18 Gen 2024

Fine vita… mai: la legge bocciata in Veneto – #862

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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La legge sul fine vita al voto in regione veneto ha spaccato la maggioranza ed è stata infine bocciata. Ma le questioni politiche stanno facendo passare in secondo piano una questione davvero importante. Parliamo anche di un ecosistema naturale della Franciacorta a rischio per via del settore vitivinicolo e di un bel progetto di conservazione forestale in Romania. 

Si sta parlando molto, in questi giorni, di fine vita. Un argomento che riappare ciclicamente sui giornali in occasione o di qualche fatto di cronaca o di qualche proposta di legge presentata. 

In questo caso il motivo per cui se ne parla è una proposta di legge regionale di iniziativa popolare presentata dalla giunta Zaia, in Veneto, che è stata però rinviata in commissione e quindi, nei fatti, bocciata per via di una spaccatura interna alla maggioranza leghista e per il voto contrario di una consigliera cattolica del Pd. 

Comunque, cerchiamo di capirci meglio. Giulia Merlo su Domani,  inquadra questo fatto in una più complessiva spaccatura nel centrodestra, legata alle candidature per le elezioni regionali, perché quest’anno si voterà in cinque regioni, Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria, e la maggioranza di governo non sembra essere molto compatta sulle candidature.

Leggo:  “Come una scossa, il caos intorno alle candidature per le prossime regionali sta terremotando il centrodestra anche nei territori in cui la coalizione non era mai stata messa in discussione. È successo martedì in Veneto, territorio che ha proceduto negli ultimi quattordici anni a forza di maggioranze bulgare guidate da Luca Zaia, dove si voterà nel 2025 ma le fibrillazioni già sono arrivate.

Proprio al “doge” è mancata la terra sotto i piedi, con la maggioranza che si è spaccata in Consiglio regionale, facendo saltare la legge sul fine vita da lui fortemente voluta. La legge – che doveva recepire gli orientamenti della Consulta, era stata proposta dall’associazione Coscioni e sarebbe stata la prima in Italia – è tornata in commissione e, prima in discussione e poi nei voti, si è cristallizzata la spaccatura a destra: Fratelli d’Italia e Forza Italia contrari insieme a una parte della Lega, il presidente Zaia e un’altra parte della Lega favorevoli, insieme alle opposizioni.

«Questo progetto di legge introduce dei tempi e il ruolo della sanità, è immorale che un tema così profondo sia gestito con una sentenza», aveva detto Zaia, che è finito però in minoranza ma soprattutto ha incassato una batosta alla sua leadership. Simbolicamente, forse, l’inizio della scalata alla regione da parte di FdI.

Il segretario Matteo Salvini, mercoledì mattina, è intervenuto ad Agorà, su Rai 3, mandando un messaggio chiaro a Zaia: «La mia posizione è assolutamente chiara: la vita va tutelata dalla culla alla fine, bisogna garantire tutte le cure necessarie alle future mamme e a coloro che sono in difficoltà alla fine dei loro giorni però senza arrivare ai livelli olandesi. Il Consiglio regionale veneto ha votato, hanno vinto i no, dal mio punto di vista avrei votato anch’io in quel senso lì».

L’articolo di Domani poi si concentra molto sul tema delle elezioni regionali e da una lettura molto politica dell’avvenimento, facendo però passare in secondo piano la notizia in sé, che contiene tanti aspetti interessanti. 

Passiamo allora sul Post, che spiegfa che “Il suicidio assistito è la procedura con cui ci si autosomministra un farmaco letale a determinate condizioni: in Italia è legale grazie a una sentenza della Corte Costituzionale del 2019, ma una legge che definisca in modo chiaro tempi e modalità di attuazione non è mai stata approvata, né a livello nazionale né a livello locale, nonostante ripetuti inviti da parte della stessa Corte.

Il Veneto era stata la prima regione italiana a discutere di una legge regionale sul cosiddetto “fine vita”, e quindi a poter garantire quello che la Corte Costituzionale ha riconosciuto, a determinate condizioni, come un diritto. A livello nazionale invece l’unica proposta di legge esistente al momento è ferma al Senato (ed è ritenuta da molti comunque decisamente inadeguata). Nel frattempo ogni caso è stato affidato volta per volta alla gestione delle singole aziende sanitarie locali, con vari problemi.

C’è chi è morto prima di riuscire ad accedere alla pratica, dopo molte sofferenze, chi ha dovuto intraprendere una lunga battaglia legale e chi alla fine ha scelto di andare all’estero per accedere comunque al suicidio assistito. Queste grosse carenze avevano spinto nei mesi scorsi dodici regioni italiane ad avviare la raccolta firme per presentare e depositare una proposta di legge regionale, in modo da dotarsi in maniera autonoma di norme sul suicidio assistito. Il Veneto è stata la seconda regione dopo l’Abruzzo a completare la raccolta firme e la prima a votare la legge in consiglio.

