5 Giu 2024

Emergenza acqua? Nuovi allarmi, vecchi problemi – INMR Liguria #7

Scritto da: Emanuela Sabidussi
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Apriamo questa nuova puntata parlando dell’ordinanza di non potabilità dell’acqua nei 4 comuni liguri di Riva Ligure, Camporosso e Vallebona e Imperia. Cosa è successo? Capiamolo insieme.
Ma non solo: il Consiglio regionale ha respinto la mozione di sfiducia a Toti, il quale non si vuole dimettere e rivendica le scelte fatte. Parliamo anche delle novità sul rigassificatore di Vado Ligure e della nuova diga di Genova. E in chiusura parliamo di energia, ed in particolare del nuovo piano energetico, e di inclusione, tramite la notizia del primo pride di Savona.

È stata divulgata qualche giorno fa, precisamente il 30 maggio, l’ordinanza da parte di tre comuni imperiesi di non potabilità dell’acqua: ovvero Camporosso, Vallebona e Riva Ligure. In serata poi, anche il sindaco del Comune di Ventimiglia, Flavio Di Muro ha firmato l’ordinanza di non potabilità dell’acqua, ma limitatamente alla zona tra corso Genova e Villa Olga.

Il motivo? La comunicazione del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl1, dell’esito sfavorevole di un campionamento di acqua destinata al consumo umano. Dai risultati dei controlli fatti, con cadenza periodica, in quei giorni è stato evidenziato il superamento dei valori previsti per i parametri microbiologici e da qui l’ordinanza per l’inter cittadinanza dei comuni coinvolti. è stato anche reso noto dal sindaco di Imperia che il coinvolgimento dei diversi comuni sarebbe una “coincidenza”.

Ad essere coinvolti sono stati anche i gestori della rete idrica, ovvero Società Ireti Spa che gestisce le acque di Camporosso e Vallebona, e Rivieracqua che gestisce la rete di Riva Ligure e Ventimiglia. Attendendo di giorni in giorno che le analisi ASL dessero esiti differenti, da venerdì 31 maggio nelle piazze è stata distribuita gratuitamente acqua potabile. Notizia poi della revoca dell’ordinanza è arrivata poi il primo giugno, ovvero 2 giorni dopo, facendo tornare i comuni alla normalità.

Non è la prima volta che si verificano problemi con l’acqua potabile, ed in particolare nell’imperiese: un anno fa vi abbiamo parlato del caso del comune di Andora, dove per 7 mesi è uscita acqua salata dai rubinetti, poi a marzo 2023 era scattato il divieto per i comuni di Taggia e Sanremo per inquinamento falde da parte di una sostanza cancerogena, che ha richiesto la chiusura dei pozzi coinvolti. E mentre il tema della siccità torna periodicamente a bussare alla porta, è giunto il momento di ripensare ai sistemi di gestione dell’acqua, prima della prossima emergenza.

A parlarcene più volte ai microfoni di Italia che Cambia è stato Cristiano Bottone, che da anni tramite Transition Italia, porta l’attenzione ai modelli attuali di gestione delle acque, per proporre nuove soluzioni più efficienti, che riducano il rischio siccità e permettano alle emergenze di contaminazioni di ridursi notevolmente. Durante l’intervista rilasciata per Liguria che Cambia, a tal proposito, ci aveva detto:

“Come già accennato, servirebbero lungimiranza, coordinamento e risorse. Io interagisco molto con gli amministratori locali e purtroppo la verità è che, anche quando c’è la buona volontà, bisogna fare i conti con burocrazia, scarsità di personale e di risorse e con gli interessi dell’opinione pubblica; poi c’è anche il livello del malaffare, ma non è sempre così. La riparazione preventiva di un tubo sotto terra non porta voti, non si vede, non crea consenso, anzi, forse produrrà lamentele a causa del cantiere, del rumore, della strada che si restringe.

È lo stesso per moltissimo di ciò che riguarda la prevenzione: sono attività che non luccicano, non portano voti, prestigio o consenso e se le risorse sono scarse, il tempo è poco, il personale insufficiente, si finisce sempre per fare altro. Questo vale sia a livello locale che nazionale.”

E proprio ora che la campagna elettorale è più attiva che mai, che ne dite di interrogare i candidati sulle strategie che vogliono adottare per migliorare la situazione, anche, sul tema gestione dell’acqua nei vostri comuni? È tempo di promesse elettorali, progettate, che si possano mantenere.

