7 Feb 2024

Dietrofront Ue sui pesticidi, dopo le proteste degli agricoltori – #874

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Dopo le proteste degli agricoltori la Commissione Ue decide di fare retromarcia sui pesticidi. Parliamone. Parliamo anche della improvvisa transizione alle auto elettriche dell’Etiopia, di una nuova rubrica in cui raccontiamo le bufale che girano sui social, prima di chiudere con la giornata di ICC.

Le notizie come quelle di oggi mi fanno arrabbiare, perché mi sembra un po’ il mondo a rovescio. Abbiamo parlato già due volte delle proteste degli agricoltori. Ora arriva una risposta da parte dell’Ue, solo che non è quella che avrei sperato.

La Commissione infatti ha annunciato una sostanziale retromarcia sul regolamento sui pesticidi. Come raccontano Vincenzo Genovese & Gerardo Fortuna su Euronews, “Il cosiddetto regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Sur) era stato presentato a giugno 2022 con l’ambizioso obiettivo di dimezzare i pesticidi entro il 2030. Prevedeva inoltre il divieto totale di impiegare questi prodotti nelle aree sensibili, come gli spazi verdi urbani e i siti classificati “Natura 2000”, promuovendo l’adozione di alternative a basso rischio”.

La legislazione, però, si è subito rivelata divisiva e problematica fin dall’inizio ed è stata oggetto di una feroce attività di lobbying da parte del settore agricolo. Il Parlamento europeo l’ha respinta in prima lettura con 299 voti a favore della bocciatura, 207 contrari e 121 astensioni, mentre al Consiglio i negoziati fra gli Stati membri sembrano attualmente in fase di stallo.

Ieri a Bruxelles la presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen ha detto di fronte al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria: “La Commissione ha proposto il regolamento Sur, con l’obiettivo di ridurre i rischi dei prodotti fitosanitari chimici. Ma la proposta è diventata un simbolo di polarizzazione. È stata respinta dal Parlamento europeo. Non si registrano più progressi nemmeno in Consiglio. Per questo motivo proporrò di ritirare la proposta”.

E il fatto che lo proponga la Presidente equivale a dire che verrà ritirata, anche se non con effetto immediato, nel senso che il ritiro della proposta di legge deve essere ratificato dal Collegio dei commissari, cosa che avverrà presumibilmente nelle prossime settimane. Von der Leyen ha chiarito che la questione della regolamentazione dei pesticidi rimarrà all’ordine del giorno e potrebbe essere oggetto di una “nuova proposta molto più ragionata”.

“Per andare avanti è necessario un maggiore dialogo e un approccio diverso”, dice la presidente. Ma molto probabilmente, se ne riparlerà dopo le elezioni europee, chiosa i giornalista. 

Ovviamente su questa decisione hanno pesato le manifestazioni degli agricoltori. Non è un caso che la decisione sia arrivata proprio nei giorni di maggiore pressione delle proteste in tutta Europa, proteste che tra le altre rivendicazioni puntano il dito anche – soprattutto – contro le politiche ambientali dell’Ue. 

Durante il suo discorso, von der Leyen ha parlato a lungo degli agricoltori, affermando che “meritano di essere ascoltati” mentre affrontano le conseguenze del cambiamento climatico, dell’invasione russa dell’Ucraina e dell’aumento del costo della vita. Ma ha anche sottolineato che il settore, responsabile di oltre il 10% delle emissioni di gas climalteranti nell’Unione e largamente sovvenzionato dal bilancio comunitario, deve passare a un “modello di produzione più sostenibile”.

“Solo se i nostri agricoltori potranno vivere della terra, investiranno nel futuro. E solo se raggiungeremo insieme i nostri obiettivi climatici e ambientali, potranno continuare a guadagnarsi da vivere. I nostri agricoltori lo sanno bene. Dovremmo avere più fiducia in loro”.

