29 Ott 2024

Elezioni in Liguria, fra Bucci e Orlando… ha vinto ancora lei – #1010

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Domenica e ieri si è votato in Liguria, e ha vinto di nuovo lei, ancora lei. Già. Parliamone. Parliamo anche di un bel progetto di rinaturazione in un forte genovese, dello scandalo che sta travolgendo una società milanese che spiava, sorvegliava e vendeva informazioni segrete su politici e personaggi in vista e infine delle proteste contro una esercitazione militare della Nato in Germania. 

Tutta la giornata di domenica e ieri fino alle 15 si è votato per le regionali in Liguria e anche qui, ha vinto sempre lo stesso partito, che devo dire ormai domina le elezioni in molte regioni, ma non solo, anche in comuni e va forte anche a livello nazionale. 

Un partito senza un programma elettorale chiaro, tenuto insieme più dal disincanto che da un reale senso di appartenenza. No, che avete capito. Non parlo di FdI, ma del partito degli astenuti. Che a questo giro ha preso oltre il 54% dei non voti. Un grande risultato. La non leader del partito degli astenuti ha fatto un discorso commovente in cui ha promesso che non farà niente nei prossimi 5 anni, in un tripudio di folla acclamante, infervorata dall’idea di un politico, che finalmente, per 5 anni, non avrebbe fatto danni né causato scandali e corruzione.

Insomma, ha vinto ancora lei, l’astensione. Scherzo, ma fino a un certo punto. Ci torniamo a breve, prima fatemi dire le cose serie. Si è recato alle urne il 45,9% degli aventi diritto, e fino alla fine è stato testa a testa fra i due candidati Bucci (che riuniva tutto il centrodestra) e Orlando che rappresentava il campo largo di centrosinistra con Pd, M5S, Avs.

Non era previsto il ballottaggio, vinceva il candidato che raccoglieva anche un solo voto in più dell’avversario e questo ha favorito certamente i candidati principali a discapito delle liste e candidati minori.   

Alla fine l’ha spuntata di pochissimo il candidato di centrodestra Marco Bucci che ha ottenuto il 48,8% dei voti contro il 47,4. Il Post racconta così il vincitore e nuovo presidente della regione. 

“Bucci ha 65 anni ed è sindaco di Genova (la sua città) dal 2017, rieletto nel 2022 per un secondo mandato. Prima della carriera politica era stato a lungo manager nel settore farmaceutico. Nel centrodestra era da tempo considerato la persona ideale per succedere a Toti, ma negli ultimi mesi si è saputo che le sue condizioni di salute si sono molte aggravate a causa di un «tumore metastatico alle ghiandole linfatiche del collo»: la sua candidatura è stata quindi sorprendente, visto che si pensava che dopo la fine del suo mandato a Genova avrebbe lasciato la politica”.

La sua vittoria è per molti versi sorprendente. Così Matteo Macor su Repubblica: “quella di Bucci almeno in partenza pareva una missione impossibile: far rivincere le Regionali liguri alle destre nonostante il terremoto giudiziario che lo scorso maggio ha travolto l’ex governatore, la Regione, la sua stessa (ex) maggioranza. Il tutto nel pieno di una cura che non più tardi dello scorso agosto gli faceva dire di “non poter accettare la candidatura a governatore, non ho tutte le forze che servirebbero, non posso prendere in giro gli elettori”, – erano state le sue parole – e invece con il tempo è diventata “benzina”. 

“Più faccio campagna elettorale, e meglio sto: faticare sul territorio rafforza le mie difese immunitarie”, rispondeva in questi giorni a chi gli chiedeva conto delle sue condizioni di salute.

Bucci ha improntato tutta la campagna elettorale sulla politica del fare, l’uomo del fare contro il partito dei NO a tutto. Dall’altro lato Orlando ha pagato probabilmente il pegno delle divisioni interne alla sua coalizione e un po’ anche il peso di una carriera politica molto incentrata sulle dinamiche del partito, e molto poco su quelle dei territori. Orlando è un capo corrente che da anni si occupa di questioni intestine al Pd ed è percepito come piuttosto distante dalla gente comune.

