12 Mag 2022

Draghi e formiche – #519

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Come è andato il viaggio del premier italiano Mario Draghi negli Usa? E che c’entrano le formiche rosse e quelle nere? Parliamo anche di bioplastiche disperse in ambiente e di invasione di cavallette in Sardegna.

DRAGHI NEGLI USA

Ieri si è conclusa la due giorni statunitense del premier italiano Mario Draghi. Ha parlato prima con Biden poi con Nancy Pelosi.

Oltre alle solite formalità, alle frasi di rito (tipo l’importanza di rinsaldare l’amicizia fra i due paesi, le lodi di Biden per l’impegno di Draghi nel rafforzare l’Europa e la Nato, la condanna di tutto quello che sta accadendo in Ucraina) l’unica cosa che mi è sembrata degna di nota è che Draghi ha invitato il Presidente americano ad “utilizzare ogni canale per la pace, diretto e indiretto” per arrivare “a un cessate il fuoco e l’avvio di negoziati credibili”. E che tutte le parti devono fare “uno sforzo per arrivare a sedersi intorno ad un tavolo, anche gli Usa”.

Messaggi che, per quanto non credo possano influenzare o modificare la politica americana, perlomeno si disallinea leggermente da essa. Che non è poco, considerando anche che Draghi è probabilmente il leader europeo più atlantista in questo momento. E che ad esempio sia Macron che Sholtz hanno espresso in maniera ancor più netta il concetto che “la Nato non è e non vuole entrare in guerra con la Russia”. 

Una posizione che in questo momento sembra abbastanza distante da quelle di Usa e Gb. Usa che hanno deciso proprio in questi giorni di adottare una legge per velocizzare e oliare la fornitura di armi a Kiev, ispirata a una misura del ’41 che permise agli Stati Uniti di Roosevelt di armare l’esercito britannico di Hitler. E GB che non è da meno dato che Boris Johnson ha siglato due patti militari nel giro di poche ore che impegnano il Regno Unito ad accordi di mutua difesa con Svezia e Finlandia. 

FORMICHE… 

A proposito del conflitto in Ucraina e di incontri fra potenti, ho sentito tirare in ballo diverse volte negli ultimi giorni la famosa storia delle formiche nel barattolo, non ultimo persino da Giovanni Muciaccia, il leggendario conduttore di Art Attack.

Per chi non la conoscesse, si tratta di questa storiella che dice che se prendete 100 formiche rosse e 100 nere e le mettete nello stesso barattolo, queste convivono pacificamente. Ma se qualcuno agita il barattolo le formiche rosse penseranno che siano state le nere e viceversa, e quindi si scanneranno a vicenda. In genere la storia si conclude con l’invito a unirsi al di là delle fazioni e prendersela con chi sta agitando il barattolo, quindi fuori di metafora,i potenti. 

Ora, questa storia fa presa, perché è affascinante, ma a mio avviso ha due grosse falle logiche. La prima è che non annulla la dinamica rossi contro neri, ma la sposta solo di livello. Non promuove la collaborazione al posto del conflitto, semplicemente sposta il conflitto su un altro livello. Se prima le formiche rosse erano i provax e quelle nere i novax oppure, quelle rosse i prorussi e quelle nere i proucraini, adesso le rosse sono il popolo e le nere i potenti, ma la dinamica è del tutto invariata.

La seconda falla è immaginare che ci sia qualcuno fuori dal vaso. Quando – a quanto ne sappiamo – siamo tutti nello stesso vaso che si chiama Pianeta Terra, un sistema chiuso in cui tutto è intrecciato con miliardi di correlazioni

I DANNI DELLE BIOPLASTICHE DISPERSE IN AMBIENTE

Torniamo a parlare di bioplastiche. Perché è uscito uno studio italiano che monitora i tempi di degradazione in ambiente dei alcune di queste plastiche. Lo studio è stato pubblicato su Polymers da un team di ricercatori di Cnr, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INCV) e Università di Pisa.

