30 Giu 2023

Geoingegneria, l’Europa vuole creare una convenzione globale – #756

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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La Commissione europea ha aperto una discussione sulla geoingegneria, ovvero il tentativo umano di modificare il clima terrestre. Un tema scottante e poco discusso, ma di cui sarebbe importante iniziare a parlare. Parliamo anche dell’Islanda che vieta la caccia alle balene e degli incendi in Canada i cui fumi stanno invadendo i cieli anche d’Europa.

Sta iniziando a livello europeo una discussione molto importante, che credo sia importante non rimanga confinata nelle stanze di Bruxelles ma che coinvolga anche la società civile. È tuttavia un tema su cui non è semplice fare una discussione costruttiva e sensata perché da un lato c’è poca chiarezza e ancor meno comunicazione da parte delle autorità sugli esperimenti che vengono effettuati, dall’altra – come spesso accade in questi casi – proliferano teorie spesso abbastanza strampalate e cospirazioniste su questi esperimenti stessi.

Sto parlando di geoingegneria, ovvero del tentativo umano di modificare il meteo e persino il clima terrestre. La notizia è che due giorni fa, Il 28 giugno, la Commissione europea ha aperto una discussione sul tema, ritenendo che l’argomento debba essere discusso a livello internazionale, per decidere se e quale tipo di regolamentazione sia necessaria, prima di arrecare danni al pianeta.

Prima di addentrarci nella discussione però sento il bisogno di fare qualche premessa. La prima è che la geoingegneria non è la causa del cambiamento climatico, perché il cambiamento climatico è causato dalle emissioni di CO2 e altri gas serra effetto dell’attività umana. Questo è un dato che ormai lascia davvero pochissimo spazio a dubbi, la correlazione fra emissioni e clima è il singolo argomento più studiato nella storia dell’umanità e quindi abbiamo un margine di incertezza ormai inferiore all’1%. Del tipo, può essere che ci siamo sbagliati ma è talmente improbabile che possiamo trascurarlo nei ragionamenti.

La seconda premessa è che la geoingegneria è una roba non recentissima e esistono già diverse tecniche per, ad esempio, far piovere, oppure mandar via le nuvole, ecc. Alcuni paesi, come la Cina, lo fanno abbastanza frequentemente anche in occasione di eventi o parate in cui s vuole il sole. Fin qui però queste tecniche sono state applicate sul meteo e non sul clima. Il meteo è la condizione del clima in un certo istante in un certo punto Il clima è invece tutto il sistema a livelo mondiale, nel corso del tempo. Se modificare il meteo è oggi relativamente semplice, pensare di modificare il clima è difficilissimo e soprattutto, ma poi ne parliamo meglio, molto rischioso.

La terza e ultima premessa è che il motivo per cui la geoingegneria sta diventando sempre più discussa e “di moda”, passatemi il termine, è proprio la necessità di arrestare il cambiamento climatico. Poi, per onestà, devo dire che non sono a conoscenzadi tutti gli esperimenti in corso, molti di questi esperimenti sono realisticamente coperti da segreto di stato, quindi non posso esludere a priori che alcuni di questi abbiano obiettivi diversi, che so, geopolitici o altro. Ma è importante non confondere questa incertezza e un legittimo dubbio con invece la certezza, infondata, che questi esperimenti siano la causa del cambiamento climatico. 

Va bene, fine delle premesse. Torniamo alla notizia, ovvero che l’Ue ha aperto ufficialmente la discussione sul tema. Nell’inaugurare la discussione Frans Timmermans, vice-presidente della Commissione e incaricato al Green Deal europeo ha detto  “La questione ha risvolti globali e rischi considerevoli: nessuno dovrebbe fare esperimenti da solo su un pianeta in cui viviamo tutti”. La posizione di partenza dell’Ue è la richiesta di una regolamentazione a livello globale, che impedisca agli stati di fare esperimenti su larga scala in maniera autonoma e non concordata. 

Un articolo a firma di Maria Psara su Euronews passa in rassegna le varie tecniche che fin qui sono in fase di studio:

“Nello specifico, alcuni ricercatori stanno già lavorando su diversi tipi di tecnologie in grado di abbassare le temperature. Una è chiamata iniezione di aerosol stratosferica: in pratica vengono rilasciate al di sopra delle nuvole minuscole particelle catarifrangenti, per respingere la luce solare.

Ma secondo gli esperti sarebbero necessari centinaia o persino migliaia di aerei, operativi per diversi anni, per ottenere effetti concreti. Un’altra possibile soluzione è lo schiarimento delle nuvole marine, cioè un tentativo di aumentare la capacità riflettente delle nuvole più basse, con l’aiuto di apposite particelle rilasciate dalle barche.

