L’Emilia-Romagna di nuovo sott’acqua per la terza volta in due mesi – #1006
Dall’inizio di questa settimana, nubifragi e piogge intense hanno colpito diverse zone d’Italia, mostrando ancora una volta gli effetti devastanti del cambiamento climatico.
Le regioni più colpite sono state Liguria, Toscana, Sicilia e – soprattutto e ancora una volta – Emilia-Romagna.
Vi faccio un breve riassunto di quello che è successo e sta succedendo. In Liguria, giovedì si sono verificati frane e allagamenti nelle province di Genova, Savona e La Spezia, con la morte di un uomo di 75 anni, che era uscito per cercare funghi e purtroppo è caduto da un dirupo. In Toscana, le esondazioni hanno interessato due fiumi, il Cornia in provincia di Livorno e l’Elsa vicino a Firenze. In Sicilia, soprattutto Catania è stata duramente colpita e ci sono stati danni anche sull’isola di Stromboli.
Ma, dicevamo, forse è l’Emilia-Romagna ad aver affrontato la situazione più grave con esondazioni, allagamenti e blackout. Un ragazzo di 20 anni è morto a Pianoro quando la sua auto è stata travolta dall’acqua. I vigili del fuoco sono intervenuti in diverse località, in particolare nell’area di Bologna, che ha subito grossi allagamenti, con strade completamente sommerse e ricoperte di fango.
Come scrive Caterina Orsenigo su Domani “La crisi climatica torna a imperversare sull’Emilia-Romagna, questa volta soprattutto su Bologna e i suoi dintorni. Allaga strade, negozi, cantine. Si porta via automobili, beni di prima necessità, ricordi e anche una vita. Gli sfollati sono oltre 3000.
Il sistema idrico di deflusso cittadino non ce l’ha fatta a mantenere una portata d’acqua incredibile come quella che si è riversata nella notte fra il 19 e il 20 ottobre. Molti sono i fiumi esondati in poche ore. Aiutata dal cemento, l’acqua è scesa velocemente dai colli a valle. Nel quartiere Saragozza, subito fuori dalle mura, scorre un torrente che si chiama Ravone. In città non si vede perché passa tombinato: sopra ci sono le case, le strade, il cemento. Nella notte ha rotto la tombinatura, ha invaso le case delle persone.
Solo nel 2024 l’Emilia Romagna è stata colpita tre volte, due nel giro di pochi giorni a settembre e di nuovo adesso a un mese di distanza. Pochi giorni fa la Liguria e la Campania.
Più avanti l’articolo continua: “Le scienze di attribuzione ci dicono che senza riscaldamento globale molti di questi eventi climatici magari ci sarebbero stati lo stesso, ma tutti avrebbero avuto un’intensità di gran lunga minore. Meno danni, forse nessuna vittima.
Certo che se anche fermassimo di colpo tutte le emissioni in eccesso di anidride carbonica – e siamo molto lontani dal farlo – ci vorrebbe del tempo prima di fermare anche le alluvioni, le siccità, gli incendi, gli uragani. E nel frattempo bisogna adattarsi e adattare i territori ad affrontare questi eventi estremo. Per Marco Palma di Bologna for Climate Justice si tratta di fare una scelta politica molto chiara: «La priorità deve essere prendersi cura del territorio che viviamo. Si tratta di rinunciare a nuove opere di cementificazione, prendere i soldi pubblici destinati a operazioni magari nocive per l’ambiente e destinarle a mettere in sicurezza il territorio. Ci vogliono opere infrastrutturali ed ecologiche che contengano l’acqua quando piove tanto e non facciano arrivare l’acqua a valle in un’ora. E molto più spazio per i fiumi».
Più avanti l’articolo racconta di come i volontari si siano organizzati per fornire strumenti alle persone. Un volontario di Plat – Piattaforma di intervento sociale, racconta: «Abbiamo organizzato un gazebo solidale in cui diamo tè caldo, cibo e acqua ma soprattutto pale e stivali a tutti i volontari. Solo qui ne sono già arrivati più di cento. La solidarietà non manca ma di lavoro ce n’è tantissimo».
Ora, come al solito ci sono tante questioni che si accavallano quando ci sono eventi come questo. C’è la solidarietà fra le persone, il rimboccarsi le maniche, c’è – immagino – anche lo sfinimento di una popolazione esausta, che continua ad essere colpita da eventi estremi.
Ci sono poi le responsabilità, certamente, ma anche un po’ la tendenza a rimbalzarsi colpe e accuse, soprattutto fra schieramenti politici, ma non solo.
Di certo alcune cose sono chiare. La prima è che con gli sviluppi della cosiddetta scienza dell’attribuzione, a cui accenna anche l’articolo, sta diventando più semplice anche associare i singoli eventi climatici estremi al cambiamento climatico. Insomma, ormai possiamo ricondurre in maniera abbastanza esatta certi fenomeni al clima che cambia e questo libera il campo da possibili obiezioni, del tipo cose così sono sempre successe, è normale. No, questi eventi, con questa frequenza e questa intensità sono il frutto preciso della crisi climatica.
