Oggi tiriamo il fiato dalle notizie legate al nuovo governo, dopo diversi giorni di fuoco e parliamo di altro.
LO STRANO CASO DI JAMES GORDON MEEK
C’è un caso di cui stanno parlando pochissimi giornali al mondo e letteralmente nessuno in Italia. Ho scoperto la notizia attraverso una newsletter di un blog a cui sono iscritto che si chiama La Bottega del Barbieri, che nel momento in cui registro questo episodio è stato letteralmente l’unico a parlarne in italiano.
Faccio riferimento a due articoli per raccontarvi questo caso davvero strano e inquietante: uno dell’Independent a firma di Josh Marcus e l’altro – che è l’inchiesta originale che ha sollevato il caso – su Rolling Stone scritto da Tatiana Siegel.
La notizia è questa: James Gordon Meek è un reporter, è molto conosciuto negli Stati Uniti, si occupa soprattutto di sicurezza nazionale per ABC News. Ed è scomparso dal 27 aprile scorso. Da allora, ben sei mesi fa, nessuno sa dove sia, se stia bene e cosa gli sia successo. E sembra che la sua scomparsa sia collegata alla perquisizione fatta in casa sua dall’FBI proprio il 27 aprile. Iniziate a sentire quel brividino lungo la schiena?
Approfondiamo. Scrive Siegel su Rolling Stone: “UN MINUTO prima delle 5 del mattino del 27 aprile, James Gordon Meek di ABC News ha lanciato un tweet con una sola parola: “FATTI”.
Meek stava rispondendo all’opinione dell’ex agente della CIA Marc Polymeropoulos, secondo cui l’esercito ucraino – con l’assistenza degli Stati Uniti – stava prosperando contro le forze russe. Il tweet di Polymeropoulos – pieno di acronimi indecifrabili per un profano, come “TTP”, “UW” e “EW” – era a sua volta una risposta a una missiva del giornalista del Washington Post Dan Lamothe, che sottolineava la ricchezza di informazioni che l’esercito americano aveva raccolto sulle operazioni russe osservando la loro strategia di combattimento in tempo reale.
Questo scambio di messaggi mostra l’interazione tra le istituzioni della sicurezza nazionale e coloro che si occupano di essa dal punto di vista mediatico. E nessuno si trova a cavallo tra i due mondi come Meek, un giornalista vincitore di un Emmy per l’approfondimento, ex consulente senior per l’antiterrorismo e investigatore della Commissione per la sicurezza interna della Camera.
Per i suoi detrattori all’interno della ABC, Meek era una specie di “fanboy militare”. Ma il suo curriculum è innegabile: ha dato la notizia di complotti terroristici sventati a New York e dell’insabbiamento da parte dell’esercito della morte fratricida del soldato Dave Sharrett II in Iraq, una notizia bomba che è valsa a Meek un incontro faccia a faccia con il Presidente Obama. Con nove anni di lavoro alla ABC, un documentario su Hulu che si candida agli Emmy e un libro in uscita sul caotico ritiro dell’esercito dall’Afghanistan, il cinquantaduenne sembrava essere all’apice della sua professione.
Tornando alla cronaca della giornata, succede che nel tardo pomeriggio del 27 aprile, gli agenti locali e federali hanno fatto irruzione nella sua lussuosa casa nel quartiere residenziale privato di Siena Park ad Arlington, in Virginia, come riporta Rolling Stone. In seguito alla perquisizione, l’FBI dichiara che stava conducendo “attività di polizia autorizzate dal tribunale” nella zona. Dopodiché non dichiara e non rilascia più ulteriori commenti sulla vicenda.
Dal momento del raid, Meek diventa introvabile. Nessuno dei vicini del quartiere con cui Rolling Stone ha parlato lo ha più visto, e il suo appartamento sembra essere vuoto. La direzione di Siena Park ha rifiutato di confermare la scomparsa dell’inquilino di lunga data, citando le “norme sulla privacy”. Allo stesso modo, diversi giornalisti di ABC News – che pur dovrebbero essere abituati a svelare misteri e a risolvere storie investigative – hanno detto a Rolling Stone di non avere idea di cosa sia successo a Meek.
