E QUINDI QUESTA FUSIONE NUCLEARE?
Ieri lo avevamo anticipato seguendo gli scoop di alcuni giornali americani, e in effetti la notizia è arrivata. Alle 16 ore italiane il dipartimento dell’energia statunitense ha comunicato che per la prima volta nella storia un esperimento di fusione nucleare ha prodotto più energia in uscita di quanta sia stata necessaria per avviare il processo di fusione.
Cerchiamo di capire la portata di questa scoperta seguendo un articolo della corrispondente scientifica Nicola Davies. Che parte dallo spiegare che cos’è la fusione nucleare: “La fusione nucleare è un processo che si verifica ogni giorno e che dà origine al calore e alla luce del sole e di altre stelle. In breve, si tratta di atomi leggeri che vengono fusi insieme per produrre atomi più pesanti, rilasciando grandi quantità di energia nel processo.
Per fare questo da soli ci vuole un po’ di ingegneria. Presso la National Ignition Facility (NIF) del Lawrence Livermore National Laboratory in California, un debole raggio laser viene diviso e l’energia amplificata per ottenere 192 fasci laser. Questi vengono utilizzati per riscaldare le pareti di un piccolo barattolo d’oro, chiamato hohlraum, a più di 3 milioni di gradi di temperatura, con conseguente emissione di raggi X.
Questi raggi X riscaldano una capsula di dimensioni millimetriche all’interno dell’hohlraum che contiene due forme di idrogeno: il deuterio e il trizio. Il calore provoca l’esplosione della superficie della capsula verso l’esterno, costringendo il suo contenuto a implodere – in altre parole, il deuterio e il trizio sono costretti ad unirsi rapidamente a pressione e temperatura molto elevate.
Il risultato è che, nella parte più calda del combustibile, si verifica la fusione, con la formazione di nuclei di elio. Poiché un nucleo di elio ha una massa leggermente inferiore rispetto alla combinazione di un nucleo di deuterio e uno di trizio, la differenza di massa viene rilasciata sotto forma di esplosione di energia. Nelle giuste condizioni, i nuclei di elio prodotti in questo processo possono trasferire la loro energia cinetica al combustibile rimanente, riscaldandolo e innescando un’ulteriore fusione.
Se ciò accade, diventa possibile rilasciare più energia di quella immessa nell’esperimento dai laser, una condizione nota come accensione.
Cosa è appena successo?
I ricercatori del NIF hanno annunciato che, per la prima volta, sono riusciti a fare proprio questo. Il team ha utilizzato 2,05 MJ di energia per riscaldare il combustibile con i laser, rilasciando 3,15 MJ di energia.
È molta energia?
No, non proprio. La differenza – 1,1MJ – corrisponde a circa 0,3kWh. Ci vogliono circa 0,2 kWh per far bollire un bollitore pieno d’acqua.
E allora perché sono tutti così eccitati?
La ricerca sulla fusione nucleare va avanti da 70 anni e questa è la prima volta che gli scienziati sono riusciti a dimostrare l’accensione – un guadagno energetico positivo. I risultati dimostrano che è effettivamente possibile utilizzare la fusione laser per generare energia – una prova di principio fondamentale che stimolerà la ricerca per sviluppare la tecnologia. E ciò è importante perché si spera che la fusione nucleare possa fornire una fonte di energia quasi illimitata, sicura e pulita.
Quanto siamo lontani dall’alimentare le nostre case con la fusione nucleare?
Moltissimo. Negli ultimi esperimenti è stata generata solo una piccola quantità di energia in eccesso, ma per alimentare i laser è stata necessaria molta energia, circa 500 MJ. Insomma il bilancio complessivo dell’operazione è ancora in perdita netta. Inoltre, tali reazioni dovrebbero avvenire a una frequenza molto più elevata (circa 10 volte al secondo) ed essere molto più economiche da gestire prima che la fusione nucleare possa essere effettivamente utilizzata per alimentare anche solo un bollitore.
Insomma, la scoperta è interessante dal punto di vista della ricerca e perché spinge gli scienziati a proseguire in quella direzione, ma non avrà applicazioni pratiche prima di qualche decennio. Ieri dicevo vent’anni, in realtà realisticamente almeno trenta.