La seconda cosa che mi sembra evidente è che ormai le spese per far fronte ai disastri sono maggiori di quelle per limitarli o prevenirli. Cioé, sta iniziando a diventare più conveniente economicamente fare i lavori del cosiddetto adattamento climatico che continuare ogni volta a dover dare soldi per rimediare ai danni.
Terzo, lo ripeto anche se l’ho detto anche la volta scorsa, serve imparare a convivere con il nuovo clima, bisogna sapere cosa fare, come muoversi, perché non siamo abituati a queste latitudini, quindi serve un adattamento anche personale, oltre che delle nostre città e società.
Quarto,i se non affrontiamo collettivamente il problema alla base, quello del cambiamento climatico derivante dalla combustione di fossili, non ne usciamo. Lo stiamo in parte affrontando, ed è complicatissimo, perché per farlo davvero dobbiamo ripensare profondamente le nostre società. Forse è la cosa più complicata nella storia degli esseri umani. Quindi ricordiamoci che è un’impresa gigantesca per una specie portata biologicamente ad espandersi e prevaricare scegliere consapevolmente di porsi dei limiti. Insomma, non ci mortifichiamo, già solo che ci stiamo provando è qualcosa. Se poi ci riusciamo anche, tanto di cappello.
Vi faccio un piccolo spoiler, mercoledì uscirà una puntata speciale su alcuni esempi di come se ci impegnamo riusciamo a fare cose molto belle e sensate.
Torniamo alla annosa questione dei migranti in Albania, che continua a regalare colpi di scena. La storia è che c’è questo accordo fra governo italiano e albanese per la gestione dei flussi migratori che funziona così. I migranti soccorsi in mare dalle autorità italiane invece di finire in Italia vengono portati direttamente in Albania. Non tutti in realtà, solo i maschi, maggiorenni, in buone condizioni psicofisiche e non provenienti da paesi considerati a rischio.
Queste persone finiscono in una serie di centri costuriti ad hoc dal nostro paese in Abania e qui attendono che le loro richieste di asilo siano accettate. In quel caso vengono mandati in italia, altrimenti sono rispediti al paese d’origine.
La scorsa settimana la prima imbarcazione della Marina militare italiana era partita con a bordo solo 16 persone migranti, egiziani e bangladesi. 4 erano stati mandati subito in Italia perchè due erano minorenni e due non erano in salute. Ora l’ultima novità è che venerdì il tribunale di Roma non ha convalidato il decreto di trattenimento nemmeno dei restanti 12 migranti.
E quindi anche loro arriveranno in Italia. Il governo, e in particolare il ministro della giustizia Nordio ha attaccato duramente il Tribunale accusandolo di voler fare politica, ma come racconta il Post, in realtà il tribunale di Roma si è semplicemente adeguato a una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il principale tribunale dell’Unione. Una sentenza che non c’entra niente con l’Italia, ma che ha fornito una definizione di “paese sicuro”.
E ha detto che un Paese per essere sicuro deve esserlo in tutto il suo territorio in modo omogeneo, e per tutte le persone che ci vivono. Secondo il Tribunale di Roma, sulla base di questa definizione, né il Bangladesh né l’Egitto si possono considerare paesi sicuri, perché il rispetto dei diritti non viene garantito in tutto il territorio e verso ogni categoria di persone. In entrambi i paesi gli attivisti politici di opposizione vengono spesso perseguitati, e ci sono leggi molto severe contro chi appartiene alla comunità LGBTQ+.
E visto che il diritto dell’Unione Europea ha preminenza su quello italiano, anche se il governo ha inserito quei paesi nell’elenco di quelli sicuri, il Tribunale di Roma ha ritenuto che non p così e che quindi il governo italiano non può esaminare le loro richieste d’asilo con la «procedura accelerata», che appunto prevede una detenzione. Per questa ragione ha ordinato il loro rilascio.
Fra l’altro in base a questa interpretazione del tribunale di Roma l’intero progetto di “esternalizzare” in Albania la gestione dei migranti – su cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è spesa molto – rischia di essere compromesso perché la stragrande maggioranza dei migranti che cercano di arrivare in Italia via mare proviene da paesi in guerra o dove le violenze sono diffuse, oppure da paesi che difficilmente secondo la sentenza della Corte di Giustizia possono essere definiti «sicuri».
C’è una novità importante anche sull’Ex Ilva di Taranto perché giovedì un nuovo decreto di sequestro ha colpito l’area a caldo degli stabilimenti. Ne parla Stefano Baudino su L’Indipendente, che racconta che il giudice per le indagini preliminari di Potenza ha sancito che lo stabilimento è stato utilizzato in modo «criminale» e «a fini di profitto», ignorando gli accordi per ridurre l’impatto sulla salute e l’ambiente e che quindi deve essere messo sotto sequestro, una procedura avviata diverse volte anche in passato, anche se questa volta potrà continuare a produrre.