“Ancora più strano – prosegue l’articolo di Rolling Stone – è il fatto che, nei mesi precedenti la sua scomparsa, Meek stesse finendo di lavorare a un libro per Simon & Schuster intitolato “Operazione Pineapple Express: L’incredibile storia di un gruppo di americani che intrapresero un’ultima missione e onorarono una promessa in Afghanistan”, di cui è coautore insieme al tenente colonnello Scott Mann, un berretto verde in pensione.
Meek ha persino inserito nella sua biografia sui social media una foto del libro di prossima pubblicazione e ha twittato spesso del suo coinvolgimento. Ma dopo il 27 aprile, la foto della copertina del libro è scomparsa dalla sua biografia e Simon & Schuster ha cancellato il suo nome da tutti i materiali di stampa. La prima frase della copertina precedentemente recitava: “In aprile, il corrispondente di ABC News James Gordon Meek ricevette una chiamata urgente da un operatore delle Forze Speciali in servizio oltreoceano”. Ora si legge: “In aprile, una chiamata urgente è stata fatta da un operatore delle Forze Speciali in servizio all’estero”.
Anche il coautore del suo prossimo libro ha dichiarato di non avere idea di dove sia finito il produttore di documentari.
Ora, veniamo alle motivazioni. Cosa sappiamo sul perché lo hanno perquisito? Sappiamo, sempre stando agli articoli già citati, che gli agenti che hanno fatto irruzione nella casa del reporter avevano un mandato di perquisizione fornitogli il giorno prima da un giudice federale. Fonti anonime vicine all’operazione hanno riferito a Rolling Stone che il giornalista era sospettato di possedere materiale “classified” (ovvero riservato, probabilmente coperto da segreto di Stato) sul suo computer portatile, cosa che non è inverosimile per un giornalista che si occupa di sicurezza nazionale.
Secondo le linee guida riviste del 2021 del Dipartimento di Giustizia, il vice procuratore generale degli Stati Uniti Lisa Monaco avrebbe dovuto approvare l’indagine. L’Independent ha contattato l’agenzia per un commento. Ma neanche l’agenzia ha rilasciato commenti.
Scrive l’Independent in conclusione: “La preoccupante scomparsa solleva dubbi sul fatto che l’amministrazione Biden abbia preso di mira o arrestato il giornalista. Un fatto scomodo per il presidente, che l’anno scorso si è impegnato a mettere in atto nuove garanzie per proteggere i giornalisti durante le indagini sulle fughe di notizie”.
Fine della storia. Ora, non so se ci siano gli elementi per parlare di un nuovo caso Assange oppure no, ma prendendo per buono quello che scrivono i due giornali le similitudini sono molte. Di nuovo è in ballo la libertà di informazione, e soprattutto mi sconcerta una cosa di questa vicenda: il silenzio dei media.
Qui non mi riferisco ai media italiani, a cui la storia probabilmente non sarà nemmeno arrivata, ma a quelli americani. Ai colleghi del giornalista di ABC News. Questo silenzio sa molto di paura. E, mi pare, denoti un problema enorme e strutturale di un’informazione che di fronte a certi temi e a certe questioni preferisce fare un passo indietro. Perché non vedo altra possibile spiegazione. Un giornalista è scomparso, non in Russia, non in Cina, non in Corea del Nord, ma negli Stati Uniti, e i suoi stessi colleghi, che per mestiere dovrebbero fare informazione, non ne parlano. Questo è indice di un sistema malato. E mi viene anche da chiedermi, se questa storia emerge sei mesi dopo i fatti, per via di un’inchiesta indipendente, chissà, magari ce ne sono altre?
Sono tutte domande irrisolte al momento, ma che non mi lasciano dormire tranquillo. Credo che soprattutto in questo momento storico, se l’Occidente si vuole realmente proporre come modello democratico alternativo ai regimi, storie come questa a) non dovrebbero succedere e b) se succedono dovrebbero avere un’enorme risonanza. Sennò davvero faccio fatica a trovare le differenze.
CHE COS’E’ UNA BOMBA SPORCA?
E a proposito di regimi, torniamo a parlare di Ucraina, perché negli ultimi giorni i giornali parlano moltissimo di “bomba sporca”. Putin accusa Kiev di voler usare la bomba sporca, Zelensky dice che la bomba sporca vorrebbe usarla l’esercito russo e questo alimenta tensioni su tensioni. Ma che cos’è la bomba sporca?