Toti, il presidente della Regione Liguria non si vuole dimettere e manda un messaggio destinato al Consiglio regionale e a tutti i liguri: “Rivendichiamo l’interesse pubblico in ogni nostra scelta”, con la certezza “che la maggior parte dei liguri comprendano e apprezzino il cammino fatto e i risultati raggiunti dal nostro governo”. E ancora: “Non odiate le opere e i progetti in quanto tali, voi li odiate in quanto unità di misura della vostra incapacità”.  Questi alcuni estratti del contenuto del discorso, che è stato letto in Consiglio regionale ieri, in occasione della discussione della mozione di sfiducia verso il presidente presentata dalle opposizioni.

Il governatore, agli arresti domiciliari dal 7 maggio, ha difeso il suo operato e ha attaccato la sinistra, rea, secondo lui, di cercare tramite un’inchiesta di distruggere il “modello Liguria” costruito in questi anni. La lettera scritta da Toti è stata letta in Consiglio regionale dal capogruppo della Lista Toti, Alessandro Bozzano, il quale fin dalla notizia dell’arresto di Toti, aveva preso le sue difese, dichiarando “Luca Garibaldi fa anche il pm. Il capogruppo del Pd non si accontenta di politicizzare e strumentalizzare l’inchiesta della magistratura, e decide di inventarsi pure i reati”, facendo riferimento a insinuazioni di collusioni mafiose. Nel frattempo il Consiglio ha respinto ieri la mozione di sfiducia a Toti, mentre fuori dal palazzo molti cittadini protestavano per chiedere le sue dimissioni.

Staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi giorni. Nel frattempo ciò che è certo è che per la giunta regionale sono momenti difficili:  nelle settimane scorse vi abbiamo parlato infatti della decisione del Tar Liguria che ha accolto il ricorso presentato dalle associazioni, annullando il decreto regionale e permettendo così al parco di Portofino di tornare alle sue dimensioni storiche. Ma non solo: l’attuale situazione della giunta regionale sembra portare nel suo futuro incerto anche altre decisioni, tra cui quella del rigassificatore.

A parlarne è Sandro Chiaramonti su IVG, in un articolo in cui spiega quali sono le motivazioni per cui lo spostamento della nave rigassificatrice Golar Tundra, da Piombino a Vado Ligure, ad oggi non è più certa.

Leggo da IVG: “Forse ci siamo, forse (forse) perlomeno sorgono ostacoli sulla possibilità che il rigassificatore sia spostato da Piombino alla rada di Savona e Vado Ligure. O, almeno, comincia a vacillare la granitica certezza dei tempi di Toti-commissario sull’arrivo della Golar Tundra. Il cambio di scenario si deve ovviamente all’inchiesta su Toti, Signorini & C., anche se la vicenda del rigassificatore non è in alcun modo citata nelle indagini.” Nell’analisi fatta dal giornalista ligure sono riportati alcuni elementi a supporto di questa ipotesi, tra cui la richiesta presentata a Snam dal Ministero dell’Ambiente di  decine di integrazioni da fornire entro venti giorni.

Ma non solo: a volere il rigassificatore è stato in primis Toti e vista l’attuale situazione Chiaramonti si chiede “perché mai un politico eventualmente diverso da Toti dovrebbe assumersi una responsabilità così grossa, facendo pagare al proprio partito pesanti conseguenze elettorali. Il governo potrebbe anche scegliere una figura tecnica, ma non sarebbe un bel gesto tagliar fuori la politica.” Vedremo cosa accadrà, ma per ora tiriamo un sospiro di sollievo della nuova incertezza raggiunta. A tal proposito, per chi non l’avesse ancora fatto, vi invito a leggere l’inchiesta pubblicata sul tema qui su Italia che cambia.

Rimaniamo sul tema delle grandi opere edili, ma ci spostiamo di città, questa volta a Genova, dove si sta dibattendo sulla questione della vecchia diga. In super sintesi si tratta di un grande intervento che prevede la demolizione dell’attuale diga presente davanti al porto di Genova, e di due fasi successive: ovvero a seguito della demolizione, è prevista l’installazione di cassoni cellulari e di una scogliera antiriflessione.