Scrive il Post: “Secondo i più scettici non riusciremo a ottenere sistemi efficienti a sufficienza per produrre energia dalla fusione nucleare, mentre i più ottimisti ritengono che gli sforzi nella ricerca e le ingenti spese siano più che giustificati visti i grandi vantaggi che porterebbe questa tecnologia. Saranno comunque necessari ancora svariati decenni prima di avere centrali a fusione, troppi per ritenere questo sistema una soluzione ai problemi legati al riscaldamento globale, ormai attuali e che richiedono risposte rapide proprio legate ai modi in cui produciamo oggi energia bruciando combustibili fossili ed immettendo grandi quantità di gas serra nell’atmosfera”.
Questo secondo me è il punto fondamentale. Ricordo Cingolani sostenere più volte che la fusione nucleare sarebbe stata la nostra principale alleata nella transizione energetica. Niente di più lontano dalla realtà, noi la transizione energetica dobbiamo farla ieri, non fra trent’anni.
Ah, prima di chiudere devo fare una correzioni rispetto a una cosa che ho detto ieri. Ieri ho affermato che non si possono fare ordigni a fusione nucleare. In realtà mi avete fatto notare nei commenti che non è così, che esistono bombe a fusione nucleare, e in effetti è vero. Sono bombe a doppio meccanismo, c’è un innesco che avviene con la fissione, che avvia il processo di fusione. Quindi ecco, quell’aspetto dobbiamo depennarlo dai possibili vantaggi della fusione rispetto alla fissione.
LA CORSA DELLE RINNOVABILI
Visto che, come dicevamo poco fa, la fusione nucleare potrebbe essere un alleato molto interessante fra qualche decennio, nel frattempo se non vogliamo essere spazzati via dalla crisi climatica dobbiamo compiere una rapidissima transizione verso le rinnovabili. E da questo punto di vista, ci sono delle notizie interessanti.
Sono infatti usciti due report interessanti che mostrano la grande corsa delle rinnovabili. Il primo studio che vi voglio raccontare è spiegato in un articolo di Alex Lawson sul Guardian e riguarda un’angolatura un po’ diversa da cui osservare la crescita delle rinnovabili, ovvero quella del mercato del lavoro: “il numero di posti di lavoro creati nel settore delle energie rinnovabili sta crescendo quattro volte più velocemente rispetto al mercato del lavoro complessivo, nel Regno Unito”.
Secondo la seconda edizione del barometro annuale dei lavori verdi della società di consulenza PwC, il numero di posti di lavoro verdi pubblicizzati è quasi triplicato nell’ultimo anno, arrivando a 336.000 ruoli. Ora, l’articolo è focalizzato sui dati del Regno unito, perché il Guardian è un giornale britannico e il report in questione prende in esame quel mercato lì, ma credo che sia sintomo di un trend globale. Poi certo, lavori verdi vuol dire tutto e niente, bisognerebbe andare a vedere che tipo di lavori vengono conteggiati in questa analisi e fare tutti i distinguo del caso, ma se anche quelli effettivi fossero di meno, il trend è comunque molto interessante.
La seconda notizia è invece un altro report che sostiene che da qui a due anni, stando ai trend attuali, la produzione di energia elettrica da rinnovabili supererà quella da carbone. Fra l’altro non è il primo report che leggo che sostiene una tesi simile, che sembra essere suffragata da sempre più dati. Leggo dal pezzo di Rudi Bressa su Lifegate: “Si stanno superando le più rosee aspettative, le stesse che l’Agenzia internazionale per l’energia (Eia) aveva stimato lo scorso anno. Nei prossimi cinque anni infatti, ci si attende che le rinnovabili possano crescere di circa 2.400 GW, pari all’intera capacità installata finora in Cina, con un’accelerazione dell’85 per cento rispetto ai cinque anni precedenti e quasi il 30 per cento in più rispetto a quanto previsto nel 2021.
Le rinnovabili diventeranno infatti la più grande fonte di generazione globale di elettricità entro l’inizio del 2025, superando il carbone per la prima volta. È quanto si legge nell’ultimo rapporto “Renewables 2022”, redatto dalla stessa Eia e pubblicato a inizio dicembre. Una buona notizia che arriva alla fine di un anno quantomai critico per tutto il settore energetico e che invece, come afferma la stessa agenzia, contribuisce “a mantenere viva la possibilità di limitare riscaldamento globale a 1,5 °C”.