Scrive il Post che “Convenzionalmente si definiscono “bombe sporche” delle normali bombe a scoppio a cui vengono agganciate sostanze radioattive – ad esempio del materiale utilizzato per la produzione civile di energia nucleare – che con la detonazione viene diffuso nell’area circostante. Sono molto meno pericolose delle armi nucleari: in condizioni normali possono diffondere materiale radioattivo solo per qualche chilometro. Secondo gli esperti dovrebbero servire soprattutto a terrorizzare i civili del territorio colpito, che potrebbero avere troppa paura per uscire di casa, bere acqua o mangiare cibo potenzialmente contaminato”.
Ecco, è successo che negli ultimi giorni il governo e l’esercito russo hanno sostenuto pubblicamente e privatamente, in una serie di conversazioni con alcuni funzionari occidentali, che l’Ucraina starebbe valutando di usare una “bomba nucleare sporca”all’interno della sua controffensiva per riconquistare alcune regioni occupate dalla Russia. Gli ucraini potrebbero facilmente reperire del materiale a Chernobyl, a d esempio.
I governi occidentali però non sembrano aver preso sul serio le accuse della Russia e anzi temono che queste dichiarazioni siano strategiche e servano a porre le basi per l’uso di una “bomba sporca” da parte dei russi, che a quel punto potrebbero addossarne le responsabilità sugli ucraini.
Anche qui, come abbiamo spesso commentato in passato, ci muoviamo su un livello strategico meta-bellico, che è la guerra combattuta con le dichiarazioni, in cui è difficile capire il peso e il significato di una dichiarazione.
È importante, credo, interpretare e valutare il peso delle dichiarazioni politiche in tempi di conflitto non in senso letterale, come come osservazioni sul conflitto, ma come parte del conflitto. Come spesso accade, anche in guerra, le parole non descrivono la realtà ma la costruiscono.
MANCANO POCHI GIORNI ALLE ELEZIONI IN BRASILE
Va bene, piccolo spazio extra. Mancano pochissimi giorni al ballottaggio fra Lula e Bolsonaro in Brasile e il clima è infuocato, fra Fake news, censure, giornali, celebrità e giudici che si schierano. Nella notte fra domenica e lunedì conosceremo il nuovo presidente brasiliano, in un momento spartiacque per il Brasile, per l’Amazzonia, per le popolazioni indigene e per il mondo intero.
A queste elezioni così importanti abbiamo dedicato la prima puntata di INMR+ che esce proprio oggi! È davvero molto interessante, contiene interviste a Massimo Canevacci, antropologo, Paulo Lima, giornalista e attivista, e Alice Farano di Survival International.
È riservata agli abbonati a Italia che Cambia, ed è il primo contenuto per abbonati che produciamo, il primo di una lunga serie. Se volete abbonarvi trovate un pulsante giallo in alto nel Menù di ICC.
LE NOVITA’ SU MIMMO LUCANO
Cambiamo argomento, veniamo in Italia per commentare una notizia che aggiunge un altro tassello a una vicenda che abbiamo seguito da vicino negli ultimi anni, quella di Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace condannato a 13 anni e 2 mesi in primo grado nel 2021 per una serie di presunti reati riguardanti la gestione dei progetti legati all’accoglienza dei migranti.
Ora, non vi sto qui a riraccontare da capo tutta la vicenda, ma vi invito ad approfondirla se non la ricordate attraverso alcuni articoli che vi lascio sotto fonti e articoli.
La novità, racconta Lucio Musolino sul Fatto Quotidiano, è che ieri c’è stato un altro capitolo del processo in cui la Procura generale di Reggio Calabria ha chiesto dieci anni e cinque mesi per l’ex sindaco, quindi tre anni in meno rispetto alla sentenza precedente.
Questo perché i sostituti procuratori generali hanno rilevato la prescrizione per i due presunti abusi d’ufficio. Adesso si prosegue con la Corte D’appello e i due avvocati difensori di Lucano dicono al Fatto Quotidiano di essere fiduciosi che l’accusa verrà ulteriormente ridimensionata “dato che i reati contestati a Mimmo Lucano sono insussistenti”
L’ACQUA DEI MONDIALI DI CALCIO IN QUATAR
Spostiamoci in medio oriente per le ultime due notizie di oggi. La prima riguarda i mondiali in Quatar, a cui Valori dedica un articolo che mette in luce un problema non da poco, l’acqua. “Non solo stadi climatizzati e diritti dei lavoratori calpestati. I Mondiali di calcio in Qatar imporranno anche uno spreco inaudito di acqua” recita il sottotitolo dell’articolo.
