14 Mar 2022

Guerra, cibo ed energia – #480

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Si fa sempre più pesante la situazione in #Ucraina. Sia per gli ucraini, giunti ormai alla terza settimana di conflitto sul loro territorio nazionale, sia per il resto d’Europa che da un lato vede lo scontro avvicinarsi al confine con la Polonia, dall’altro ne patisce già le conseguenze dal punto di vista #energetico e alimentare (con il rischio di importare #ogm).

LE NEWS DALL’UCRAINA

Oggi il consigliere per la sicurezza nazionale americano Jake Sullivan incontra a Roma il collega cinese Yang Jiechi e il consigliere diplomatico del premier Draghi, Luigi Mattiolo per parlare dell’escalation del conflitto dopo l’attacco alla base ucraina di Yavoriv. Non so esattamente cosa questa cosa significa. Immagino che gli Usa, la Nato, chiamatela come vi pare, vogliano capire le intenzioni della Cina in caso che l’escalation prosegua. 

Perché secondo molti analisti l’attacco alla base militare di Yavoriv è un chiaro segnale alla Nato. Vi spiego: la base, che ufficialmente si chiama Centro internazionale per la pace e la sicurezza, il che fa un po’ ridere, è molto vicina al confine con la Polonia (20 km circa) ed è un luogo dove hanno avuto sede molte esercitazioni congiunte Ucraina-Nato. Il che è, sì, abbastanza strano. 

Ad esempio, a settembre si sono svolte le esercitazioni militari ucraine in coordinamento con la Nato, Rapid Trident 2021. In pratica mentre Russia e Bielorussia tenevano le esercitazioni su larga scala che allarmavano l’Occidente, in Ucraina si tenevano altre grandi esercitazioni, 4.000 soldati ucraini e 2.000 stranieri. E quindi l’attacco è una sorta di avvertimento, forse, del tipo fatevi i fatti vostri. O forse una provocazione.

Intanto, secondo la giornalista Ucraina Olga Tokariuk, che in un lungo articolo su Time descrive la resistenza della popolazione civile all’avanzata russa, “sembra che letteralmente tutti siano impegnati in uno sforzo volontario per aiutare a difendere l’Ucraina, inclusi giovani, anziani, e persone con disabilità”. In generale, è molto difficile farsi un’idea da qua, ma la sensazione, basata sulle fonti locali che sono riuscito a recuperare è che oggi più che mai, proprio per via del conflitto, gli ucraini si sentano più che mai ucraini.

BUNKER E IODIO

Intanto, in varie parti del mondo succedono cose, legate più o meno direttamente al conflitto. Ad esempio, riporta lo Spectator, sta aumentando a dismisura la richiesta su bunker, negli Usa e in Europa. In Texas – patria dei cosiddetti ‘preppers’ che passano il loro tempo a pianificare ogni sfumatura di apocalisse – un creatore di rifugi personalizzati dice di aver avuto un aumento del 700% di interesse nell’ultimo mese. 

E non è un fenomeno solo americano. Anche in Europa stanno aumentando le richieste e molti giornali, anche in Italia, pubblicano le mappe di dove si trovano i rifugi antiatomici nel nostro paese, provincia per provincia. 

Ma non si tratta solo di bunker. C’è una corsa in tutta Europa per le compresse di iodio, che possono aiutare a prevenire che la tiroide assorba la pericolosa radioattività nel caso di esplosione nucleare. La notizia che le compresse sono attualmente distribuite agli ucraini che vivono vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhya ha fatto esaurire le confezioni dagli scaffali delle farmacie dell’Europa occidentale. In Belgio, circa 30.000 compresse di iodio sono state distribuite dal governo, mentre le farmacie in Francia, Danimarca e Polonia hanno riferito di aver venduto tutte le scorte. Tipo le nuove mascherine.

IL CARO ENERGIA

Per ora comunque, oltre ai timori, legittimi o esagerati, a causare sconquasso nel nostro paese è soprattutto il prezzo dell’energia e dei carburanti. Benzina, diesel e gas continuano a salire a livelli inediti. Il che, se da un lato è un incentivo a usarne il meno possibile, dall’altro rischia di paralizzare il paese, o persino farlo fallire, dato che il sistema produttivo, alimentare, logistico, dei servizi in Italia dipende ancora in gran parte dai combustibili fossili. Come scrive Ugo Bardi sul Fatto Quotidiano. “per molte industrie costa meno caro pagare le penali per le forniture mancate piuttosto che produrre. L’agricoltura non è messa meglio: anche lì c’è bisogno di energia (per non parlare dei costi dei fertilizzanti). Poi c’è la pesca, il trasporto, il turismo, la cultura, e tante altre cose. Niente sopravvive in questa situazione”.

È per questo che la transizione energetica era meglio farla in tempi tranquilli, quando non ne avvertiamo il bisogno. Perché poi, quando iniziano ad arrivare le crisi, a grappoli, è difficile farla così su due piedi, senza programmarla. Ad ogni modo, secondo Bardi, abbiamo ancora margine per fare un piano d’emergenza di riconversione alle rinnovabili, con incentivi pubblici, e un impegno del governo a spiegare ai cittadini che dobbiamo tutte e tutti iniziare a produrre energia. Non basta più ridsparmiarla. Interessante in quest’ottica anche l’opportunità del fotovoltaico da balcone.

