IL DISCORSO DI MELONI AI RAGGI X
Oggi i giornali aprono con un profluvio di articoli di cronaca e commenti sul discorso con cui ieri Giorgia Meloni ha chiesto il voto di fiducia alla Camera (poi ottenuta agevolmente) che è stato una sorta di mappa del percorso politico (anche se solo d’intenti, fin qui) che il nuovo governo intende portare avanti. Discorso in cui ha toccato tutti i punti centrali dell’attualità ed espresso la linea del governo.
Partiamo dai contenuti, poi andiamo a vedere qualche commento interessante e ne facciamo qualcuno anche noi. Faccio riferimento ad un articolo molto esaustivo della redazione del Fatto Quotidiano, che ripercorre tutti i punti principali, di cui provo a farvi un sunto. Sarà un po’ una carrellata in cui approfondiremo alcuni punti, altri li sfioreremo soltanto, e forse suonerà un po’ didascalico, ma mi sembra importante visto che questo è il manifesti del nuovo governo.
Meloni ha parlato per circa un’ora e mezza. Ha esordito ringraziando il governo uscente e in particolare l’ex premier Mario Draghi per il passaggio di consegne veloce e sereno. Poi ha ringraziato anche le “prime donne” (non inteso nel modo di dire, ma nel senso di essere state le prime a ricoprire un ruolo o fare qualcosa di significativo) venute prima di lei, da Nilde Iotti a Oriana Fallaci, a Samantha Cristoforetti e tante altre, che “le hanno permesso di rompere il tetto di cristallo“.
Poi ha iniziato con la parte più programmatica. Partendo dall’inquadramento dell’Italia nel panorama internazionale. Innanzitutto, Meloni si è rivolta a “chi vuole vigilare sul nostro governo”, con un riferimento mi pare abbastanza evidente alle esternazioni pre elettorali della Presidente del consiglio europeo Ursula Von Der Leyen a cui detto: “Gli direi che possono spendere meglio il loro tempo. Al tempo stesso ha ribadito la presenza centrale e solida dell’Italia in Europa e nella Nato.
Più avanti è tornata su questo posizionamento, dicendo anche che “Questo governo rispetterà tutte le regole finanziarie ed economiche comunitarie” “e darà il suo contributo per cambiarne” alcune, a partire dal patto stabilità, e che “L’Italia continuerà ad essere partner affidabile in seno all’Alleanza Atlantica, a partire dal sostegno al valoroso popolo ucraino che si oppone all’invasione della Federazione Russa”. Sempre sulla questione ucraina, ha detto che “Sbaglia chi crede che sia possibile barattare la libertà dell’Ucraina con la nostra libertà. Cedere al ricatto di Putin non risolverebbe il problema” ma “Ma sbaglia chi crede sia possibile barattare la libertà dell’Ucraina con la nostra tranquillità”, e che in questo chiederà di cambiare le politiche e redistribuire gli oneri della crisi energetica, conseguenza del conflitto e delle sanzioni.
Poi ha parlato di energia annunciando l’intenzione di “sfruttare a pieno“ i giacimenti di gas sottomarini, “rafforzare le misure a sostegno di famiglie e imprese”, su bollette e carburanti. Ha detto che in particolare il Mezzogiorno è il paradiso delle rinnovabili ma questo patrimonio di energia verde è troppo spesso bloccato da burocrazia e veti incomprensibili.
Ha parlato di Inflazione e in questo senso di misure volte ad accrescere il reddito disponibile delle famiglie, di riduzione delle tasse, di allargamento dei prodotti che godono dell’Iva al 5%, criticando l’aumento dei tassi d’interesse sul denaro deciso nelle ultime settimane dalla BCE.
Vado un po’ veloce su alcuni punti. Ha citato il Pnrr delle difficoltà burocratiche tipiche del nostro paese che impediscono di spendere i fondi, ma anche degli “aggiustamenti” da fare. Ha parlato del debito pubblico e della necessità di ridurlo ma senza ricorrere alla “cieca austerità” o ad “avventurismi creativi”. Ma attraverso la “crescita strutturale” del Pil. Dicendo anche che “siamo aperti agli investimenti esteri, ma senza “logiche predatorie”.
Poi ha introdotto un tema centrale, uno dei più nuovi del programma della destra durante la campagna elettorale, quello del Presidenzialismo. “Siamo fermamente convinti del fatto che l’Italia abbia bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale, che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare”, “vogliamo partire dall’ipotesi di semipresidenzialismo sul modello francese, che in passato aveva ottenuto un ampio gradimento anche da parte del centrosinistra, ma rimaniamo aperti anche ad altre soluzioni”.
Accanto alla riforma del presidenzialismo il governo vuole anche “dare seguito al processo di autonomia differenziata già avviato da diverse Regioni italiane” ovvero a una maggiore autonomia da parte delle regioni, ma “in attuazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà”.