I GIORNALISTI MORTI IN QATAR
L’altroieri abbiamo parlato degli strani casi di giornalisti e operatori dell’informazione morti in Qatar. Nel frattempo è spuntato un altro caso, quello di Roger Pearce. Roger Pearce in realtà è stato il primo caso di giornalista morto durante questi mondiali in Qatar, ma la sua storia viene ripresa e pubblicata da Repubblica solo ieri, sulla scia degli altri casi, ovvero la scomparsa del popolarissimo reporter americano Grant Wahl e, 24 ore più tardi, l’annuncio del decesso del fotografo qatarino Khalid al-Misslam. In mezzo a questo mettiamoci anche il caso di un addetto alla sicurezza precipitato durante Argentina Olanda e attualmente ricoverato in terapia intensiva.
Leggo dall’articolo a firma della redazione sportiva di Repubblica: “A inizio torneo, prima della partita tra Stati Uniti e Galles – curiosamente, proprio quella in cui Wahl fu fermato all’ingresso dello stadio perché indossava una maglia arcobaleno – del 21 novembre scorso, un malore ha stroncato Roger Pearce, direttore tecnico dell’emittente londinese Itv Sport. Pearce è deceduto nella sua camera di albergo a Doha, dove era arrivato per coprire l’ottava Coppa del Mondo (come Wahl) della sua carriera e sarebbe andato in pensione cinque settimane più tardi, poco dopo il termine del torneo, il 31 dicembre”.
Ora, la questione inizia a farsi delicata. Perché sono tutte morti che apparentemente, prese una per una, non destano particolari sospetti. Però il numero inizia ad essere significativo. È ancora molto presto per trarre conclusioni ma qualche domanda viene da farsela. Nel caso di Grant Wahl fra l’altro, c’è anche la denuncia del fratello che sostiene che sia stato ucciso per via del suo appoggio alla causa Lgtbq+, per la quale aveva ricevuto minacce di morte in Qatar. La domanda è: possiamo aspettarci che la magistratura o lo stato del Qatar indaghi su questi casi? Mi sembra abbastanza improbabile, soprattutto nel caso che ci sia lo zampino di qualcuno dietro. Quindi credo che l’unica speranza di vederci più chiaro, ammesso che ci sia qualcosa di diverso dalla casualità dietro questa storia, è il lavoro di qualche altro giornalista che si trova sul luogo al momento. Stiamo a vedere.
GROSSA OPERAZIONE CONTRO LA NDRANGHETA
Torniamo in Italia per dare una notizia di qualche giorno fa che mi era passata inosservata, e di cui molti giornali hanno in realtà iniziato a parlare fra ieri e oggi. La notizia è quella di una grossa retata contro la Ndrangheta che si è svolta giovedì mattina in diverse città italiane. Scrive ad esempio il Post in un articolo di ieri: “Giovedì mattina, in diverse città italiane, c’è stata una grossa operazione dei carabinieri in varie città d’Italia che ha portato all’arresto di 78 persone, accusate a vario titolo di essere coinvolte nelle attività della ’ndrangheta. Le operazioni sono state condotte dai carabinieri di Reggio Calabria e di Brescia: la maggior parte degli arrestati, più di 60, farebbe parte della ’ndrina Bellocco di Rosarno, la più potente cosca della ’ndrangheta in Italia e nel mondo. Gli altri arrestati farebbero parte delle cosche degli Spada di Ostia e dei Lamari-Larosa-Pesce della piana di Gioia Tauro.
Le persone arrestate sono accusate a vario titolo di associazione mafiosa finalizzata al traffico di droga, concorso esterno, estorsione, usura, riciclaggio e detenzione di armi comuni e da guerra. Le ordinanze di misura cautelare sono state decise nell’ambito di un’indagine svolta tra il 2019 e il 2020. Oltre agli arresti è stato ordinato anche il sequestro preventivo di imprese, beni immobili e quote societarie per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.
