10 Ott 2024

Gaza, Libano, Ucraina: guerre fossili e obiezioni di coscienza – #999

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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C’è un legame profondo e sempre più esplicito fra guerra e combustibili fossili. C’è sempre stato, lo sappiamo, ma forse non abbiamo a mente come le fonti fossili giochino un ruolo non da poco anche nei conflitti di cui parliamo tutti quotidianamente, quello a gaza e in Libano e quello in Ucraina. Sempre a proposito di conflitti parliamo anche di orrori bellici così come di empatia e obiezione di coscienza. Ci spostiamo quindi in Italia per parlare di rimedi contro la siccità, dei nuovi Ashoka Fellow, del servizio civile agricolo e qualche altra cosa.

È uscita una bella intervista dal carcere a Roger Hallam,  fondatore di movimenti ambientalisti come Extinction Rebellion, Insulate Britain e Just Stop Oil finito in carcere per istigazione al disordine pubblico, ed è a firma di Chris Hedges, ex corrispondente del NYT e vincitore del Premio Pulitzer. Non un tizio a caso, insomma. L’intervista è pubblicata sulla piattaforma di giornalismo indipendente ScheerPost.

L’intervista è davvero ricca di spunti interessanti, che ora provo a riassumervi. Ma per rendere il giusto merito a una penna che ha vinto un Premio Pulitzer, vi leggo le prime righe dell’articolo, che contestualizza l’intervista: 

“Norfolk, Regno Unito — Sono seduto con Roger Hallam, i suoi capelli grigi legati in una coda di cavallo, nella sala visite della prigione di HM Wayland. Sulle pareti ci sono grandi fotografie di famiglie che fanno picnic sui prati, prati verdeggianti e bambini che giocano. Il contrasto con le immagini, probabilmente appese per dare un tocco accogliente alla sala visite, è sorprendente. Non si può sfuggire, soprattutto con le guardie carcerarie che si muovono intorno a noi, a dove ci troviamo. Io e Roger siamo seduti su basse poltrone imbottite e ci guardiamo l’un l’altro attraverso un basso tavolo bianco di plastica. Il corpo snello di Roger cerca di adattarsi a mobili progettati per bambini.

Roger, uno dei fondatori di Extinction Rebellion, Insulate Britain e Just Stop Oil, sta scontando una condanna a cinque anni di prigione per “aver causato disturbo pubblico senza giustificato motivo.”

Lui e i suoi quattro co-imputati, ciascuno condannato a quattro anni, sono stati riconosciuti colpevoli per aver organizzato una chiamata Zoom nel 2022 con l’intento di coordinare attivisti affinché salissero sui ponti sopra la M25, la principale autostrada che circonda Londra. L’obiettivo a breve termine era fermare il traffico. Quello a lungo termine era costringere il governo a fermare il rilascio di nuove licenze per petrolio e gas”.

Dopodiché inizia l’intervista che è molto lunga. Tralascio la prima parte relativa alla crisi climatica, in cui si citano studi sui fenomeni estremi, sul superamento dei tipping point, previsioni su un aumento delle catastrofi e delle morti legate al clima e così via. Salto questa parte non perché non sia super importante ma perché ne parliamo molto spesso, in questa rassegna.

Mi soffermo invece su un punto in particolare, ovvero la relazione che sussiste fra combustibili fossili e guerra, in particolare la guerra in corso a Gaza. 