Ma, dicevamo, vittoria e sconfitta sono molto relative. Nemmeno 10mila voti di differenza in una regione che conta un milione e mezzo di persone, di cui oltre la metà non ha votato. Già, perché il dato più importante è quello sull’affluenza, la più bassa degli ultimi decenni: nel 2020 era stata del 53 per cento, nel 2015 del 50 per cento. Adesso non arriva al 46 %.

Come si spiega questo dato? Certamente c’è un trend più complessivo di aumento dell’astensionismo, dovuto ai cambiamenti socioculturali fra cui anche quello – non detto e non scritto ma effettivo – dei modelli democratici europei che sono passati da un modello più basato sulla partecipazione, sui circoli di partito, ecc, a un modello più americano, leaderistico, che include in sé l’elemento di scarsa partecipazione. 

Va detto però che in diversi paesi europei questo trend ha visto una inversione di tendenza, anche in risposta all’avanzata delle destre come in Francia e Germania. In Italia invece questa tendenza continua ad accentuarsi. Come mai? 

Vi preannuncio che continuo a non trovare grosse analisi sul tema e anche i leader di partito non sembrano preoccuparsi troppo della questione. Anzi. Dato che l’astensionismo nei fatti non penalizza nessuno, in un sistema in cui contano solo le percentuali, a nessuno interessa realmente aumentare i votanti. 

Detto ciò, qualche elemento possiamo penso ricavarcelo ragionando. Innanzitutto, sono elezioni che sono state convocate in anticipo dopo le dimissioni di Giovanni Toti, accusato di corruzione in una grossa inchiesta della procura di Genova. Non si tratta del primo caso, non sarà l’ultimo, ed è probabile che il susseguirsi di casi come questi contribuiscano ad allontanare le persone dalla politica. 

Poi, come ci raccontava Emanuela Sabidussi nell’ultima puntata di INMR Liguria, bisogna aggiungerci che molte liste, fra cui anche quella di centrodestra, non avevano pubblicato ancora il programma elettorale a pochi giorni dal voto, e tutta una serie di segnali non proprio seri, diciamo. 

Poi mi chiedo se in Liguria in particolare non possa aver giocato un ruolo la situazione molto delicata del M5S, con la guerra fredda fra Conte e Grillo. Considerate che Beppe Grillo è ligure e che secondo quanto riporta il Corriere della Sera, non avrebbe votato, non si sarebbe proprio presentato al seggio dove è iscritto, nonostante il M5S appoggi formalmente il candidato di centrosinistra.

In effetti il M5S è il grande assente di queste elezioni. È passato dal 25% del 2015, quando aveva una sua candidata indipendente, al quasi 8% del 2020 quando correva con il candidato del Pd, al 5% attuale. Una parte di quei voti sono certamente confluiti altrove, ma una percentuale, probabilmente, sono da ricercarsi fra coloro che hanno scelto di non votare.

Più in generale, pesa, credo, un atteggiamento che al di là degli scandali resta abbastanza predatorio da parte della politica. Come ha commentato con una battuta Il comico Dario Vergassola: “Qui escono dai sarcofagi ogni 5 anni, chiedono il voto e poi si ridecompongono. La gente è stufa”.

Quindi ecco, sebbene i politici continuino a glissare su questo aspetto, l’astensione è l’aspetto. Se ne parlassero seriamente dovrebbero essere costretti ad ammettere che in un sistema basato sulla maggioranza, se la maggioranza è quella che non va a votare nessun governo è del tutto legittimo. Perché il nuovo governatore imporrà la sua agenda politica, sostenuta da nemmeno ¼ degli aventi diritto. 290mila persone in una regione con 1,5 milioni di abitanti hanno votato per Bucci.

Scusate, sono un disco rotto, ma i sistemi basati sul voto e la maggioranza, di base non funzionano, ma per avere una parvenza almeno di legittimità devono averla questa maggioranza. Sennò diventa una farsa.

Detto ciò, mercoledì prossimo esce la nuova puntata di INMR Liguria, in cui Emanuela darà ampio spazio a questa vicenda, quindi se volete ulteriori approfondimenti, vi rimando a quella.

Se siete liguri ho qualcosina per voi per non farvi deprimere, perché ieri abbiamo pubblicato un articolo su LCC molto interessante, su un progetto davvero bello che riguarda l’area del Forte Tenaglie che per i non liguri è questa grossa fortificazione sulle colline di Genova, che è in fase di ristrutturazione e al cui interno sorgerà un progetto di rinaturazione chiamato Millefiori. 

