Gas russo, Ultima Generazione ed equilibri che cambiano – Io Non Mi rassegno #501
Torniamo a fare il consueto aggiornamento sulla guerra in Ucraina. Che se ci pensate è una frase spaventosa: il “consueto aggiornamento”. è già diventata normale, ci siamo già abituati. Mi colpisce sempre, in positivo e in negativo, la nostra incredibile capacità di ritarare il nostro concetto di normalità, entro certi limiti, al variare del contesto.
UCRAINA, GLI AGGIORNAMENTI PRINCIPALI
Ma sto divagando. Gli aggiornamenti principali sono che – scrive il Post – “Putin sta aumentando l’intensità della sua aggressione sul Donbass, e in particolare su Mariupol, città costiera nel sud dell’Ucraina assediata e bombardata sistematicamente da settimane, sembra essere il prossimo obiettivo militare della Russia, che lunedì è riuscita a dividere il centro dalla zona del porto e a isolare i soldati ucraini che stanno provando a resistere. Nel pomeriggio di martedì il sindaco di Mariupol, Vadym Boychenko, ha detto che in città sono stati uccisi finora più di 20mila civili, dopo che poche ore prima aveva parlato di 10mila civili uccisi: è in entrambi i casi un numero altissimo, anche se non verificabile in maniera indipendente. Mariupol potrebbe essere conquistata nel giro di pochi giorni, consentendo così all’esercito russo di collegare le due repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk (nel Donbass) con la Crimea senza interruzioni. Secondo l’Ucraina, è possibile che i russi vogliano conquistare Mariupol prima di lanciare una nuova offensiva nella regione di Donetsk”.
In un videomessaggio diffuso lunedì, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito la preoccupazione che le forze russe usino armi chimiche in Ucraina.
Intanto lo scenario tutto attorno al conflitto continua a mutare molto rapidamente ed è difficile afferrare il posizionamento dei vari attori sullo scacchiere internazionale, perché le posizioni continuano a mutare.
Comunque, possiamo isolare nel marasma generale alcuni eventi significativi. Martedì durante un comizio il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, con la delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli, ha accusato Putin di stare compiendo un «genocidio» in Ucraina.
Che se lo avessimo detto noi al bar col cornetto in mano, ci può anche stare, e magari è anche vero, ma detto dalla persona alla guida della nazione più potente al mondo, ecco, non è proprio cauto. Il genocidio è considerato uno dei crimini di guerra più gravi dal diritto internazionale, e ormai da settimane analisti ed esperti di diritto stanno discutendo se la sua definizione possa adattarsi alle violenze compiute dall’esercito russo in Ucraina. Fin qui anche i più arditi funzionari americani avevano accusato Putin e l’esercito russo di crimini di guerra, ma senza citare espressamente l’accusa di genocidio. Invece Biden, lo butta lì così, come se fosse una roba di poco conto.
La cosa curiosa è che le reazioni in Europa sono state abbastanza inaspettate. Macron ha subito preso le distanze: “Starei attento con le parole. Non sono sicuro che l’escalation di parole sia utile”, ha detto. Intanto il governo tedesco si sta lentamente riposizionando su posizioni più caute sulla crisi in Ucraina, rispetto a quanto sbandierato a inizio conflitto dal cancelliere Olaf Scholz. Al punto che il governo ucraino ha fatto sapere al presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, storico leader politico dei Socialdemocratici, che una sua eventuale visita a Kiev non sarebbe stata gradita per via dei suoi noti legami con politici e imprenditori russi e per il suo coinvolgimento nelle trattative sui cosiddetti accordi di Minsk fra Ucraina e Russia del 2014, che secondo l’Ucraina portò a un accordo finale eccessivamente sbilanciato a favore della Russia.
Insomma i confini della questione stanno assumendo contorni più frastagliati.
UN FALLIMENTO DELL’IMMAGINAZIONE?
In tutto ciò continuo a pensare che, parafrasando Rob Hopkins, questa guerra, come ogni guerra, sia un fallimento dell’immaginazione (Rob lo diceva con riferimento alla crisi climatica). Presi dalla frenesia e anche un po’ dall’ebbrezza di avere un nemico cattivo da combattere stiamo fallendo nell’immaginare uno scenario in cui le cose si concludono diversamente, pacificamente. Abbiamo smesso di porci le domande giuste. Ad esempio: come facciamo a fermare l’invasione russa, proteggere la popolazione ucraina, e allo stesso tempo evitare una escalation internazionale e un mondo nuovamente diviso in due sfere di influenza? Come possiamo costruire una cultura duratura della pace? Come facciamo sostituire il gas russo con le rinnovabili invece che con altro gas?
