Vittoria manifestanti: l’Iran abolisce la polizia morale e (forse) il velo! – #631
L’IRAN ABOLISCE LA POLIZIA MORALE E FORSE L’OBBLIGO DEL VELO?
Sabato è arrivata una notizia importantissima e anche piuttosto inaspettata dall’Iran, che tuttavia è passata molto in sordina qua da noi: dopo quasi tre mesi di proteste il regime sembra pronto a fare importanti concessioni ai manifestanti, abolendo la polizia morale (probabile responsabile della morte di Masha Amini, che ha dato origine alle proteste) e forse persino l’obbligatorietà del velo.
Vi leggo qualcosa dall’articolo di Gianni Rosini sul Fatto Quotidiano: “Tre mesi di proteste diffuse in tutto il Paese iniziano a fiaccare la resistenza della Repubblica Islamica dell’Iran. Tanto che sabato il procuratore generale iraniano, Mohammad Jafar Montazeri, ha fatto un annuncio storico: “La polizia morale non ha niente a che fare con la magistratura, ed è stata abolita da chi l’ha creata”, ha detto mentre i legislatori iraniani sono al lavoro per rivedere, entro due settimane, anche la legge sugli obblighi in materia di abbigliamento. Uno dei simboli della repressione del regime degli ayatollah sembra quindi pronto a cadere sotto i colpi delle manifestazioni di piazza scoppiate proprio dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne arrestata proprio dagli agenti della polizia morale per aver indossato male il velo e poi morta mentre era in custodia.
Il gruppo di revisione, spiega Montazeri, si è incontrato mercoledì con la commissione culturale del Parlamento “e porterà a dei risultati tra una o due settimane”. Qualsiasi siano i provvedimenti adottati e le tempistiche, si tratta di un momento storico per l’Iran post-rivoluzionario: con la polizia morale effettivamente abolita e la legge sugli obblighi in materia di abbigliamento rivista cade uno dei simboli della presa del potere khomeinista che aveva risposto col pugno duro a un laicismo dei costumi imposto dall’era Pahlavi che aveva marginalizzato la parte di popolazione più conservatrice”.
Ora, aspettiamo di vedere per credere, ovviamente, ma se alle dichiarazioni seguiranno i fatti si tratta di una conquista molto importante da parte delle e dei manifestanti. E bisogna capire che conseguenze potranno avere. Le domande che mi vengono in mente sono: queste concessioni sono sufficienti per una sorta di pace sociale fra il regime e chi protesta? Oppure le manifestazioni andranno avanti? E il governo assieme al regime teocratico sono intenzionato a riformare realmente il sistema o questo è solo un contentino per placare le proteste, sperando di far tornare presto le cose come prima?
Ancora Rosini mette in guardia da facili entusiasmi: “Se anche il regime decidesse di abolire il velo, dopo aver fatto lo stesso con la polizia morale, non ci si deve certo aspettare una piena svolta democratica in un Paese che ha nel controllo ossessivo della popolazione e del dissenso uno dei suoi tratti distintivi, acuiti da manie di accerchiamento e da un parziale isolazionismo in campo internazionale. Mentre Montazeri annunciava gli allentamenti in tema di dress code, infatti, quattro persone sono state giustiziate per presunto spionaggio per conto di Israele, mentre sabato la casa della scalatrice Elnaz Rekabi, colpevole di aver gareggiato ai Campionati asiatici della Federazione internazionale di arrampicata sportiva a Seul senza velo, è stata demolita dalle ruspe di Teheran mentre lei rimane agli arresti domiciliari. Una liberalizzazione dei costumi non comporta necessariamente una svolta liberale: Egitto, Siria e altri Paesi dell’area insegnano”.