Giacomo D’Alessandro, consigliere dell’associazione La Piuma Odv, lo ha raccontato nei dettagli alla nostra Valentina D’Amora, ve ne leggo giusto qualche estratto. 

«Sta per avere inizio la terza e più complessa parte di ristrutturazione del Forte Tenaglie», ha raccontato Giacomo. «Si tratta dell’area che si trova sotto il muraglione e che ad oggi risulta pulita, bonificata e camminabile solo in minima parte». Grazie a questo progetto, a essere ricostruiti saranno proprio i tradizionali terrazzamenti, presenti fino a settant’anni fa, che consentivano la coltivazione e di conseguenza una migliore regimentazione delle acque piovane.

Un buon terrazzamento infatti garantisce non solo il controllo e la gestione idraulica del terreno, ma anche il corretto deflusso delle acque pluviali e lo smaltimento di quelle in eccesso. «Questo consentiva una maggiore sicurezza sia dell’area del Forte che di tutti i quartieri della città che si trovano a valle». In più regalava anche più biodiversità.

L’obiettivo ora – spiega più avanti Valentina – è proprio il ripristino di questa biodiversità, che avverrà recuperando l’area, sistemando le fasce e gli scoli dell’acqua e con la piantumazione di molte specie di piante e di alberi. «Le fioriture di conseguenza andranno a implementare l’attività del nostro apiario didattico, prezioso anche per far sperimentare alla cittadinanza il rapporto con le api e per farne capire la grande importanza nel nostro ecosistema».

E fra l’altro tutto questo viene fatto coinvolgendo scuole, gruppi e associazioni. Insomma davvero interessante notare come, al di là del disincanto per la politica partitica, le persone siano ancora in grado di fare cose così belle e sensate.

«Minchia, quello va a fare Matteo Renzi! Dai però…». Persino il super poliziotto Carmine Gallo, oggi agli arresti domiciliari, è sorpreso dalle ricerche che Enrico Pazzali chiede di fare ai suoi collaboratori. C’è anche il nome dell’ex premier tra i personaggi schedati dalla centrale degli spioni. Assieme a quello del presidente del Senato Ignazio La Russa, dell’ex sindaca di Milano Letizia Moratti, di imprenditori, artisti o perfetti sconosciuti. È il motivo per cui, secondo il pm di Milano Francesco De Tommasi, i protagonisti della banda sono «soggetti pericolosissimi». Capaci, attraverso il «dossieraggio abusivo», di tenere «in pugno cittadini e istituzioni». Nei loro database, gli obiettivi sono indicati per colore: rosso, giallo o verde, per monitorare le rispettive posizioni giudiziarie. Lo chiamavano il sistema del «semaforo».

Di che stiamo parlando? Stiamo parlando di una grossa inchiesta che ha scoperchiato una situazione di vero e proprio spionaggio abusivo privato ai danni di politici, imprenditori e personaggi in vista da parte di una banda organizzata di persone che avevano accesso a informazioni segrete. Una roba grossa insomma.

A parlare, anzi a scrivere il pezzo che vi ho letto poco fa è il giornalista di Repubblica Rosario Di Raimondo, che continua:

«Metti che io gli do rosso a Matteo Renzi, che ancora è in fase di trattativa della condanna. Quello…», rimugina nel gennaio del 2023 Nunzio Calamucci, uno dei protagonisti dello spionaggio illegale. Gallo è fuori di sé per la ricerca sul senatore. Addirittura «scioccato», lo definiscono i pm. Il collaboratore annuisce: «Ci inc…, ci manda qua la Finanza, i Servizi, i contro Servizi!».

L’articolo, che trovate linkato sotto fonti e articoli, è interessante perché è ricco di intercettazioni e fa respirare l’aria che si respirava nel quartier generale della banda di Milano. Non spiega però nel dettaglio l’architettura e il funzionamento di questa banda che spiava, utilizzava e vendeva informazioni riservate su personaggi pubblici. Ci spostiamo quindi sul Post:

“Nell’inchiesta sul sistema per accedere illegalmente alle banche dati dello Stato e ottenere informazioni da vendere sono coinvolte diverse persone: quattro sono state messe agli arresti domiciliari e oltre 60 sono indagate a vario titolo, per aver coordinato e portato avanti operativamente il sistema o per averne richiesto i servizi. Tra tutte ce ne sono tre in particolare di cui si sta parlando di più: Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano, consigliere dell’Università Bocconi e principale socio della società di investigazione privata attualmente sotto sequestro Equalize; l’ex poliziotto Carmine Gallo, socio di minoranza di Equalize; e Nunzio Samuele Calamucci, socio di un’agenzia di investigazioni e esperto informatico.