E con questa captatio benevolentiae si conclude il discorso di Von der Leyen, o perlomeno la parte riportata nell’articolo. Il problema di ritirare questo provvedimento, non è solo il fatto in sé, ma anche che si tratta di una prima, ma perentoria, sconfitta politica della strategia Farm to Fork, ovvero la parte relativa alla produzione alimentare del Green Deal europeo, il piano per azzerare le emissioni nette di gas climalteranti nell’Ue entro il 2050. Che non può prescindere da una trasformazione del settore agroalimentare.

Strategia FtF che già era stata indebolita dalle pressioni incrociate di partiti conservatori e lobbisti del settore, ma mai si era arrivati al punto di ritirare una legge. Cosa successa ieri. 

Contestualmente, la Commissione ha anche deciso di rinunciare a una legge sul sistema alimentare sostenibile, optando invece per l’avvio di un dialogo strategico sull’agricoltura, nel tentativo di ridurre la crescente polarizzazione nel settore.

Ci sono poi altri provvedimenti legislativi in cantiere che non sono stati presentati, come le nuove norme sul benessere degli animali da allevamento e l’etichettatura nutrizionale degli alimenti, entrambi percepiti come altamente divisivi.

Ora, che dire. Chi segue io non mi rassegno da un po’ sa dove sto per andare a parare e già sento la voce del direttore sbuffare dicendo “oh no, ti prego, non di nuovo la governance, Andrea”. Però vi tocca, non vi obbligo io a seguire INMR, e non credo ve l’abbia ordinato il dottore. 

Qui abbiamo da un lato un settore della società profondamente in crisi per una serie di motivazioni, dalla crisi climatica, all’inflazione, alla speculazione finanziaria sui prodotti alimentari, alla globalizzazione del commercio alimentare. 

Dall’altro abbiamo un apparato politico europeo che devo dire, contro ogni mia aspettativa ha provato a fare alcune cose sensate. Non perfette, nemmeno lontanamente, e spesso avvantaggiando grossi gruppi e lobbysti vecchi e nuovi, ma comunque provando a imbastire una transizione ecologica dei principali settori inquinanti. 

Solo che la democrazia rappresentativa elettiva ha bisogno di consenso. Quindi è ricattabile. Mentre dall’altro lato i vari settori sociali non sono chiamati, in un sistema basato sulla delega, a prendersi nessuna responsabilità per le loro richieste e le conseguenze di queste richieste. Quindi non sono tenuti nemmeno a pensare, a riflettere su cosa vuol dire continuare a usare pesticidi a pioggia, in termini di biodiversità, fertilità del suolo e così via. 

Insomma è un sistema deresponsabilizzante, basato sui numeri e non sul senso delle decisioni. Una decisione  buona se ha abbastanza persone che la sostengono. Chi se ne frega se è insensata o dannosa. Insomma, abbiamo davanti una dimostrazione lampante delle difficolta di fare la transizione ecologica con gli strumenti decisionali che abbiamo. 

La cosa interessante, è che quando si iniziano a usare metodi decisionali inclusivi e collaborativi, come la S3, la sociocrazia, la Democrazia deliberativa, sistemi che includono sempre ogni settore di popolazione interessato da una decisione nella decisione stessa, tutto cambia improvvisamente. Perché sono sistemi che rispecchiano la complessità del reale, che non è fatto di maggioranza e minoranza ma di tanti fattori che coesistono. 

Questa invece è proprio inaspettata. Tant’è che l’articolo che ne parla, che è a firma di Diego Longhin su la Repubblica, inizia così: “Alzi la mano chi l’avrebbe mai detto”. E continua: “L’Etiopia sorpassa all’ultimo diversi Paesi, ad iniziare dalla Norvegia, con l’obiettivo di essere il primo Stato a mettere al bando le auto termiche, consentendo solo la vendita di vetture elettriche. Da quando? “Da subito”, è la risposta il Ministro dei Trasporti e della Logistica, Alemu Sime. «La decisione è stata presa: le auto non potranno entrare in Etiopia a meno di non essere elettriche» ha detto il 29 gennaio presentando il rapporto semestrale al Comitato permanente per lo sviluppo urbano e i trasporti della Camera dei rappresentanti del popolo. 