Una parte rilevante della comunità scientifica è tuttavia molto critica: 450 scienziati hanno inviato una lettera aperta esprimendo le loro preoccupazioni.  “La ricerca non elimina le incertezze, perché l’impatto finale di queste tecnologie sarà noto solo quando verranno utilizzate su scala planetaria”, spiega a Euronews Frank Biermann, professore di geoscienza all’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi. 

“Non si possono davvero eliminare tutte le incertezze con esperimenti in laboratorio, ma nemmeno gli esperimenti su piccola scala possono dirci davvero quali rischi potrebbero presentarsi quando si impiegano queste tecnologie su scala globale per molti, molti anni”. 

“E poi preoccupa il rischio geopolitico – sostiene il professore -. Cosa succede se alcuni Paesi procedono in autonomia?”

Oggi la geoingegneria viene discussa in diverse parti del mondo ed è considerata da alcuni come una potenziale risposta futura al cambiamento climatico. 

“Intanto – conclude l’articolo – un gruppo di scienziati, soprattutto statunitensi, procede con le ricerche: l’Ue dovrà accelerare se intende approvare una regolamentazione globale”.

Va bene facciamo un piccolo commento. Prima cosa: bene che se ne parli. E che se ne parli anche a livello istituzionale. Ditemi se vi interessa, ma secondo me sarebbe importante seguire questa discussione e quello che emerge.

Poi: nel merito. Si tratta di esperimenti molto rischiosi perché il clima è un sistema molto complesso, e una delle caratteristiche dei sistemi complessi è quella che viene chiamata la loro controintuitività. Ovvero il fatto che si comportanp in maniera difficile da intuire e prevedere. Ogni azione che facciamo genera migliaia di conseguenze e cicli di retroazione imprevedibili. Quindi le probabilità che le cose vadano divesamente da come abbiamo immaginato sono molto alte. 

Quindi credo che le soluzioni di geoingegneria dovrebbero essere l’ultimissima spiagga nella lotta la cambiamento climatico, o forse nemmeno quella. Quello che vedo invece è che spesso sono presentate come un’alternaiva facile a un cambiamento del nostro sistema socio-economico in ottica sostenibile. È inutile che vi stia a fare il solito pippone sui tanti motivi per cui questa cosa non funziona no?

La notizia in realtà è di qualche giorno fa, ma visto che me l’ero persa e che per fortuna ieri me l’ha segnalata Daniel Tarozzi, ve la ripropongo oggi, perché è una notizia molto importante. Ve la racconto nelle parole di Valentina Neri su Lifegate: “Niente più caccia alle balene in Islanda, almeno fino al 31 agosto del 2023. Lo ha deciso il governo, dopo aver accertato come la pratica violi la legge vigente sul benessere animale. La speranza delle organizzazioni animaliste è che questo sia soltanto il primo passo per bandirla una volta per tutte”.

Era il 1986 quando la Commissione baleniera internazionale ha introdotto una moratoria sulla caccia alle balene per scopi commerciali. Inizialmente l’Islanda faceva parte della Commissione, salvo poi uscirne tra il 1992 e il 2002 e rientrare, ma con un’eccezione sulla moratoria stessa (cosa che ha destato l’opposizione degli altri membri). Da allora ha ucciso 1.500 balene; è rimasta l’unico stato a farlo per finalità di lucro, insieme al Giappone e alla Norvegia.

Di fatto, però, è una pratica sempre più in disuso. Anche per via della crescente coscienza ambientalista, è ormai invisa a una fetta sempre più larga della popolazione, soprattutto tra i giovani. Oltretutto, entra in conflitto con il turismo, per cui il whale watching è un settore fiorente. Il quotidiano Guardian sottolinea come già nel 2020 una compagnia abbia abbandonato questo business perché non lo riteneva più redditizio. Ne è rimasta soltanto una, Hvalur, provvista di una licenza che scade nel 2023.

Nomalmente la stagione della caccia alle balene va da metà giugno a metà settembre. Ma, quest’anno di fatto, potrebbe essersi già conclusa. La ministra per l’Agricoltura e la pesca, Svandís Svavarsdóttir, ha infatti annunciato uno stop fino al 31 agosto. Il motivo è che è stato fatto uno studio, condotto per volontà dello stesso governo, ed è venuto fuori che l’uccisione degli animali richiede troppo tempo. Provocando così sofferenze che sono incompatibili con la legge sul benessere animale.

La mia sensazione, comunque è che questo divieto arrivi, come l’articolo in parte spiega, a sugellare una sconfitta ormai culturale della caccia alla balena. Non c’era forse bisono di fare uno studio per capire che la caccia alla balena è una cazzata. Però noi umani siamo fatti così, abbiamo bisogno di procedure e di dare una forma alle cose. Meglio così comunque.