Meloni ha poi parlato degli interventi per il Sud, sostenendo che è “un’occasione di sviluppo per tutta la nazione, per colmare un divario infrastrutturale inaccettabile, eliminare le disparità, creare occupazione, garantire la sicurezza sociale e migliorare la qualità della vita”. Di imprese, dicendo che “Chi oggi ha la forza e la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto e agevolato, non vessato e guardato con sospetto”. Di “tregua fiscale” e flat tax.
Di reddito di cittadinanza, definendolo “una sconfitta” dato che“C’è un tema di povertà dilagante” da non “ignorare e che la risposta non è l’assistenzialismo”, ha difeso il binomio istruzione e merito.
Ha fatto anche un plauso “Ai ragazzi che scenderanno in piazza contro di noi”. A questo proposito ha detto “Sappiamo che ai giovani sta particolarmente a cuore la difesa dell’ambiente naturale. Ce ne faremo carico. Perché, come ebbe a scrivere Roger Scruton, uno dei grandi maestri del pensiero conservatore europeo, “l’ecologia è l’esempio più vivo dell’alleanza tra chi c’è, chi c’è stato, e chi verrà dopo di noi”.
Ancora, ha parlato di famiglia e di un piano contro “la glaciazione demografica”, “un piano imponente, economico ma anche culturale, per riscoprire la bellezza della genitorialità e rimettere la famiglia al centro della società.” A questo proposito ha parlato di aumentare l’assegno unico, fare politiche a sostegno della genitorialità, nidi gratuiti, misure a sostegno dell’occupazione femminile, aiutare le giovani coppie e così via. Al tempo stesso ha sostenuto che “Non limiteremo mai i diritti esistenti”.
Poi due rapidi passaggi sul fascismo e sulle mafie. Sul primo ha detto: “non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso” e “Ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre”. Mentre ha parlato di cancro mafioso, dicendo che “La legalità sarà la stella polare dell’azione di governo, citando Paolo Borsellino che con il suo esempio la spinse a fare politica.
Successivamente ha parlato di riforma della giustizia, con un sottile attacco alla magistratura, ha chiosato sul caso Bibbiano, per poi passare al tema del Covid, su cui ha detto: “L’Italia ha adottato le misure più restrittive dell’intero Occidente, arrivando a limitare fortemente le libertà fondamentali di persone e attività economiche, ma nonostante questo è tra gli Stati che hanno registrato i peggiori dati in termini di mortalità e contagi. Qualcosa, decisamente, non ha funzionato e dunque voglio dire fin d’ora che non replicheremo in nessun caso quel modello”. “L’informazione corretta, la prevenzione e la responsabilizzazione sono più efficaci della coercizione, in tutti gli ambiti. E l’ascolto dei medici sul campo è più prezioso delle linee guida scritte da qualche burocrate, quando si ha a che fare con pazienti in carne ed ossa. E se si chiede responsabilità ai cittadini, i primi a dimostrarla devono essere coloro che la chiedono”.
Infine ha concluso con due cavalli di battaglia della destra: immigrazione e sostanze stupefacenti. Sulle migrazioni ha detto che bisogna “rimuovere le cause che portano i migranti, soprattutto i più giovani, ad abbandonare la propria terra, le proprie radici culturali, la propria famiglia per cercare una vita migliore in Europa “Perché non intendiamo in alcun modo mettere in discussione il diritto d’asilo per chi fugge da guerre e persecuzioni. Tutto quello che vogliamo fare in rapporto a tema immigrazione è impedire che la selezione di ingresso in Italia la facciano gli scafisti”.
Mentre sul finale è tornata a parlare di devianze, “fatte di droga, alcolismo, criminalità” a cui il governo intende rimediare “Promuovere le attività artistiche e culturali, e accanto a queste lo sport”.
Ovviamente c’è tanta roba, qua. E ci sarebbero tante cose da dire. Vi lascio alcuni articoli che mi sono sembrati particolarmente interessanti. In molti, ad esempio Daniela Preziosi su Domani, notano come Meloni provi a tenere assieme un po’ tutto e il contrario di tutto, a fare contento il suo elettorato di destra, ma al tempo steo un po’ anche quello di sinistra, a tenere buona l’Europa e rassicurare i mercati ma al tempo stesso ad attaccare la Bce, a non scontentare la Nato ma a dire che non devono rimetterci gli italiani.
Quando parla di temi delicati, evita di entrare troppo nel merito. Ad esempio dice che vuole rimettere la famiglia al centro, e che non vuole toccare i diritti di nessuno, ma di quale modello di famiglia parli e di quali diritti, non lo dice. Parla di valorizzare il Meridione, di aiutarne lo sviluppo, ma non dice quale modello di sviluppo ha in mente (ad esempio non nomina nemmeno una volta il Ponte sullo stretto o altre grandi opere). Non nomina nemmeno mai il nucleare. Parla di cambiare rotta sulle restrizioni ma non nomina mai il tema dei vaccini, né il sistema sanitario.