Domande tipo queste sarebbero utili. Come dice spesso Daniel Tarozzi nel suo ultimo libro Cambia-Menti, semplicemente cambiando il modo in cui si pone la domanda, chiedendoci non SE ma COME, cambia il funzionamento del nostro cervello e il tipo di risposte che andremo a cercare.
GAS DALL’ALGERIA
Comunque, la terza domanda non è a caso, anzi è un gancio per tutta una serie di notizie. Ad esempio, il fatto che Draghi abbia formalizzato un accordo con il Presidente algerino Tebboune, firmato dagli amministratori delegati di due tra le maggiori aziende fossili ENI e Sonatrach, per ottenere 9 miliardi di metri cubi di gas fossile in più all’anno, oltre ai 20 miliardi che già importiamo dall’Algeria annualmente.
A parte la genialata di sopperire, come fa notare FFF dal suo canale Telegram, alla carenza di gas russo con un approvvigionamento di gas da parte di un altro regime instabile. Ma poi c’è la questione fondamentale che , per l’appunto, noi dal consumo di gas ci dobbiamo emancipare. E per farlo uno strappo prima o poi dovremo realizzarlo. Non abbiamo il tempo di fare una transizione comoda, in pantofole. E ogni occasione, anche la più terribile come una guerra, è l’occasione giusta. O sprecata.
LA PROTESTA DI XR
Proprio a partire da questa consapevolezza è iniziato una nuova azione di XR – Ultima Generazione, che l’altro ieri a Roma ha lanciato un attacco nonviolento (diciamo poco violento) alla sede di Eni per denunciare la politica energetica ecocida del colosso italiano, appoggiato dal Governo e dalla sua politica che rimane ancora ben lontana da una reale transizione ecologica. Dico “pocoviolenta”, perché fra le altre cose gli attivisti hanno dipinto l’ingresso della sede Eni con la vernice e hanno danneggiato le vetrate del cancello, prima di essere portate in questura a forza. Anche se in maniera devo dire geniale, hanno “intitolato” la loro azione “Rompere il vetro in caso di emergenza”.
Al di là del metodo, che si può più o meno condividere, le motivazioni che hanno portato a questo gesto sono molto solide. Ce le spiega molto bene Michele Giuli in questo breve audio che vi faccio ascoltare.
Piccola precisazione, l’audio si riferisce alle azioni di ieri mattina, anche se anche questa mattina ne sono previste altre.
MAROCCO, LA SCOMPARSA DELLE API
Prima di concludere, vi lascio con l’incipit di un articolo pubblicato da Internazionale che parla della scomparsa delle api in Marocco. “Ai piedi del monumentale apiario di Inzerki, nel sudovest del Marocco, il silenzio ha sostituito il ronzio delle api. Questo silenzio è sinonimo di un disastro ecologico aggravato dalla scomparsa delle colonie. Secondo gli esperti il fenomeno, osservato su scala nazionale, è stato provocato da una siccità fuori dal comune e dal cambiamento climatico”.
Ah vi ricordo anche che ieri è uscita la seconda puntata di I(n)spira-Azioni, il nuovo podcast condotto da Daniel Tarozzi assieme a Darinka Montico. I due hanno parlato di viaggi e di molto altro assieme a Carlo Taglia. Ve la lascio sotto, se per qualche motivo, malaugurati, ve la siete persa.
FONTI E ARTICOLI
#Ucraina
Internazionale – La guerra di Putin fa svanire la neutralità di Svezia e Finlandia
il Post – La Germania ci sta ripensando, sull’Ucraina
Il Caffè Geopolitico – Come finirà l’offensiva russa nel Donbass?
Euronews – Biden: “Putin sta compiendo un genocidio”
il Post – Il prossimo obiettivo russo è Mariupol
#Tunisia
Valigia Blu – La Tunisia e la democrazia in crisi
#energia
Rinnivabili.it – Il legame tra energia pro capite e qualità della vita non è quello che pensiamo
#api
Internazionale – Le api del Marocco stanno scomparendo
#Francia
il Post – Gli sconfitti alle elezioni francesi che stanno chiedendo donazioni ai propri elettori