E c’è chi già guarda con interesse alla questione, come la Cina e i suoi produttori di auto alla ricerca di mercati dove espandersi. L’Etiopia, che intrattiene rapporti commerciali importanti e intensi con la Cina, potrebbe rappresentare il punto di ingresso delle vetture a batterie made in Pechino in Africa. 

Da quello che si capisce il Paese africano vuole bloccare le importazioni di vetture con motore termico, anche se in realtà non sono stati chiariti i termini del piano, né se l’Etiopia riuscirà a stoppare l’ingresso di vetture e benzina nei prossimi mesi. Anche perché nel 2025, ad esempio, il divieto scatterà in Norvegia, anticipando di dieci anni l’Europa.

La cosa interessante, come spiega l’articolo, è che sembrerebbe essere stata soprattutto una scelta economica. C’è sicuramente il problema dell’ inquinamento, che pure è alto nelle città, come Addis Abeba. Ma a pesare sarebbe stato il fatto che il Paese vuole mettere un freno alla spesa in combustibili fossili e derivati dal petrolio, su cui impegna circa 6 milioni di dollari all’anno. Mentre le fonti rinnovabili, che non mancano, sono a più buon mercato. 

Certo, i problemi non mancano, soprattutto infrastrutturali. La metà della popolazione, vuol dire 60 milioni su 120, non è raggiunta dalla corrente elettrica. Ma il 95% del fabbisogno elettrico è coperto grazie all’eolico, 1 milione di megawatt, e all’idroelettrico, 50 mila megawatt. Ed entro la fine del 2024 andrà a regime la diga di Gerd, Grand Ethiopian Renaissance Dam: che ha una capacità di oltre 6 GW e una produzione annua stimata in quasi 20 TWh. Sarà il più grande impianto idroelettrico dell’Africa, che è circondata da infinite polemiche e dispute sull’acqua, ma sembra comunque sul punto di partire. E non mancano progetti per realizzare campi fotovoltaici.

Certo, manca una rete di colonnine di ricarica, che andrebbe sviluppata in tempi record. È pur vero che in Etiopia ci sono al momento 3 auto ogni 1000 abitanti, pochissime, quindi parliamo di una transizione all’elettrico relativamente piccola. 

In tutto ciò, immagino abbiano pesato anche valutazioni economiche e strategiche come l’alleanza con la Cina, che potrebbe sfruttare l’Etiopia come ponte per commerciare con molti altri Stati del continente. Comunque, al netto di tutto, notizia molto interessante. E a tal proposito, se il tema delle auto elettriche vi stuzzica, sentitevi l’imperdibile ultima puntata di A tu per tu, uscita sabato, che parla proprio anche di auto elettriche, oltre che di fonti fossili, di nucleare, smontando un sacco di falsi miti, condotta dal solito Daniel Tarozzi in compagnia di Gianluca Ruggieri. 

Vi ricordate la storia del Lago Bianco? Si tratta di un lago alpino all’interno di un’area protetta dal quale un progetto approvato dalla regione Lombardia prevede di pompare acqua, di fatto distruggendolo, per pompare neve artificiale sulle piste sempre meno innevate per via del clima che cambia. 

Le cose intelligenti che facciamo a volte. Per fortuna, laddove giunte comunali e regionali folli, imbevute di narrazioni vecchie e tossiche, e di qualche interesse economico di provincia, fanno danni, spesso ci sono gruppi di persone che si oppongono e svolgono quel ruolo di tutela del bene comune che le istituzioni non sempre riescono a fare.

