16 Mag 2023

Da Rovelli a Fazio, fra polemiche e “censure” – #728

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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I casi, diversi ma ugualmente scottanti, di Fabio Fazio e Carlo Rovelli, stanno incendiando il dibattito su social e giornali: cerchiamo di capirci qualcosa. Parliamo anche della situazione in Ucraina, fra nuovi attentati, controffensiva e le visite di Zelensky in Europa, dei risultati delle amministrative in Italia, dell’overshoot day e della deforestazione in Brasile.

Sono successe due cose dalla portata diversa ma a loro modo simili, che stanno facendo molto discutere negli ultimi giorni. Sto parlando delle vicende che hanno coinvolto da un lato il presentatori Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, i cui contratti con la Rai non è stato rinnovato dopo anni di presenza più o meno fissa, e il fisico Carlo Rovelli, il cui invito ad aprire la Fiera del libro di Francoforte è stato cancellato in seguito alle sue critiche al ministro Crosetto, per poi fare marcia indietro dopo l’ondata di critiche sollevate.

Come al solito partiamo dal capire i fatti. La vicenda di Fazio è all’incirca la seguente: Fazio, che ha esordito in Rai nel lontano 1982, è al momento forse il volto più significativo e riconoscibile della Rai. Che tempo che fa, la sua attuale trasmissione, va in onda dal 2003 ma Fazio condurrà ancora solo due puntate, fino al 28 maggio. Dopodiché, assieme alla storica partner di programma Luciana Littizzetto, passerà a Discovery, rete con cui ha firmato un contratto per quattro stagioni televisive. 

La separazione dalla Rai arriva per la scadenza del contratto, per cui non c’è stata una sospensione o un allontanamento, ma non è un mistero che sia dovuta a una serie di pressioni e lontananze politiche con l’attuale governo. Come spiega il Post,  il suo contratto scade il 30 giugno e negli ultimi mesi, soprattutto dopo la vittoria elettorale della destra alle elezioni di settembre, il rinnovo era sembrato complicato. Fazio ha notoriamente opinioni progressiste, e negli anni è stato molto criticato da politici che oggi hanno ruoli importanti nel governo, come la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e soprattutto Matteo Salvini, leader della Lega e ministro dei Trasporti.

I giornali di questi giorni raccontano come per oltre tre mesi non ci siano stati contatti tra la dirigenza Rai e gli agenti di Fazio per il rinnovo del contratto. C’è poi una certa confusione su chi abbia giocato un ruolo in tutto questo. L’amministratore delegato uscente, Carlo Fuortes – che una settimana fa ha annunciato le sue dimissioni anche lui per divergenze con l’attuale governo – ha detto che il cda Rai non avrebbe permesso di approvare contratti oltre il 31 agosto. Ma la presidente della Rai, Marinella Soldi, ha smentito questa versione sostenendo che fosse Fuortes a non volersi impegnare in decisioni oltre quella data.

Fatto sta che domenica, in trasmissione, Fazio ha lasciato intendere che l’attuale clima politico abbia influito sulla separazione, ma ha detto – con una certa signorilità – che lui e Luciana Littizzetto non hanno «nessuna vocazione a sentirci vittime né martiri».

Il tutto è stato condito da messaggi di esultanza abbastanza sguaiati di Salvini sui social, che ha salutato due dei volti di punta della Tv di stato con un “Belli ciao”. E polemiche varie.

La questione di Rovelli è andata invece così. Rovelli è un fisico teorico molto conosciuto a livello internazionale persona colta e intelligentissima che però ultimamente è diventato conosciuto nei salotti televisivi più per le sue posizioni sul conflitto in Ucraina e sull’invio di armi che per i suoi studi sui buchi bianchi. 

Durante il concerto del Primo maggio a Roma ha letto un discorso in cui criticava l’invio delle armi in Ucraina e soprattutto attaccava il ministro della Difesa Guido Crosetto, perché in passato è stato per anni legato a Leonardo, una delle più grandi aziende produttrici di armi del mondo ed è stato Presidente della Federazione dei costruttori di armi. 

In seguito a questa lettera, ha ricevuto una mail privata da parte di Ricardo Franco Levi, Presidente dell’Associazione Italiana Editori e anche commissario per la Fiera del libro di Francoforte, di cui l’Italia quest’anno sarà ospite d’onore. Rovelli infatti doveva rappresentare l’Italia all’inaugurazione della Fiera 2024. Ma nella e-mail Levi con vari giri di parole annullava di fatto l’invito, dicendo che non voleva perdere l’appoggio politico e istituzionale del nostro governo, di fatto.

