28 Ott 2024

Elezioni Usa: testa a testa Trump-Harris, fra paura e ambiente – #1009

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Fra 8 giorni si vota negli Usa per eleggere il nuovo o la nuova Presidente, in quelle che sono le elezioni più attese dell’anno e che si giocheranno sul filo di lana. Cerchiamo di capire come mai sono scomparse le tematiche ambientali dal dibattito e in generale cosa possiamo aspettarci. Sempre a proposito di votazioni, parliamo di quelle in Georgia, che hanno visto il trionfo del partito filorusso di governo, fra le polemiche e accuse di brogli, e di quelle in Liguria, che terminano oggi. Infine parliamo della domanda energetica dei data center, che sta crescendo esponenzialmente, con un po’ di dati.

Ci siamo. Il voto negli stati uniti si avvicina, mancano davvero pochi giorni al 5 novembre, data fatidica delle elezioni Usa. Qualche giorno fa, nella nuova puntata di INMR+ notavamo come clima e ambiente siano praticamente scomparsi dalla campagna elettorale Usa. Se da Trump non potevamo certo aspettarci grossi proclami su questi temi, il silenzio di Harris va interpretato.

Su Le Monde, un articolo del corrispondente dagli Usa Arnaud Leparmentier spiega che probabilmente dietro a questo suo silenzio, al basso profilo sull’argomento, c’è il bisogno di Harris, per restare in corsa, di conquistare lo stato chiave della Pennsylvania. Che però è anche un centro di sviluppo del gas da scisti, patria del fracking americano. Il fracking è quella tecnica molto controversa e pericolosa usata per estrarre petrolio dai luoghi più impervi. 

Come scrive il giornalista francese, “La candidata democratica ha adottato una posizione sempre più condivisa negli Stati Uniti, sostenuta in particolare da John Kerry, inviato per il clima di Biden, secondo cui scienza e tecnologia risolveranno la crisi climatica, in un Paese dove il concetto di moderazione non esiste”. 

In tutto ciò, la campagna elettorale non è mai stata così incerta. nella sua newsletter Da Costa a Costa, vero e proprio punto di riferimento per quel che riguarda le elezioni Usa, Francesco Costa descrive una situazione esattamente alla pari stando ai sondaggi pre-elettorali, anche se il clima che si respira nel Paese sembra dire più Trump che Harris. 

Uno dei più noti politologi americani ha scritto un articolo elencando 24 motivi per cui Trump potrebbe vincere. Uno di questi è anche il sempre maggiore sostegno che l’ex presidente sta ricevendo dall’uomo più ricco del Pianeta, Elon Musk, che sta facendo una vera e propria campagna elettorale pro Trump. 

Sempre nella sua newsletter Costra mostra come il comitato politico politico pro-Trump di Elon Musk stia tappezzando l’America di manifesti anche molto scorretti. Ad esempio nelle zone ad alta densità musulmana vengono affissi dei cartelloni che accusano Harris di stare dalla parte di Israele, in quelle ad alta densità di ebrei altri cartelloni che accusano Harris di stare coi palestinesi e non difendere abbastanza l’alleato Israele.

Venerdì poi il Wall Street Journal ha raccontato che Musk, titolare di appalti federali miliardari e ha accesso a ogni sorta di documento riservato americano, sente segretamente e regolarmente Vladimir Putin da anni.

Venendo alla campagna elettorale dei candidati, Trump e Harris hanno scelto modi diversi per provare a convincere gli ultimi indecisi e rompere l’equilibrio. Trump ha deciso di puntare molto sulle questioni di genere. A modo suo ovviamente. Un terzo di tutti gli spot trasmessi da Trump in tv riguarda le persone trans e accusa Harris di non saper dire cosa distingua un uomo da una donna, di voler far giocare gli uomini negli sport delle donne, di voler mettere gli uomini nelle prigioni femminili, di voler pagare la transizione ai detenuti con i soldi pubblici. Molti di questi spot sono in spagnolo o sono rivolti agli afroamericani. Insomma, Trump fa il Trump.

