Anche sui giornali di ieri e di oggi a tenere banco sono la geopolitica e la diplomazia, con la visita del presidente cinese Xi in Europa, Hamas che ha detto di aver accettato un accordo di tregua proposti da Egitto e Qatar mentre l’esercito israeliano ha iniziato a far evacuare Rafah per prepararsi, si teme, all’attacco finale, che forse è persino già iniziato, e Putin che minaccia attacchi nucleari mentre i vertici Nato si interrogano su un possibile intervento diretto delle truppe Nato in Ucraina.
So che sono tante cose ma proviamo a tenerle assieme. Partiamo con la visita di Xi. Il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping è atterrato domenica in Francia, accompagnato dal ministro degli Esteri Wang Yi, dando inizio al suo primo viaggio in Europa dopo cinque anni.
L’occasione, come ricorda Limes, è il 60° anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Stati, ma i temi all’ordine del giorno erano tanti, negli incontri in programma con il Presidente francese Emmanuel Macron e con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Prima c’è stato un incontro trilaterale, seguito da un faccia a faccia Xi-Macron. Gli elementi più delicati affrontati, a quanto riporta la stampa, sono stati – dal lato di Macron e Von der Leyen – ovviamente la guerra in Ucraina con la richiesta di interrompere le forniture cinesi alla Russia dei cosiddetti beni a uso duale civile/militare. Cioé: la Cina non rifornisce la Russia di armi, come ad esempio l’Europa fa con l’Ucraina, ma la rifornisce di altri beni che non hanno uno scopo militare diciamo esclusivo, ma che possono anche essere usati in quell’ambito.
Ad esempio leggo su un sito di settore che Cina e Russia cooperano per lo sviluppo di sistemi di Intelligenza artificiale e tecnologie satellitari, mentre la Cina fornisce alla Russia microchip e altre tecnologie utili anche in campo bellico.
Poi c’è la questione commerciale, con il deficit commerciale europeo verso Pechino che ammonta a circa 300 miliardi di euro e insomma, sta diventando un problema soprattutto in settori chiave per la transizione energetica come quelli di auto elettriche, batterie e pannelli solari.
Dal canto suo Xi avrebbe soprattutto difeso le auto elettriche cinesi, accusate di concorrenza sleale. E quello secondo il Post sarebbe stato lo scopo principale del suo viaggio.
Come abbiamo detto nel caso dell’incontro fra Xi e il segretario di stato Usa Anthony Blinken, sono incontri importanti solo per il fatto di esserci, questi qua, anche se Xi – come sempre accade nella diplomazia – sembra aver voluto lanciare una serie di messaggi indiretti o meta-messaggi anche solo nella scelta delle tappe successive a Parigi. Lasciata la Francia infatti oggi si recherà in Ungheria e Serbia. E non è un caso: proprio oggi ricorre il 25° anniversario del bombardamento della Nato dell’ambasciata cinese a Belgrado. Un modo per ricordare all’Occidente che non è affatto esente da colpe gravi o crimini di guerra.
Sullo sfondo di questo incontro sia Putin da un lato che i vertici Nato dall’altro sembrano interrogarsi sulla strategia da applicare. Non so se è un balletto fatto di apparenza, che nasconde strategie già decise, o se rispecchia una realre incertezza, o se questo balletto è a sua volta una strategia bellica, fatto sta che i messaggi che i leader mandano ai propri avversari sembrano confusi e contraddittori.
Vi faccio qualche esempio. C’è un dilemma che sta disturbando i sonni di parecchi capi di stato e militari dei paesi che aderiscono alla Nato. Ed è il seguente. L’esercito russo sta avanzando ormai abbastanza facilmente su tutto il fronte ucraino e la sua superiorità militare è del tutto evidente. E negli ultimi giorni si sono fatte più insistenti le voci che dicono che una presa di Kiev da parte dell’esercito russo non è più un’ipotesi così assurda. La domanda dei capi di stato e militari Nato è quella più banale: che fare?
È evidente che anche con tutti gli aiuti militari del caso l’esercito ucraino non è in grado di fronteggiare quello russo. Quindi che si fa? Qualche giorno fa Macron e (in maniera meno diretta) Rishi Sunak, premier britannico, avevano nuovamente ventilato l’ipotesi di un impiego diretto di truppe Nato in Ucraina.