Sull’immigrazione parla di “rimuovere le cause che portano i migranti ad abbandonare la propria terra”, che è un po’ la versione 2.0 di aiutiamoli a casa loro, ma non parla di politiche di porti chiusi, come probabilmente avrebbe rivendicato un Salvini (che fra parentesi, zitto zitto si è riuscito ad accaparrare la competenza sui porti e il rapporto con la Guardia Costiera, per tornare a giocare al suo giochino preferito).
E che dire della linea economica? Anche qui è un po’ di economia statale, aiuti alle imprese, sviluppo del made in Italy, e un po’ di aperture ai mercati (purché non siano predatori), dice che rispetterà tutti i vincoli economici dell’Unione ma al tempo stesso proverà a cambiarli.
E in tutto ciò, la cosa sorprendente a mio avviso, è che nonostante questa apparente vaghezza, il discorso risulta chiaro e anche la direzione politica risulta chiara. Vi dico la mia, poi ditemi cosa ne pensate, ma la mia sensazione ascoltandola non è stata quella di assistere a un discorso alla Berlusconi o alla Salvini, che sono due cialtroni e giocano a chi la spara più grossa. Ma a un discorso molto preciso.
Credo che Meloni sia stata molto astuta nel saper dare elementi favorevoli a tutti gli attori di cui necessita il consenso. Al tempo stesso credo che sia anche consapevole di dove può spingersi come premier del nostro paese e dove no per non bruciarsi. In molti pensano che durerà poco, personalmente – qui mi sbilancio, una volta tanto – non lo credevo prima e lo credo ancora meno dopo questo discorso. Non è un Salvini (scusate se mi viene questo paragone ma purtroppo è sempre azzeccato) che sparava a zero contro l’Europa. Meloni sa che ha bisogno dell’appoggio dei mercati, dell’Europa, della Nato e quindi sa che deve fare delle concessioni. È pragmatismo.
Qualche sera fa conversavo con una persona informata sui fatti, di cui preferisco non fare il nome visto che era una conversazione privata, che mi ha detto “Appena dopo essere stata eletta Meloni non ha festeggiato, né si è rinchiusa a fare riunioni con i suoi parlamentari o con gli alleati. No. È andata da Draghi, e ci ha trascorso due giorni. Draghi è un emissario della Nato, di Washington, ma è anche una persona seria. Presumibilmente le avrà spiegato per filo e per segno cosa può e cosa non può fare”.
Mi è sembrata una ricostruzione plausibile. Insomma, credo che siamo di fronte a una situazione diversa dai governi farseschi di Berlusconi e grottesco di Salvini. Siamo di fronte a una persona più seria, e con le idee chiare. C’è da capire se è una buona o una cattiva notizia.
COME È ANDATO IL XX CONGRESSO DEL PCC
Va bene, sono giorni che vi prometto un’analisi del XX Congresso del PCC – ma chi te l’ha chiesto direte voi – ad ogni modo ormai l’ho preparata e ve la beccate.
Domenica si è chiuso uno dei congressi più attesi degli ultimi decenni. I perché di tutta questa attesa sono almeno tre:
- La Cina oggi più di ieri è una potenza economica mondiale
- Ci si aspettavano grosse novità, e così è stato
- Ci si aspettava che il leader Xi Jinping restasse in carica oltre il limite dei due mandati e rafforzasse il suo potere e così è stato
Partiamo da quest’ultimo punto. Il limite dei due mandati era stato introdotto, al pari di un limite informale di età fissato a 68 anni, da Deng Xiaoping, successore di Mao, per evitare eccessive concentrazioni di potere nelle mani di un unico individuo. Come spiega Minxin Pei su Project syndicate, tradotto da Internazionale, “Deng sapeva per esperienza personale quali potevano essere i danni del fanatismo ideologico del partito. Durante la rivoluzione culturale uno dei suoi figli è rimasto paralizzato a causa della furia delle guardie rosse. Lo stesso Deng era stato privato dei suoi incarichi ufficiali e spedito per quattro anni a lavorare in fabbrica in una provincia remota. Nel corso della sua lunga carriera rivoluzionaria è stato epurato per tre volte dal governo”.
Eppure, una volta raggiunto il potere, lo stesso Deng era stato il primo ad infrangere l’architettura e le regole da lui stesso create. “Di fatto, Deng disprezzava la leadership collettiva e le procedure formali. Convocava di rado gli incontri della commissione permanente del politburo. Preferiva invece esercitare la sua leadership attraverso incontri privati con i sostenitori. In più occasioni adottò leggi a favore dei suoi interessi economici e durante il suo mandato accentrò diverse cariche di potere”.