Per quanto mi riguarda, non ho una risposta alle domande di prima, ma qualche considerazione. Le manifestazioni in Iran sono fra le più grandi della storia recente del paese e sono caratterizzate da una fortissima presenza femminile e di giovani e giovanissime in particolare, molte ragaze e ragazzi minorenni. Basti pensare che l’età media delle proteste, come scriveva il Corriere della Sera qualche settimana fa, è di 15 anni. L’età media, eh. Il che mi fa pensare che forse non abbiano ancora interiorizzato (come mostrano spesso gli studi sociologici) la cultura del compromesso, e che quindi le proteste potrebbero plausibilmente andare avanti.
Comunque, se la questione vi interessa vi segnalo che ne abbiamo parlato proprio venerdì su Italia che Cambia con una bella intervista di Valentina D’Amora a Samirà Ardalani, attivista dell’associazione Giovani Iraniani d’Italia. E anche che il prossimo fine settimana uscirà la puntata di dicembre di INMR+ che parlerà proprio delle proteste in Iran, per spiegarle bene.
OGGI È LA GIORNATA INTERNAZIONALE DEL SUOLO
Oggi è la giornata internazionale del suolo e diversi giornali si ricordano che abbiamo il suolo è una cosa importante. Soprattutto si ricordano, e ci ricordano che lo stiamo perdendo a ritmi preoccupanti. Ecco, io però vorrei fare una cosa un po’ non convenzionale: per una volta non mi metto a leggervi i vari report usciti sul consumo di suolo, su quanto suolo perdiamo in Italia e nel mondo al secondo. Non perché non siano una cosa importante in sé, ma perché ho la sensazione che riportare certi dati in certe occasioni siano diventati una sorta di consuetudine, che non ci aiuta un granché a cambiare. Ci entrano da un’orecchio e ci escono dall’altro.
E allora facciamo qualcosa di diverso. Voglio provare a farvi innamorare del suolo. Il suolo è uno degli ecosistemi più complessi e fragili, circa il 50% di tutte le forme viventi conosciute vivono lì. Per formare uno spessore di un centimetro di suolo la natura impiega circa cento anni. Buona parte della vita avviene proprio lì, lì si scambiano i nutrienti le piante, lì intessono le loro enormi reti i funghi, lì vivono milioni di specie di insetti, lombrichi, larve e microrganismi che dialogano incessantemente al punto che a volte è persino difficile distinguere dove finisce un organismo e dove ne inizia un altro. Il suolo è la vita nella sua essenza più pura e interconnessa. E non solo: il suolo è anche il rapporto inscindibile fra vita e morte. Come diceva lo scrittore e ambientalista statunitense Wendell Berry “Se un suolo in salute è pieno di morte, è anche pieno dei vita: lombrichi, funghi, microrganismi di tutti i tipi… se un suolo è in salute, niente di morto resta morto per molto tempo”.
Credo che sia un concetto bellissimo, il suolo è il luogo in cui la morte viene riassorbita dalla vita, assume forme diverse e torna a partecipare a questo caleidoscopico valzer. Vabbè, mi sono lasciato prendere un po’ la mano, forse caleidoscopico valzer me la potevo risparmiare. Comunque, oggi facciamo qualcosa per celebrare il suolo, impariamo ad amarlo un po’ di più.
DOMANI INZIA LA COP15 SULLA BIODIVERSITA’ A MONTREAL
Intanto sta per aprire i battenti un’altra Cop, la Cop15 di Montreal, che inizia proprio domani per terminare, probabilmente, il 19 dicembre. Ma come, non ha chiuso giusto un mese fa la Cop27 in Egitto? Siamo tornati indietro a 15? No, non siamo tornati indietro, il fatto è che la sigla Cop sta per Conferenza delle parti ed è una sigla generica con cui le nazioni unite chiamano questo genere di incontri. La Cop27 di Sharm el Sheikh era sul clima mentre questa Cop15 è la quindicesima conferenza delle parti sulla biodiversità.