Fra l’altro oltre alla questione etica, e legata alla biodiversità, vi ricordo l’impatto ancora oggi poco conosciuto ma enorme delle balene nell’assorbimento della CO2 e quindi nella lotta al cambiamento climatico. Le balene infatti con il loro movimento ondulatorio che va dalle superfici del mare ale profondità oceaniche smuovono i fondali e creanouna sorta di nastrotrasportatore dei nutrienti che stanno sui fondali fino sulle acque superficiali. Così facendo nutrono il fitoplancton che vive in superficie e gli consentono di assorbire tramite la fotosintesi, quantità di CO2 paragonabili a quelle delle foreste. 

Forse più balene negli oceani è la migliore geoingegneria che possiamo immaginare.

Restiamo più o meno in tema con gi altri argomenti di oggi e torniamo a parlare degli incendi in Canada. Sempr su Euronews, questa volta è Rebecca Anne Hughes a raccotarci che il Canada sta vivendo la peggiore stagione degli incendi mai registrata. Sono già bruciati almeno 7,5 milioni di ettari in tutto il Paese e adesso i fumi degli incendi, dopo aver offuscato i cieli e inquinato l’aria delle grandi metropoli americane stanno arrivando persino in Europa. 

“Lunedì 26 giugno, grazie alle immagini satellitari, il Met Office del Regno Unito ha rilevato il fumo degli incendi canadesi in tutta l’Europa occidentale. Lo smog ha superato l’Atlantico attraverso la corrente a getto (jet stream in inglese),un fiume d’aria che scorre molto velocemente nell’atmosfera terrestre. All’inizio di giugno il fumo ha raggiunto la Norvegia e lunedì è arrivato anche nel Regno Unito.

Poiché il fumo entra nell’atmosfera ad alta quota, è in grado di soffermarsi più a lungo e di percorrere lunghe distanze.

La domanda principale, adesso, è: il fumo degli incendi canadesi influirà sulla qualità dell’aria in Europa?

Abbiamo tutte e tutti impresse le immagini dell’inizio del mese, quando il fumo degli incendi ha avvolto New York, ricoprendo la Grande Mela di una foschia arancione. Ai residenti è stato consigliato di rimanere in casa il più possibile.

Secondo gli esperti n Europa gli effetti non saranno gli stessi. Il fumo non porterà a un peggioramento significativo della qualità dell’aria per i residenti, poiché rimarrà negli strati superiori dell’atmosfera. Tuttavia, potrebbe dare vita a scene pittoresche nei nostri cieli. Il Met Office ha scritto su Twitter: “Sebbene il fumo si trovi in alto nell’atmosfera, potrebbe dare vita nei prossimi giorni a vivaci albe e tramonti”.

Insomma, sembra che per i cittadini europei non ci saranno conseguenze pericolose. Detto ciò, continua ad essere molto preoccupante la situazione in Canada, dove le fiamme continuano a divampare in diverse province. Il 26 giugno sono stati registrati 27 nuovi incendi, secondo il National Fire Situation Report.

E nel continente americano, la qualità dell’aria continua ad essere un problema: “A Ottawa, capitale del Canada, la qualità dell’aria è stata giudicata “ad alto rischio” durante il fine settimana. Negli Stati Uniti sono stati emessi avvisi di qualità dell’aria anche in Wisconsin, Michigan e Indiana.

Justin Trudeau, primo ministro canadese ha tweettato: “Stiamo assistendo a un numero sempre maggiore di questi incendi a causa dei cambiamenti climatici”.

 “Questi incendi stanno colpendo le routine quotidiane, le vite e i mezzi di sussistenza e la nostra qualità dell’aria. Continueremo a lavorare – qui in patria e con i nostri partner in tutto il mondo – per affrontare il cambiamento climatico e i suoi impatti”, ha aggiunto.

In realtà, come spiega ancora l’articolo su Euronews, “Gli scienziati non hanno confermato un legame diretto tra gli incendi di questo mese in Canada e il cambiamento climatico. Anche perché, aggiungo io, è molto difficile dimostrare delle connessioni specifiche e puntuali fra un fenomeno macroscopico e dalle mille sfaccettature come il cambiamento climatico e una serie di eventi puntuali (difficile, ma non impossibile). Ma in generale la crisi climatica sta provocando condizioni più favorevoli agli incendi”.

Ad esempio “Un rapporto del 2021 del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) ha rilevato che le condizioni climatiche secche, ventose e calde, che aumentano le possibilità di incendi, diventeranno più comuni in alcuni luoghi, tra cui il Canada atlantico e gli Stati Uniti, con l’aggravarsi dei cambiamenti climatici”.

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