20 Nov 2023

Il femminicidio di Giulia Cecchettin, che sia l’ultimo – #834

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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L’omicidio di Giulia Cecchettin sembra aver scosso partiolarmente le coscienze nel nosto paese e moltissime voci si sono levate in un misto di disperazione, stanchezza, frustrazione e rabbia, chiedendo che sia l’ultima donna vittima di femminicidio a dover piangere. In Argentina invece è stato eletto presidente Javier Milei, un anarco-capitalista che promette di fare a pezzi la casta con la motosega. Parliamo anche della strana vicenda del Ceo di OpenAI, la società che ha sviluppato ChatGPT che è stato silurato e delle contraddizioni del fotovoltaico in Sardegna.

Oggi è una di quelle giornate in cui vorrei parlarvi di talmente tante cose che ci vorrebbe una puntata di un’ora e mezzo. ma non sono Enrico Mentana, non c’ho il fisico per fare le maratone e voi non lo avete per reggerle, quindi cerchiamo di restare entro tempistiche decenti, magari restando un po’ più in superficie sui vari argomenti.

Partiamo con il tema che sta tenendo banco su tutti i giornali italiani degli ultimi due giorni. L’omicidio di Giulia Cecchettin una ragazza di ventiduenne, da parte, si sospetta, dell’ex fidanzato e coetaneo Filippo Turetta. 

La storia ve la riassumo molto sommariamente, come al solito evitando di soffermarmi sui dettagli intimi o sensazionalistici su cui diversi giornali stanno soffermandosi. I due giovani, entrambi di 22 anni, entrambi studenti di Ingegneria biomedica presso l’Università di Padova, erano scomparsi nella notte fra sabato 11 e domenica 12 novembre e le loro ricerche andavano avanti da settimane.

I due avevano avuto una relazione interrotta per decisione della ragazza, ma avevano mantenuto l’amicizia e studiavano spesso insieme. La sera di sabato 11 erano usciti e poi praticamente nessuno aveva avuto più loro notizie. Un testimone aveva raccontato di un litigio violento in un parcheggio vicino al centro commerciale dove avevano cenato, scena che poi era stata ritrovata anche nei filmati di una telecamera a circuito chiuso. Poi la ragazza era stata caricata in macchina con la forza e da allora nessuno sapeva niente.

Fino a sabato mattina, quando il corpo della ragazza è stato infine trovato. Poi, la domenica pomeriggio il suo ex compagno, su cui da diversi giorni pendeva un mandato di arresto europeo, è stato fermato in Germania, arrestato e ha accettato l’estradizione in Italia. Fine.

Ora, si tratta di un evento tragico, l’ennesimo caso di femminicidio nel nostro paese, quindi è un evento dall’alto impatto emotivo, ma come al solito vorrei provare a fare un po’ di analisi di alcuni aspetti che mi hanno colpito. Il primo aspetto è l’enorme clamore che ha suscitato. Non parlo solo dei giornali e telegiornali, che hanno tenuto una linea a mio avviso un po’ ambigua, a metà strada fra la denuncia e il gossip, fra l’impegno e la morbosità. Ma anche, soprattutto dei social media, con migliaia di persone che hanno sentito il bisogno di esprimere la loro esasperazione, la loro rabbia. 

Ma come mai un caso, questo caso, ha suscitato tutto questo clamore? Come mai questo e non, perlomeno non così tanto, le altre decine di femminicidi che purtroppo succedono ogni anno in Italia? Sicuramente ci sono alcuni elementi che hanno reso questo episodio emotivamente più coinvolgente, ad esempio il fattore della ricerca, dell’attesa. Al tempo stesso, credo che il fattore principale sia un altro. E che sia proprio “un altro”. Nel senso che “un altro” sono le parole che ho letto più spesso in chi commentava la vicenda. Un altro caso. Un’altra volta. 

In tantissime persone hanno condiviso sui social la poesia di Cristina Torres Caceres, attivista peruviana Cristina Torres Cáceres, impegnata per i diritti delle popolazioni indigene e l’educazione ambientale, che denuncia la violenza sulle donne e i femminicidi. La poesia s’intitola “Se domani tocca a me, se domani non torno, distruggi tutto” e finisce con questi  versi: Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto.

Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.

