6 Giu 2024

Una guerra a colpi di sterco e spazzatura: che succede fra le due Coree? – #945

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Fra le due Coree è in corso una strana escalation a colpi di palloncini, alcuni carichi di volantini, medicinali e chiavette usb, altri di spazzatura ed escrementi. Sembra una roba da ridere, ma è una roba seria. Parliamo anche di come è andato il primo dibattito Tv nel Regno unito in vista delle prossime elezioni, di Biden che ha approvato una delle leggi più restrittive mai approvata da un democraitco sull’immigraizone dal Messico, del Polo petrolchimico di Siracusa, presentando una possibile soluzione, della Camera Usa che ha approvato delle sanzioni contro la Corte penale internazionale e infine di altre notizie e approfondimenti dall’Italia che Cambia.

Sta succedendo un discreto casino fra Corea del Sud e Corea del Nord e al centro di tutto ciò c’è un attacco di palloncini pieni di spazzatura e… cacca.

So che sembra una notizia alla Lercio, ma è tutto vero. E non solo è tutto vero, ma questo attacco a base di palloncini ripieni di spazzatura ed escrementi sta facendo salire la tensione anche militare fra le due Coree. Che devo dire, fra tutti i casini che succedono, almeno è un modo originale per far aumentare la tensione. Comunque, vediamo che è successo. 

Racconta il Post che “Domenica in Corea del Sud sono stati trovati i resti di circa 700 palloni aerostatici carichi di letame e spazzatura, lanciati dalla Corea del Nord: qualche giorno prima ne erano stati lanciati altri 260. I palloni erano stati inviati in risposta ai lanci di volantini dalla Corea del Sud verso quella del Nord da parte di organizzazioni umanitarie e dissidenti nordcoreani fuggiti al Sud”. 

Insomma, prima c’erano stati i lanci di volantini da parte della CdS, volantini definiti di propaganda anticomunista dal governo nordcoreano. In pratica anche in quel caso sono stat lanciati dei palloncini con all’interno volantini, ma anche chiavette Usb e medicinali. A questa azione è seguita la risposta diciamo “creativa”, con il lancio dei palloncini con sorpresa. Domenica sera il viceministro della Difesa nordcoreano aveva detto che i lanci sarebbero stati interrotti, avendo raggiunto il loro obiettivo di far capire alla Corea del Sud «quanto sono sgradevoli». Poco prima il governo della Corea del Sud aveva promesso di infliggere ritorsioni «intollerabili» al Nord.

Poi però la questione è andata avanti. Lunedì il Consiglio di sicurezza nazionale della Corea del Sud ha detto che in risposta al lancio di palloni aerostatici avrebbe presentato al governo una mozione per la sospensione completa di un importante accordo di pace firmato nel 2018 con il Nord, che prevede l’interruzione di alcune esercitazioni militari attorno al confine fra i due stati, che è uno dei confini più militarizzati e sorvegliati al mondo.

Considerate che le due Coree sono formalmente in guerra fra loro da molti decenni. Fra il 1950 e il 1953 combatterono la guerra di Corea, che formalmente non si è mai conclusa: venne firmato un armistizio che stabilì i confini attuali, ma tecnicamente lo stato di guerra continua tuttora, congelato da settant’anni. 

I due paesi sono molto diversi fra loro: la Corea del Nord è governata da sempre da un regime di stampo comunista molto repressivo, governata da un leader autoritario come Kim jon un. Mentre la Corea del Sud è diventata una democrazia liberale fra gli anni Ottanta e Novanta dopo decenni di governi autoritari, e ha un modello di stampo fortemente capitalista. 

Al netto di tutto ciò, come commenta il Post, colpisce il fatto che “La risposta è stata particolarmente dura considerando che i palloni non hanno causato grossi danni (a parte rompere un parabrezza di un’auto atterrandoci sopra). Attaccati ai palloni c’erano sacchi contenenti vari tipi di spazzatura, tra cui bottiglie di plastica, batterie, scarpe, mozziconi di sigaretta, stracci e letame: al contrario di quanto temuto dalle autorità sudcoreane i palloni non trasportavano sostanze velenose. Per accertare che non avessero disperso materiali tossici, i luoghi in cui sono atterrati sono comunque stati isolati dalle autorità, causando qualche disagio”.

