia di filippini, e rubato un patrimonio stimato in circa 10 miliardi. Duarte si è contraddistinto in tempi più recenti, prima come sindaco di una delle principali città poi come presidente per crimini altrettanto atroci, in particolare per il pugno duro contro i tossicodipendenti, che è equivalso a una sorta di strage di stato.

Ora al potere ci sono i due figli, ed è vero che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, ma in questo caso i figli sembrano collocarsi, almeno a parole, sulla stessa linea dei genitori. Insomma, le previsioni non sono rosse per il Paese, secondo molti analisti. Staremo a vedere.

50 ANNI DEI LIMITI DELLO SVILUPPO

50 anni fa, nel 1972, usciva “I Limiti dello Sviluppo” e in questi giorni ci sono vari eventi che lo ricordano. Ugo Bardi ci dedica un Post sul suo blog sul FQ. Uno dei libri più iconici, inascoltati e drammaticamente contemporanei mai scritti. Lo studio, realizzato con dei programmi al computer decisamente innovativi per l’epoca, diceva che l’economia non poteva continuare a crescere per sempre. E non solo questo: diceva anche che se continuavamo a sfruttare le risorse naturali e a non preoccuparci dell’inquinamento, le cose avrebbero cominciato ad andare piuttosto male, parecchio male. 

Secondo i calcoli presentati nel libro i nodi sarebbero venuti al pettine durante i primi 1-2 decenni del ventunesimo secolo. Ed eccoci qua. Oggi, tuttavia, spiega Bardi, molte cose sono cambiate. La rivoluzione delle tecnologie rinnovabili ci mette in grado di falsificare lo scenario di collasso che sembrava inevitabile fino a pochi anni fa. Ma ci dobbiamo investire sopra molto di più rispetto a quanto fatto fino ad oggi, per non parlare degli ostacoli burocratici che ostacolano le nuove installazioni. E se non rimpiazziamo i fossili alla svelta, collassiamo sicuramente.

SRI LANKA, PROSEGUONO LE PROTESTE

Nel vicino Sri Lanka non si placano le proteste, nonostante lunedì sia giunta la notizia delle dimissioni del primo ministro Mahinda Rajapaksa. le proteste sono proseguite anche nonostante il coprifuoco introdotto su tutto il territorio nazionale, e alcuni manifestanti hanno dato fuoco alle case di vari politici e ministri nella capitale Colombo, oltre alla residenza storica della famiglia Rajapaksa nel sud del paese.

Lo stesso ex premier, che lunedì aveva dato le dimissioni proprio a causa delle ampie proteste, è stato soccorso durante un’operazione militare nelle prime ore del mattino: centinaia di manifestanti avevano assaltato la sua residenza ufficiale a Colombo, tentando di dare fuoco all’edificio principale, dove l’ex primo ministro si trovava con la propria famiglia e alcuni consiglieri politici.

1,5 GRADI È PIU’ VICINO

A ricordarcelo, che siamo vicini al collasso climatico, ci pensano spesso gli scienziati. Questa volta è il turno del Met Office del Regno Unito, secondo la cui ricerca, ciatta dal Guardian, l’anno in cui il mondo supererà per la prima volta il limite di 1,5°C di riscaldamento globale – il limite che i governi mondiali si sono autoimposti come soglia massima, per contenere gli effetti più nefasti dei cambiamenti climatici – sta per arrivare.

Secondo lo studio in questione, la probabilità che uno dei prossimi cinque anni superi il limite è ora del 50%. Nel 2015, c’erano zero possibilità che questo accadesse nei cinque anni successivi. Ma questo è salito al 20% nel 2020 e al 40% nel 2021, anno in cui la temperatura media globale è stata di 1.1C sopra i livelli preindustriali. E del 50% nel 2022.

Ora, detto fra noi, le probabilità di restare sotto agli 1,5 gradi è quasi nulla, e l’obiettivo serve più come punto a cui mirare che come realistica possibilità. Certo, sforarla non è una cosa da poco, e la soglia successiva, quella dei due gradi, è considerata dagli scienziati quella proprio limite per continuare ad avere delle società umane “evolute” sul pianeta.

FONTI E ARTICOLI

#Macron
Internazionale – L’idea di Macron per rilanciare l’Europa

#Filippine
Lifegate – Il nuovo presidente delle Filippine è il figlio del dittatore Marcos

#Sri Lanka
il Post – In Sri Lanka i manifestanti antigovernativi hanno dato fuoco alla residenza della famiglia del presidente e a quelle di alcuni ministri

#limiti della crescita
Il Fatto Quotidiano – C’è un limite allo sviluppo? Uno studio 50 anni fa affrontava il tema, ora possiamo andare oltre

#clima
The Guardian – Climate limit of 1.5C close to being broken, scientists warn

#Ucraina
Il Caffé Geopolitico – Perché in Ucraina non si raggiunge nemmeno un cessate il fuoco?

#fast fashion
greenMe – Fast fashion: abusi sessuali, minacce e turni di 17 ore, cosa accade nelle fabbriche che producono per H&M, Primark e non solo

#Masai
greenMe – Il futuro dei Masai sta letteralmente bruciando e la colpa è dei safari di lusso

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