Insomma, forse non c’è un vero motivo che rende questo caso diverso dagli altri ma c’è un vaso di lacrime che ogni volta si riempie un po’ di più e che adesso sta letteralmente tracimando. C’è un misto di rabbia, insofferenza, stanchezza verso un modello culturale maschile di mascolinità tossica, che include l’idea che gli uomini non dovrebbero frenare i loro impulsi sessuali, e che possano disporre dei corpi e delle vite delle proprie compagne a piacimento. 

Una cultura che ancora oggi è molto diffusa nella nostra società, ovviamente con un gradiente e con sfumature diverse, che vanno da atteggiamenti e commenti apparentemente innocui o di poco conto, fino a casi tragici e drammatici come questo. 

Ora, io penso che nell’assoluta tragedia di questo episodio, il centesimo di quest’anno in Italia, questa mobilitazione sia un buon segno. Un segno che le cose stanno cambiando. Non voglio farla facile, perché facile non è. Perché per ogni donna uccisa ce ne sono cento che finiscono al pronto soccorso, mille molestate e così via. Ma osservare questo sdegno, devo dire anche di tanti uomini oltre che di tantissime donne mi fa pensare che, se siamo ancora lontani da un risultato accettabile, forse siamo almeno all’inizio di un percorso.

Ovvio che, come vi dicevo, non si tratta solo di femminicidi. Il gesto di uccidere è il gesto estremo di una cultura sottostante molto più diffusa che abbraccia il sessismo, la disuguaglianza di genere, e anche un’idea di relazioni di ruoli, un’educazione dei figli improntata su questi concetti. E ancora, il ruolo dei media nel riproporre, perpetrare e amplificare questo immaginario. Forse è anche da qui che dobbiamo partire per osservare un cambiamento. 

Per questo vi segnalo due cose, se volete approfondire questa tematica. La prima, se siete abbonati a ICC e non l’avete ancora ascoltata, recuperatevi l’ultima puntata di A tu per tu dal titolo “Baci imposti, sessismo, mass media e violenza. Cosa possiamo fare per cambiare le cose? – A tu per tu + #11” in cui Daniel Tarozzi intervista Lorella Zanardo, Cesare Cantù e Giulia Rosoni proprio su queste tematiche. E vi segnalo anche la nostra sezione sull’amore che cambia, e l’ultimo libro di Daniel Come amano gli italiani, perché iniziare ad aprire la mente e le prospettive sul fatto che le relazioni, l’amore, il sesso possono essere anche altro rispetto a quello che ci hanno insegnato è un primo importante passo per il cambiamento.

L’altra notizia del giorno è che Javier Milei detto “el loco” è il nuovo presidente dell’Argentina. L’anarco-capitalista ha sconfitto al ballottaggio il peronista Sergio Massa, con quasi il 56 per cento dei voti e oltre 11 punti di vantaggio. Massa, attuale ministro dell’Economia, ha riconosciuto la sconfitta ancor prima che venissero divulgati i risultati ufficiali.

Come racconta Safra Gandolfi sul Corriere, “Nel centro di Buenos Aires, fuori e dentro il «bunker» di Milei all’hotel Libertador, è un tripudio di bandiere biancazzurre e di sostenitori con le maglie della nazionale argentina che aspettavano l’uomo che ha promesso di tirarli fuori da «cento anni di decadenza». Il futuro presidente, che ha seguito lo spoglio nella suite al 21° piano, assieme alla sorella Karina, alla fidanzata e ai suoi collaboratori più stretti, ha aspettato a lungo prima di concedersi all’abbraccio della folla, che con il passare delle ore ha invaso le strade della capitale.

Milei si presenta prima ai fedelissimi e ai giornalisti riuniti nel salone dell’hotel. Ringrazia per prima la sorella Karina: «Senza di lei nulla di tutto questo sarebbe successo». E poi: «Agli argentini dico: oggi comincia la ricostruzione dell’Argentina e la fine della decadenza, oggi finisce il modello impoveritore dello Stato onnipresente che beneficia solo alcuni mentre la maggioranza soffre — promette —, oggi finisce l’idea che lo Stato è un bottino da ripartire fra i politici e i loro amici, oggi torniamo ad abbracciare il modello della libertà per tornare ad essere una potenza mondiale». Poi aggiunge: «A tutti quelli che ci guardano dall’estero, dico che l’Argentina tornerà ad occupare il posto nel mondo che mai avrebbe dovuto perdere. Lavoreremo fianco a fianco con tutte le nazioni del mondo libero».