Devo dire che leggendo la notizia c’è una cosa in particolare che mi è saltata all’occhio. Il fatto che diversi membri della famiglia Spada siano stati arrestati durante un’operazione anti Ndrangheta. Che c’entrano gli Spada con la ndrangheta? Gli Spada, forse li ricorderete per alcuni fatti di cronaca recente, sono una potente famiglia della malavita romana, di Ostia per la precisione, la cui rete è stata almeno parzialmente smantellata dalla operazione Eclissi del 2018. Roberto Spada è quello che dette una testata al reporter Daniele Piervincenzi, motivo per cui è finito anche in carcere.
Ad ogni modo, approfondendo, ho scoperto che in carcere due membri della famiglia Spada avrebbero fatto accordi con un boss della ndrangheta, Roberto Bellocco detto Chiacchiera, per vendere la cocaina a Ostia, soprattutto, ma anche per non avere problemi e tutelare i commercianti “amici”. “Affari che – come scrive Lorenzo Nicolini su Roma Today – stavano sancendo un patto che avrebbe permesso ad una delle più influenti cosche di ‘Ndrangheta a Roma, quella dei Bellocco, di mettere le radici sul mare della Capitale.
Questo passaggio mi ha fatto riflettere molto su come, per quanto siano importanti questo genere di operazioni per scardinare l’impianto delle famiglie malavitose, esse risultino poco efficaci se al tempo stesso non c’è un lavoro sui territori, dei territori, per emanciparsi dalla cultura mafiosa. Di nuovo ho ripensato a Scampia e all’incredibile lavoro di organizzazioni come Chi Rom e chi no e Gridas nel costruire un immaginario diverso. E di quanto questo sia essenziale perché potremmo parafrasare Rob Hopkins e dire che la mafia, oltre ad essere un enorme problema sociale, o forse prima ancora di esserlo, è un fallimento dell’immaginazione.
LA TRAGICA SITUAZIONE IN YEMEN
Va bene, dobbiamo fare un passaggio un po’ pesante sulla situazione dei bambini e dei minori in Yemen. Scrive Greenreport che secondo l’Unicef, «Più di 11.000 bambini sono stati uccisi o mutilati a causa del conflitto in Yemen: una media di quattro al giorno dall’escalation del conflitto nel 2015». Dato che questi sono solo i casi verificati dall’Onu, è probabile che il vero bilancio di questo conflitto sia molto più alto.
Sono numeri che lasciano esterrefatti. Nel suo ultimo report l’Unicef fa un lungo elenco delle atrocità a cui sono sottoposti bambini e bambine in Yemen per via della guerra civile. «Tra il marzo 2015 e il 30 settembre 2022 3.774 bambini sono stati uccisi e 7.245 bambini feriti. Inoltre 3.904 ragazzi sono stati reclutati nei combattimenti, ci sono stati 672 attacchi a strutture scolastiche e o il loro utilizzo per fini militari e 228 attacchi/uso militare di strutture sanitarie; 445 bambini (tutti maschi) sono stati detenuti; 152 bambini sono stati rapiti (140 maschi e 12 femmine); 47 bambini sono stati esposti a violenza sessuale legata al conflitto (29 maschi e 18 femmine). Sebbene la tregua mediata dalle Nazioni Unite abbia portato a una significativa riduzione dell’intensità del conflitto, altri 62 bambini sono stati uccisi o feriti tra la fine della tregua all’inizio di ottobre e la fine di novembre. Almeno 74 bambini fanno parte delle 164 persone uccise o ferite da mine e ordigni inesplosi solo tra luglio e settembre 2022».
A quasi otto anni dall’inizio della guerra scatenata dall’Arabia saudita e dalla coalizione arabo-sunnita il cui “alleato” predominante sono in realtà gli Emirati Arabi Uniti, «Più di 23,4 milioni di persone, tra cui 12,9 milioni di bambini, hanno bisogno di assistenza umanitaria e protezione – quasi tre quarti dell’intera popolazione – sottolinea l’Unicef – Si stima che 2,2 milioni di bambini in Yemen siano colpiti da malnutrizione acuta, tra cui quasi 540.000 bambini sotto i cinque anni che soffrono di malnutrizione acuta grave e lottano per sopravvivere».
Questo report dell’Unicef termina con una richiesta molto specifica: c’è urgentemente bisogno di 484,4 milioni di dollari per rispondere alla crisi umanitaria in Yemen nel 2023. Come sappiamo, purtroppo la guerra in Ucraina oltre a causare danni, morte, distruzione e sofferenza in Ucraina ha causato un altro effetto collaterale, ovvero di calamitare buona parte degli aiuti umanitari su di sé, andando a peggiorare altre crisi umanitarie. Ecco, in Yemen si consuma una di quelle peggiori al mondo e non dovremmo scordarcene.