A un certo punto dell’intervista infatti Hallam cita Andreas Malm, professore di ecologia umana in Svezia che dice “la distruzione della Palestina è la distruzione della Terra.”, spiegando così il suo pensiero: 

“La distruzione di Gaza viene eseguita da carri armati e caccia bombardieri che scaricano i loro proiettili sulla terra: i Merkava e gli F-16 che lanciano il loro inferno sui palestinesi, i razzi e le bombe che riducono tutto in macerie — ma solo dopo che la forza esplosiva della combustione dei combustibili fossili li ha messi sulla giusta traiettoria”. “Tutti questi veicoli militari funzionano a petrolio. Lo stesso vale per i voli di rifornimento dagli Stati Uniti, i Boeing che trasportano i missili attraverso il ponte aereo permanente. Un’analisi preliminare, conservativa, ha rilevato che le emissioni causate nei primi 60 giorni della guerra equivalevano alle emissioni annuali di 20-33 paesi a basse emissioni: un’improvvisa impennata, una nube di CO2 che si solleva sulle macerie di Gaza. Le forze occidentali polverizzano le abitazioni della Palestina mobilitando la capacità di distruzione che solo i combustibili fossili possono dare.”

Ma il genocidio dei palestinesi, spiega Hallam citando nuovamente Mann, è legato ai combustibili fossili anche in altri modi.

“Uno dei tanti fronti dell’estrazione di petrolio e gas è il bacino del Levante lungo la costa che va da Beirut, passando per Akka, fino a Gaza. Vi faccio un breve inciso: di recente sono stati scoperti grossi giacimenti di gas nella costa di fronte a Gaza e in quella di fronte al Libano e diversi analisti sostengono che il governo di Israele abbia paura che Hamas e Hezbollah possano entrare in possesso di quelle risorse. 

Continuo: “Due dei maggiori giacimenti di gas scoperti qui, chiamati Karish e Leviathan, si trovano in acque rivendicate dal Libano. Cosa ne pensa l’Occidente di questa disputa? Nel 2015, la Germania ha venduto quattro navi da guerra a Israele per difendere meglio le sue piattaforme di gas da eventuali pericoli. Sette anni dopo, nel 2022, con la guerra in Ucraina che ha causato una crisi sul mercato del gas, lo stato di Israele è stato per la prima volta elevato a esportatore di combustibili fossili di rilievo, rifornendo la Germania e altri stati dell’UE con gas e petrolio greggio provenienti dai giacimenti Leviathan e Karish, che sono entrati in funzione nell’ottobre di quell’anno. Il 2022 ha consolidato l’alto status di Israele in questo settore.”

Il 9 ottobre, due giorni dopo l’attacco di Hamas che ha dato origine al conflitto, il New York Times ha riportato che ‘I violenti combattimenti potrebbero rallentare il ritmo degli investimenti energetici nella regione, proprio mentre le prospettive del Mediterraneo orientale come centro energetico hanno guadagnato slancio.'” 

“Cinque settimane dopo il 7 ottobre, tuttavia, quando gran parte del nord di Gaza era stata comodamente ridotta in macerie, Chevron ha ripreso le operazioni nel giacimento di gas Tamar,”. “A febbraio, ha annunciato un nuovo round di investimenti per rafforzare ulteriormente la produzione. Alla fine di ottobre, il giorno dopo l’inizio dell’invasione di terra a Gaza, lo stato di Israele ha assegnato 12 licenze per l’esplorazione di nuovi giacimenti di gas — una delle compagnie che le ha ottenute è BP, la stessa compagnia che ha scoperto per prima il petrolio in Medio Oriente e costruito l’oleodotto Kirkuk-Haifa.”

Insomma, la tesi dell’intervistato è che Israele avesse bisogno di occupare Gaza e rimuovere i palestinesi anche per poter espandere il suo mercato del gas. 

Poi l’articolo allarga ulteriormente il raggio d’sservazione e spiega la connessione tra il genocidio a Gaza e le morti nel Sud del mondo, dove i rifugiati climatici stanno morendo nei mari aperti e nei deserti mentre cercano di fuggire verso nord. I di 21,5 milioni di persone forzate ogni anno a migrare tra il 2008 e il 2016 a causa del clima. I 260 milioni di persone nelle aree costiere che sono ad “alto rischio” di essere sfollate dall’innalzamento del livello del mare. 