Ora, capisco che è difficile stare dietro alle vicende giudiziarie dell’ex Ilva, perché ci sono vari processi, in vari luoghi, le sentenze si intrecciano, comunque proviamo a ricostruire da dove arriva questa decisione.
Se ricordate poco più di un mese fa c’era stato l’annullamento della sentenza relativa al maxi processo “Ambiente Svenduto”, con tutte le condanne ai Riva e a tanti altri ex dirigenti, perché la Corte di Appello aveva considerato i giudici che avevano emesso le condanne parti offese, essendo di Taranto e quindi non neutrali.
E aveva stabilito l’invio di tutti gli atti al Tribunale di Potenza, che doveva ricominciare da zero l’iter. Ecco questo è il primo provvedimento del Tribunale di Potenza.
Vi leggo meglio la motivazione della decisione: «È evidente – scrive la giudice – che l’utilizzo criminale dello stabilimento a fini di profitto in spregio persino agli accordi presi per ridurre l’impatto mortale delle lavorazioni non può che essere arrestato sottraendo la disponibilità delle aree in cui avvengono le lavorazioni che hanno determinato la compromissione dell’ambiente, della salute dei lavoratori e della popolazione residente».
E ancora: «È stato accertato il gravissimo quadro sanitario della popolazione di Taranto in ragione della esposizione alle emissioni industriali e dell’impiego in diversi comparti lavorativi, quadro destinato inesorabilmente a peggiorare nel tempo per la latenza tra esposizione ed esiti».
Eppure, come spiega ancora l’articolo del L’Indipendente, grazie ai diversi decreti salva-Ilva che si sono succeduti negli anni e alla facoltà d’uso, lo stabilimento potrà continuare la sua attività. Che è un paradosso, ma è così. Intanto le persone a Taranto sono sempre più stanche di uno stabilimento che porta malattie e inquinamento e che ha distrutto l’economia locale.
Ieri si è votato in Moldavia per due cose molto importanti. L’elezione del Presidente e un referendum sull’adesione all’Ue. La Moldavia è un piccolo paese che si trova fra Romania e Ucraina e ovviamente su entrambe le questioni pesava molto la situazione geopolitica, il conflitto in Ucraina e la doppia influenza di Russia e Nato.
Comunque venendo ai risultati, per quanto riguarda le presidenziali, la presidente uscente Maia Sandu è stata la più votata e andrà al ballottaggio con il candidato del Partito Socialista Alexandru Stoianoglo. Sandu ha ottenuto circa il 37 per cento dei voti, mentre Stoianoglo poco più del 29.
Sandu è stata prima ministra del paese, è presidente dal 2020 e può rimanere in carica al massimo per un altro mandato: è candidata con il Partito di Azione e Solidarietà (PAS), europeista e molto impegnato nella lotta alla corruzione. Stoianoglo invece è un ex procuratore, è espresso da un partito tradizionalmente filorusso ed è sostenuto dall’ex presidente moldavo Igor Dodon, che aveva deciso di non ricandidarsi dopo aver perso le presidenziali del 2020 proprio contro Sandu.
Sando è appunto in vantaggio, ma in vista del ballottaggio del 3 novembre potrebbe giocare un peso il fatto che il terzo candidato, Renato Usatii, che ha ottenuto poco meno del 14% dei voti, è il candidato di un partito considerato populista, conservatore e ancora più filorusso, chiamato Il Nostro Partito.
Anche il referendum ha dato un esito abbastanza in bilico, ma stando ai risultati parziali il No all’ingresso nell’Ue sarebbe in vantaggio con quasi il 55 per cento dei voti. In tutto ciò, ha è abbastanza indicativo che in una elezione e un referendum che possono far pendere l’ago della bilancia della società moldava dall’una o dall’altra parte di quelli che al momento sembrano due blocchi opposti, ha votato solo la metà delle persone, il 51,9 per cento degli aventi diritto. Un dato che onestamente non so come interpretare perché conosco troppo poco quel contesto, ma che è interessante da cogliere.
#allagamenti
Domani – Tre alluvioni in un anno: l’Emilia-Romagna sommersa di nuovo dall’acqua
il Post – I molti allagamenti di questi giorni in Italia, in video
#migranti
il Post – La sentenza europea che ha causato il rilascio dei migranti in Albania https://www.ilpost.it/2024/10/20/sentenza-corte-di-giustizia-europea-migranti-albania/
#ex Ilva
L’Indipendente – Nuovo sequestro all’ex Ilva per “evidente utilizzo criminale”, ma l’acciaieria non si ferma
#Moldavia
il Post – La presidente uscente della Moldavia Maia Sandu andrà al ballottaggio con il socialista Alexandru Stoianoglo
#Elezioni Usa
Italia che Cambia – Elezioni Usa: cosa cambia per clima e ambiente a seconda di chi vince – Io non mi rassegno + #22