Ci eravamo lasciati con il comitato di cittadini e cittadine Salviamo il Lago Bianco che avevano fatto una manifestazione/camminata in quota, stavano raccogliendo firme e fondi e avevano presentato ricorso contro la decisione, ma anche con i lavori che nel frattempo erano iniziati e si sospettavano danni già irreparabili al lago. Nel frattempo ci sono state alcune novità e un articolo di oggi su Italia che Cambia le racconta. L’articolo è a firma di Lisa Ferreli e include un’intervista a Marco Lanciano, portavoce del comitato che da tempo lotta per difendere l’area inserita nel Parco Nazionale dello Stelvio.

Il pezzo ricostruisce dettagliatamente tutta la storia anche burocratica, legale, del progetto, con infrazioni europee annesse, per arrivare all’ottobre 2023. Leggo: “Noi abbiamo trovato una particolare difformità per quanto riguarda lo sversamento di liquami del cantiere e per questo piccolo cavillo, l’11 ottobre 2023 è arrivato un primo formale stop ai lavori, il giorno dopo che il Lago Bianco è stato perforato. Le contestazioni però erano in atto da mesi, la forestale è andata a controllare decine di volte senza mai trovare nulla invece e noi abbiamo steso oltre cinquanta pagine di difformità. Come è possibile che noi vediamo mentre gli organi deputati al controllo non hanno mai rilevato nulla?”

Comunque l’articolo è molto più lungo e approfondito e ve lo consiglio caldamente.

Inauguriamo oggi una rubrica nata in uno dei tanti deliri assieme al direttore di ICC Daniel Tarozzi, forse stavamo preparando una puntata di è un casino – a proposito, avete ascoltato l’ultima? È uscita domenica! – o forse solo parlando delle notizie, mi pare fosse il caso delle immagini degli autobus elettrici fermatisi per il freddo in Svezia. Tant’è, la rubrica in questione si chiama #iononmelabevo e vi metterà in guardia dalle notizie false che circolano sui social. Perché ne girano tante, ed è importante allenarci a riconoscerle, a maggior ragione oggi con l’avvento dell’IA.

Per questa prima puntata di INMLB vi segnalo che sta girando molto un post con una foto del Nesquik, il famoso cacao in polvere della Nestlè, in cui appare la scritta “Orgogliosi di collaborare con:” e sotto il logo di una rana con scritto “Rainforest Alliance”. 

Il post che ho visto circolare allude al fatto che il prodotto sia realizzato con farine di insetti. Ora, a parte che la rana non è un insetto, ma è un anfibio. Comunque, non c’è nemmeno farina di anfibi, che suppongo non esista. Il logo in questione indica semplicemente che il cacao utilizzato è stato prodotto utilizzando metodi che supportano i tre pilastri della sostenibilità: sociale, economica e ambientale.

Poi possiamo discutere sul fatto che si tratti di greenwashing da parte della Nestlè, ma di certo non ci sono rane nè grilli nel nesquik. Quindi ecco, non bevetevela, la bufala. E magari non bevetevi nemmeno il nesquik, se volete, ma per altri motivi. 

Torna in grande stile La giornata di ICC, la rubrica in cui diamo spazio e voce ai contenuti più interessanti usciti su Italia che Cambia. Comincio dando la parola a Elena Rasia. Elena è inviata al Festival di Sanremo per fare un focus sul tema della disabilità e capire se e quanto il Festival è accessibile, ma anche per fare interviste e scoprire lati meno conosciuti della kermesse. In questo caso non ci presenta un articolo ma ci racconta quello che sta facendo, gli articoli usciranno poi nei prossimi giorni. A te Elena.

Audio disponibile nel video / podcast

Oggi è anche il primo mercoledì del mese e quindi esce INMR Liguria, arrivata alla sua terza puntata. Do quindi la parola ad Emanuela Sabidussi, che ci da una breve anteprima di quelli che saranno gli argomenti principali della rassegna, che trovate sotto fonti e articoli.

Audio disponibile nel video / podcast

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