Per poi passare a raccontare la sempre maggiore criminalizzaizone del dissenso che procede di pari passo con la crisi climatica e con l’acuirsi delle guerre e delle stragi. Il che se ci pensate è logico. Via via che le crisi sistemiche si fanno più insistenti, aumentano le voci di protesta e quindi chi è al potere sente più forte lo stimolo di metterle a tacere. 

Comunque, articolo molto interessante, ringrazio il lettore e attivista di UG Daniele Quattrocchi per avermelo segnalato. 

Articolo che fra l’altro va a braccetto con un pezzo uscito su Valori che spiega l’altrettanto enorme impatto ambientale del conflitto in Ucraina. Articolo in cui Martina Pignatti Morano, direttrice dell’associazione Un Ponte Per, sottolinea come la narrazione bellicista, diffusa in seguito all invasione russa dell’Ucraina voluta da Putin, abbia convinto l’opinione pubblica e gran parte della politica che l’escalation militare fosse la soluzione al conflitto. E come abbia favorito gli interessi dell’industria bellica, che ha visto aumentare la spesa globale in armi a oltre 2.400 miliardi di dollari nel 2023.

L’intervistata sottolinea un elemento in più in questa intervista, ovvero che i fondi destinati all’industria bellica sottraggono risorse vitali ad altri settori cruciali per il benessere pubblico, come l’istruzione e la sanità. Ad esempio, il costo di un caccia F-35 potrebbe finanziare 183 asili nido.

La guerra è uno specchio forse delle più profonde contraddizioni dell’animo umano, capace di far emergere la peggiore brutalità, la totale alienazione e insensibilità, così come momenti di empatia potentissimi. 

Vi do qualche notizia un po’ spot, alcune tremende, alcune belle. I soldati ucraini uccidono i soldati russi, e viceversa, con piccoli droni che comprano online. Al fronte, racconta il Post, questo succede da molti mesi, tanto che ormai è diventato un fatto normale della guerra. Ma a Kherson, una città del sud dell’Ucraina che affaccia sul fiume Dnipro, i soldati russi usano piccoli droni commerciali per inseguire e uccidere non i soldati, ma i civili ucraini. 

Per raccontare che cosa sta succedendo, gli abitanti parlano di «caccia agli umani» e di «videogioco con bersagli umani». Alcune persone ucraine, nelle interviste raccolte dal Post nelle strade di Kherson, dicono di sentirsi usate dalle squadre di dronisti russi come obiettivi per fare pratica. 

Secondo alcuni intervistati lo fanno per divertimento. «Le lanciano anche sugli animali. Vedono una cuccia con un cane e ci lasciano cadere una granata sopra. Lo fanno per il gusto di lanciarla». Non so se esiste un’immagine che descrive meglio di questa l’orrore lancinante della guerra. Un orrore che i numeri non riescono a rendere.

A proposito di animali sul fronte di guerra ucraino, vi segnalo un’iniziativa di Lav, anzi una missione sul campo vera e propria organizzata dall’Unità di Emergenza LAV per supportare gli animali direttamente sul territorio ucraino, grazie alla collaborazione con UAnimals, associazione ucraina attiva da anni in quelle zone, per evacuare gli animali abbandonati.

Intanto ieri dopo un colloquio di un’ora con Joe Biden e Kamala Harris Benjamin Netanyahu ha fatto trapelare alla stampa di aver deciso che attaccherà le infrastrutture militari dell’Iran. Repubblica lo fa sapere con un titolo abbastanza asciutto e neutro, che – devo essere onesto – personalmente mi desta più preoccupazione di quelli roboanti della stessa Repubblica che millantano la catastrofe nucleare.

Sempre Repubblica però da anche una notizia positiva, che indica che forse qualcosa si sta incrinando nella folle macchina da guerra di Netanyahu. Ovvero che 130 soldati israeliani si sono rifiutati di combattere a Gaza per non “sottoscrivere la condanna a morte” degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. 