La cosa particolare di questa conferenza è che è co-ospitata da Canada e Cina, due paesi che non hanno tutti questi rapporti, ultimamente. Forse ricorderete la scena del fuorionda fra Xi Jinping e Trudeau in cui il leader cinese sembra molto arrabbiato per delle dichiarazioni fatte dal premier canadese dopo un incontro a porte chiuse fra i due.
Come arriviamo a questo incontro quindi? E cosa aspettarci? Vi leggo un pezzo di un articolo di Leyland Cecco sul Guardian.
“Più di 10.000 scienziati, funzionari governativi e attivisti si riuniranno questa settimana a Montreal per la conferenza sulla biodiversità più importante del mondo, desiderosi di trovare un accordo per arginare la perdita di habitat in tutto il mondo e preservare gli ecosistemi sensibili.
Il vertice delle Nazioni Unite sulla biodiversità Cop15 si aprirà martedì e vedrà i Paesi negoziare gli obiettivi di questo decennio per la protezione della natura, dopo oltre due anni di ritardi dovuti alla pandemia e a poco più di due settimane dalla fine dell’incontro sul clima Cop27 in Egitto.
Cresce la speranza che il vertice non solo porti a un piano per salvare il mondo naturale, ma che possa anche iniziare a sanare le profonde spaccature tra i paesi co-ospiti, Cina e Canada.
Nelle ultime settimane il Canada ha accusato un cittadino cinese di spionaggio, ha affermato che la Cina ha interferito in un’elezione federale e ha aperto un’indagine su una presunta rete segreta di “stazioni di polizia” illegali gestite dalla Cina a Toronto. Al recente vertice del G20 a Giacarta, il presidente cinese Xi Jinping ha rimproverato pubblicamente il primo ministro canadese Justin Trudeau, dopo che alcuni funzionari canadesi avevano fatto trapelare i dettagli della loro conversazione.
Il vertice Cop15, ritardato dalla pandemia di coronavirus e dalle rigide politiche sanitarie cinesi, era originariamente previsto a Kunming, in Cina, ma è stato spostato a Montreal quando il Canada ha accettato di co-ospitare l’evento”.
Non vi leggo tutto l’articolo, che è molto lungo, se volete proseguire e capite l’inglese lo trovate sotto FONTI E ARTICOLI, qua in fondo. Ma vi posso dire brevemente che quasi tutto il pezzo parla dei rapporti diplomatici fra i due paesi, e che questo rispecchia abbastanza le aspettative sul summit, il cui valore al momento sembra soprattutto geopolitico, che ambientale.
Cosa che comunque può essere una cosa interessante, se leggiamo la cosa nelle parole del ministro dell’Ambiente canadese Steven Guilbeault, che ha detto: “Nonostante alcune delle sfide e delle difficoltà che abbiamo su altri fronti… i problemi globali possono essere risolti lavorando insieme. Nessun Paese, per quanto potente economicamente, politicamente o militarmente, può fare tutto da solo”.
Insomma, tornare a collaborare e a guardarsi con meno sospetto è propedeutico anche per fare passi in avanti su temi centrali come quello della biodiversità.
LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL’OBBLIGO VACCINALE
Sul finire della scorsa settimana si è fatto un gran parlare della sentenza della Corte Costituzionale italiana sulla costituzionalità dell’obbligo vaccinale imposto dal governo di Mario Draghi durante il picco della pandemia da coronavirus. Con una sentenza motivata la Corte ha affermato che l’obbligo vaccinale era legittimo, confermando le precedenti decisioni della stessa Consulta, e non accogliendo nessuno dei vari ricorsi che erano stati presentati.
Come spiega il Post i ricorsi presentati erano in tutto 11 e riguardavano tutti dei professionisti nel campo sanitario o dell’istruzione sospesi dal servizio perché non vaccinati contro il coronavirus.