Quindi era un’architettura già in partenza fragile, facile da rompere, se nemmeno il suo creatore la rispettava. Xi Jinping l’ha infranta e sembra avere anche rinforzato il consenso nella cerchia più stretta. In pratica l’organo di governo con cui il partito governa il paese è il Comitato permanente del Politburo, che sono 7 persone elette all’interno delle 20 che compongono il Politburo.
Scrive Gabriele Battaglia sul Fatto Quotidiano: “Attorno a un Xi Jinping sempre più “nucleo”, ci sono sette nomi che circolavano da giorni. Sono tutti uomini, compresi tra i 60 e i 69 anni, sono tutti legati a lui da affiliazione politica e anche rapporti personali di lunga data.”.
Inoltre “Da questo congresso emerge come numero 2 Li Qiang, 63 anni, che probabilmente diventerà anche premier della Repubblica Popolare Cinese”. Li Quang che è, fra l’altro, il segretario del partito a Shanghai. Scrive ancora Battaglia: “Evidentemente la disastrosa gestione della pandemia – ricordiamo i due mesi di blocco della città – non ha influito sulla sua ascesa, segno che le questioni di merito sono passate in secondo piano. Certo, si dice che Li abbia competenze in ambito tecnologico, ma è soprattutto un fedelissimo di Xi Jinping, come tutti gli altri, del resto”.
Su questa parte vi faccio ascoltare un estratto di un minuto di un’intervista sempre a Gabriele Battaglia (ormai la nostra fonte unica quando parliamo di Cina, ma del resto è stato uno dei 3 giornalisti italiani presenti fisicamente al congresso) su “Prisma di Lunedì”, la trasmissione condotta da Lorenza Ghidini su Radio Popolare.
AUDIO GABRIELE BATTAGLIA
Successivamente Battaglia spiega anche i motivi di questo accentramento del potere di Xi, che sembra dovuto in parte a una sorta di imprinting dovuto alla volontà del partito di affidarsi nel 2012 a un uomo forte dopo il decennio precedente di leadership debole (un decennio definito il decennio perduto), in parte certamente a delle caratteristiche e alla volontà personale di Xi, in parte ancora a una serie di fattori più o meno esogeni, come la guerra commerciale contro la Cina fatta dagli Usa prima, la pandemia poi, la guerra dopo ancora, che hanno accentuato la sensazione di trovarsi in tempi difficili e quindi la tendenza a stringersi attorno al leader.
Altre cose salienti successe durante il congresso:
- Non sono stati presentati i dati economici dell’ultimo anno, probabilmente per evitare polemiche legate a una crescita più bassa delle aspettative.
- C’è stato un vero e proprio caso attorno all’ex presidente, il 79enne Hu Jintao, che è stato “accompagnato” fuori dalla Grande Sala del Popolo durante l’ultima seduta del Comitato Centrale. Al momento non si sa bene il perché, la versione ufficiale è che Hu non stesse bene sia fisicamente sia mentalmente e sia stato quindi indotto a lasciare la sala; ma c’è anche chi sostiene che l’ex leader fosse rimasto sgradevolmente sorpreso dalla composizione della nuova leadership e fosse intenzionato a inscenare qualche forma di protesta clamorosa che avrebbe rotto il rituale. Non ci sono abbastanza materiali per dire quale versione sia più attendibile.
Per concludere vi metto un altro estratto dell’intervista di Battaglia su Radio Popolare che ho trovato molto interessante e che riguarda più il futuro, la direzione del paese che emerge da questo Congresso.
AUDIO GABRIELE BATTAGLIA
FONTI E ARTICOLI
#discorso Meloni
il Fatto Quotidiano – Meloni, il discorso alla Camera: dal presidenzialismo ai giacimenti di gas da sfruttare. “Saremo costretti a rinviare alcuni provvedimenti”
Domani – Il discorso di Meloni alla Camera riscrive la storia e cancella l’eredità di Berlusconi
#Cina
Internazionale – Il potere di Xi Jinping si regge su un castello di carte
il Post – Il Partito comunista cinese uscito dal Congresso è molto diverso da quello di prima
Radio Popolare – Prisma di lunedì 24/10/2022
il Fatto Quotidiano – Cina, Hu Jintao e il mistero della cartelletta rossa: le ipotesi del suo allontanamento dal Congresso del Partito comunista https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/10/25/cina-hu-jintao-e-il-mistero-della-cartelletta-rossa-le-ipotesi-del-suo-allontanamento-dal-congresso-del-partito-comunista/6850594/
il Fatto Quotidiano – Cina, tutti con Xi Jinping: dal Congresso del Partito comunista nasce la leadership più omogenea degli ultimi vent’anni