L’articolo è a firma di Luca Pisapia, che scrive: “Ci eravamo occupati di come il Comitato organizzatore, la Fifa e i media scodinzolanti al seguito avessero lanciato il Mondiale come il primo carbon neutral della storia, e di come questa fosse una scemenza colossale. Adesso c’è un altro problema. L’acqua. Come dice alla Reuters Haitham Al Shareef, ingegnere civile che si occupa dei campi di calcio in Qatar, per mantenere un terreno da gioco nella regione ci vogliono dai 10mila ai 50mila litri di acqua al giorno, a seconda delle temperature. E solo per il Mondiale i manti erbosi pronti sono un decina per ogni stadio. Un centinaio quindi. Altrettanti per i campi per gli allenamenti. Mentre una quarantina sono in un deposito a Doha, per ogni emergenza”.
Stiamo parlando di decine di milioni di litri al giorno. Solo per i campi. Senza contare tutta l’acqua che verrà consumata per bere, mangiare, lavare e via dicendo. Per un lungo, lunghissimo mese. E solo questo sarebbe un problema, ma ce ne è un altro, addirittura peggiore. Nel Golfo non c’è acqua. E allora ecco che i Paesi del Golfo sono da decenni i più grandi esperti di desalinizzazione dell’acqua di mare, oltre che i più grandi consumatori.
Peccato che la desalinizzazione si faccia “attraverso impianti che per funzionare consumano gas e petrolio. Di solo petrolio se ne consumano circa 300mila barili al giorno. Poi c’è il resto”. “Ma non è finita qui – prosegue Pisapia – Perché il processo di desalinizzazione non solo è estrattivo, tossico e inquinante per poter funzionare a livello di procedura, lo è anche e soprattutto nei suoi effetti sulle acque del Golfo, un ecosistema messo sotto pressione oltre il punto di non ritorno. Per ripulire l’acqua marina dal sale, e renderla potabile, vanno infatti utilizzati agenti e reagenti chimici tossici che, ovviamente, finiscono nel mare uccidendone la vita e i delicati equilibri. Tutto questo, sarà moltiplicato all’infinito per un mese, durante il Mondiale venduto come il meno inquinato e inquinante di sempre. Garantiscono la Fifa, gli sceicchi, gli sponsor e i loro servi sciocchi”.
Ecco questa è la situazione. Sono le follie di quando si ha troppa energia (leggasi petrolio) a poco prezzo, al punto da non sapere cosa farsene. Oltre a questo, ricordo che secondo le stime del Guardian sarebbero morti almeno 6.500 lavoratori immigrati durante i lavori di costruzione degli stadi. Non ho molto da aggiungere, se non che una volta tanto sono davvero orgoglioso della Nazionale di calcio maschile italiana che ha deciso di boicottare questi mondiali. Bravi ragazzi.
LA FOLLE CITTA’ SAUDITA DI NEOM
Sempre a proposito di follie, spostiamoci nella vicina Arabia Saudita, che sarà sede dei Giochi Panasiatici invernali del 2029. E già qui, siamo a livelli di follia abbastanza alti, ma ne abbiamo già parlato e questa è solo la premessa della notizia di oggi, che ci viene riportata da Maurizio Bongioanni su Altreconomia.
In vista dei giochi sono già partiti i lavori per realizzare la futuristica megalopoli di Neom che ospiterà l’evento sportivo. Scrive Bongioanni: “Il progetto, dal costo preventivato di 500 miliardi di dollari, comprende una smart linear city battezzata “The Line”, un enorme serpentone lungo 170 chilometri (si avete sentito bene, chilometri) e larga solo 200 metri: una città in grado di ospitare nove milioni di abitanti in appena 34 chilometri quadrati (una superficie grande quanto la città di Como). All’interno di Neom è prevista anche la costruzione di Trojena, una località dedicata agli sport invernali aperta tutto l’anno e dove, in occasione dei giochi Panasiatici gli atleti si contenderanno le medaglie nello sci alpino, nell’hockey su ghiaccio, nel curling e nel pattinaggio”.