Subito arriva anche il messaggio dell’ex presidente Usa Donald Trump, che scrive: «Sono molto orgoglioso di te. Cambierai completamente il tuo Paese e renderai l’Argentina di nuovo grande».

Il nuovo presidente si insedierà il 10 dicembre, giorno in cui la giovane democrazia argentina, nata dopo la dittatura militare, compirà 40 anni. Ora l’economista ultraliberista diventato famoso nei talk show televisivi, il politico anti-sistema, che ha promesso di «distruggere a colpi di motosega la Casta peronista», dovrà dimostrare di saper guidare l’Argentina fuori dalla crisi. Se manterrà le promesse elettorali, affronterà subito con misure draconiane gli enormi problemi economici: l’ inflazione al 142%, un debito pubblico da 419 miliardi di dollari, riserve monetarie agli sgoccioli e il duro negoziato con il Fondo monetario internazionale, cui l’Argentina deve 44 miliardi di dollari. 

Milei ha già annunciato di voler privatizzare gran parte delle industrie di Stato, «dollarizzare» l’economia e smantellare la Banca Centrale, colpevole di «alimentare l’inflazione». 

Ora, di Milei abbiamo già parlato diverse puntate fa. Si tratta di un personaggio surreale, probabilmente psicotico. Ha deciso di intraprendere la carriera politica dopo aver intrapreso un percorso con una medium per parlare con il suo cane a cui era legatissimo e che era morto. Cane che fra parentesi ha fatto clonare negli Usa ben 4 volte. E in questa serie di incontri sostiene che a un certo punto gli sia apparso Gesù che gli abbia detto che il suo destino era guidare l’Argentina. Sostiene di voler fare a pezzi con la motosega la casta 

Sta succedendo di tutto ai vertici di OpenAI, la società che si è inventata ChatGPT. Venerdì sera a sorpresa è arrivato l’annuncio della rimozione di Sam Altman, il Ceo e co-founder della società, nonché il personaggio più in vista della startup, dal suo incarico. Poi domenica mattina è arrivato una specie di dietrofront, ma è tutto abbastanza confuso. La notizia è grossa e abbastanza assurda, considerate che Sam Altman sta a OpenAI più o meno come Mark Zuckerberg sta a Facebook. E che gli stessi vertici di Microsoft, società che ha investito diversi miliardi di dollari in ChatGPT, non sembravano essere al corrente della faccenda e non l’hanno presa proprio benissimo. Ma procediamo con ordine.

In pratica venerdì sera Altman è stato invitato a una riunione in videoconferenza con il consiglio di amministrazione. Ilya Sutskever, uno dei cofondatori di OpenAI, ha letto un breve comunicato ad Altman nel quale gli veniva comunicato di non avere più la fiducia del consiglio di amministrazione perché non era stato chiaro e sincero su alcune iniziative, «minando le capacità» dello stesso consiglio di svolgere il proprio ruolo. E così la notizia è uscita suo media, subito dopo, causando una sorta di valanga.

La dichiarazione alquanto vaga e non sostanziata nelle ore successive da ulteriori dettagli ufficiali ha portato diversi giornali, come il New York Times, a consultare alcune fonti interne a OpenAI per capire le effettive motivazioni di una decisione così drastica attuata in un momento di grande visibilità e potenzialità di sviluppo per la startup.

Leggo da un articolo del Post: “OpenAI era stata fondata nel 2015 da Altman, Sutskever, Greg Brockman e Elon Musk come una iniziativa senza scopo di lucro per la ricerca e lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale, orientati alla creazione di una AI generale, cioè in grado di svolgere praticamente qualsiasi compito. Nel 2018 Altman affiancò alla non profit una società vera e propria, che si chiama sempre OpenAI, e trattò con Microsoft ottenendo un finanziamento di 1 miliardo di dollari. L’investimento fu molto importante per sviluppare le prime versioni di ChatGPT e soprattutto avere le infrastrutture informatiche necessarie per farlo. Visti i risultati promettenti raggiunti, Microsoft in seguito investì altri 12 miliardi di dollari.

La nuova entità commerciale sarebbe stata comunque sotto il controllo del consiglio di amministrazione della non profit. I ricavi che genera l’azienda vengono condivisi con gli investitori come Microsoft, ma solo entro un certo limite. Tutto ciò che supera quel limite viene immesso nella non profit per sostenere le sue attività. L’organizzazione è piuttosto articolata e secondo alcuni osservatori ha contribuito a complicare i rapporti tra i dirigenti.