La cosa assurda, notata dall’articolo, è che negli ultimi mesi il governo della Corea del Nord ha lanciato frequentemente verso il Sud oggetti molto più pericolosi dei palloncini ripieni di spazzatura: ad esempio effettua regolarmente test balistici, con missili che finiscono nel mare attorno alla Corea del Sud e al vicino Giappone, e sta sviluppando da anni un programma nucleare militare, considerato illegale dalle Nazioni Unite. Occasionalmente ci sono scambi di artiglieria da una parte all’altra del confine fra i due stati. Eppure, sembra essere stato il lancio dei palloncini a scatenare questa reazione così veemente. Staremo a vedere.

Forse non ne abbiamo ancora parlato qui in rassegna, quindi ne approfitto anche per dirvelo, ma il 4 luglio si vota nel Regno Unito. E già questa è stata una notizia a sorpresa, tant’è che quando circa due settimane fa Rishi Sunak, attuale premier britannico ha annunciato le elezioni per quella data, in molti fra giornalisti e analisti si sono chiesti se fosse impazzito.

Tutti i sondaggi infatti danno il suo partito, il partito conservatore, come sfavorito, sotto addirittura di circa 20 punti percentuali rispetto ai laburisti. E aveva tempo fino all’autunno per indire le elezioni, quindi non si è capito come mai le abbia indette così a stretto giro, con così poco tempo per recuperare lo svantaggio. Addirittura un articolo del Guardian di qualche giorno fa ipotizzava che Sunak volesse perderle queste elezioni.

Comunque, fatto sta che martedì c’è stato il primo dibattito televisivo tra i due principali candidati alle prossime elezioni politiche: assieme a Sunak c’era quindi il leader del partito Laburista, Keir Starmer. Il dibattito è definito dai giornali come “molto acceso e aspro, piuttosto povero di contenuti e caratterizzato soprattutto da accuse reciproche sulla gestione dell’immigrazione, delle tasse e dei tagli al servizio sanitario nazionale britannico”.

Starmer ha accusato Sunak e il suo governo di essere responsabili dell’aumento del costo della vita nel Regno Unito e delle lunghissime liste d’attesa nel servizio sanitario nazionale. 

Sunak, da parte sua, ha accusato Starmer soprattutto di voler alzare le tasse in maniera insostenibile, ripetendo per tutto il dibattito che un governo Laburista porterebbe a un aumento delle tasse di 2mila sterline all’anno alle famiglie.

Starmer si è presentato come un leader pratico, concreto e affidabile, rivendicando le sue origini umili e facendo leva sulla nota ricchezza di Sunak: «Conosco i tormenti e le preoccupazioni delle persone, quando il postino arriva con una bolletta», ha detto, e ha aggiunto: «Non credo che il primo ministro capisca bene la posizione in cui vi trovate voi e altre persone», rivolgendosi al pubblico.

Uno degli argomenti più discussi è stato l’immigrazione, su cui i governi Conservatori degli ultimi anni hanno adottato misure molto dure, e contestate sia per la loro ricaduta sui diritti dei migranti che per la loro fattibilità. Ad aprile il parlamento britannico ha approvato in via definitiva la contestata legge che prevede di trasferire i richiedenti asilo in Ruanda, una misura che tra le altre cose ha portato il Regno Unito a scontrarsi con la Corte europea dei diritti dell’uomo. E questo è quanto, per adesso.

Non so bene quale cartella di analisi del sentiment degli americani sia arrivata nelle mani di Biden negli ultimi giorni, ma il Presidente Usa ha fatto una mossa molto alla Trump sul tema dell’immigrazione, approvando una legge super restrittiva che riguarda gli ingressi dal confine con il Messico. Leggo ancora dal Post che Martedì Biden ha firmato un ordine esecutivo che limita il numero di richieste d’asilo che possono essere esaminate al confine tra Stati Uniti e Messico.

In pratica la misura prevede che l’accettazione e l’esame delle domande vengano sospesi quando i migranti che provano a superare illegalmente il confine sono in media più di 2.500 al giorno per una settimana. A quel punto i migranti che cercheranno di entrare negli Stati Uniti verranno fermati e saranno rispediti indietro anche se affermeranno di temere ripercussioni se tornano nel loro paese di origine.

Solo se il numero di ingressi illegali giornalieri rimarrà inferiore a 1.500 per sette giorni consecutivi, durante il periodo di sospensione, allora l’esame delle domande di asilo potrà riprendere regolarmente, 14 giorni dopo. Ci sono alcune eccezioni: ad esempio dai calcoli sono esclusi i minori non accompagnati, le persone in pericolo di vita e con gravi problemi di salute, e chi ha prenotato un regolare appuntamento con le autorità di frontiera. Ciononostante resta una delle misure più restrittiva mai approvate da un presidente democraticpo nella storia degli Usa. 