Cosa conclude? Che se disperse nell’ambiente anziché conferite correttamente nel compost, anche le bioplastiche hanno tempi di degradazione molto lunghi, comparabili a quelli di materiali plastici non biodegradabili.

I ricercatori spiegano che «Sono stati comparati due polimeri tra i più impiegati negli oggetti di plastica, HDPE e PP, e due polimeri di plastica biodegradabile, PLA e PBAT, verificandone il grado di invecchiamento e degradazione rispettivamente in acqua di mare e sabbia: in entrambi gli ambienti, nell’arco di sei mesi di osservazione, né i polimeri tradizionali né quelli bio hanno mostrato una degradazione significativa. 

L’osservazione dei campioni, unitamente all’esito di analisi chimiche, spettroscopiche e termiche condotte presso il laboratorio pisano del Cnr-Ipfc, coordinato dalla ricercatrice Simona Bronco, mostra che nell’ambiente naturale le bioplastiche hanno tempi di degradazione molto più lunghi rispetto a quelli che si verificano in condizioni di compostaggio industriale. Che tradotto in altri termini significa che la tartaruga o i l delfino ci si strozzano lo stesso con le buste in bioplastica. 

E vuol dire anche che visto che uno dei problemi principali delle plastiche è proprio la dispersione in ambiente, le bioplastiche non sono questa grande soluzione. E non lo sono anche per diversi altri motivi, fra l’altro.

CAVALLETTE IN SARDEGNA

Ultima notizia di oggi, sono tornate le cavallette in Sardegna. Non in senso positivo, in senso biblico. Ne parla Grenreport. A due anni dall’ultima invasione delle cavallette in Sardegna, che a luglio 2020 avevano devastato 13mila ettari di colture sull’isola, oggi il territorio a rischio è raddoppiato a 25mila ettari, secondo le stime fornite dalla Coldiretti.

«Sciami di milioni di cavallette stanno divorando i raccolti delle campagne della provincia di Nuoro» spiegano gli agricoltori che parlano di «catastrofe biologica».

Ancora una volta è la crisi climatica in corso a favorire questa piaga, che si è concretizzata dopo un inverno mite e precipitazioni praticamente dimezzate. Un rischio noto di cui non è si è tenuto adeguatamente di conto secondo Coldiretti, che aveva proposto come soluzione «una lavorazione dei terreni superficiale, operazione che sarebbe già sufficiente a distruggere una grande parte delle uova. 

Infatti le cavallette depongono le uovo a giugno, preferibilmente nei terreni incolti e per rimuoverle, suggerisce uno studio dell’Università di Sassari, non occorre un’aratura profonda ma basta smuovere la terra superficialmente, senza bisogno di usare prodotti chimici. Si sta studiando l’impiego di specifici insetti anti-cavallette che si nutrono delle uova e di particolari funghi che attaccano le larve, mentre si lavora ad una app per segnalare tempestivamente la presenza delle locuste nei campi. Anche perché con l’arrivo del caldo si moltiplicherà la schiusura delle uova e il numero delle cavallette».

È evidente dunque che parte della soluzione (strutturale) al problema sta nel portare avanti con maggiore convinzione la lotta alla crisi climatica, cosa che il nostro Paese non sta facendo da molti anni. L’Italia fa infatti registrare un primato negativo, dato che rispetto al 1880 la temperatura media è aumentata di quasi 2,4°C, oltre il doppio più velocemente rispetto alla media mondiale, che si ferma intorno a +1°C.

FONTI E ARTICOLI

#Draghi
AGI – Biden: “Grazie a Draghi che ha unito Nato e Europa”
ADNKronos – Ucraina, Draghi a Biden: “Italiani ed europei chiedono pace”

#bioplastiche
Greenreport – Studio italiano mostra che anche le bioplastiche si degradano lentamente nell’ambiente

#cavallette
Greenreport – Clima, in Sardegna milioni di cavallette distruggono le coltivazioni: a rischio 25mila ettari

#bombe di calore
Lifegate – Il caldo estremo continua a colpire India e Pakistan. Si teme per i raccolti.

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