Harris invece ha cambiato molto la sua comunicazione nelle ultime settimane ed è passata da essere la candidata della gioia, che puntava su discorsi molto ispirazionali, a puntare invece tutto sull’inadeguatezza personale di Trump e su quanto sia pericoloso. I toni sono diventati tetri, gravi, solenni. Sembra che chiuderà la campagna con un discorso al National Mall di Washington DC, tutto incentrato sulla necessità di salvare la democrazia americana da un ritorno di Trump.

Costa commenta dicendo: “Non è detto che sia una strategia sbagliata: esaurito ogni altro bacino elettorale con gli altri argomenti, le persone che non ha ancora convinto forse possono essere smosse dall’avversione per Trump e dalla paura delle sue azioni. E in generale, puntare sulla paura in politica tende a pagare. Ma sono i Democratici stessi ad aver smesso di trasmettere fiducia, speranza e ottimismo”.

Io sono molto meno competente di Costa, ma mi limito a osservare che in genere il bacino elettorale più di sinistra mi sembra meno recettivo a messaggi basati sulla paura, tant’è che anche da noi le campagne elettorali basate sul pericolo del fascismo e così via sono state anno dopo anno meno efficaci. Vedremo.

Intanto vi ricordo che sabato scorso è uscita per i nostri abbonati la nuova puntata di INMR+ a tema proprio Elezioni Usa, cosa cambia per clima e ambiente a seconda di chi vince. 

Mentre cresce l’attesa per le elezioni americane, in tante altre parti del mondo si sta già votando. Il 2024 è l’anno della storia in cui più persone sono andate al voto. Di sempre. E ogni weekend all’incirca si vota da qualche parte. Ad esempio si è votato in Georgia, dove il partito di governo, filorusso, Sogno Georgiano si è aggiudicato il 54,08%. 

I vari partiti di opposizione, che sono 4 partiti invece pro-Ue protestano sostenendo che il governo abbia “falsificato” i dati. Accuse rimandate al mittente dal primo ministro georgiano, che ha detto “E’ impossibile, tecnicamente impossibile, fare qualsiasi trucco quando le elezioni si svolgono con il voto elettronico”.

Ovviamente è difficile sapere se le irregolarità ci sono state o no e soprattutto se e quanto hanno condizionato i risultati. Alcune violazioni alle urne sono state segnalate anche dall’International Society for Fair Elections and Democracy che ha dispiegato un migliaio di osservatori in tutto il Paese (ad eccezione delle aree occupate dai russi). Casi di espulsione di osservatori della Ong sono stati registrati in più seggi, in altri sono state riscontrate violazioni del segreto elettorale. 

Leggo: “Tra le tendenze degne di nota vi sono i casi di distribuzione di più di una scheda per elettore, le violazioni relative alla procedura di inchiostrazione, alla segretezza del voto e all’urna mobile, nonché le restrizioni ai diritti degli osservatori e la loro espulsione dai seggi. In diversi seggi sono stati registrati casi di malfunzionamento delle tecnologie elettorali” ha scritto l’organizzazione. “Nei pressi dei seggi elettorali, entro un raggio di 100 metri, si continuano a osservare assembramenti non autorizzati, tra cui la mobilitazione di coordinatori di partito, nonché il trasporto organizzato di elettori e la raccolta di informazioni su di loro da parte di tali coordinatori. Queste attività sono svolte principalmente da individui associati al partito al potere, “Sogno georgiano””, ha aggiunto l’Isfed.

La presidente della Georgia Salomé Zourabichvili, punto di riferimento del blocco filo-Ue che ha animato per mesi le piazze del Paese, ha rifiutato infatti di riconoscere il risultato delle recenti elezioni parlamentari, tornando a definirle «totalmente falsate». 