Fra l’altro l’approvazione della misura è stata effettuata bypassando il congresso, e approvandola come ordine esecutivo, quindi nei fatti la misura è entrata in vigore immediatamente dopo la firma del presidente.

Questa decisione è stata presa dopo che a febbraio era stato presentato dal Senato un disegno di legge simile anche se più blando in termini numerici, che non era passato per via dell’opposizione dei repubblicani che lo ritenevano troppo blando. Ma il motivo vero della bocciatura sarebbe stato l’indicazione esplicita di Trump di non far passare nessuna legge sull’immigrazione che arrivasse dai Dem, perché poi Biden avrebbe potuto rivendersela in campagna elettorale. 

Da qui la decisione di approvarla tramite ordine esecutivo. La misura è stata paragonata anche a una norma approvata dall’ex presidente Donald Trump nel novembre del 2018 per sospendere l’esame delle richieste di asilo presentate da tutti i migranti che arrivavano negli Stati Uniti illegalmente, una misura che era poi stata giudicata illegittima da diversi tribunali federali. Quella di Biden è una versione diciamo annacquata, ma il senso è simile.

Quindi, che ci dice questa notizia? Come sempre dobbiamo leggerla in chiave elettorale, ci dice che probabilmente anche l’elettorato democratico, o il famoso elettorato indeciso è sensibile al tema dell’immigrazione, tema finito al centro del dibattito elettorale. Secondo i sondaggi più della metà degli statunitensi ritiene che finora le sue politiche siano state inefficaci. Fra l’altro è curioso notare che tutto ciò avviene in una fase di calo dei flussi in arrivo dal Messico, che avevano avuto un picco verso la fine del 2023, ma che da allora sono all’incirca dimezzati.

La mia sensazione è che questa recrudescenza anti-migratoria sia un po’ lo specchio della crisi degli Usa contemporanei, che hanno perso la leadership indiscussa globale, spaccati da tante crisi interne, fra cui quelle legate al consumo di oppioidi, ma anche legate alla spaccature sociale fra democratici e repubblicani, una spaccatura talmente ampia che qua non riusciamo nemmeno a immaginarla. E come spesso accade nelle crisi di un sistema, iniziano a fioccare i capri espiatori. La lotta all’immigrazione è la resa della politica di fronte all’impossibilità di gestire la complessità. Che quindi preferisce rifugiarsi in soluzioni semplici, sempre buone per l’evenienza. Anche il MAGA di Trump sembra più un grido rabbioso a cui non sembra credere più nessuno, che una dichiarazioni d’intenti reale.

Comunque, in tutto ciò la American Civil Liberties Union, una ong che si occupa di diritti civili negli Stati Uniti, ha detto che farà ricorso contro la misura approvata da Biden. Ed è una delle associazioni che avevano fatto ricorso contro la misura di Trump del 2018. Quindi, stiamo a vedere.

Facciamo un break dalle notizie di politica internazionale – poi ci torniamo – per tornare a parlare del Polo petrolchimico di Siracusa, questa volta però non tantpo per denunciare la situazione, cosa che la nostra Elisa Cutuli di SCC ha fatto egregiamente con una serie di articoli d’inchiesta, ma per proporre una soluzione. Sempre Elisa ha intervistato l’ex Ministro dell’ambiente Sergio Costa promotore di un disegno di legge molto interessante. Ho chiesto ad elisa di presentarci l’intervista.

In tutto ciò, restando negli Usa, ma spostandoci su Limes, la Camera dei rappresentanti ha approvato l’imposizione di sanzioni alla Corte penale internazionale (Cpi) per la richiesta del procuratore Karim Khan di un mandato d’arresto verso il primo ministro di Israele Binyamin Netanyahu e il suo ministro della Difesa Yoav Gallant. 

Cioè, ripeto, una delle due Camere del Congresso americano – e con un’ampia maggioranza – ha stabilito che dovrebbero esserci delle sanzioni e misure restrittive contro i membri della CPI. Ora, nei fatti resta poco probabile che il provvedimento venga messo ai voti al Senato – controllato dai democratici – visto che, pur criticando la decisione di Khan, la Casa Bianca si è detta contraria all’imposizione di restrizioni. Però comunque la cosa fa riflettere.

Audio disponibile nel video / podcast

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