L’UE ABBASSA I LIMITI CONSENTITI PER GLI PFAS
Chiudiamo con una notizia decisamente più rincuorante, che ci riporta Francesca Biagioli su Greenme. “È da tempo che cittadini e associazioni si battono contro i pfas, sostanze presenti un po’ in ogni dove e che arrivano a contaminare anche l’acqua e il cibo che consumiamo ogni giorno. Finalmente la Commissione Europea ha fatto un passo avanti per proteggere i cittadini dalla presenza di questi contaminanti nel cibo.
Ci riferiamo all’adozione di nuove norme che limitano i livelli di quattro sostanze perfluoroalchilate (appunto i PFAS) negli alimenti, un modo concreto per ridurre la nostra esposizione a queste sostanze chimiche nocive (ovviamente c’è ancora molto da fare).
Nello specifico le quattro sostanze chimiche i cui limiti sono stati rivisti sono:
acido perfluorottano solfonico (PFOS)
acido perfluoroottanoico (PFOA)
acido perfluorononanoico (PFNA)
acido perfluoroesano solfonico (PFHxS)
Gli Stati membri hanno sostenuto all’unanimità le nuove norme che si basano su una solida valutazione scientifica dell’EFSA. Le nuove regole si applicheranno a partire dal 1° gennaio 2023. Queste sostanze, secondo i dati analizzati dall’Efsa, sono pericolose in particolare per lo sviluppo, il basso peso alla nascita dei bambini ma anche per fegato e sistema immunitario (quest’ultimo è il punto più critico dell’eposizione alle 4 sostanze incriminate).
Per questi motivi la Commissione ha deciso di abbassare la soglia tollerabile all’interno degli alimenti, in particolare di uova, pesce, crostacei, molluschi bivalvi, carne e frattaglie di animali d’allevamento. Come si legge sul comunicato della Commissione, infatti: “Gli alimenti di origine animale contribuiscono in modo importante all’esposizione umana ai PFAS”.
Ma che ci fanno i Pfas negli animali da allevamento? E soprattutto, vi chiederete, che roba sono i pfas? Sono composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. Sono utilizzati fin dagli anni 50 per ad esempio impermeabilizzanti per tessuti; tappeti; pelli; insetticidi; schiume antincendio; vernici; rivestimento dei contenitori per il cibo; cera per pavimenti e detersivi. L’utilizzo più noto di questi composti è probabilmente per il rivestimento antiaderente delle pentole da cucina noto come Teflon e nella produzione dei tessuti tecnici (GORE-TEX®, Scotchgard™). Ma si trovano anche nei mangimi degli animali da allevamento, e quindi si trasferiscono nel metabolismo e di conseguenza in quello degli esseri umani.
La nuova normativa Ue riguarda solo alcuni aspetti di queste sostanze che sono molto pervasive nella nostra società, quindi indubbiamente va ampliata, ma è comunque un inizio.
FONTI E ARTICOLI
#fusione nucleare
The Guardian – Breakthrough in nuclear fusion could mean ‘near-limitless energy’
The Guardian – What is nuclear fusion and what have scientists achieved?
il Post – Perché la fusione nucleare ci interessa tanto
#rinnovabili
Lifegate – Il solare supererà il carbone entro 5 anni. È corsa alle rinnovabili
The Guardian – Renewable energy jobs growing four times faster than rest of UK market
‘ndrangheta
il Post – C’è stata una grossa operazione contro la ’ndrangheta: sono state arrestate 78 persone, molte delle quali apparterrebbero alla potente cosca Bellocco
#Yemen
Greenreport – Più di 11.000 bambini uccisi o mutilati nella guerra infinita dello Yemen
#Pfas
Greenme – Pfas negli alimenti: finalmente l’Ue abbassa i limiti per queste 4 sostanze (presenti in uova, pesce e carne)
#Qatargate
il post – Eva Kaili, arrestata nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte pressioni del Qatar, non è più vicepresidente del Parlamento Europeo
#mini naja
Vita – La mini naja di La Russa? Surreale