Ieri e oggi fino alle 15 si vota in Liguria per eleggere il nuovo presidente della giunta regionale, dopo che l’ex Presidente Giovanni Toti è stato travolto dallo scandalo corruzione. 

Oggi pomeriggio si avranno i primi risultati, intanto i dati ci dicono che alle 19 si attesta intorno al 30%, in calo praticamente ovunque.

Sappiamo che per riuscire a continuare a vivere sul Pianeta stando all’interno dei limiti planetari e non basta cambiare un pochino il sistema. Serve una transizione ecologica vera, che includa una rimessa in discussione di modelli economici e sistemi di mercato. Lo dico perché diventa meno utile passare alle rinnovabili se poi non abbiamo dei sistemi per mettere dei limiti ai consumi di energia globale. Senza questi sistemi, le rinnovabili non sostituiranno carbone, petrolio e gas, ma alimeteranno solo i consumi in più, trainati da questa o quella innovazione tecnologica.

E l’innovazione tecnologica del momento, lo sappiamo, è l’IA. ‘ uscito un rapporto di McKinsey che stima che la domanda di carico elettrico per i data center, ovvero i luoghi in cui vengono tenuti e raffreddati i mega computer su che fanno i calcoli per permettere a noi di cercare le cose su Google, fare acquisti online o chiedere qualcosa a ChatGPT, crescerà dagli attuali 10 GW a 35 GW nel 2030. E la domanda elettrica passerà da 62 a 150 TWh. Il tutto trainato appunto dall’IA. Ne parla Rinnovabili.

Una risposta chiesta a ChatGPT richiede fino a 10 volte più elettricità di una ricerca su Google. Senza contare il consumo di acqua di cui parlavamo qualche settimana fa. Già oggi, tra applicazioni dell’IA e addestramento dei modelli, questa tecnologia drena il 10-20% della domanda di energia dei data center.

E in futuro? Qual è la traiettoria dei consumi elettrici dei data center? A livello globale, uno studio recente di Goldman Sachs stimava che entro il 2030 i data center passeranno dall’1-2% al 3-4% del consumo globale di elettricità. Mentre in Europa la crescita sarà ancora più alta, secondo le previsioni, con i data center che rappresenteranno circa il 5% del consumo energetico totale europeo nei prossimi sei anni (rispetto al 2% circa di oggi)”.

Si tratta di un aspetto importante da considerare, nello studio dell’aumento della domanda di elettricità, che fin qui era legata a questioni di transizione energetica, come l’aumento delle auto elettriche, delle pompe di calore e degli elettrolizzatori. Ma al momento, scrive ancora McKinsey, la domanda da parte dei data center potrebbe rappresentare dal 15 al 25% di tutta la nuova domanda netta europea aggiunta fino al 2030”.

Fra l’altro, sempre Rinnovabili racconta come in occasione del primo Data center symposium tenutosi a Roma, siano stati annunciati 30 mld di euro di investimenti in Italia in nuovi data center e 100mila posti di lavoro entro il 2030. Quindi anche il nostro governo si vuole buttare in questo mercato. 

Insomma, lo sviluppo incontrollato dell’AI, in un sistema che ha perso il concetto di limite ed è regolato solo dal mercato, rischia di minare gli sforzi globali di decarbonizzazione. 

Il problema però da questo punto di vista non è l’IA in sé ma il fatto che abbiamo delegato la gestione della domanda e dell’offerta energetica ai mercati. Se non fosse l’IA, probabilmente sarebbe un’altra tecnologia a sostituirla nella domanda di elettricità, un’altra bolla. 

Il fatto è che la crescita economica guidata dai mercati porta inevitabilmente a consumi energetici crescenti, perdipiù indirizzati non dove servono di più ma dove più persone sono disposte a investire. 

Questo per dire che più che bloccare l’IA (cosa che comunque, forse, sarebbe utile fare anche per questioni socio-culturali) serve urgentemente un sistema di cap, un tetto massimo ai consumi energetici che sia compatibile con delle società sostenibili imposto per legge. 

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