Questo è il progetto. Veniamo a un po’ di commenti. Innanzitutto, secondo quanto denunciato Alqst, organizzazione per i diritti umani con sede nel Regno Unito, il 2 ottobre un tribunale saudita ha condannato a morte tre uomini che si erano opposti agli sfratti compiuti per avviare i cantieri della megalopoli. Tutti appartengono alla comunità araba degli Howeitat e si trovano attualmente in carcere già dal 2020. Inoltre negli ultimi mesi le autorità saudite hanno arrestato, perseguitato e ucciso diversi membri della tribù che si sono rifiutati di vendere allo Stato i propri terreni.
Secondo quanto riferito da Al-Jazeera i rappresentanti della tribù Howeitat hanno inviato una comunicazione urgente alle Nazioni Unite chiedendo un’indagine sugli sgomberi messi in atto da Riad per fare spazio ai cantieri di Neom: non solo non c’è stata nessuna risposta, ma l’Organizzazione mondiale per il turismo sta persino promuovendo la megalopoli saudita sulle proprie pagine online con tanto di logo degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
E qui veniamo al secondo immancabile aspetto: continua Bongioanni: “La nuova città, infatti, è stata presentata come carbon neutral: per azzerare le emissioni di gas serra entro il 2060, il governo saudita ha promesso di piantare miliardi di alberi e di raddoppiare le zone protette nel Paese, comprendendo anche la regione di Tabuk. Difficile pensare però che questo sia sufficiente a compensare l’impatto di cantieri che andranno a costruire intere città in zone desertiche, per non parlare delle piste da sci.
Anche perché una volta ultimata, Neom prenderà il posto di intere aree desertiche dove vivono circa 200mila persone, quasi tutte di etnia Howeitat. Sul finire, l’articolo spiega che questo progetto fa parte del più ampio Vision 2030, un programma lanciato dal principe ereditiero Mohammed bin Salman (sì, l’amico di Renzi, proprio lui) forse prendendo spunto dalle Visioni 2040 di Italia che Cambia di cui però non sembra aver colto lo spirito. Bin Salman vorrebbe ridurre la dipendenza dell’Arabia Saudita dal petrolio, diversificare la sua economia e sviluppare settori quali sanità, istruzione, infrastrutture, attività ricettive e turismo. Ma le contraddizioni di questo progetto sono davvero tante.
FONTI E ARTICOLI
#informazione
Rolling Stone – FBI Raids Star ABC News Producer’s Home
Independent – Who is James Gordon Meek, star ABC journalist who’s been missing since April FBI raid?
#bombe sporche
il Post – Cos’è questa storia delle “bombe sporche” in Ucraina
#Brasile
il Fatto Quotidiano – Elezioni in Brasile: Bolsonaro e Lula tra fake news e censura
#Mimmo Lucano
il Fatto Quotidiano – Mimmo Lucano, chiesti 10 anni e 5 mesi di reclusione in appello per l’ex sindaco di Riace
#mondiali in Qatar
Valori – L’acqua necessaria al greenwashing di Qatar 2022
#Arabia Saudita
Altreconomia – L’Arabia Saudita e il progetto di una nuova megalopoli nel deserto dei diritti
#riciclo plastica
Ansa – Greenpeace, riciclo plastica impossibile, meglio il riuso
#cannabis
la Repubblica – La Germania vara le linee guida per la legalizzazione della Cannabis
#rinnovabili
il Fatto Quotidiano – La legge sugli extraprofitti dei colossi di energia? Colpisce anche i Comuni che puntano sulle rinnovabili: “Così finiamo in default”
GreenMe – Comunità energetiche, la burocrazia rema contro: appena 16 CER su 100 hanno completato l’iter di attivazione presso il GSE
#mar Menor
GreenMe – Il Mar Menor in Spagna ottiene lo status di persona giuridica, cosa significa e perché è così importante
#nucleare
Greenme – A un giorno dal giuramento, il nuovo ministro dell’Ambiente apre già al nucleare di “nuova” generazione (e alle trivelle)
#Israele
il Post – Il dilemma di Israele sulla guerra in Ucraina https://www.ilpost.it/2022/10/26/difficile-scelta-israele-guerra-ucraina/
il Post – Sono giorni di violenze e agitazioni in Palestina