Pazzali sembra essere la mente dell’operazione. Una sorta di faccendiere 3.0, con una carriera a metà fra la politica, il settore pubblico e quello delle imprese. È stato a lungo vicino ad Alleanza Nazionale e a Ignazio La Russa ma ha saputo, nel tempo, mantenere rapporti e relazioni politiche anche con il centrosinistra. 

È stato direttore generale e AD di Fiera Milano Spa, era stato chiamato dal governo Renzi ad Eur Spa, un’azienda pubblica che si occupa di gestioni immobiliari e dell’installazione di sistemi di telecomunicazione nel quartiere Eur di Roma, mentre nel 2019 era tornato a Milano, questa volta da presidente della Fondazione Fiera Milano, una nomina spostenuta sia dal presidente leghista della Regione Lombardia Attilio Fontana che dal sindaco del Pd di Milano Beppe Sala.

All’epoca del Covid Pazzali aveva ottenuto molta visibilità dopo aver allestito in un padiglione della Fiera un ospedale per il ricovero delle persone in terapia intensiva. 

Nel frattempo, alla fine 2018, Pazzali aveva costituito Equalize, una società di cui è socio di maggioranza, e che si occupa di consulenza nel settore delle tecnologie dell’informatica. E tramite questa azienda avrebbe iniziato a spiare politici e personaggi pubblici. Lo avrebbe fatto, secondo quando riportato da Repubblica, «per finalità di profitto oppure a scopo estorsivo e ricattatorio, per condizionare e influenzare all’occorrenza soprattutto i settori della politica e dell’imprenditoria, ovvero per danneggiare l’immagine dei competitor professionali e imprenditoriali».

Secondo le ricostruzioni Pazzali avrebbe dunque avuto finalità politiche, mentre Carmine Gallo, un ex poliziotto, molto noto nell’ambiente milanese e socio di minoranza di Equalize, aveva l’obiettivo di creare un sistema per guadagnare dalle informazioni vendute.

Proprio Gallo, secondo la procura, avrebbe avuto un ruolo di primo piano per tutto quello che riguardava l’accesso alle banche dati dello Stato tramite il coinvolgimento di membri delle forze dell’ordine attualmente in servizio che avrebbero recuperato e passato le informazioni che si trovavano nei più importanti database pubblici: lo SDI, il cosiddetto Sistema Di Indagine a cui accedono le forze dell’ordine per controllare i precedenti penali delle persone; gli archivi dell’INPS, dove sono custodite le informazioni su contributi e redditi; quelli di Serpico, un sistema informatico di raccolta ed elaborazione dei dati dell’Agenzia delle Entrate per incrociare possibili casi di evasione, e che custodisce le dichiarazioni dei redditi e altri database.

La Equalize avrebbe avuto però anche sistemi diretti di accesso ai dati riservati. Da una parte tramite hackeraggio dei dispositivi – come PC e smartphone delle persone spiate, di cui sarebbe sostanzialmente entrata in controllo – e dall’altra attraverso un sistema informatico chiamato “Beyond”, con cui riusciva ad accedere direttamente ad alcune banche dati dello Stato, senza dunque l’aiuto di funzionari conniventi, e ad aggregare poi le informazioni risultanti in una sorta di database parallelo.

Insomma, un sistema abbastanza diabolico che teneva in scacco parte della politica nazionale, e di cui, ho la sensazione, è emerso ancora poco. Ne riparliamo. 

In chiusura segnalo un altro articolo che pubblichiamo oggi sempre sulle pagine di ICC, a firma di laura Tussi, che racconta della grande manifestazione di pochi giorni fa a Nörvenich, un paese tedesco della regione della Renania Vestfalia. Manifestazioni che sono seguite a delle esercitazioni dell’esercito NATO nell’ambito della manovra Steadfast Noon. 

Laura intervista in questo articolo l’intellettuale e attivista di pace Daniele Barbi, che ci racconta cos’è successo. 

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