A quel punto Rovelli pubblica l’email, e si scarica il putiferio, con Crosetto che dice di non aver mai fatto nessuna richiesta in tal senso e persino il ministro della Cultura, Giuliano Sangiuliano, chiede un ripensamento, così come l’Associazione italiana editori. Si arriva così alla goffa inversione a U da parte di Levi, che dichiara di non aver ricevuto alcuna pressione politica, ma di averci infine ripensato. Rovelli è di nuovo invitato, e il fisico, forse per non alimentare polemiche, decide di accettare nuovamente. Fine della storia. 

Sulle due vicende sono fioccati commenti e analisi che vanno dalla sagra dell’ovvio fino a diverse cose interessanti. Quindi anche qui facciamo un po’ di cernita: provo a leggervi le cose più interessanti che ho trovato. 

Sul Corriere un articolo di Renato Franco affronta la questione economica legata all’addio di Fazio. Fazio infatti era stato in passato attaccato anche da membri dell’attuale governo per i suoi compensi considerati eccessivi per la tv pubblica, di circa 2 milioni di euro l’anno, con tutta la retorica annessa del “con i nostri soldi”. Ma dal punto di vista economico le critiche a Fazio sono state smontate da Fazio stesso in un’intervista di qualche mese fa: «Il programma costa 450 mila euro, 15 secondi di pubblicità costano 40mila euro. Considerando 16 minuti di pubblicità, si fa presto a comprendere costi e ricavi».

Insomma, parliamo di un programma che a fronte di una spesa di 450 mila euro a puntata, generava incassi di circa un milione. E devo dire che, come nota anche il giornalista Sergio Ferrari in un post su Facebook, è forse l’aspetto economico quello in cui emerge la miopia di questa operazione. Perché dal punto di vista commerciale, con questo mancato rinnovo la Rai rischia di perdere diversi milioni di euro di fatturato.

Perché i cambi ai vertici Rai, così come nelle trasmissioni, ci sono sempre stati, e non credo che Fazio adesso sia un martire come viene dipinto da alcuni (devo dire che lui stesso è stato onesto nello smarcarsi da quella posizione), ma eliminare il programma che è anche la principale fonte di introiti (o una delle principali) per un’azienda pubblica, ecco, forse non è una mossa così brillante. 

Ad ogni modo la questione Fazio è solo la prima di quella che si preannuncia una lunga serie di cambiamenti in Rai, che dovrebbero arrivare con la prossima riunione del Cda, con molti cambi alla direzione dei Tg e – cosa che mi è sempre sembrata piuttosto grottesca – anche nelle trasmissioni di intrattenimento. 

Apprendo da un articolo di Andrea Bulleri sul Messaggero, ad esempio, che “Flavio Insinna è  dato in uscita dall’Eredità, il quiz di Rai 1, che potrebbe essere affidato a Pino Insegno”, vicino a FdI. Mentre su Rai 3 sembrerebbe in arrivo un format che prevede al momento due puntate in seconda serata, forse preludio di un programma più consistente, per l’attore Luca Barbareschi, che proprio negli ultimi giorni si è distinto per aver criticato il movimento #metoo, quello che ha portato migliaia di donne a denunciare le molestie subite soprattutto nel mondo del cinema, affermando che “Alcune di queste non sono state molestate, o sono state approcciate in maniera blanda. Altre andrebbero denunciate per quando si son presentate sedendo a gambe larghe.” Affermazioni pesanti, che o le fai dicendo nomi e cognomi oppure non le fai. 

Questione diversa invece quella che ha coinvolto Carlo Rovelli. Anche qui però, come nel caso di Fazio, vorrei evitare di cadere nella narrazione vittimistica che di fatto mitizza il censurato. Ho trovato interessante a questo proposito un articolo di Matteo Pascoletti su Valigia Blu dal titolo “Il caso Rovelli e la società dell’avanspettacolo” che nel condannare il gesto di Ricardo Franco Levi, ci va giù abbastanza pesante anche con il Rovelli opinionista.

Al netto di ciò, l’aspetto che ho trovato più desolante di questa vicenda non è stato tanto la scelta di revocare l’invito a Rovelli, quanto le modalità con cui questa cosa è stata fatta: invece di una dichiarazione pubblica, in cui ci si assume la responsabilità della scelta, una mail provata, un po ‘passivo-aggressiva, in cui si chiede di fatto al fisico di fare un passo indietro, ma senza che si sappia, sperando che la questione non faccia clamore.

E poi, a pasticcio fatto, la marcia indietro rovinosa, condita dal rifiuto di dimettersi. Per concludere, ho trovato le due vicende di Fazio e Rovelli diverse ma simili nel trasmettere un senso di… amatorialità e scarsa lungimiranza. Ditemi anche voi cosa ne pensate nei commenti.