Hanno inviato una lettera in cui si sono opposti alla continuazione dei combattimenti nella Striscia poiché rappresentano una “sentenza capitale” per i 101 ostaggi ancora nell’enclave palestinese. “E’ chiaro che la continuazione della guerra a Gaza non solo ritarda il ritorno degli ostaggi, ma mette anche in pericolo la loro vita” si legge nella lettera “molti sono stati uccisi dai bombardamenti dell’Idf (l’esercito israeliano), molti di più di quelli che sono stati salvati nelle operazioni militari”. “Noi, che abbiamo servito e continuiamo a servire con dedizione, rischiando la vita, annunciamo che se il governo non cambia immediatamente rotta e non si adopera per raggiungere un accordo per riportare a casa gli ostaggi, non saremo in grado di continuare a combattere”.

Ora: metto le mani avanti – è probabilmente wishful thinking, ovvero quel bias cognitivo che ti porta a leggere la realtà seguendo ciò che ti piacerebbe fosse vero. Però mi lascio una porticina aperta alla possibilità che dietro questa scelta ci sia anche un’obiezione di coscienza verso il massacro di civili di Gaza. 

Cosa fra l’altro che non sarebbe nuova. Esiste un’associazione in Israele che si chiama Break the Silence che raccoglie centinaia di testimonianze di soldati israeliano che hanno fatto obiezione di coscienza e a un certo punto si sono rifiutati di continuare con il massacro. Ritrovare l’empatia e l’umanità che la guerra sta seppellendo sotto piogge di proiettili e di missili è la principale, forse l’unica speranza perché si giunga a una soluzione pacifica.

Il nostro super mega direttore galattico Daniel Tarozzi è in partenza per Lerici dove questo sabato terrà un TEDx sul tema della crisi permanente e di come affrontarla. Prima di partire però mi ha mandato, come non faceva da un po’, un contributo in cui ci racconta alcuni articoli molto interessanti usciti fra ieri e oggi su ICC. A te Daniel

Audio disponibile nel video / podcast

Chiudiamo con una novità interessante, ovvero la recente introduzione in Italia del servizio civile agricolo, anche se per adesso in via sperimentale.

Leggo sul sito Agroinotizie.com che “Mille giovani, in questa prima fase sperimentale, potranno partecipare ai progetti agricoli che gli enti interessati ad arruolare i ragazzi possono presentare dal 2 ottobre, quando è stato pubblicato l’avviso, fino alla scadenza del 28 novembre”.

In pratica saranno presi questi 1.000 giovani dai 18 ai 28 anni, ci sarà un investimento iniziale di circa 7 milioni di euro messi a disposizione dal governo. Le organizzazioni interessate ad attrarre ragazzi potranno presentare i loro progetti che spaziano in vari ambiti dell’agricoltura e delle realtà rurali, progetti che prevedano attività di assistenza e terapeutiche rivolte a persone con disabilità o altri soggetti fragili, offrendo servizi, anche di tipo educativo o ricreativo, per bambini o ragazzi, oppure attuando iniziative di conoscenza, promozione e tutela dei prodotti agricoli e alimentari del made in Italy, fino alla conoscenza e promozione dei corretti stili di vita alimentari, anche per prevenire e contrastare i disturbi legati all’alimentazione o per ridurre lo spreco alimentare e valorizzare l’economia circolare. 

Sarà anche possibile attuare iniziative di promozione e sviluppo del coworking rurale, di educazione ambientale e alimentare, a tutela della biodiversità animale e del territorio (in particolare quello forestale), valorizzando le risorse agricole e riconoscendo il ruolo multifunzionale svolto dalle imprese agricole, in particolare quelle giovanili.

Quindi ecco, se siete interessati a richiedere il servizio civile agricolo, o a presentare un progetto, fatevi avanti. In generale, devo dire, iniziativa interessante del governo.

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