La seconda fase è stata dichiarata accorpabile alla prima, pertanto sarebbe stato confermato l’appalto ai lavori alla società a cui era stata affidata la prima fase. Le critiche e contestazioni dell’opera sono tante e su più livelli: il piano economico prevede un investimento molto importante e desta preoccupazioni. Leggo da una nota pubblicata dalla Regione Liguria “L’opera ha un valore complessivo di 1,3 miliardi di euro ed è finanziata per 1,223 miliardi con fondi statali tra cui Piano Nazionale per gli Investimenti Complementari, Fondo Infrastrutture e legge n.56 del 2024. La differenza, pari a 77 milioni di euro, viene coperta col Disegno di Legge 179 con 57 milioni a carico della Regione Liguria e 20 milioni a carico dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale”.

E proprio la quota di 57 milioni di euro è stata da poco votata dal Consiglio regionale della Liguria, che ha approvato il finanziamento necessario a integrare le risorse statali destinate alla seconda fase. A creare discussioni intorno a tale decisione ci sono le misure cautelari a carico del presidente della regione e di Paolo Emilio Signorini, commissario straordinario per la diga.

Leggo da un articolo di shippingitaly, il quotidiano online del trasporto marittimo, che è prevista in questi giorni “la posa del primo dei 97 cassoni della diga (i blocchi di cemento dai 18 ai 34 metri di altezza che, poggiati sullo scanno di rocce, ne costituiscono la struttura portante e che diverranno 105 se sarà approvata la variante per l’accorpamento delle due fasi) senza prima aver concluso i test di tenuta geotecnica dei fondali”.

Ed è proprio quest’ultimo elemento a creare nuovi dubbi sull’opera. Dubbi sollevati recentemente dall’ing. Piero Silva, che dichiara in un’intervista: “La situazione è preoccupante. Malgrado gli innumerevoli segnali di problemi, si continua a non mettere le carte sul tavolo e a giocare col fuoco. Mai e poi mai si inizia a costruire un’opera marittima senza aver concluso positivamente le verifiche geotecniche.”

Il quale spiega che il rischio è quello di un “collasso geotecnico: il crollo cioè dell’opera, che rischia di provocare un’onda lunga (dell’ordine dei 150 secondi) con conseguenze potenzialmente devastanti. Ci sono casi noti in letteratura, in primis quelli di Nizza del 1979, che fece anche diverse vittime, o Sibari nel 1977, il cui piccolo scalo fu fortemente danneggiato. Figurarsi cosa accadrebbe nel primo porto italiano.”

E continua “Se proprio non ci si vuole fermare e ripensare il progetto, il minimo è evitare di demolire la diga vecchia prima che la nuova non sia sottoposta a una mareggiata importante, il più valido dei test. Ma è chiaro che si tratterebbe d’un ripiego, che non risolve il rischio di realizzare un’opera costosissima, inutile e con tempi molto più lunghi di quelli che si propagandano.” L’intervista continua ed è molto dettagliata. Trovate il link all’intervista completa sotto Fonti e Articoli.

Parliamo di energia: è iniziato l’iter di approvazione per il Piano energetico ambientale regionale, che sta attendendo l’ok dal procedimento di valutazione ambientale strategica, chiuso il quale ci sarà l’approvazione finale. Dal documento si legge che “Il contributo delle energie rinnovabili in Regione è ancora limitato e occorre accelerare. L’obiettivo 2020 del 14,1% assegnato alla Liguria non è stato raggiunto (si è toccato solo il 7,9%). Risulta forte la dipendenza regionale dalle importazioni di energia, un trend che la Liguria intende ridurre aumentando le installazioni degli impianti, puntando soprattutto su fotovoltaico e biomassa, senza trascurare gli impianti di produzione di biogas da frazione organica dei rifiuti urbani.”

“Fondamentale, secondo l’Esecutivo regionale, promuovere la ricerca e l’innovazione in ambito energetico, sviluppando nuove tecnologie per le rinnovabili e nuovi vettori a basso o nullo tenore di carbonio tra cui l’energia da moto ondoso, l’eolico off-shore galleggiante, il nucleare di nuova generazione, ma anche e soprattutto l’idrogeno, per il quale la Regione ha già avviato un percorso in collaborazione con i principali stakeholder presenti sul territorio regionale.” Il nostro Andrea Degl’Innocenti aveva approfondito il tema dell’idrogeno e più volte abbiamo toccato come redazione il tema delicato del nucleare di nuova generazione e dei possibili rischi per entrambi i casi.