I casi però differivano abbastanza l’uno dall’altro e anche le motivazioni della Corte sono state diverse (anche se non le sappiamo ancora). Ad esempio c’era il caso di una psicologa che era stata sospesa nonostante il suo lavoro si svolgesse sempre da remoto: in questo caso la Corte ha ritenuto «inammissibile» la questione «per ragioni processuali», il che vuol dire che la Corte non è entrata nemmeno nel merito dell’incostituzionalità della norma, per ragioni che però non conosciamo e che si conosceranno quando saranno depositate le sentenze con le motivazioni della Corte.
C’erano poi altre due categorie di questioni presentate: una riguardava le scelte adottate dal governo sui vaccini contro il coronavirus, che sono state ritenute «non irragionevoli, né sproporzionate». L’altra, quella che comprendeva più ricorsi, riguardava la legittimità di sospendere lo stipendio a chi era stato sospeso dal lavoro perché non vaccinato: anche queste questioni sono state giudicate «non fondate». Anche in questi casi per avere maggiori informazioni bisognerà attendere le motivazioni della Corte, che saranno pubblicate con ogni probabilità nelle prossime settimane.
Ovviamente la sentenza ha rianimato il dibattito sui vaccini, facendo cantare vittoria ai provax, sollevando proteste fra i novax e lasciando indifferenti i bohvax (scusate la battuta, ma è per ironizzare sulle categorie a compartimenti stagni in cui ci piace dividerci e dividere la società).
Anche qui, facciamo qualche considerazione. Innanzitutto, uno potrebbe pensare, cosa cambia? Tanto adesso nei fatti l’obbligo è stato abolito, i lavoratori reintegrati, e così via. Be’, a parte che ci sono alcune eccezioni, ci sono regioni che ad esempio si sono opposte, o perlomeno hanno promesso di opporsi al reintegro, e soprattutto l’accoglimento dei ricorsi avrebbe aperto le porte a centinaia di altri ricorsi.
Poi, ho notato che il dibattito si è concentrato soprattutto sul fatto che questa sia stata o meno una decisione politica. Io credo proprio che sia così, che sia stata una interpretazione politica, ma anche che questo sia inevitabile. Ogni interpretazione di un testo è un atto “politico”. Pensiamo anche ai testi sacri e a come siano stati usati negli anni per fare cose diametralmente opposte fra loro. Perché siamo fatti così come esseri umani, purtroppo o per fortuna (a seconda dei casi).
Questo anche per dire che a volte diamo forse troppo valore a dei testi, dimenticandoci che comunque, almeno per adesso, c’è sempre l’intercessione di uno o più esseri umani, con i propri limiti, i bias cognitivi, e tanto altro fra un testo e la sua applicazione. Poi certo, possiamo discutere su quanto sia stata stiracchiata la Carta costituzionale in una decisione come questa. Ma su questo magari aspetterei almeno di leggere le motivazioni.
COME MAI SIAMO SEMPRE MALATI?
Restando in tema Covid, forse vi sarete accorti che attorno a voi sembrano essere tutti malati, influenzati, mezzi malandati. Io sono un caso limite, lo so, ma tanti altri di recente non se la passano benissimo, in particolare i bambini e le bambine. Come mai? Pare che ci siano in giro più virus contemporaneamente, e tutti in una forma abbastanza aggressiva. Ne parlano, in effetti, anche molti giornali. Ad esempio scrive Alessandra Toni su Varese News: “Covid, influenza e virus sinciziale. È un mix potente quello che sta mettendo a dura prova la tenuta del sistema di assistenza pediatrico. Ospedali e pediatri di libera scelta sono subissati dalle richieste”.
Anche l’influenza quest’anno sembra più forte del solito. La Repubblica parla di una fantomatica influenza australiana, nome esotico che subito fa pensare a qualcosa di piuttosto spaventoso. Ma poi leggendo l’articolo, si svela l’arcano: “Da settimane gli esperti parlavano di una epidemia influenzale pesante dopo due anni nei quali la malattia stagionale praticamente non c’è stata, grazie anche a distanziamento e mascherine obbligatori per il Covid. La malattia viene considerata “australiana” proprio perché si manifesta prima in quel Paese, dove è inverno quando da noi è estate”.