Putin ha scelto di rispondere a quella che ha ritenuto una provocazione in maniera duplice: con una minaccia molto chiara e con una dimostrazione di forza militare sul campo. La minaccia è sempre la solita, ma stavolta l’ha detto chiaro e tondo: la risposta russa a questo scenario sarebbe di tipo nucleare. Come spiega un articolo di Repubblica a firma di Gianluca di Feo, stiamo parlando di nucleare tattico, ovvero ordigni comunque molto potenti (stiamo parlando di bombe stile Hiroshima o anche più potenti), ma i cui effetti sono limitati nello spazio e nel tempo.
Esiste questa grossa distinzione fra nucleare tattico e nucleare strategico: ogni volta che si parla di utilizzo di armi nucleari in guerra ci si riferisce all’utilizzo del primo tipo di armi. Mentre il nucleare strategico è quello molto più potente, praticamente in grado di spazzar via la civiltà dal pianeta. E che è stato sviluppato come arma di deterrenza, ovvero per non essere mai usata, ma in teoria come garanzia di pace. Il fatto che ogni attore sa che l’altro è in possesso di un’arma da fine del mondo fa sì che nessuno, in teoria, si spinga troppo oltre. Se vi sembra una strategia un po’ del cazzo, forse avete ragione.
Comunque, la minaccia russa ha un suo senso, visto che la Russia negli anni ha cercato di compensare la supremazia tecnologica della Nato con un numero maggiore di ordigni nucleari tattici.
L’altra parte della risposta di Putin è stato un ulteriore dispiegamento di potenza militare sul fronte. L’esercito russo sta vincendo la guerra grazie alla maggiore quantità di uomini, mezzi e munizioni, ma anche grazie a nuovi modi di combattere e armamenti innovativi: ad esempio – racconta ancora Di feo – “per la prima volta hanno gettato una bomba planante da una tonnellata e mezzo, che spazza via un condominio restando fuori della portata della contraerea. Diversi analisti sostengono che neppure nella primavera 2022, all’inizio dell’invasione, le brigate di Mosca abbiano avuto una potenza di fuoco così devastante”.
Al tempo stesso, nel mezzo di questa dimostrazione, ieri il Cremlino ha diffuso gli inviti ufficiali per l’inaugurazione del quinto mandato presidenziale di Vladimir Putin ai Paesi europei e occidentali, a tutti, compresi Usa, Canada e Gran Bretagna. Una mossa che è suonata abbastanza inaspettata e ha diviso i paesi europei e Nato sul da farsi.
Alcune nazioni sarebbero propense ad accettare l’invito (al livello di ambasciatori) mentre altre intendono boicottare. Al momento pare che Canada, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti abbiano deciso di non partecipare. Il Servizio di Azione Esterna dell’Ue (Eeas), invece, avrebbe suggerito di prendere parte alla cerimonia. E il governo francese ha fatto sapere che un suo ambasciatore sarà presente alla cerimonia.
Insomma, davvero sembra un balletto di mosse e contromosse, dichiarazioni, azioni concrete. Mi sembra di essere di fronte a una lingue che non padroneggio del tutto.
Intanto anche sul fronte Israelo-palestinese le cose sembrano oscillare fra ulteriori complicazioni e possibili soluzioni. Dopo settimane in cui l’attacco militare a Rafah, che vi ricordo essere la città più a Sud della striscia di Gaza, l’unica a non essere stata bombardata, quella dove si sono rifugiati tutti i civili, dicevo se l’attacco a Rafah sembrava essere stato in qualche modo disinnescato grazie al lavoro di vari governi fra cui quello Usa, egiziano, del Qatar, e invece domenica è arrivato l’ordine di evacuazione.
Già domenica migliaia di civili palestinesi hanno cominciato a lasciare la parte orientale di Rafah dove circa 1,4 milioni di civili palestinesi hanno cercato rifugio. L’ordine di evacuazione è stato dato nelle prime ore del mattino, dopo che l’esercito israeliano aveva distribuito volantini. Questi avvertivano gli abitanti di spostarsi verso altre zone della Striscia di Gaza, dove di recente erano stati allestiti rifugi temporanei.
L’ordine di evacuazione potrebbe rappresentare la fase preparatoria all’invasione della città, preparata dal governo israeliano da settimane e più volte posticipata a causa della pressione degli alleati internazionali di Israele. La notizia ha scatenato nuove pressioni e telefonate da parte di Biden e altre amministrazioni. Gli Usa hanno addirittura sospeso per la prima volta un invio di armi a Israele, mentre alla Columbia University è stata annullata la cerimonia di laurea in segno di protesta.