Visto che con Rovelli abbiamo sfiorato l’argomento, approfittiamone per un rapido aggiornamento sul fronte ucraino. Che succede in Ucraina? Le novità principali sono tre: la prima è che ieri c’è stato un attentato contro il ministro dell’Interno filorusso dell’autoproclamata Repubblica di Lugansk, nel Donbass. Il ministro è rimasto gravemente ferito in un’esplosione avvenuta nel negozio di un barbiere situato accanto all’edificio della compagnia radiotelevisiva statale e a 500 metri dal palazzo del governo e dall’edificio del Consiglio popolare. Secondo quanto riportato dalla Tass, il politico sarebbe “in terapia intensiva”. Secondo i primi dati forniti dai filorussi, cinque persone sono rimaste ferite nell’attentato, tre delle quali versano in gravi condizioni mentre una persona sarebbe rimasta uccisa nell’attentato, che ancora non è stato rivendicato.

Poi: sembrerebbe effettivamente iniziata la tanto vociferata controffensiva ucraina, partita dalla cittadina contesa di Bakhmut. Su questo argomento ha fatto scalpore l’articolo del Washington Post che sostiene che alcuni documenti dell’intelligence americana mostrerebbero che Yevgeny Prigozhin, il capo del gruppo di mercenari Wagner, si sarebbe offerto di rivelare la posizione delle truppe russe al governo ucraino.

In cambio, Prigozhin avrebbe chiesto il ritiro degli ucraini da Bakhmut. Per Prigozhin la conquista di Bakhmut sarebbe infatti diventata una questione di potere personale: riuscire a occupare tutta la città sarebbe la dimostrazione che il gruppo Wagner è essenziale per le operazioni della Russia in Ucraina. 

Inutile dire che non possiamo prendere per certa e attendibile una notizia come questa. Quando i giornali citano “fonti di intelligence”, significa che l’intelligence americana ha deciso di far arrivare quelle notizie ai giornali. Poi i giornali cercano di verificare come possono, ma non sempre le verifiche sono possibili. Spesso scelgono – anche comprensibilmente da un certo punto di vista – di pubblicare comunque, ma il confine fra uno scoop e diventare il gazzettino dell’intelligence è sottile. 

Con questo non voglio dire che la notizia sia sicuramente falsa. Anzi, conoscendo un po’ il personaggio, potrebbe essere tranquillamente vera. Ma è indubbio che la Cia ha scelto di renderla pubblica per un motivo.  

L’altra novità è che Zelensky ha fatto un giro per le cancellerie di mezza Europa per stringere e rinsaldare le alleanze e assicurarsi l’appoggio politico e l’invio di armi. L’incontro che ha fatto più discutere è quello fra il premier ucraino e Papa Francesco, che pare non sia andato benissimo. E sabato, in una intervista per la rai a conclusione della propria visita ufficiale in Italia, Zelensky ha detto che “non abbiamo bisogno di mediatori tra l’Ucraina e l’aggressore che ha preso e occupato i nostri territori», rispondendo a Nicola Porro, conduttore di Mediaset, che gli aveva chiesto sul ruolo di Papa Francesco come possibile mediatore per una pace con la Russia.

Domenica e ieri fino al primo pomeriggio si è votato in quasi 600 comuni in tutta Italia. ha votato poco meno del 60% degli aventi diritto. Un dato abbastanza basso, in calo di altri due punti rispetto all’ultima tornata di amministrative. 

Non si votava questa volta nei grandi centri. Fra le città più grandi Brescia e Teramo sono andate al centrosinistra mentre Latina, Treviso, Imperia e Sondrio al centrodestra. A Pisa possibile ballottaggio, così come ad Ancona, unico capoluogo di provincia in cui si votava.  

Comunque per una serie di ragioni, vuoi il fatto che le elezioni politiche si sono tenute relativamente da poco, vuoi che appunto non c’erano grandi città metropolitane in palio, non ci sonoi stati grandi commenti né dichiarazioni di ivttoria da parte dei partiti su queste elezioni che sono passate abbastanza in sordina.

Nota di colore, Vittorio Sgarbi è stato eletto sindaco di Arpino, in provincia di Frosinone. Così il già sottosegretario alla cultura, prosindaco di Urbino e assessore alla bellezza del Comune di Viterbo ha un’altra carica. Credo che Sgarbi faccia la collezione dei comuni. Non vedo altra spiegazione per questa sua bulimia di essere sindaco ovunque. Forse vuole infrangere qualche record, entrare nel guinness dei primati. È stato sindaco di 4 comuni, assessore di 6, consigliere regionale di sue diverse regioni. Non ha mai concluso un solo mandato, e come assessore della regione Emilia Romagna è stato in carica un solo giorno. Io sono convinto che ci sia un senso in tutto questo. Forse è una performance artistica?