Mi sembra che qui siamo di fronte a un mix di due fattori, fra i quali è difficile capire il confine: da un lato l’allarmismo sanitario di molti giornali, che in particolar modo dopo il Covid sembrano aver imbroccato il filone dei nuovi virus con particolare entusiasmo, dall’altro gli effetti, preannunciati già da tempo da diversi esperti, di due anni di distanziamento sociale, isolamento, mascherine, sui nostri sistemi immunitari e sulla circolazione dei virus. Credo che questi due fattori coesistano, non vi so dire le dosi esatte.
LA MORTE DI DAVIDE REBELLIN E I TAGLI AI FONDI PER LE PISTE CICLABILI
Qualche altra notizia veloce prima di chiudere. Mercoledì scorso, il 30 novembre, è morto l’ex campione di ciclismo Davide Rebellin. È morto mentre pedalava, in un incidente stradale durante un allenamento in bici, travolto e ucciso da un camion, che poi si è allontanato. Questo fatto tragico ha aperto uno squarcio di luce, come spesso accade in occasione delle tragedie, sulle condizioni insicure dei ciclisti nel nostro paese.
Scrive Alessio Ribaudo sul Corriere della Sera: “Più di una vittima al giorno. In tutto sono stati 220 i ciclisti a morire sulla strada nel corso del 2021. Altri nove sono morti mentre guidavano il loro monopattino. I feriti sono stati complessivamente 18.037. Quelli che sono considerati fra gli «utenti deboli della strada» sono stati protagonisti, in tutto di 16.448 gli incidenti (comprese le bici elettriche) mentre sono stati 2.101 gli scontri che hanno coinvolto persone su monopattini. Nel complesso, gli utenti più vulnerabili rappresentano il 50,9% dei morti sulle strade (51,4% nel 2020). I rischi per loro sono molto più alti in caso di scontro: ogni 100 incidenti muoiono 8 pedoni 1,2 conducenti e passeggeri di biciclette, elettriche e non e di monopattini e 0,7 persone nelle auto”.
Questi dati, molto preoccupanti, mi sono balzati all’occhio soprattutto per un motivo. Perché nella legge di bilancio in discussione alla Camera è previsto il taglio di ben 94 milioni di euro destinati alla realizzazione di piste ciclabili. Si tratta di 47 + 47 milioni di euro per gli anni 2023 e 2024, che erano rimasti nel Fondo per lo sviluppo delle reti ciclabili urbane istituito dalla legge di bilancio del 2019 e non ancora assegnati. Fra l’altro come ha detto al Fatto Quotidiano Claudio Magliulo, curatore del dossier ‘L’Italia non è un Paese per bici’: “Ogni città con oltre 100mila abitanti ha l’obbligo di attuare un piano per la mobilità sostenibile (Pums), molte hanno già pianificato e progettato interventi ma ora rischiano di trovarsi senza fondi per realizzarli”.
Non benissimo, direi.
ASSOLTI I MASAI IMPUTATI PER AVER PROTESTATO CONTRO LO SFRATTO DELLE LORO TERRE
Chiudiamo con una notizia molto rincuorante che arriva dalla Tanzania. Ce ne parla Sandro Pintus su Africa Express: “Le accuse di omicidio e cospirazione per 24 membri di etnia Masai della Tanzania sono cadute dopo oltre cinque mesi di lotta per la giustizia. Lo ha confermato Amnesty International in un comunicato”.