Ad ogni modo, alcuni messaggi sensati sono arrivati dal governo. Dopo la liberalizzazione del fotovoltaico, chiamiamola così, per cui non è più necessario chiedere le autorizzazioni per installare i pannelli, Mario Draghi in conferenza a stampa a Versailles (dopo il summit Ue) ha detto una cosa interessante. Ha detto che è arrivato il momento di “staccare il mercato dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili dal mercato del gas. Oggi c’è un solo prezzo, quindi anche energia elettrica prodotta a bassissimo costo, come è quella prodotta da molte fonti rinnovabili, arriva al consumatore allo stesso prezzo di quella prodotta dal gas. E questa è la causa principale della lievitazione delle bollette”. 

Poi ha detto anche una cosa un po’ più problematica, passata completamente in sordina: Ovvero che “se l’insufficienza alimentare si aggraverà, occorrerà importare da altri Paesi, come Usa, Canada o Argentina. Ciò determina una necessità di riconsiderare tutto l’apparato regolatorio. C’è la convinzione che la Commissione debba rivisitare temporaneamente le regole che ci hanno accompagnato in questi anni”. Tradotto, significa allentare molto le normative e importare qualsiasi cosa, ogm inclusi, dagli Stati uniti. Perché il grano non lo produciamo quasi più, ne importavamo molto proprio da Ucraina e Russia, e la siccità di quest’anno più il caro carburanti ci espongono a rischio carestia. Perciò, apriamo tutto. Temporaneamente, in teoria. Ma sappiamo anche che quando si apre un varco, poi è difficile richiuderlo.

Intanto Cingolani se ne è uscito con una strana teoria. In un intervento nel corso della trasmissione Progress di Sky TG24, il ministro della Transizione ecologica ha detto che l’aumento del prezzo dei carburanti è «ingiustificato», frutto di una marcata speculazione sui mercati e privo di concrete «motivazioni tecniche». Da dove Cingolani tragga queste conclusioni, non è dato saperlo. Letteralmente, perché come fa notare Sergio Ferraris, uno dei più bravi giornalisti ambientali che abbiamo in Italia, “i contratti pluriennali di acquisto di Eni e altre società energetiche italiane del gas da Gazprom e altre nazioni estere sono il segreto meglio custodito d’Italia. La loro conoscenza consentirebbe di chiarire una volta per tutte le dinamiche dei prezzi, dei costi per imprese e cittadini, dell’inflazione e della povertà energetica. E Eni è partecipata dallo stato, per cui magari Cingolani potrebbe spiegarci meglio cosa succede mostrandoci i contratti. Ma non lo fa.

In compenso, incita i cittadini a consumare gas. Intervistato dall’Huffington Post ha affermato: “Tutti parlano di abbassare i termosifoni e di ridurre l’illuminazione pubblica, ma al momento non ce n’è bisogno. Ieri, dopo tanto tempo, abbiamo addirittura esportato il gas e i flussi che arrivano dalla Russia non solo sono regolari, ma addirittura più abbondanti di un mese fa”. Cioè, praticamente ha detto alle persone di non fare l’unica cosa vagamente sensata che si può fare in questa situazione, ovvero consumare meno gas. Abbassare i termosifoni, che sarebbe una sana abitudine al di là delle guerre.

DIRITTI DELLA NATURA A PANAMA

Va bene, chiudiamo con una notizia interessante che ci arriva da Panama. Panama ha emanato una legge sui diritti della natura, garantendole il “diritto di esistere, persistere e rigenerarsi”. La legislazione, dibattuta per più di un anno all’Assemblea nazionale di Panama, riconosce nel mondo naturale “una comunità unica e indivisibile di esseri viventi, elementi ed ecosistemi interconnessi tra loro, con una propria serie di diritti intrinseci”. Per ora sono solo parole scritte, ma è comunque un passo interessante perché costituisce una cornice normativa per fare cose diverse.

FONTI E ARTICOLI

#Ucraina
Time – How Ukrainian Citizens Are Mobilizing to Provide Aid and Supplies in the Fight Against Russia
il Giorno – Missili sulla base di Yavoriv: cos’è e perché è così importante
The Spectator – The nuclear bunker market is booming

#energia
Il Post – Cingolani dice che l’aumento del prezzo dei carburanti è una «colossale truffa»
Il Fatto Quotidiano – L’energia non basta risparmiarla, ora bisogna iniziare a produrla: siamo davanti al baratro
Qui Finanza – Benzina e diesel fuori controllo: la mappa dei distributori dove costa meno

#cibo #ogm
First online – Draghi: “Tetto ai prezzi del gas. Dalle tasse sugli extraprofitti 200 miliardi di gettito” 

#natura
L’Indipendente – Panama ha emanato una legge sui diritti della natura

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