Al tempo stesso però ieri sera è arrivata la notizia di un sì di Hamas alla proposta di cessate il fuoco avanzata da Egitto e Qatar. Ora si attende la risposta del governo israeliano, che pare la stia valutando. Non si conosce ad oggi il dettaglio della proposta, anzi nemmeno una bozza, si sa solo che esiste. Ciononostante, ieri in tarda serata l’esercito israeliano ha fatto prima sapere – non so bene a quale titolo – che le proposte dell’accordo sono molto lontane dalle loro richieste, e poi ha iniziato quelle che ha definito “alcune azioni mirate” a Rafah. Vediamo.
In tutto questo, l’amministrazione Biden ha approvato, ormai circa dieci giorni fa, dopo lunghe contrattazioni il mega pacchetto di aiuti militari da 95 miliardi di euro, che in pratica agisce su tutti i fronti.
Buona parte del budget va a sostenere il conflitto in Ucraina, con oltre 60 miliardi destinati a questo scopo. 26,38 miliardi di dollari vanno invece a Israele per il potenziamento della difesa e della produzione di armi, con 9 miliardi che invece saranno da destinarsi a esigenze umanitarie. Che vabbé, fa un po’ ridere come misura, mi sembra un filino ipocrita e fatta più che altro per una facciata elettorale.
E poi ci sono i restanti 8 miliardi di dollari che invece vengono destinati all’Asia-Pacifico, compresa Taiwan. Immagino anche qui che si sovvenzioni la difesa di Taiwan da un possibile attacco cinese, ma non è chiaro. Insomma, è un gran casino, spero almeno di avervi aiutato a capirci qualcosina in più.
Sono passati pochi giorni dall’incidente alla centrale idroelettrica di Suviana, ancora meno dal 1 maggio, festa del lavoro e dei lavoratori, ed eccoci di nuovo costretti a commentare un altro caso di morti sul lavoro, con cinque operai sono morti in Sicilia per aver inalato fumi tossici e un sesto che è ricoverato al Policlinico di Palermo in condizioni molto critiche.
Comunque, partiamo dal racconto dei fatti, o perlomeno da quel che sappiamo dei fatti. Siamo in Sicilia, a Casteldaccia, in provincia di Palermo. Nove operai stanno facendo alcuni lavori delle fogne per conto dell’Azienda Municipalizzata Acquedotto di Palermo (AMAP), la società che gestisce le reti idriche e fognarie di Palermo.
Sono in gran parte dipendenti di un’azienda privata, la Quadrifoglio di Partinico, mentre a quanto pare solo uno di loro è un lavoratore interinale dell’AMAP.
Tutti e nove gli operai sono al lavoro nei cunicoli dell’impianto di sollevamento delle acque reflue per un intervento di manutenzione. Secondo le prime ricostruzioni i sei operai si sarebbero calati uno dopo l’altro nell’impianto fognario con una scala, in quello che viene al momento descritto come un incidente a catena. Si cala il primo operaio, che non esce, si cala il secondo per aiutare il primo, e il terzo e il quarto e il quinto e il sesto. Il settimo. finalmente, non vedendo uscire nessuno, chiama i soccorsi.
A quel punto accorrono i vigili del fuoco, che recuperano cinque corpi senza vita e un operaio privo di sensi nelle vasche di sollevamento della rete fognaria. L’operaio ancorain vita viene subito intubato e trasportato all’ospedale dove è in coma nel reparto di rianimazione in condizioni gravissime.
Secondo quanto ha affermato il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Palermo, Girolamo Bentivoglio, gli operai sarebbero morti a causa dell’inalazione di idrogeno solforato, un gas tossico e infiammabile che provoca irritazioni alle vie respiratorie. Secondo le rilevazioni infatti la concentrazione del gas nella vasca era «dieci volte superiore ai limiti massimi» consentiti.
Ora, vediamo qualche dettaglio in più: come riporta il Corriere, e secondo quanto hanno accertato i soccorritori nessuna delle vittime indossava la mascherina di protezione. Il che è strano, anzi assurdo per citare il presidente di Amap Alessandro Di Martino, che ha detto letteralmente: «È una cosa assurda. L’odore era tale che non è comprensibile come non si siano protetti».