La proposta di legge appena rinviata era stata sviluppata dall’associazione Luca Coscioni (quella di Marco Cappato, per intenderci) che segue da sempre questo tema. Prevede che possa ricorrere al suicidio assistito chi possiede i quattro requisiti stabiliti dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2019: la persona che fa richiesta deve essere in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, deve essere affetta da una patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ritiene intollerabili, e infine deve essere «tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale». 

In quest’ultimo requisito vengono fatti rientrare per esempio un ventilatore o un respiratore meccanico, anche se un’importante sentenza del 2021 ha esteso questa definizione anche ad altri trattamenti sanitari, per esempio farmacologici, che se interrotti possono portare alla morte del paziente. Affinché la richiesta possa essere approvata, questi quattro requisiti devono essere presenti tutti insieme.

La proposta di legge su cui si è appena concluso il voto in Veneto prevede che i quattro requisiti e le modalità di esecuzione siano verificate da una struttura sanitaria pubblica della regione, che entro 15 giorni dall’entrata in vigore della legge dovrebbe istituire una commissione medica multidisciplinare permanente in grado di gestire le richieste. 

La Commissione potrà poi essere volta per volta integrata a seconda delle necessità del singolo paziente. La legge prevede inoltre che il servizio sanitario regionale assista il paziente in ogni fase, fornendo gratuitamente il farmaco per il suicidio assistito, l’eventuale macchinario per assumerlo (quando serve) e l’assistenza medica necessaria. È un punto particolarmente rilevante: finora, senza una legge, solo una persona è riuscita ad ottenere l’assistenza completa del servizio sanitario nazionale.

Sui tempi la proposta di legge prevede che le richieste siano valutate entro 20 giorni da quando vengono presentate. Perché finora ci sono voluti anche due anni, ma capite bene che sono vicende in cui il tempo gioca un ruolo chiave.

Al di là del risultato, che personalmente – ma questa è un mio parere personale – reputo deludente perché credo che decidere di morire, anzi in questo caso di essere lasciato morire, sia un fatto di civiltà, mi colpisce il rimescolamento politico che questa cosa ha comportato. Zaia, pur essendo della Lega, partito molto conservatore su questi temi, negli ultimi tempi ha avuto un approccio più moderato, a volte progressista su alcuni temi. Lo stesso Zaia aveva detto che una legge sul fine vita è «un fatto di civiltà». La lega si è spaccata, il resto del centrodestra ha votato contro. E il voto decisivo, contrario, è arrivato da una consigliera cattolica del Pd. Un gran calderone politico che alla fine ha affossato una legge che poteva aprire una nuova strada nel nostro paese. Vedremo cosa succederà nelle altre regioni.

Torniamo ad occuparci di questioni ambientali nostrane. L’ultima vicenda la prendo da Pressenza e ci arriva dalla regione della Franciacorta, famosa per il vino, e che proprio per il vino rischia di perdere dei boschi secolari.

Leggo dall’articolo che “A febbraio 2022 le associazioni ambientaliste locali Monte Alto e Progetto Ecosebino avevano puntato il dito contro i progetti di impianti viticoli in alta quota che avrebbero spazzato via i boschi secolari dello Stalù per rimpiazzarli con vigneti-immagine per il brand delle grandi produttrici del Vino Franciacorta. 

Lo Stallone (detto in dialetto Stalù) è un prato collocato sul Monte Alto al confine tra i Comuni di Adro, Paratico e Capriolo, caratterizzato dalla convivenza tra bosco e prato. Si tratta di una suggestiva veduta del polmone verde sul Monte Alto destinata a scomparire per far spazio a nuovi vigneti.

L’Associazione Monte Alto e Progetto Ecosebino, insieme a Michele Parzani, che ha scelto di vivere circa 27 anni fa in questo luogo, avevano lanciato una petizione sottoscritta da 3.000 firme per evitare che l’area naturale dello Stallone ad Adro venisse denaturata per far spazio ad un nuovo insediamento di vigneti.

Grazie alla contrarietà dei residenti e dell’unico abitante dello Stalù, la proprietà aveva deciso di prorogare fino a giugno 2023 la vendita del polmone verde promesso a una nota cantina vitivinicola della Franciacorta legata al magnate Vittorio Moretti. L’articolo non è chiarissimo ma mi pare di capire che c’era anche un accordo per cui Parzani sarebbe potuto rimanere in affitto nell’area almeno fino al 31 dicembre 2024.

“Nulla da fare – leggo sull’articolo – : oggi Michele Parzani è costretto con un anno di anticipo a lasciare quella terra. Per Parzani, curatore dello Stalù, è un amaro addio: “La Franciacorta perde così un altro angolo di natura a favore dell’agrobusiness. A nulla è valsa la mobilitazione espressione di una visione popolare che confidava nella salvaguardia di questo prezioso luogo”.

Di fatto gli impianti vitivinicoli in quota sono la nuova tendenza in Franciacorta, una strategia produttiva che ha preso piede negli ultimi tre anni. In particolare, le qualità dello Stallone sono ricercate. È un terreno fertile secondo gli intenditori di vino per la produzione in alta quota. Si tratta di una collina che si sviluppa su per il Monte Alto e sale a più di 500 metri sul livello del mare, (poco più sopra, a 650 metri, c’è la croce che spicca in vetta). Si estende sulla parte apicale del rilievo, dove si incontrano Adro, Capriolo, Corte Franca, Clusane e Paratico. “Con questa operazione – ribadiscono oggi i contrari – si dice addio a un pezzo di storia lunga almeno due secoli”.