E sempre rimanendo sul tema energie rinnovabili vi segnalo che è stato incrementato a 248 mila euro il bando regionale in favore degli enti locali che intendono avviare delle CER, ovvero delle Comunità Energetiche Rinnovabili. Leggo su IVG la dichiarazione delll’assessore regionale allo Sviluppo economico con delega all’Energia “Grazie a questo rifinanziamento consentiamo a tutti i 36 enti locali richiedenti (34 comuni e 2 enti parco) di accedere alle agevolazioni messe a disposizione da Regione Liguria per migliorare il consumo energetico, ottimizzare i costi e stabilizzare la rete. Una risposta importante che permetterà ai richiedenti di ottenere fino a 25 mila euro di servizi per la costituzione e l’avvio delle CER, fino a 5 mila euro di servizi per le configurazioni individuali a distanza”.

La direzione da prendere è quella delle fonti di energia rinnovabili: ma quali? Forse questo ritardo della Regione può avere come vantaggio la possibilità di maggiori riflessioni sulle fonti da prediligere affinchè siano davvero scelte green, e non solo per noi umani, ma prendendo in considerazione gli effetti sull’intero ecosistema e sulle conseguenze a medio/lungo periodo delle scelte fatte. E sappiamo che le CER potrebbero essere delle ottime fonti di energia, con bassissime ripercussioni negative. Speriamo dunque che i numeri continuino a crescere, segno di una nuova via sempre più numericamente impattante per autoprodurre l’energia che consumiamo.

Cambiamo totalmente argomento e ci spostiamo a parlare di inclusione, con la notizia del primo pride organizzato a Savona, che si è tenuto il primo giugno. E’ stato – leggo dall’articolo di IVG – il primo Pride nella storia di Savona, organizzato dalle associazioni “Please Savona Rainbow” e Arcigay Savona, con il patrocinio del Comune di Savona, in collaborazione con l’amministrazione savonese e con molte realtà del territorio che hanno preso parte all’evento: almeno 4mila i partecipanti stimati e presenti all’iniziativa.”

E continua: “A parlare a nome del Comune, rappresentato anche da molti esponenti di giunta e maggioranza comunale, il sindaco Marco Russo: “Una presenza molto nutrita, una bella festa, una festa della città e dei savonesi. Spero che diventi una tradizione, ma quello che conta è il messaggio di inclusività e apertura sociale”.”

In occasione dell’evento Arcigay Savona ha reso noto il suo manifesto politico, dove si legge : “Il Pride è uno spazio sicuro ed inclusivo dove tutte le persone sono benvenute, rispettate e valorizzate, e per questo motivo condanna tutti i crimini d’odio ed ogni forma di discriminazione basata su età, genere, orientamento sessuale ed etnia, includendo grassofobia, abilismo, sessimo, fascismo e militarismo”.

“Denunciamo, inoltre, il sistema patriarcale, che crea squilibri di potere e controllo sugli altri, reprimendo l’emotività e l’autodeterminazione, fino a favorire forme di violenza estrema come il femminicidio. Rivendichiamo la proprietà dei nostri corpi, la libertà di scegliere come e se abortire e la possibilità di intraprendere un percorso di affermazione di genere”.

E proprio in questi giorni si è tornato a parlare di violenza di genere, grazie al webinar organizzato da ActionAid, che ha fatto da corollario alla campagna contro la violenza sulle donne promossa da Coopservice, che ha visto più di 400 persone collegate. Le due notizie vicine e apparentemente slegate, mi hanno ricordato che manifestare per i diritti di pochi, dà maggior valore ai diritti di tutti e non toglie, come qualcuno pensa. Più che urlare slogan identificativi e classisti, potremmo godere del raggiungimento della vera equità sociale, sostituendo i “contro” ai “a favore di” e lavorando per l’inclusione ogni giorno.

L’invito che faccio a tutti e tutte noi è quindi quello di portare nella nostra vita quotidiana un po’ dei colori della giornata del pride, festeggiando le “diversità” intorno a noi, che siano di provenienza, genere, età, pensiero o orientamente sessuale poco importa. Partendo, forse, dalle tante diversità che abbiamo dentro e che facciamo fatica a riconoscere e accettare di noi stesse. Proviamo proprio a partire in primis dalle paure e resistenze alla diversità che ci portiamo dentro.

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