L’articolo del Corriere ci da anche un altro dettaglio che credo non sia irrilevante. Perché, forse ci avrete fatto caso, ma anche qui siamo di fronte allo stesso pattern ricorrente dei disastri. Racconta il Corriere che “Amap, che gestisce la rete idrica e fognaria per Palermo e altri 53 Comuni della Provincia è a corto di personale, e da anni ha ormai esternalizzato alcuni servizi e utilizza o operai di ditte private o lavoratori interinali in attesa di terminare le procedure di concorso per nuove assunzioni pendenti dal 2022”.
Ora, io non posso essere sicuro che questo sia il motivo degli incidenti, ma mi sembra che abbiamo sufficienti indizi per fare mezza prova. In questo caso abbiamo un’azienda pubblica, una municipalizzata, che è a corto di lavoratori e subappalta i lavori a un’azienda privata. E spesso, in questi passaggi, viene meno la sicurezza. Sia perché magari i lavoratori delle ditte private rispettano standard meno rigidi di sicurezza sul lavoro. Ad esempio sembra che – a quanto denunciano i sindacati – alcuni dei lavoratori vittime di questa tragedia erano sotto inquadrati rispetto alle mansioni che stavano svolgendo in cantiere e nessuno di loro nell’ultimo anno aveva svolto attività di formazione.
Sia perché, magari di passaggio in passaggio, si perdono informazioni essenziali.
Per protestare contro questo ennesimo caso le segreterie provinciali di diversi sindacati hanno proclamato per oggi uno sciopero di 8 ore che si affianca a quello generale di 4 ore proclamato da Cgil, Cisl e Uil per tutti gli altri settori, con presidio alle 9 davanti alla prefettura.
Domani a Roma, alla città dell’Altra economia, inizia la undicesima edizione del festival Ecofuturo, di cui da anni Italia Che Cambia è media partner. Se non sapete di cosa si tratti, è un evento dedicato alle ecotecnologie, che durerà 4 giorni, da domani fino a sabato e che attraverso incontri, spettacoli ed eventi affronta in modo approfondito una serie di tematiche cruciali per la costruzione di un futuro sostenibile.
Ad esempio domattina ci saranno un sacco di incontri dedicati alle Comunità energetiche rinnovabili e a uno di questi fra l’altro, se vi va di passare a fare un saluto, interverrò anche io. Trovate il programma dettagliato sotto fonti e articoli. Se passate fate un fischio.
Oggi su Italia che Cambia ci sono due storie con protagoniste due donne. Fra l’altro, piccolo spoiler, una di loro partecipa anche a Ecofuturo. Vabbè non vi dico altro, parola a Francesco Bevilacqua.
Audio disponibile nel video / podcast
#Rafah
il Post – L’evacuazione dei civili dalla parte orientale di Rafah
#Xi-Macron-Von der Leyen
il Post – In Francia Xi Jinping deve difendere le sue auto elettriche
Limes – IL PRESIDENTE DELLA CINA XI VOLA IN FRANCIA PER INCONTRARE MACRON E ALTRE NOTIZIE INTERESSANTI
#Russia-Ucraina
Al Jazeera – Russia announces nuclear weapon drills after ‘provocative’ Western threats
Ansa – Putin invita l’Occidente alla sua inaugurazione, l’Europa è divisa
la Repubblica – La doppia morsa di Putin: minaccia il nucleare e sfodera nuove armi potenti sul fronte in Ucraina. La Nato a un bivio
#Usa
Euronews – Usa, Biden firma il pacchetto da 95 miliardi di aiuti a Ucraina e Israele approvato dal Senato
#lavoro
Corriere della Sera – Casteldaccia, cinque operai morti intossicati durante i lavori nelle fogne. Un altro è in coma. I Vigili del fuoco: «Non sono state prese precauzioni»
il Post – Cinque operai sono morti nelle fogne a Casteldaccia, vicino a Palermo
#Ecofuturo
Italia che Cambia – Ecofuturo 2024, torna il festival dedicato alle ecotecnologie
Ecofuturo – Programma edizione 2024
#donne e cambiamento
Italia che Cambia – Tra romanticismo e realtà, il cambio vita è una scelta complessa: la storia di Giulia Piazza
Italia che Cambia – Lucia Cuffaro: “Lavoriamo per cambiare ciò che non funziona più nel nostro sistema economico”