Sutskever, per esempio, aveva istituto all’interno di OpenAI un gruppo di lavoro con il compito di verificare che le varie evoluzioni di ChatGPT non costituissero un pericolo per la società. Già in passato Sutskever aveva sollevato preoccupazioni sulle implicazioni e gli effetti dei sistemi di intelligenza sempre più sofisticati. 

Sutskever nel tempo aveva ridotto il suo ruolo dentro alla società, ma poteva comunque contare sul sostegno di altre persone nel consiglio di amministrazione, come Tasha McCauley e Helen Toner, che negli ultimi tempi avevano partecipato attivamente al dibattito sui potenziali effetti negativi e distruttivi delle AI sull’umanità. Uno scenario in cui un’intelligenza artificiale causi la distruzione della specie umana è con le tecnologie di oggi improbabile se non impossibile, ma secondo gli attivisti che chiedono maggiori controlli e regole le cose potrebbero cambiare rapidamente visti i veloci progressi.

Non si capisce ancora se la decisione abbia qualcosa a che fare con questo dibattito e questo tipo di sviluppi. Ci sono indubbiamente troppe cose che non sappiamo per dirlo. Ciò che sappiamo è che dopo l’annuncio della rimozione del CEO, anche un altro dei founder, Greg Brockman ha lasciato la società insieme a diverse altre persone vicine ad Altman, mentre il ruolo di CEO è stato assunto temporaneamente da Mira Murati, fino a quel momento Chief Technology Officer, cioè la persona che si occupa delle decisioni sugli aspetti tecnologici. 

La cosa strana è che stando al sito di informazione Axios, Microsoft stessa ha appreso della decisione di rimuovere Altman solo pochi minuti prima che venisse resa pubblica da OpenAI con un comunicato. E secondo varie fonti la rimozione di Altman aveva suscitato un certo nervosismo all’interno di Microsoft soprattutto per le modalità in cui era stata effettuata.

Ma non è finita qui perché ieri mattina il sito americano The Verge ha pubblicato un’indiscrezione Secondo le fonti citate dal sito statunitense, il consiglio di amministrazione avrebbe chiesto ad Altman di tornare subito nel suo “vecchio” ruolo di Ceo, avviando una trattativa. Il 38enne di Chicago, sempre secondo The verge, avrebbe chiesto, come condizione, le dimissioni di tutto il board, con il quale si è evidentemente rotto il rapporto di fiducia. 

Spostiamoci in Sardegna, dove c’è una questione un po’ controversa che riguarda un grande impianto fotovoltaico di proprietà di Acea. Il nostro partner d’inchiesta di Sardegna che Cambia ha realizzato un’inchiesta molto importante, che pubblichiamo oggi appunto su Sardegna che cambia. 

Ve ne parla in un contributo audio l’autore dell’articolo Piero Loi.

Inchieste come questa mi fanno riflettere molto, perché c’è una parte di me, istintiva, un po’ superficiale, che dice “Ma con la crisi climatica che sta raggiungendo livelli inauditi, va bene tutto”. È la stessa parte, rettiliana, che ha l’istinto di schierarsi, per cui o le rinnovabili vanno bene, punto, oppure non vanno bene, punto. 

Poi però c’è un’altra parte più razionale, che sa che ogni cosa è complessa e che la complessità tollera male gli schieramenti e le tifoserie. E che il fatto che abbiamo un sacco di bisogno di energie rinnovabili, soprattutto fotovoltaico ed eolico, e che anche i grandi impianti sono ormai necessari tanto quanto l’autoproduzione e le comunità energetiche, non significa che allora vada bene tutto. Dire va bene tutto è una delle cause, e in qualche modo giustifica, chi all’altro estremo nega la crisi climatica sostenendo che sia un’invenzione per fare business.

Le rinnovabili non hanno il potere magico di risolvere ogni problema della nostra società. Le rinnovabili inserite in contesti di corruzione, concentrazione di potere, speculazioni, diventeranno oggetto di queste distorsioni. Ciò non significa che allora siano sbagliate. Ma nemmeno che dobbiamo chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie, solo perché sono “buone”. Quindi grazie davvero a INDIP per ricordarci che la realtà è complessa e che il compito del giornalismo non è schierarci o adottare una visione a prescindere, ma farsi domande, indagare, comprendere e cercare di dare gli strumenti per comprendere.

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