Il fatto in questione, per cui erano stati accusati i 24 Masai, è uno di quei fattacci di cui abbiamo parlato spesso qui su INMR e di cui si occupa Survival International, ovvero uno di quei casi in cui in nome della conservazione della natura, della aeree naturali (farlocche) si sfrattano con la violenza le popolazioni indigene. Nello specifico, il 7 giugno scorso le forze di sicurezza della Tanzania e le autorità della Ngorongoro Conservation Area sono arrivate nella riserva di Loliondo e hanno iniziato a sfrattare la popolazione. Quindi hanno sequestrato 1.500 chilometri quadrati di terra ancestrale rivendicata da oltre 70.000 Masai.
Nei giorni successivi c’è stato un braccio di ferro tra la comunità masai e le forze dell’ordine. Gli abitanti di quattro villaggi hanno iniziato le proteste contro gli abusi delle forze dell’ordine. Hanno espresso il loro dissenso togliendo i marcatori posti dalle forze di sicurezza per delineare i confini delle terre rivendicate.
La reazione della polizia è stata violenta: ha arrestato 10 capi masai e altre 17 persone. L’accusa, oltre a quella di cospirazione, era anche di omicidio per la morte di un poliziotto, che però è morto il giorno successivo all’arresto dei sospetti “cospiratori”. Le persone arrestate sono rimaste 11 giorni in prigione. Le autorità non hanno loro permesso di incontrare i legali né di contattare le famiglie. Il 10 giugno la polizia ha sparato proiettili e lacrimogeni ad altezza d’uomo contro i manifestanti. Risultato della triste giornata: 32 manifestanti masai feriti da armi da fuoco e un poliziotto ucciso da una freccia.
La notizia di ieri apre uno spiraglio di giustizia sulla vicenda, uno spiraglio importante, anche se la lotta per la fine di questo tipo di violenza e oppressione resta lungo.
FONTI E ARTICOLI
#Iran
Il Fatto Quotidiano – L’Iran abolisce la polizia morale dopo oltre due mesi di proteste. Media: “Al lavoro per togliere l’obbligo del velo”
GreenReport – Cartucce italo-francesi sparate contro i manifestanti iraniani?
Italia che Cambia – Iran, molto più che proteste: è iniziata la rivoluzione
#Masai
AfricaExpress – Trionfo dei Masai in Tanzania: cancellate le accuse di omicidio contro 24 loro leader
#biodiversità
The Guardian – Canada and China prepare to open Cop15 biodiversity summit despite rifts
#suolo
Ansa – Giornata del Suolo,in Italia persi 2 metri quadri al secondo
#ciclisti
Vita – Ciclisti: ecco chi difende i loro diritti
Il Fatto Quotidiano – Legge di Bilancio, beffa per chi va in bicicletta: il governo Meloni ha tagliato i 94 milioni destinati alla realizzazione di piste ciclabili
Corriere.it – Incidenti, 220 i ciclisti uccisi in un anno. «Troppa distrazione e per i camion il pericolo dell’angolo cieco»
#pandemia e malattie
il Post – La Corte Costituzionale ha ribadito la legittimità dell’obbligo vaccinale
Varese News – Covid, influenza e virus sinciziale: boom di malati tra i bambini e l’assistenza pediatrica è in affanno/
GreenMe – Come la pandemia ha cambiato il cervello degli adolescenti: scoperti segni di invecchiamento più rapido
la Repubblica – L’influenza arrivata dall’Australia riempie già gli ospedali. Ecco i sintomi: febbre, dolori e tosse secca
#rinnovabili
Ansa – Pichetto, obiettivo 10-12 GW rinnovabili all’anno
#clima
il Post – L’ambizioso piano delle Fiji per spostare i centri abitati più a rischio
#petrolio
il Post – I paesi europei hanno raggiunto un accordo sul tetto al prezzo del petrolio russo
#evoluzione
GreenReport – Il fossile di una minuscola creatura marina stravolge tutte le tesi sull’evoluzione del cervello
#No-Tav
L’Indipendemte – No Tav: la 76enne Nicoletta Dosio nuovamente condannata al carcere