Ovviamente, aggiungo io, il problema è che i cambiamento climatici stanno spostando le fasce climatiche verso l’alto e quindi terreni un tempo di scarso interesse commerciale stanno assumendo nuovo valore per la produzione del vino. Questo è un problema perché significa andare ad intaccare zone più o meno incontaminate e alimentare le cause della crisi climatica stessa, oltre che danneggiare ecosistemi e biodiversità.

Inoltre, come spiega ancora l’articolo, c’è anche l’ombra del greenwashing su questa vicenda. Leggo: Vittorio Moretti, l’imprenditore vinicolo che ha acquistato il terreno, utilizza la retorica sul “biologico” come operazione di greenwashing per farsi pubblicità e al contempo coprire il suo core business fatto di speculazione edilizia e cementificazione. Ricordiamo infatti quando sui giornali locali uscì un articolo sui cavalli che avrebbero sostituito i trattori al Bellavista, mentre la Moretti Spa progettava, il Concert Hall Franciacorta, ora definitivamente bocciato: un immenso blocco di cemento nel bel mezzo del territorio.

L’articolo conclude con una nota di speranza: Nonostante ciò, le speranze per riuscire a trovare un nuovo accordo e salvaguardare lo Stalù non sono ancora tramontate. La contrarietà delle persone che abitano il territorio, d’altronde, conterà pur qualcosa.

Voglio chiudere questa puntata con una storia interessante di tutela di una foresta che ci arriva dalla Romania e ci viene segnalata da una nostra ascoltatrice. Il progetto si chiama “La foresta delle storie immortali” e funziona così: 

Come spiega il sito, “È un’iniziativa del comune di Nucșoara, realizzata con il sostegno della Fondazione Conservation Carpathia, e nasce dal desiderio di proteggere alcuni dei faggi più antichi e spettacolari d’Europa.

Chiunque può adottare un faggio secolare, scegliendolo dalla mappa dell’area o cercando il numero preferito, al costo di 700 lei (circa 140 euro) per 7 anni. Quando si adotta l’albero si può associare a quell’albero una storia. Chi adotta, se vuole, non è obbligatorio, può scrivere una storia di 200 parole, che può essere la sua storia, ma penso anche un messaggio particolarmente significativo, non so, immagino qualsiasi cosa. La storia viene poi montata, registrata in audio e inserita in un’etichetta con codice QR sull’albero scelto entro un mese. 

Essendo alberi secolari, queste storie diventano così quasi immortali, da qui il nome del progetto. Queste donazioni servono innanzitutto a proteggere gli alberi secolari e quest’area naturale per le generazioni future. Ma servono anche per mantenere infrastrutture leggere per la visita, come segnaletica, sentieri, aree tranquille e di osservazione.

Quest’area poi è di particolare interesse: secondo le analisi condotte finora, Nucșoara è l’area con la più alta concentrazione di faggi secolari solitari sparsi su pascoli boscosi della Romania. Questa alta concentrazione di faggi secolari solitari è unica non solo in Romania, ma anche a livello europeo, probabilmente persino a livello mondiale.

Ora, in generale la cosa migliore dal punto di vista ecologico sarebbe lasciare che la natura faccia il suo corso e starcene il più lontani possibile. Quindi non costruire sentieri e percorsi turistici. Ma in luoghi densamente popolati, dove il turismo esiste già, credo che iniziative come queste, che uniscono la tutela degli ecosistemi alla magia delle storie, una delle cose più uniche e affascinanti dei Sapiens, siano il miglior compromesso possibile per garantire una corretta convivenza fra la nostra specie e le altre. 

Torna la giornata di ICC, l’appuntamento in cui Daniel Tarozzi o, come in questo caso, il nostro caporedattore Francesco Bevilacqua ci raccontano gli articoli più interessanti usciti oggi su ICC. Do quindi la parola a Francesco.

Audio disponibile nel video / podcast

Aggiungo una nota personale, visto che ho scritto io l’articolo su Erika Di Martino e l’homeschooling. Ho incontrato diversi anni fa Erika e sono rimasto colpito dalla sua storia e dalla sua visione dell’educazione. L’educazione parentale o homeschooling è un argomento abbastanza controverso, e io stesso non ho le idee chiare. Se da un lato mi piace l’idea che ci sta dietro di dedicare energie, cura e amore all’educazione dei propri figli, sottraendoli spesso a un luogo dove il loro benessere e la loro voglia di imparare non è valorizzato, dall’altro mi sembra una rinuncia alla possibilità di cambiare in meglio il sistema e poi mi chiedo se tutte le famiglie che scelgono questa via hanno gli strumenti per fornire una educazione corretta. 

Come per ogni argomento che suscita domande e interrogativi, il consiglio migliore è: approfondire. Per cui vi consiglio di ascoltare la video intervista e leggere l’articolo. 

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