Ieri, 15 maggio, è stato l’overshootday per l’Italia, il giorno in cui virtualmente noi abitanti dell’Italia abbiamo esaurito le risorse che i nostri territori sono in grado di rigenerare in un anno. 

Come spiega un articolo di Rinnovabili.it “L’Overshoot Day è, letteralmente, il “giorno dello sforamento”. Con questo termine, il Global Footprint Network – un’organizzazione internazionale di ricerca – indica il giorno dell’anno a partire dal quale ogni paese – e il Pianeta nel suo complesso – inizia ad accumulare nuovo debito ecologico”. 

L’articolo poi spiega la metodologia con cui viene eseguito questo calcolo, che non vi sto qui a raccontare ma come sempre trovate l’articolo completo sotto FONTI E ARTICOLI, e spiega anche che “Se tutti gli 8 miliardi di esseri umani che popolano il Pianeta vivessero come noi italiani, ci servirebbero 2,7 Terre per soddisfare i nostri bisogni”. 

Tuttavia c’è un aspetto dell’overshoot day di quest’anno che potremmo considerare… vagamente positivo. Ovvero che cada lo stesso giorno dello scorso anno. Per la prima volta, se si esclude l’anno dell’inizio della pandemia, l’OD non è caduto prima dell’anno precedente. Che si sia raggiunto il picco del consumo nazionale di risorse?

Chiudiamo con una notizia che arriva dal Brasile, riportata sempre da Rinnovabili.it. “Ad aprile, la deforestazione nella foresta amazzonica è calata del 67,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Un dato inferiore anche alla media storica per quel mese, che si attesta a 455 km2.

Una flessione molto consistente che restituisce il segno meno a tutto il 2023. I primi quattro mesi dell’anno, infatti, hanno cumulativamente registrato -41% rispetto al primo quadrimestre dell’anno scorso, con un totale di 1.173 km2 di Amazzonia brasiliana disboscati. Lo indicano i dati dell’Inpe, l’Istituto nazionale per la ricerca spaziale del Brasile che si occupa di monitorare via satellite l’evoluzione della deforestazione sia in Amazzonia che nel Cerrado e nel Pantanal.

Arrivano invece cattive notizie dal Cerrado, la più grande savana tropicale al mondo. Solo nei primi 4 mesi dell’anno è stato degradato il 17% di territorio in più rispetto al 2022, un’area pari a 2.133 km2. Il dato è molto significativo anche in termini assoluti: è del 48% più alto della media storica. Il boom è avvenuto anche ad aprile – in controtendenza, quindi, con il dato sull’Amazzonia – quando sono spariti 709 km2 di ecosistema rispetto ai 541 di aprile 2022. Il triplo rispetto alla deforestazione avvenuto in contemporanea nell’Amazzonia brasiliana.

Insomma, risultati in chiaroscuro per l’amministrazione Bolsonaro, che ha fatto della lotta alla deforestazione uno dei suoi principali obiettivi politici. 

#Rovelli
Valigia Blu – Il caso Rovelli e la società dell’avanspettacolo

#Fazio
il Post – Quarant’anni di Fabio Fazio in Rai
il Messaggero – Fazio lascia la Rai, via al valzer dei conduttori: da Insinna ad Amadeus, ecco chi rischia e chi entra. Dentro Barbareschi, per l’Eredità ipotesi Pino Insegno

#Ucraina
il Post – La presunta offerta di Yevgeniy Prigozhin agli ucraini per negoziare il loro ritiro da Bakhmut
il Post – L’Ucraina non ha bisogno di mediatori, secondo Zelensky
Rai News – Kiev avanza ancora, a Bakhmut è già controffensiva: ripresi 16 km quadrati in tre giorni

#elezioniamministrative
la Repubblica – Elezioni comunali Lazio, Vittorio Sgarbi eletto sindaco di Arpino

#overshootday
Rinnovabili.it – Il 15 maggio è l’Overshoot Day Italia 2023: consumiamo ancora 2,7 Terre l’anno

#affitti
Rinnovabili.it – Sbloccati i 660 mln del PNRR per far fronte all’emergenza abitativa degli alloggi per studenti fuorisede

#Turchia
il Post – Chi è Sinan Ogan, che potrebbe essere decisivo al ballottaggio in Turchia
Internazionale – Erdoğan va al ballottaggio in un clima di tensione

#Germania
il Post – I Verdi sono andati molto male nelle elezioni dello stato tedesco di Brema: è stato il loro peggior risultato dal 1999

#leoni
Lifegate – Kenya, uccisi dieci leoni in una settimana. Compreso Loonkito, uno dei più anziani del mondo

#siccità
GreenMe – La Spagna è in ginocchio per la siccità e approva un piano milionario (mentre la Francia vieta la vendita di piscine)

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